Un paese...dove nessuno fa più il suo mestiere

A Milano l’amministrazione pubblica propone in una delibera la figura del vigile urbano (il ghisa) come delegato ufficiale a spengere la musica...

di Carlo Carbone

Non so come è nata questa abitudine ma sicuramente traccia nel tempo si trova fin dal periodo in cui molti dipendenti pubblici facevano il doppio lavoro. Ora è una realtà sotto gli occhi di tutti e non la vediamo.

Siamo alla svolta, definirei storica, di passaggio tra un’epoca in cui si determinavano i ruoli in base a esperienza e capacità, verso l’affascinante periodo di tutti su tutto in una specie di orgia collettiva che rende possibile e giustificato il più sfrenato limbo affaristico.

Prima o poi parlerò anche di altre città. Roma, per fare un esempio, non è priva di fatti deliziosi. Per il momento, mi soffermo ancora una volta sulle rocambolesche figure che animano la più grande città del nord Italia.

A Milano, con primato assoluto su tutte le urbe, l’amministrazione pubblica propone in una delibera la figura del vigile urbano (il ghisa) come delegato ufficiale a spengere la musica alla fatidica e precenerentolesca ora delle 23,30 (scontando alla favola una mezz’ora) presenziando la postazione del mixer, avviando un processo di normalizzazione da tempo atteso: ghisa rock con il solo dubbio sul vestiario: giacca nera o canottiera in pallette?

Per capire meglio la trasformazione del vigile, come in tutte le storie, si deve fare un passo indietro e riprendere il discorso dall’inizio. Torniamo quindi al 1993, anno del referendum popolare nel quale il Ministero della Sanità perdeva il compito di parlare di inquinamento. Fino ad allora la gestione del problema dell’inquinamento da parte della Sanità aveva lasciato a desiderare, dal punto di vista dei risultati. Ampie carenze normative, corruzioni e inadempienze erano l’insalata dell’ecologia dei primi anni ‘90 e condizionarono tutto il decennio. Non a caso, il referendum abrogativo della legge che dava mandato al Ministero della Sanità in materia di inquinamento fu un plebiscito:

Voti

%

RISPOSTA AFFERMATIVA

28.415.407

82,60%

RISPOSTA NEGATIVA

NO

5.997.236

17,40%

bianche/nulle

2.433.063

Totale voti validi

34.412.643

100,00%

L’82,60% dei votanti chiedevano che le USL (il percorso degli acronimi della sanità è piuttosto contorto: SAUB, USL, AUSL, ASL) non si occupassero più di inquinamento, aggiungendo in coro: per carità! (espressione che deve immaginarsi all’interno di una scenetta in cui una vecchietta, mettendosi le mani nei capelli, corre per una strada polverosa gridando, per l’appunto, un generico: per carità!).

Il Parlamento, quindi, colma il vuoto di competenze istituendo, con la legge 21 gennaio 1994 n. 61, il sistema ARPA (Agenzie Regionali) e ANPA (organo nazionale di studio e ricerca) badando però, contemporaneamente, a non finanziarlo: troppa innovazione tutta insieme può essere dannosa.

Ma la svolta è epocale e da allora le norme, anche su spinta comunitaria (l’Europa, per intendersi), appaiono su tutti i campi iniziando a limitare la discrezionalità degli inquinatori (quelli veri) nelle loro azioni.

L’inquinamento da rumore è articolato ma nessuno ha mai pensato di paragonare il rumore alla musica, tranne alcuni vigili delle amministrazioni ed alcuni illuminati dottori della USL.

Niente valse, alla logica, il sapere che già nella legge quadro sul rumore, la 447/95, la musica dal vivo era riconosciuta come un evento condotto sopra i limiti, ma di elevata importanza sociale, tanto da dedicargli una trattazione specifica.

 

Art. 4

Competenze delle regioni.

1.            Le regioni, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, definiscono con legge:

a) i criteri in base ai quali i comuni, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a), tenendo conto delle preesistenti destinazioni d’uso del territorio ed indicando altresì aree da destinarsi a spettacolo a carattere temporaneo, ovvero mobile, ovvero all’aperto procedono alla classificazione del proprio territorio nelle zone previste dalle vigenti disposizioni...

...

g) le modalità di rilascio delle autorizzazioni comunali per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora esso comporti l’impiego di macchinari o di impianti rumorosi;

...

Art. 6

Competenze dei comuni.

1.            Sono di competenza dei comuni, secondo le leggi statali e regionali e i rispettivi statuti:

a) la classificazione del territorio comunale secondo i criteri previsti dall’articolo 4, comma 1, lettera a);

...

h) l’autorizzazione, anche in deroga ai valori limite di cui all’articolo 2, comma 3, per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo ovvero mobile, nel rispetto delle prescrizioni indicate dal comune stesso.

 

I Comuni volenterosi (ad oggi, anno 2009, dopo 14 anni dall’emanazione della Legge, si contano sulle dita della mano di Django Reinhard) hanno utilizzato queste opportunità rendendo il percorso semplice e investendo tempo, intelligenza e poco denaro per i luoghi di spettacolo, ma nella regola le amministrazioni hanno pesantemente sottostimato questo aspetto, se non in alcuni casi, e generato loop stratosferici di complicazioni. Principe delle complicazioni è appunto, ancor oggi, il Comune di Milano, seguito a ruota da Roma e Genova dove addirittura, e non è una barzelletta, per visionare le regole di rilascio delle autorizzazioni in deroga, ovvero i regolamenti, si deve acquistare la documentazione informatica al costo di oltre € 150 e questa viene consegnata solo andando di persona. La citazione alle modalità borboniche qua è attinente.

A Milano, patria del lavoro, nessuno vuole restare un passo indietro. Anche la Magistratura si mette in proprio e, con incredibile vitalità, impone il passo delle autorizzazioni per i concerti a San Siro. La Magistratura milanese, che ha fatto sognare una svolta morale dell’Italia intera, si dedica da oltre tre anni, con particolare attenzione, al grave problema delle autorizzazioni in deroga per i concerti a San Siro. L’attitudine al doppio lavoro, evidentemente, miete vittime indistintamente per funzioni e classi.

Un’ulteriore e bizantina complicazione, fornita da una sentenza del TAR Lombardia, è certamente l’aver ritraghettato con certezza del diritto la competenza ASL (o come si chiama oggi) sul rilascio delle deroghe. Il principio fondatore è quello in cui si individua nel Sindaco il responsabile sanitario del Comune; quindi se, nella veste di delegato al rilascio delle deroghe (L. 447/95), il primo cittadino chiede il parere dell’ARPA e si sente da questo vincolato, nell’altra veste è obbligato ad acquisire anche il parere dell’unità locale di igiene pubblica e territorio del Ministero della Sanità.

Milano, come tradizione, indica sempre un certo grado di innovazione anche nel complicare.

Da anni le estati sono allietate dalla querelle sui concerti e da oltre 12 anni, ovvero da quando Cristian Heil provò il sistema line array per il concerto di Ligabue, la differenza tra il livello al mixer e il livello al ricettore dell’impianto elettroacustico oscilla tra 22 dB e 24 dB. Da quando è stato elevato il terzo anello, la differenza di livello di pressione della sorgente pubblico (sport o spettacolo) misurato tra il bordo campo e il ricettore è di 20 dB. Lo sanno tutti, ci sono circa 8 km di grafici sul tema. Il tentativo di elevare la perdita di trasmissione e al contempo ridurre il tempo di riverbero nello stadio migliorandone l’acustica è naufragato per l’opposizione dei gerenti il contratto di uso dello Stadio: il consorzio formato dalle società calcistiche Inter e Milan, le stesse a cui gli organizzatori dei concerti devolvono il loro obolo per accedere a San Siro.

Quindi, riepilogando, per fare un concerto a San Siro si snoda una sequela di principali pedine: San Siro 2000 (gestori), Comune (Ambiente), Comune (Eventi), Comune (mobilità), CPVLS (prefettura), ARPA, ASL, Procura di Milano (esposti dei residenti), TAR.

Molti di questi passaggi sono affollati da attori che si affacciano nel teatrino delle autorizzazioni solo per un malcelato problema di visibilità personale. Molti di questi attori fanno un altro mestiere ma non il proprio. La dimostrazione che di spettacolo non più dal vivo si tratta, è segnalata anche nella tempistica dell’apertura sipario: a maggio il debutto, sipario e applausi a fine luglio. A niente serve presentare richieste in gennaio, scrivere e sollecitare incontri già da novembre o altro. Inutile pianificare fuori dal proscenio mediatico, e questo va in scena solo all’ultimo momento. La frenetica attività di pochi ed eroici individui all’interno dell’Amministrazione di Milano riesce a sbloccare e fluidificare l’iter delle cose, ripeto, complicate non per loro natura.

Così come ci sono i ghisa rock, Milano ha anche l’assessore rock e il funzionario rock che oltre al loro mestiere ne fanno un altro di pietistica natura: salvare la manifestazione.

Occasioni perse 1: Piano di Classificazione Acustica del Comune di Milano, ancora da portare in adozione.

Nella bozza approvata dalla Giunta comunale nella primavera scorsa, a ragione del vero, non c’è menzione in tutto il territorio di Milano sulle famose aree, previste per legge, dedicate allo spettacolo dal vivo. Quindi, anche quando sarà adottato, sarà un piano per questi aspetti completamente inutile se non dannoso, avendo indicato l’immobile in cui sono svolte le misure di inquinamento acustico di San Siro, e solo su quello su tutto il fronte, aggiungo inspiegabilmente, immobile con classe di particolare attenzione.

 

 

Occasioni perse 2: Il progetto di correzione acustica redatto a cura di ASSOMUSICA (vedi Sound&Lite nn. 73 e 74 – ndr) regalato al Comune e ai gestori, il cui costo di realizzazione era stato preventivato attorno a € 450.000, che trasformava l’acustica dello Stadio (portando il tempo di riverbero da 7 s a meno di 4 s) e riduceva quei preziosi 3 dB al livello percepito in esterno.

Se questa è la modalità con cui si affrontano i problemi viene da dubitare sul futuro. Se per un concerto di musica dal vivo tutte queste figure sprecano decine di ore e chilogrammi di carta, come potranno fare per le scommesse civili importanti o i cambiamenti urbanistici?

Qui l’attitudine al cambio dei mestieri riserva poche sorprese: i costruttori edili divengono urbanisti, i dirigenti ASL politici e imprenditori, gli architetti e ingegneri divengono chaperon e lacché, i medici dicono dove si devono mettere i semafori (citazione di una famosa frase che circola negli assessorati di Milano) e, al fine di far funzionare una macchina così sgangherata, un robusto contorno di ignoranza. Tutto, in definitiva, resta in piedi per la compassionevole attitudine espressa egregiamente, sintetizzando il proprio lavoro, da un grande dirigente di amministrazione pubblica: una firma non la si nega a nessuno.