Sanremo 2019 - La Scenografia

La nuova edizione introduce una serie di innovazioni: l'intervista alla scenografa Francesca Montinaro, la prima di una serie di interviste ai protagonisti del backstage del Festival nazionale.

di Francesco Galarà

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Il Festival della canzone Italiana, giunto quest’anno alla 69° edizione, con 27 ore di trasmissione per cinque serate TV, 40 ore complessive di diretta su RAI UNO, 263 artisti coinvolti, una media superiore ai 10 milioni di telespettatori, un picco di share del 56,5%, è senza dubbio il più grande show di una rete pubblica europea, e rappresenta il motore dell’industria discografica italiana. RAI ha realizzato una raccolta pubblicitaria del valore di 31 milioni di euro a fronte di un costo di produzione di 20, con un utile raddoppiato rispetto ai dati del 2018.
Sanremo introduce una serie di innovazioni che lo rendono attuale e unico: cominciamo dal primo aspetto, la scenografia, raccontata dalla talentuosa Francesca Montinaro.
Presto pubblicheremo qui ulteriori interviste ad alcuni degli altri protagonisti dietro le quinte.

Francesca Montinaro – scenografa

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Francesca Montinaro è alla sua seconda esperienza con Sanremo, dopo esser stata, nel 2013, la prima donna a disegnare la scenografia per il Festival.
“L’esigenza – racconta Francesca – era quella di sfruttare al massimo lo spazio che il teatro Ariston ha a disposizione, e fare in modo che la scena apparisse quanto più grande possibile. Per trovare questo spazio ho dovuto sfondare il palco: ora l'orchestra è sotto il palco, il che significa rivedere il concetto di golfo mistico, che ho spostato in fondo invece che davanti creando un gioco di spazio immenso. Ciò che vediamo è un teatro, ma sembra di essere in uno stadio, l’effetto visivo è che sembra molto più grande. Il secondo quesito era su come integrare la scala, quindi mi sono interrogata su cosa rappresenti veramente Sanremo per gli italiani. È un trampolino di lancio: Sanremo ha reso famose moltissime persone, moltissimi artisti. Ma al contempo che cosa rappresenta un trampolino per ogni essere umano? È il momento in cui viene riconosciuto un tuo talento, tutto parte da lì. Poi, ovviamente, questo trampolino appare sopraelevato su un’onda d’armonia che è l’orchestra. L’orchestra si trova sotto il trampolino, e in questo modo siamo riusciti a ottenere il più grande palco che Sanremo abbia mai avuto.

Come hai pensato di sorprendere il pubblico con una scala “sui generis”?
La scala è stata realizzata con un movimento meraviglioso rubato al nuoto sincronizzato: chi l’ha visto durante lo spettacolo avrà notato il richiamo a un’onda sonora, con un movimento morbido, sinuoso, che appare dal nulla suscitando la sorpresa del pubblico. Il resto è un grande lavoro fatto in tandem con Mario Catapano su input di Duccio Forzano: lui ci ha detto “io vorrei fare questo lavoro in uno stadio, non vorrei essere in un teatro”; per questo io ho ribaltato tutto, e in questo modo penso di essere riuscita a dare al regista ciò che desiderava.

Come ti sei trovata a lavorare per la prima volta con un direttore della fotografia a te sconosciuto?
Con Mario Catapano abbiamo lavorato in grande armonia, ci siamo ritrovati ad avere una professionalità analoga: credo sia uno dei direttori della fotografia con cui mi sono trovata meglio, con il quale mi piacerebbe lavorare ancora. Abbiamo condiviso una visione e l'abbiamo portata a dei risultati altissimi, sempre insieme, condividendo ogni scelta, ogni passo, fino a ottenere una scenografia decisamente complessa: ci sono tante motorizzazioni, e la bellezza sta anche nel fatto che quasi non si notano, si vede solo il risultato. La scena, per quanto mi riguarda, deve essere un po’ sottotono rispetto agli accadimenti. In questo caso ci sono riuscita: sembra che non ci sia scenografia, quando invece c’è una macchina scenica mostruosa con più di sessanta motori che si muovono contemporaneamente.

Tutto questo, con un indirizzo preponderante alla parte televisiva. Invece per quanto riguarda il pubblico in sala?
Siccome in una gara canora come questa il pubblico è essenziale, ho deciso di portare un tributo anche al pubblico in sala, per cui le prime tre file del teatro si muovono aprendosi e chiudendosi sull’asse laterale, rivelando una base che è costituita da un LED floor sul quale compaiono dei contributi grafici e, allo stesso tempo, diventa un palco per l’esibizione degli artisti in mezzo al pubblico. Quindi circa sessanta posti diventano parte della scenografia.

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