K-array: ricerca e sviluppo nel cuore della Toscana
Le nostre interviste ad Alessandro Tatini, CEO di K-array, e a Matteo Fanara, responsabile tecnico di K-array per l’ultimo tour di Olly

La Redazione
In questo ultimo periodo abbiamo ricevuto molte notizie provenienti da K-array: a partire dell’acquisizione del 51% portata avanti da Powersoft, all’accordo con PRG, al lancio di tanti nuovi prodotti sul mercato. Per capire la direzione che sta prendendo questo importantissimo brand italiano, abbiamo colto l’occasione per fare un tour in Toscana, precisamente a San Piero a Sieve, nella sede dell’azienda, per incontrare Alessandro Tatini e farci raccontare qualche indiscrezione. L’obiettivo è sempre quello, tra un ricordo e una battuta: capire cosa bolle in pentola.
Sull’onda dell’entusiasmo, ci siamo poi fermati nel meraviglioso Teatro Cartiere Carrara, che fra le sue pareti porta avanti la storia gloriosa del Teatro Tenda di Firenze, in una veste nuova e tecnologicamente all’avanguardia: abbiamo ascoltato i prodotti K-array direttamente sul campo, in occasione di una data del Lo Rifarò, Lo Rifaremo Tour di Olly, vincitore dell’ultimo Sanremo.
Sede K-array – San Piero a Sieve (FI)
Alessandro, ti conosco almeno dai tempi dei mixer XXL distribuiti da Audio Equipment. Ne sono cambiate molte, di cose, o sbaglio?
L’avventura di XXL ha avuto inizio tra il 1999 e il 2000. In quel periodo, oltre a realizzare installazioni e a fornire servizi per concerti con il nostro service, eravamo attivamente impegnati nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione per conto di altri marchi, in particolare quelli italiani. Con il tempo, ci siamo resi conto che lavorare conto terzi non ci permetteva di pianificare il futuro: i progetti arrivavano a singhiozzo, senza continuità. Avevamo diversi clienti, principalmente nel mercato EMEA, per i quali realizzavamo piccoli progetti: mixer, casse amplificate, subwoofer, microfoni e così via. In quel periodo, avevamo anche un ottimo rapporto con Porro, allora in Audio Equipment, che ci diede una grande mano. Iniziammo a collaborare con alcune rental italiane, fornendo accessori che al momento non erano disponibili sul mercato. Tuttavia, attorno al 2004, i produttori cinesi stavano entrando nel mercato con prezzi imbattibili: la qualità non era eccezionale, ma migliorava velocemente, e così il nostro spazio si restringeva. A quel punto ci siamo fermati a riflettere e abbiamo deciso di tornare alle origini, puntando su un mercato professionale di fascia alta, non per forza legato al mondo musicale. Volevamo iniziare a esportare, anche perché avevamo notato che, vendendo all’estero, i pagamenti arrivavano puntuali, mentre in Italia era complicato. Il nostro primo prodotto fu il KH4: un diffusore con 12 woofer da 8” e 5 driver a compressione, con amplificatore integrato. Tutti lo chiamavano “il televisore” per via della sua forma rettangolare e poco profonda — solo 16 cm — e perché si poteva piegare meccanicamente. Anche il sub abbinato aveva le sue stranezze, ma funzionava: ci presentammo con quel sistema alla fiera di Francoforte, insieme ai prototipi delle prime colonne da 2” e alla piccola “Lyzardina”, oggi nota come serie Lyzard. Fu un successo inaspettato: Sennheiser ci chiese la distribuzione iniziale per Canada e Cina, e fu un colpo di fortuna enorme. Negli anni successivi, Sennheiser passò a distribuire K-array a livello mondiale: così il lavoro è aumentato, e i fratelli Daniel e Andreas Sennheiser ci hanno letteralmente adottati, dandoci una mano a strutturarci meglio. Per noi, il marketing era una cosa sconosciuta: le strategie si facevano la sera a cena. Grazie a loro siamo cresciuti rapidamente da 12 a 50 persone in soli tre anni. Tutto ha funzionato bene, soprattutto a livello di struttura aziendale e mentale. Quando poi è subentrata la terza generazione in Sennheiser, le strategie interne sono cambiate, e hanno deciso di non distribuire più marchi terzi: da un giorno all’altro ci siamo ritrovati senza il 65% del nostro canale di distribuzione, ed è stato un colpo durissimo. Siamo corsi ai ripari, cercando nuovi distributori in tutto il mondo. Siamo ripartiti con Exhibo in Italia, la Polonia e il Brasile, e poi piano piano negli altri paesi. Chiudemmo il 2015 con solo un −10% rispetto al 2014, fu un mezzo miracolo. Dopo anni di forte crescita, quello fu il primo anno con un segno negativo, ma riuscimmo comunque a recuperare quasi tutto il fatturato. Seguirono anni di duro lavoro e nuova espansione, e così arrivò il Covid, nel momento in cui avevamo appena aperto le nostre succursali in Cina e negli Stati Uniti. Come per tutti nel settore, fu un bagno di sangue: alcuni ci consigliavano di produrre sanificatori o misuratori di temperatura, ma noi abbiamo tenuto la barra dritta, certi che la tempesta sarebbe passata. Ci ha salvati il mondo del lusso e del residenziale, in particolare lo yachting, su cui avevamo appena iniziato a puntare. Ci siamo concentrati lì, ed è diventato un settore in forte crescita che continua a darci grandi soddisfazioni.

I due fondatori, Alessandro Tatini e Massimo Ferrati.
E poi come è nata la partnership con Powersoft?
Sembra una barzelletta, ma è nata in un modo davvero singolare: potremmo dire che il cuore è stato lo strumento fondamentale. Stavo viaggiando in auto con Massimo [Ferrati, socio di K-array] diretti a Reggio Emilia, quando, in corsia di sorpasso, un tir ci ha tagliato la strada. Massimo ha frenato di colpo, e ci siamo fermati a soli venti centimetri dal paraurti del tir. Dopo qualche imprecazione, mi ha guardato e mi ha detto: “E se ci schiacciava tutti e due?”. Da lì è partita una riflessione seria: stiamo invecchiando. I nostri figli non sembrano intenzionati a prendere in mano l’azienda, eppure abbiamo centinaia di famiglie che dipendono da noi, direttamente o nell’indotto. Pensare di essere immortali è egoistico. Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo perso tre colleghi, tutti giovani, per motivi diversi. È stato un vero e proprio campanello d’allarme. Conosciamo Powersoft da sempre, ci lega persino un passato “scolastico”: abbiamo frequentato ingegneria insieme e siamo stati tra i loro primi clienti. C’è una sinergia industriale bellissima, e infatti da quando è stato firmato l’accordo, la pentola bolle continuamente. Sicuramente a breve presenteremo qualcosa di interessante.
Un’altra novità è la distribuzione diretta di alcune linee di prodotti, in particolare per l’ambito Live Sound Pro.
Sì, ma riguarda solo l’Italia. Vent’anni fa siamo nati anche come service, un lavoro che ci è rimasto nel cuore. Da tempo chiedevamo a Exhibo, uno dei nostri distributori che si occupa essenzialmente della sezione installazioni terrestre, una particolare attenzione verso il settore live, che però è venuta meno con l’acquisizione del gruppo Harman. Così abbiamo concordato la possibilità di gestire la distribuzione del settore Live in modo combinato, con la facoltà di seguire direttamente anche alcuni clienti del settore Rental. È importante chiarire che il resto del catalogo terrestre continua a essere distribuito da Exhibo, con cui il rapporto resta ottimo, mentre per il settore marino abbiamo, dal 2022, un accordo di distribuzione per l’Italia con la ditta Gammalta. In parallelo, c’è stato l’accordo con PRG: abbiamo proposto a Massimo Gramigni di fornire in comodato d’uso alcuni sistemi in vari teatri da loro gestiti, fra cui il sistema del Teatro Cartiere Carrara, che usiamo per far ascoltare il prodotto ai nostri clienti in un contesto reale, durante concerti o eventi. Il progetto sembra funzionare. L’unico problema è che è sempre pieno di eventi, quindi è difficile far provare il sistema a fonici o service, quando vogliono metterci le mani e fare esperimenti. Comunque ci piaceva fare qualcosa per la città, perché siamo fiorentini e veniamo da quella realtà.
Rimane la presenza dei service locali?
Certo, in Teatro c’era già un sistema di proprietà, e i service locali venivano coinvolti per i servizi accessori, cosa che continua ad accadere: i rental continuano a portare mixer, microfoni, luci e tutto il resto.

Da sx: Simone Salvucci, fonico di Olly con Matteo Fanara, responsabile K-array.
Teatro Cartiere Carrara, Firenze
Abbiamo colto l’occasione della visita alla sede di K-array per fare un salto anche al Teatro Cartiere Carrara, in occasione di una data del Lo Rifarò, Lo Rifaremo Tour di Olly. Essendo stata una visita decisa all’improvviso, non siamo riusciti a scattare le consuete foto allo spettacolo e all’artista, ma ci siamo ripromessi, per la tournée invernale nei palasport, di organizzarci per tempo in modo da realizzare un bel servizio dedicato all’ultimo vincitore di Sanremo. Non ci siamo comunque lasciati sfuggire l’occasione di scambiare due chiacchiere con Matteo Fanara, responsabile tecnico di K-array, riguardo all’impianto inserito nel suo contesto di lavoro naturale, e con il fonico Simone Salvucci che l’ha impiegato per la serata.
Matteo, in cosa consiste l’impianto allestito in teatro?
Ho seguito personalmente l’installazione, insieme ad alcuni colleghi, occupandomi anche della taratura completa del sistema. L’impianto è composto da due cluster di 6 teste Mugello-KH3P I: si tratta di diffusori passivi con due woofer da 12’’ al neodimio e due driver a compressione con bobina da 2,5”. A terra, davanti al palco, sono stati posizionati 10 sub Thunder-KS4 I in configurazione cardioide. Per la gestione e la taratura abbiamo utilizzato il nostro software K-Framework. Tra i sub sono stati inseriti i nuovi diffusori Firenze-KX12F I, usati come front-fill per le prime file. Altri KX12F I sono stati collocati ai bordi del palco per coprire lateralmente alcune zone d’ombra sotto la balconata.

Che riscontri avete avuto dai fonici che si sono alternati in teatro?
Direi molto positivi. Inizialmente, c’è sempre un po’ di incredulità nel vedere un sistema così compatto e innovativo. Ma dopo il primo ascolto, le espressioni si trasformano in soddisfazione. Restano colpiti dalla potenza e dall’intelligibilità del sistema: è molto preciso, stabile e reattivo ai transienti. Un altro grande vantaggio è la facilità di montaggio: ogni cluster pesa solo 238 kg, un dettaglio fondamentale per molti teatri all’italiana, che non possono sostenere pesi eccessivi.
Sentiamo allora il parere del fonico. Simone, tu da quanto tempo lavori con Olly?
Ho iniziato a seguire Olly lo scorso autunno, partendo dalle presentazioni dei nuovi brani al tour nei club tra novembre e dicembre. In seguito, abbiamo ampliato la squadra con l’aggiunta di musicisti – alla batteria e alle tastiere – e siamo partiti con una produzione più strutturata. L’attrezzatura che portiamo con noi è fornita da Sonic, mentre sul posto richiediamo il PA system e un po’ di luci.

Che impianti hai trovato finora?
Quasi sempre il VIO di dB Technologies: nelle prime quattro date era sempre quello. Qui, invece, abbiamo trovato il nuovo sistema K-array: conoscevo già il brand, avendo lavorato con sistemi più piccoli in teatri e convention, e mi ero trovato molto bene. Dopo la data di ieri sera, posso dire che conosco sempre meglio l’impianto, e che mi piace sempre di più.
Quindi ti trovi bene.
È sorprendentemente ‘fermo’ e controllato. In ambienti come questo, che sono abbastanza riverberanti, ti aspetti un po’ di coda, mentre qui no: le medie e le basse sono molto controllate, gli alti ben definiti. Mi ha colpito. Ho dovuto addolcire addirittura un po’ alcune frequenze alte, perché sono molto a fuoco. In generale è un impianto coerente e uniforme in tutta la sala.
Venendo al tuo lavoro, com’è la configurazione della band?
È una configurazione semplice: batteria, tastiere, chitarra elettrica e acustica. Il basso, per ora, è in sequenza, ma per il tour invernale avremo un bassista in presenza. Il palco è molto pulito, dato che usiamo solo in-ear monitor: avevamo iniziato con dei wedge, ma visto che né i musicisti né Olly li usavano, li abbiamo eliminati, anche per ragioni estetiche.
Che materiale utilizzate?
Nelle due regie lavoriamo con mixer Allen & Heath Avantis, senza particolari rack: utilizziamo solo gli effetti interni al banco. Olly canta con un microfono V7, con ottimi risultati. Lui è un artista che coinvolge tantissimo il pubblico, con una grande energia e una notevole padronanza vocale, che per noi è una manna: ha un ottimo controllo, è consapevole di come usare la voce e come gestire la performance. E umanamente è una persona splendida, come del resto tutta la squadra: sono ragazzi fantastici.
Sarete in tour anche d’estate?
No, per questa estate abbiamo solo qualche attività promozionale, poi ad agosto faremo le prove a Milano – il massimo per il caldo! Poi si partirà per i palasport con la tournée invernale. Ovviamente cambieremo produzione, con un nuovo setup tecnico e una nuova scenografia, per affrontare i principali palasport italiani.




