La polivalenza come risorsa
Un nuovo linguaggio per i luoghi pubblici e della cultura.

Il Teatro Kadikpy in Turchia, un esempio di polifunzionalità.
di Chiara Benedettini
Negli ultimi anni il mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento sta vivendo una trasformazione che sta ridefinendo le modalità di fruizione culturale e il ruolo stesso degli spazi per eventi. Se un tempo un teatro era un teatro e al palasport si vedeva la squadra del cuore, con funzioni e pubblici ben delineati, oggi il confine tra i generi si è fatto più fluido. Le persone cercano esperienze diversificate, coinvolgenti e spesso ibride, rese possibili – anche – dalle tecnologie: non basta più assistere a un concerto, si vuole vivere un evento che unisca spettacolo, interazione, tecnologia immersiva e socialità. Parallelamente, le istituzioni e i gestori degli spazi si confrontano con le richieste di un pubblico i cui gusti sono in evoluzione, e con la necessità di rendere sostenibili strutture spesso costose da mantenere. È in questo contesto che si inserisce il concetto di polifunzionalità: teatri, arene, palazzetti, centri congressi e persino luoghi storicamente votati a una sola attività si stanno trasformando – e proponendo nel mercato - come contenitori aperti, flessibili e adattabili.
Motivazioni e tendenze
Il primo e forse più determinante motore di cambiamento nell’entertainment contemporaneo riguarda le abitudini e le aspettative del pubblico. Gli spettatori di oggi apprezzano esperienze da vivere e da condividere, che superino le barriere tradizionali tra palco e platea: non basta “andare a un concerto” o “partecipare a uno show”, la dimensione live si arricchisce di contenuti digitali, momenti interattivi e scenografie multimediali. Sul territorio non mancano le proposte tradizionali, e le sale che propongono le classiche “stagioni di prosa”, termine che di per sé identifica un modello convenzionale nella proposta culturale, tuttavia le nuove generazioni, cresciute tra streaming e social network, si aspettano proposte ibride che includano linguaggi diversi.

Polfunzionalità a 360°: il Centro Sport e Cultura di Bondeno progettato dall’architetto Mario Cucinella.
In parallelo, questo mutamento culturale si riflette nei modelli di business delle venue, perché la polifunzionalità rappresenta una leva anche economica. A fronte di investimenti significativi per la realizzazione o l’ammodernamento degli spazi, gli amministratori delle sale mirano a garantire un ritorno costante che non dipenda da un solo tipo di programmazione: per esempio se un palasport restasse fermo per settimane in attesa di un grande concerto, diventerebbe insostenibile. Viceversa, la possibilità di ospitare una fiera o un’esposizione, una conferenza medica o un evento aziendale in tempi ravvicinati e senza stravolgimenti logistici, moltiplica le opportunità di utilizzo, aumentando la redditività. Una logica che riguarda il mondo delle sale private come di quelle pubbliche, dove gli amministratori devono compensare con politiche di mercato quella parte di sostegno pubblico che è venuto a mancare.
Da non dimenticare la competizione tra venue, specialmente in ambito privato: oltre alla capienza o alla localizzazione geografica si valutano la qualità dei servizi, la capacità di integrare soluzioni tecnologiche, l’efficienza nella gestione dei flussi di pubblico. Arene storiche e nuovi spazi polifunzionali si trovano a competere con location alternative, talvolta nate da riconversioni urbane, che attraggono pubblico e promoter proprio grazie alla loro flessibilità e al loro carattere distintivo.
Ma non si tratta soltanto di un tema di sostenibilità economica: la polifunzionalità ha anche una valenza sociale e culturale. Gli spazi che si trasformano diventano hub sociali, punti di incontro per comunità diverse, capaci di connettere linguaggi artistici ed esigenze professionali. Una platea che la sera applaude un’orchestra sinfonica può trovarsi, pochi giorni dopo, immersa in un percorso digitale interattivo; lo stesso luogo che accoglie migliaia di fan per un festival musicale può trasformarsi in passerella per una maison di moda o in vetrina per una mostra d’arte contemporanea.
A valle di queste considerazioni, la polifunzionalità risulta una risposta concreta alle trasformazioni della società e del mercato, la strategia con cui le strutture possono restare vive e competitive, adattandosi a un contesto in evoluzione e offrendo esperienze diversificate.
Aspetti architettonici e progettuali
La progettazione delle nuove venue polifunzionali per eventi e spettacoli non può prescindere dallo spazio fisico e dalla sua organizzazione, e dalle scelte architettoniche. In Italia, la sfida è ancora più complessa: molti edifici sono vincolati dal punto di vista culturale o paesaggistico e spesso le trasformazioni radicali non sono possibili. Tuttavia, anche in questi contesti si possono ottenere risultati significativi intervenendo su ciò che non altera l’integrità architettonica: la “macchina scenica”, le movimentazioni di palco e platea, l’acustica e, soprattutto, le infrastrutture tecnologiche e di rete che consentiranno la gestione dei segnali audiovisivi, il controllo remoto delle apparecchiature, ma anche le automazioni di paranchi, americane ecc. Risulta quindi fondamentale stabile una collaborazione con architetti specializzati, e con progettisti e imprese esperte nella ristrutturazione di sale di spettacolo in grado di tradurre le esigenze in soluzioni concrete, integrando al contempo aspetti architettonici e tecnologici.

La sala polivalente di Arbore Castione in Svizzera.
Negli spazi è possibile intervenire a più livelli, partendo proprio dalla modularità di ambienti e arredi: spazi flessibili e arredi tecnologici, facilmente riconfigurabili, consentono di adattare la sala a spettacoli teatrali, concerti, conferenze o eventi corporate. Per esempio, ove possibile, si può convertire una gradinata in una platea o addirittura in uno spazio libero grazie a poltrone a scomparsa, oltre che a pareti mobili, pedane e palchi smontabili. Nei teatri tradizionali palco e golfo mistico possono essere portati allo stesso livello, per ospitare spettacoli diversi, ma anche conferenze e presentazioni pubbliche. Venendo allo spazio scenico, sono fondamentali una graticcia attrezzata con paranchi elettrici e più livelli di ballatoi e americane.
La predisposizione impiantistica è la base che consente di gestire in maniera flessibile – e dislocata – le dotazioni multimediali, dalle luci ai diffusori audio, dai videoproiettori ai sistemi di videoconferenza o di digital signage. Una rete dati con un’architettura solida e ridondata potrà supplire alla maggior parte delle necessità di gestione e controllo delle apparecchiature.
Un altro aspetto cruciale riguarda la distribuzione dei punti di accesso alla rete con botole attrezzate e pannelli di connessione di segnali multimediali distribuiti in sala, sul palco e nel foyer. In questo modo sarà possibile collegare apparecchiature di regia in diverse postazioni, oppure anche predisporre più regie contemporanee e in luoghi diversi.
Infine, l’acustica, i cui vantaggi sono ormai ben noti, sebbene non sempre venga applicata. In caso di spazi polivalenti sarà importante valutare un sistema ad acustica variabile, che può essere ottenuto con interventi di tipo architettonico – rivestimenti, pannelli, trappole acustiche, ecc. – ma anche con soluzioni elettroniche che alcune aziende hanno iniziato a proporre negli ultimi anni. Si tratta di sistemi che regolano tempo di riverberazione, diffusione e risposta in frequenza della sala tramite elaborazione digitale, per creare diversi preset acustici – da “sala da camera” a “cattedrale”. In questo modo una sala moderna e tendenzialmente asciutta potrebbe accogliere al meglio anche un coro di musica sacra o un concerto di organo, che necessitano invece di tempi di riverberazione più lunghi. Ovviamente i risultati migliori si ottengono quando l’impianto elettroacustico, l’acustica passiva ed eventuali sistemi di spazializzazione vengono integrati fin dall’inizio nel progetto. In questo modo si possono quindi ottenere condizioni ideali sia per la parola che per la musica, aumentando la qualità della fruizione senza compromettere l’architettura originaria.
Spazi funzionali e tecnologie immersive
Un capitolo a sé meritano le tecnologie immersive: l’evoluzione recente dell’industria, dalla videoproiezione laser alla spazializzazione sonora, consente oggi di utilizzare l’immersività per scenografie virtuali o ambientazioni capaci di coinvolgere lo spettatore, ma anche come strumento di trasformazione e rigenerazione degli spazi. Il mapping 3D, per esempio, consente di trasformare pareti, volte e scenografie in superfici narrative, dando una nuova vita a un luogo magari trascurato o poco utilizzato. Non si tratta solo di spettacolarizzazione, ma di un nuovo linguaggio e di nuove possibilità: questi strumenti consentono di mixare l’arte digitale con un concerto, la didattica interattiva con la comunicazione aziendale, un evento spettacolare con una sfilata di moda.

Il centro culturale polivalente Rosenbach di Ostrisarco (Bolzano).
Un esempio di questo modello è la Sala delle Colonne di Roma, all’interno del Palazzo dell’Arte Antica all’Eur. La sala era stata originariamente pensata come un giardino d’inverno aperto nella parte superiore, successivamente chiuso con una copertura in vetro. La sala, non semplice da utilizzare per scopi contemporanei vista la sua conformazione, è stata chiusa nel 2016 e riaperta nel 2024 con la mostra Artika; la gestione di Kosmos srl, in collaborazione con Kif Italia ha trasformato il giardino in un vero e proprio hub della multimedialità, sede di mostre ed eventi privati e corporate e di una scuola di alta specializzazione per le arti visive e immersive. Il nuovo progetto ha saputo coniugare la storicità del luogo con le tecnologie immersive, dando vita proprio a un esempio di grande polifunzionalità.
Non solo eventi: dal corporate all’education
La polifunzionalità è oggi una delle caratteristiche più richieste nella progettazione di spazi corporate ed educational, due tipi di ambienti uniti dall’affinità che spesso li caratterizza nelle necessità tecnologiche. Specialmente dopo il periodo Covid, che ha costituito una innegabile spinta e che ha inaugurato, per tutti, una trasformazione delle abitudini di lavoro riassunte in una frase: il modello degli uffici di oggi non corrisponde più a una persona-una scrivania. Anche se nel nostro paese abbiamo ancora tantissime piccole aziende con modelli tradizionali, nel mondo delle start-up e delle aziende medie e grandi il concetto di ambiente flessibile si sta affermando sempre di più.
Il primo esempio che viene alla mente è la sala riunioni che può ospitare meeting, formazione, sessioni di progettazione, ma anche produzione di video e attività di team building. Pareti mobili, arredi modulari e soluzioni AV permettono di trasformare un’unica sala in più configurazioni, passando rapidamente da workshop a piccolo studio. Gli ambienti devono garantire connettività sicura, videoconferenze di qualità, presentazioni coinvolgenti e brainstorming che coinvolgano al tempo stesso, e nello stesso modo, i team in presenza e i colleghi da remoto. Si sta infatti affermando il concetto di “democrazia” nel lavoro ibrido, cioè la possibilità di rendere qualitativamente equivalente la partecipazione alle riunioni, fornendo anche i lavoratori da remoto con tecnologie appropriate, dalla stabilità e velocità del collegamento alla qualità visiva e, soprattutto, la corretta percezione del parlato.

Sala polivalente per bambini e genitori a Norcia.
Senza troppo approfondire perché non è questa la sede, non possiamo tuttavia non citare il ruolo dell’Intelligenza Artificiale in questi contesti: oltre a servizi più operativi, come la traduzione simultanea o il riassunto dei meeting, l’IA consente di registrare, sulla base di raccolta di dati d’uso, le abitudini dei lavoratori, traducendoli in preset e impostazioni che potranno essere codificati e richiamati grazie a un’opportuna programmazione. Così da facilitare l’avvio dei lavori eliminando quei minuti, alle volte interi quarti d’ora, che servono per mettere a regime la sala e la partecipazione di tutti.
Il mondo dell’education vive una trasformazione analoga. Il modello della didattica frontale resta, ma spesso la multimedialità e le soluzioni tecnologhe emergenti diventano un elemento strutturale del metodo. E anche qui la tecnologia diviene un fattore decisivo, dagli impianti audio-video alle predisposizioni per lo streaming (con la possibilità di interagire da remoto) e la registrazione di video. Le università, in particolare, stanno ripensando le proprie strutture come veri hub culturali, in grado di ospitare conferenze, mostre, eventi pubblici e attività extracurricolari, aprendo i campus alla comunità.
In tutti questi casi, le infrastrutture restano fondamentali: reti cablate e wireless solide, distribuzione capillare dei punti di accesso, sistemi di gestione che consentano di governare sistemi AV, illuminazione e automazioni da più postazioni. Non meno rilevante il tema della sostenibilità: progettare spazi polivalenti significa ottimizzare risorse, allungare il ciclo di vita delle strutture e ridurre i costi di gestione.
Non c’è polifunzionalità senza UX Design
Parlare di spazi polifunzionali – che si tratti di venue per eventi o di ambienti corporate – significa affrontare, almeno come spunto, il concetto di esperienza utente: come le persone percepiscono e vivono questi luoghi, come interagiscono con essi, quanto si sentono coinvolti e partecipi. In poche parole, l’UX Design [User eXperience Design – progetto dell’esperienza utente – ndr] mette la persona al centro della progettazione, perché un sistema audiovisivo avanzato o un arredo modulare hanno senso solo se consentono a chi utilizza lo spazio di vivere l’esperienza in modo naturale ed efficace.
In tema polifunzionalità, quindi, applicare l’UX Design significa certamente pensare all’architettura e alla tecnologia, ma soprattutto a come queste componenti si integrano per garantire semplicità di utilizzo – la tecnologia è sempre più complessa e ha bisogno di interfacce dedicate – inclusione e accessibilità, comfort acustico, visivo ed ergonomico. Nei contesti polifunzionali, dove spesso convivono scenari complessi – spettacoli, conferenze, formazione, lavoro ibrido – la sfida è rendere invisibile la complessità tecnologica. L’utente non deve percepire l’apparato che sta dietro all’esperienza, ma solo la qualità di ciò che sta vivendo.
Infine, ogni spazio deve inoltre poter essere fruito da persone con esigenze diverse, garantendo la possibilità di partecipare e interagire senza ostacoli. In questo senso, la polifunzionalità può essere utile per abbattere barriere fisiche, cognitive e culturali.




