CCCP – Fedeli alla linea
A Rimini, abbiamo assistito alla data estiva della reunion più chiacchierata dell’anno: il tour “Ultima Chiamata” continua a richiamare i fan della band emiliana, in Italia e non solo.

Un concerto dei CCCP non è mai soltanto un evento musicale. Fin dagli esordi, negli anni Ottanta, il gruppo emiliano ha costruito un linguaggio che ha travalicato i confini del punk per trasformarsi in una vera e propria performance collettiva: un rito fatto di suoni grezzi e taglienti, scenografie teatrali, provocazioni politiche e un immaginario unico, sospeso tra Emilia e Unione Sovietica.
Dopo tanti anni di tira e molla, è finalmente arrivato l’atteso tour “Ultima chiamata”: la band ha deciso di riportare in scena quell’universo, con un approccio fedele alla tradizione ma arricchito da strumenti e tecniche contemporanee. Sul palco, ancora una volta, luci, suoni e atmosfere hanno evocato con forza quello che i CCCP sono sempre stati: una band radicale e impegnata, capace di trasformare un concerto in un’esperienza sia politica sia teatrale.
Lo stile dei CCCP è stato definito dalla stessa band come un misto di musica melodica emiliana e di punk filosovietico, una formula paradossale e provocatoria, che in realtà ha rappresentato la perfetta sintesi della loro poetica: unire il rigore ideologico dell’iconografia sovietica alla spontaneità della tradizione popolare emiliana; le luci sono sempre state essenziali e geometriche, con un sapore volutamente retrò; il suono definito ma al tempo stesso volutamente “sgraziato”, con timbriche spigolose; la messa in scena divisa tra l’impulsività punk-rock e la componente performativa. La presenza scenica di Annarella Giudici, la “benemerita soubrette”, e di Danilo Fatur, “l’artista del popolo”, è parte integrante dello spettacolo. I loro interventi, i costumi, i gesti e le pose teatrali trasformano il palco in un luogo simbolico, in cui si fondono politica, estetica e provocazione. La band ha sempre cercato il confronto diretto con il pubblico, anche quando questo ha significato destabilizzare l’ascoltatore.

La tournée
Il tour manager David Martinelli ci racconta che la reunion non era stata pensata inizialmente come un ritorno strutturato: “In origine doveva essere una sola data a Reggio Emilia, un evento celebrativo. Ma da lì è scattato qualcosa. L’energia del pubblico è stata travolgente e ha innescato un processo che ha portato prima a Berlino, poi a un tour completo”.
In effetti, dal concerto unico si è arrivati alla data tedesca, e poi ai Gala Punkettoni, e poi alle date estive: il tour 2024 si è sviluppato in poche ma significative tappe, culminate in luoghi simbolici. “Concluderemo a Taormina, tra le rovine del Teatro Antico. Un segno potente: le macerie della civiltà che accolgono le macerie della band.”
David sostiene che l’aspetto più sorprendente è stato quello generazionale: “C’è un pubblico maturo, certo, ma anche tanti giovani. Sono i figli di chi ascoltava i CCCP negli anni Ottanta. È una comunità che si rinnova e che continua a trovare senso in questa esperienza.”
Il titolo stesso del tour, “Ultima chiamata”, non lascia spazio a dubbi: “Non ci saranno altri ritorni. Ogni passo della band è sempre stato pensato, mai casuale. Anche questo finale ha un significato preciso.”

Da sx: Alessandro Pasqualini, lighting designer; Mauro De Pietri, fonico di sala; Luca Prandini, stage manager e scultore.
Il suono
Alla regia audio troviamo Mauro De Pietri, fonico di sala con un lungo percorso al fianco di Giovanni Lindo Ferretti. La sua collaborazione con i CCCP è iniziata con il concerto al Teatro Valli di Reggio Emilia e si è poi consolidata lungo tutto il percorso. “L’impostazione è volutamente old school” racconta Mauro. “Usiamo due banchi Yamaha: un CL5 in sala e un QL5 sul palco, con stage box Rio. Niente sequenze, niente automatismi: tutto è suonato dal vivo. Solo il batterista usa un in-ear con il click, il resto è monitoraggio tradizionale.”
La batteria è stata trattata per richiamare le timbriche elettroniche degli anni Ottanta, utilizzando campioni derivati dalla storica Yamaha RX. Le percussioni sono acustiche, integrate con qualche sample. Sul palco trovano spazio due chitarre, suonate da Zamboni e Bonicelli, poi basso, violino, oltre alla voce di Ferretti e ai cori di Annarella. “Il mix è volutamente grezzo, d’impatto, ma dinamico” spiega Mauro. “Alcuni brani vengono allungati, altri tagliati, dipende dal momento. La band suona senza reti di protezione, e questo si riflette anche nel mio lavoro.”
Il processing è gestito in gran parte dai banchi Yamaha, ma De Pietri utilizza anche alcuni outboard selezionati: riverberi e delay esterni per voce e percussioni, con code lunghe nei momenti più evocativi e ribattuti dub su voce e rullante nelle sezioni più tirate. Anche Mauro ha una parola per la risposta del pubblico: eterogeneo, partecipe, trasversale. “Nelle prime file trovi spesso ragazzi ventenni, più indietro ci sono i fan storici. È un pubblico che canta, che vive il concerto come un rito collettivo.”
All’interno della produzione si respira un clima di collaborazione. “Non ci sono rockstar. Si condividono viaggi, cene, alberghi. È una tournée vissuta insieme, dove ognuno dà il massimo per offrire al pubblico un’esperienza intensa e autentica.”

L’universo scenico
Dietro l’impatto teatrale dei CCCP c’è il lavoro di Luca Prandini, stage manager e responsabile di scenografie e costumi. Il suo ingresso nel progetto è avvenuto quasi per caso, con la realizzazione di una scultura monumentale per la mostra che ha preceduto la reunion. Da lì è nata una collaborazione stabile, fondata su un’attenta ricostruzione dell’universo estetico della band.
“Abbiamo recuperato scenografie e costumi originali degli anni Ottanta” spiega Prandini. “Il mio background teatrale – da macchinista, attrezzista e direttore di scena – è stato fondamentale per gestire la dimensione performativa del gruppo.”
Ogni elemento sul palco è studiato nei dettagli: la disposizione degli artisti, i cambi scena, i costumi di Annarella e Fatur. Il lavoro è condiviso con il regista Fabio Cherstich, giovane talento del teatro italiano, che ha contribuito a definire l’impianto visivo dello spettacolo. La costumista Rossana Tagliati cura in particolare il guardaroba di Annarella, con più di venti cambi d’abito per ogni show. Il camerino mobile sul palco, la cosiddetta “Baia”, è un elemento scenografico vero e proprio, che contribuisce alla costruzione visiva della performance.
Il nucleo produttivo del tour è piuttosto ridotto: Luca Prandini per scenografie e costumi, Alessandro Pasqualini per le luci, Mauro De Pietri al mix di sala, e i tecnici di Pro Music per la backline. “Non siamo in tanti” sottolinea Prandini, “ma ognuno sa esattamente cosa fare. È questa sinergia a dare allo spettacolo la sua forza.”

Le luci
Il disegno luci porta la firma di Alessandro Pasqualini, lighting designer e operatore MA che accompagna la band fin dal concerto di Reggio Emilia. “Lavoro con loro da allora” racconta Alessandro. “Abbiamo fatto Berlino, il tour dell’anno scorso e ora questo, che sembra davvero l’ultimo.”
La produzione tecnica è volutamente contenuta: “Non è nemmeno una mezza produzione… è un quarto” scherza Pasqualini. La band viaggia con la backline, i banchi audio, 16 pezzi Portman Lights e 8 Pat a incandescenza. In ogni venue poi si integrano fixture locali: 24 Robe Forte, 22 Robe Spiider, 24 strobo LED e 24 blinder. Il cuore visivo dello show è una matrice di Portman pixelabili che, in due momenti simbolici, compone la scritta CCCP.
Dato che Annarella rimane al centro della scena con oltre venti cambi d’abito, sono richiesti due follow spot dedicati, preferibilmente Robert Juliat Merlin. “Ricevo qualche indicazione, soprattutto da lei, ma per il resto lavoro in autonomia, così non litigo con nessuno” scherza Pasqualini.
Insomma, i CCCP tornano con la musica, con le scenografie teatrali, con le luci retrò e con le provocazioni politiche. Oggi come allora continuano a interrogare il pubblico, a destabilizzare e a creare senso di appartenenza. Un ultimo atto, forse davvero definitivo, o forse no: ogni anno vediamo tanti tour definitivi, che poi definitivi non sono. La band è nuovamente affiatata, e capace di riunire tante generazioni: per ora l’Ultima chiamata non è stata un’operazione nostalgica, ma un’operazione vitale. Vi terremo aggiornati.




