La mia strada è un campo di battaglia

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro.

di Carlo Carbone

La fatica quotidiana del soppesare i segnali di questa stanca società non delude chi aspetta sorprese. Si schierano in ordine sparso: leggi, giudici, i sempre verdi tecnici ASL (mancanti dalla scena da un po’ di tempo) e vari titolati politici infervorati da missioni di salvezza. Questi ultimi paiono prendersela, a dire il vero, più con i gay e le loro chiassose attività, tradizionali obbiettivi di ogni moralizzatore che si rispetti, che con lo spettacolo. Per noi, non percependo alcun distinguo tra le due categorie, non sfrutteremo l’occasione per introdurlo di soppiatto, ovviamente il distinguo.

Così mentre a Milano il vicesindaco, De Corato, imperversa sulle attività sopradette ed è la Procura che detta i livelli per i concerti a San Siro, il decreto legge 81/08, agognato testo unico sulla sicurezza, contenitore dello scibile presente nelle norme L. 626/94, L. 277/91 e in parte nella L. 494/96, propone un’innovativa e quanto mai bizzarra visione dello spettacolo dal vivo, anzi, scusate ma è dir poco, della musica.

Nel tomo della legge, colto e complesso, sintetizzato in appena 350 pagine, una bazzecola per coloro abituati a consultare la Treccani per allacciarsi le scarpe, si trova un articolo innovativo sotto il profilo del taglio culturale, sotterrando, in scioltezza, decenni di discorsi sul tema spettacolo dal vivo.

È inserito nel

CAPO II – PROTEZIONE DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DI ESPOSIZIONE AL RUMORE DURANTE IL LAVORO

e vale la pena di leggerlo.

Articolo 198 - Linee Guida per i settori della musica, delle attività ricreative e dei call center

 

1.            Su proposta della Commissione permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro di cui all’articolo 6, sentite la parti sociali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente capo, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definisce le linee guida per l’applicazione del presente capo nei settori della musica, delle attività ricreative e dei call center.

Grazie al cielo 12 anni non sono un abisso e tutti noi ci ricordiamo la passione e l’entusiasmo con cui Massimo Gramigni annunciava la stesura della Legge sulla Musica. Era per lui, e per i politici di allora, fondamentale sancire che la musica, tutta la musica dalla classica a quella pop, è un valore fondante il patrimonio artistico del paese, un po’ come il David di Michelangelo e altre amenità.

Di quegli anni si ricordano tante cose belle e una certa quantità di noiose riunioni: purtroppo altri effetti non è dato vederne, perché il testo della legge sulla musica è sepolto tra le miriadi di buone intenzioni in qualche parte dell’apparato statale e, dato chiarificatore, i lavoratori nel campo musicale hanno orari e modalità di lavoro come tutti i lavoratori. È una rivoluzione compiuta.

Certo è che la musica non ci si aspettava di vederla accorpata al circolo del cucito e ai call center, se non altro per lo spirito forse leggermente diverso con cui viene affrontato il lavoro. In una società il cui giudizio discende dalla redditività è probabile che l’incertezza del domani, introdotta anche tramite il taglio del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), traduca “musica” in “lavoro precario” (call center) coniugandola ad un’attività ludica ricreativa (un po’ tipo svago). In verità il coraggio del legislatore dovrebbe essere portato fino all’estrema ratio e ravvedere la similitudine tra i lavoratori dello spettacolo e i call center nel tempo dedicato alle telefonate per riscuotere qualsiasi forma di credito.

La stessa commissione, istituita quindi a parlare di “sicurezza”, dovrà decidere, con le stesse indubbie capacità e onniscienze, gli standard della bocciofila di Adria e dei call center della cerchia suburbana di Milano. Si tratta, in estrema sintesi, di stesse categorie umane: giocatori e giocati.

Il D.lgs 81/08b contiene una serie di indicazioni che con il settore spettacolo dal vivo avranno delle difficoltà oggettive di convivenza. Penso in tal senso a quella specie dell’homo sapiens, modificatesi in completo contrasto alla più permissiva teoria evoluzionistica, i rigger. Questi esseri, viventi in un universo proprio, capaci di intelletto finissimo ma ancor più di agilità scimmiesca, se avessero tempo e leggessero il testo rimarrebbero stupiti e perplessi di fronte a quello che per loro rappresenta: una sorta di legge razziale.

Per ridurre gli effetti di interpretazioni individuali da parte degli enti di controllo (ASL) sia sul tema rumore che cantiere spettacolo, il Presidente di ASSOMUSICA, Ilaria Gradella, ha avviato con APAT (Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici) un tavolo di confronto sul tema nella prospettiva di quanto previsto nell’articolo sopra integralmente riportato.

Gli organizzatori associati potranno fornire preziose testimonianze sull’applicazione in campo, esperienze necessarie per documentare in sede istituzionale il significato del nostro lavoro.

È un passo importante: omogeneizzare l’applicazione limita l’interpretazione, pone le basi di comportamento in tutto il territorio e riduce la discrezionalità alla base di mazzette e freccette.

Non dimentichiamo che la “sicurezza sul lavoro” è un tema forte, è il nostro tema, dal Pop Code e ancor prima dalla responsabilità che tutti i lavoratori dello spettacolo hanno sempre dimostrato. Sarebbe stupido soccombere su questo o cercare scorciatoie da palazzinaro, farci scippare la nostra professione.

Quello che succede nell’edilizia non è un esempio da seguire. Le regole che alimentano quel mondo imprenditoriale da “firma sul foglio”, senza nessuna sostanza, il cui principio unico è il guadagno non sono le nostre regole.

A noi piace vedere Guidolin per aria e dal basso non capire se è felice o arrabbiato ma certamente, sono pronto a scommettere, non lo vedremo mai volare giù.

Sono certezze che hanno radici lunghe, dai ricordi di come questa professione si è formata nel tempo, niente di approssimato, praticamente tutta pura invenzione. Se uno immaginasse una scena tipo finale di Star Wars, con i maestri Jedi che appaiono fantasmati, vedrebbe una schiera di anziani del teatro, alcuni senza qualche dito alcuni bruciacchiati, appunto maestri.

Quindi pancia in dentro petto in fuori, in riga e come disciplinati soldatini con mento irto prepariamoci all’ennesima novità. C’è di bello che con il passare del tempo il nostro lavoro sembra più un lavoro e farlo divenire bello è nostra esclusiva facoltà.