Giorgio “Josh” Geromin - Lighting designer; Giovanni Porcaro - Lighting operator assistant
Il Palajova 2025 comincia a Pesaro e restituisce un Lorenzo pieno di energia e una squadra affiatata dietro le quinte.

L’attesa per il ritorno di Lorenzo era palpabile, alimentata dalla consapevolezza che Jovanotti ha sempre saputo stupire il suo pubblico con show di altissimo livello, veri e propri concentrati di energia e innovazione tecnologica. E lo possiamo dire, anche questa volta le aspettative non sono state deluse. Intervistiamo i professionisti che hanno lavorato mesi per arrivare a un risultato che ancora una volta risulta memorabile.
Josh, raccontaci il progetto da cui è scaturito questo disegno luci.
In questa produzione ho preso parte a tutto il progetto del disegno luci e del set design, in stretta collaborazione con gli scenografi Matteo Ioli e Dario Bruno, e partendo dall’idea di Jovanotti. Il suo input era legato alla primavera, la fioritura, la rinascita: voleva riportare l’idea della ripartenza, dopo i problemi che ha avuto con la caduta. Quindi il primo input è stato un disegno che raffigurava un grosso schermo video, delle persone in mezzo a un palco e dei fiori appesi nel nulla. Da lì è iniziato il lavoro di sviluppo del progetto, in cui noi abbiamo aggiunto questi pods, che si muovono, salgono, scendono, possono perfino viaggiare sospesi, in cui poi abbiamo posizionato i fiori che si aprono e si illuminano.
Spiegaci meglio il funzionamento di questi pods, che sono l’aspetto più caratteristico della scenografia.
Ci sono due rotaie parallele appese al soffitto, alle quali sono appesi cinque pods ciascuna. Sono dieci in tutto, di cui otto sono costituiti da una matrice di MagicPanel, che permettono di creare degli elementi grafici, come delle scritte o dei disegni. Sugli ultimi due pods finali, abbiamo montato una tipologia di fari diversi, come se fossero delle illuminazioni da stadio, per illuminare il pubblico sulle gradinate finali. Durante lo spettacolo, questi pods possono compiere una serie di movimentazioni che ricreano una scena sempre diversa: si possono ruotare, possono inclinarsi, muoversi orizzontalmente e verticalmente, hanno tutta una serie di sviluppi sulla movimentazione molto interessanti. Tutta l’automazione viene gestita dai ragazzi di Frontline Rigging & Motion, una compagnia olandese top. In questo momento, il tour di Jovanotti è il più grosso, come movimentazione, a livello europeo, a detta loro. Solo di motori a velocità variabile, ne hanno montati 102; nel momento in cui il fiore si apre completamente, la sua apertura raggiunge un diametro di 4 m circa. Ovviamente tutto questo lavoro deve essere ben coordinato in modo tale da lasciare comunque la possibilità a tutto il pubblico di avere sempre la visione del palco.
Scendendo al centro dello stage, ci sono altri tre “giga-pods”: attorno a queste strutture abbiamo inserito un profilo con le barre LED, mentre all’interno abbiamo inserito 12 Robe Esprite, e quattro blocchi di ribalte LED, che utilizziamo in maniera più grafica che non per la strobo. Sempre all’interno dei giga-pods abbiamo inserito dei wash Claypaky k25 che servono invece a creare l’illuminazione base per il colore. Dietro, sul fondale, abbiamo invece cinque piccole americane: anche quelle sono motorizzate, durante lo show prendono diverse forme. In totale, tra piccole strutture e grandi strutture, sono 18 pezzi che si muovono.
Tutti i movimenti sono programmati tramite timeline?
No, dietro il progetto c’è un grosso lavoro, perché abbiamo prima sviluppato la nostra idea con tutte le movimentazioni, poi abbiamo mandato il progetto agli olandesi, i quali hanno verificato la fattibilità delle movimentazioni, per evitare impedimenti o pericoli di stabilità nei movimenti. Naturalmente sono previsti ovunque blocchi di sicurezza: se per qualche motivo qualche parte non fa il movimento programmato, si bloccano prima che si arrivi a un movimento pericoloso.
Durante le prova, ho visto che i fari sono programmati pixel to pixel. Non oso immaginare la quantità di canali utilizzati.
È inevitabile, per ottenere certi risultati visivi; proprio l’altro giorno abbiamo fatto una verifica per renderci conto di dove eravamo arrivati, e abbiamo circa 40.000 parametri che girano. Non è proprio una passeggiata.
Quanto tempo vi è servito per programmare tutto?
Nei primi sketch di maggio, c’era un’idea di base che era un po’ diversa; in agosto ho iniziato a sviluppare i primi rendering da mostrare al gruppo di lavoro. Sempre in agosto abbiamo iniziato a impostare il mixer, quindi abbiamo iniziato a creare la vera e propria patch sul mixer. Da novembre circa, con il buon Giovanni Porcaro abbiamo iniziato la costruzione dello show. Per avere un’idea di quello che avevo sviluppato, ho passato qualche giorno a Castrocaro, dove hanno fatto le prove musicali, per poter raccogliere ulteriori informazioni. Poi naturalmente usando un software di pre-visualizzazione in studio, avendo delle idee ben chiare, abbiamo fatto la versione definitiva che poi abbiamo portato a Pesaro per la rifinitura finale.
Per le movimentazioni c’è una regia?
No, viene fatto uno show call: è stato preferito questo metodo di lavorazione perché con un progetto molto complesso è preferibile che determinate cose vengano sempre controllate manualmente e non da dei segnali; banalmente basta una perdita di frame per creare qualche pericolo. C’è una persona a fianco palco, che segue la scaletta, a cui diamo il go.