MIAC - Museo italiano dell'audiovisivo e del cinema

Inaugurato nel dicembre del 2019, MIAC (Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema) racconta la storia, le evoluzioni e le prospettive dell’arte delle immagini in movimento, lungo gli ultimi 120 anni e verso il futuro: il cinema, la televisione e le nuove tecnologie digitali, raccontati in una dimensione espositiva ed esperienziale.

MIAC - Museo italiano dell'audiovisivo e del cinema

di Mike Clark

Foto: Cristina Vatielli – NONE collective

Il MIAC è stato realizzato da Istituto Luce-Cinecittà, in partnership con Rai Teche e CSC, Centro Sperimentale di Cinematografia.

Il primo museo multimediale, interattivo e immersivo interamente dedicato al genere nella capitale, sorge all’interno dei leggendari studi di Cinecittà su un’area di 1650 m2, nell’edificio un tempo sede del laboratorio di sviluppo e stampa.

Oltre 3.000 film hanno preso forma a Cinecittà nella sua storia di oltre 80 anni e più di cinquanta di essi hanno vinto Academy Awards: capolavori che hanno emozionato generazioni di spettatori, dai campioni d’incasso che hanno reinventato la storia del cinema, come Quo Vadis di Mervyn LeRoy e Ben Hur di William Wyler, fino al nuovo millennio, con Gangs of New York di Martin Scorsese, Le avventure acquatiche di Steve Zissou di Wes Anderson, La Passione di Cristo di Mel Gibson, Catch 22 di George Clooney e 6 Underground di Michael Bay.

MIAC è stato curato dagli storici e docenti universitari Gianni Canova, Gabriele D’Autilia e Enrico Menduni e dal regista cinematografico Roland Sejko e l’allestimento è stato ideato, progettato e curato da NONE collective. 

Alla base del Museo ci sono centinaia di film e filmati d’archivio (degli immensi fondi dell’Istituto Luce, delle Teche Rai e degli archivi partner), documenti, fotografie, interviste, sigle, backstage, grafiche, radio… il tutto reso emotivamente accattivante tramite il contenuto cross-media.

NONE collective è una realtà romana fondata da Gregorio De Luca Comandini, Mauro Pace e Saverio Villirillo, operante nei settori di architettura e design e da anni impegnata nella ricerca sul rapporto tra arte, tecnologia e narrativa per creare esperienze immersive. Dal 2014, i suoi lavori sono stati esposti in musei, siti importanti e festival a livello mondiale (nel Regno Unito, Brasile, Giappone e Italia), oltre a diverse edizioni del Festival di Cannes.

Il percorso creato da NONE è composto da dodici sale principali, ognuna delle quali riguarda un tema specifico. Due elementi procedono lungo tutto il museo – come una pellicola o un nastro – formando la spina dorsale del MIAC: Timeline, un corridoio da 30 metri con un sorprendente graffito animato che esalta eventi della storia del settore e venti touchscreen LCD HDMI Waveshare 10.1”  distribuiti sui due lati, e il Tavolo interattivo, un nastro lungo 40 metri, originariamente impiegato per trasportare le pellicole per le lavorazioni, ma che oggi trasporta i pensieri scritti dai visitatori sui touchscreen, che sono poi trasformati in frammenti di carta stampata.

Nella sezione L’Emozione dell’Immaginazione, proiezioni su schermi dei volti di spettatori e decine di frammenti di specchi replicano scene memorabili del cinema italiano. 

Attori e Attrici ospita un mosaico di sequenze e primi piani di divi e stelle e tre spettacolari cornici formate da 100 lampadine li racchiudono come in un unico enorme specchio di un camerino.

La sezione Storia impiega una sapiente combinazione di specchi (che coprono interamente le pareti laterali) e video mapping, con un proiettore ViewSonic Pro8530 che copre la parete di fondo e due Optoma EH515ST full-HD appesi al soffitto che proiettano sopra i numerosi cubi di varie altezze sul pavimento. Tutti i proiettori del museo sono modelli Optoma (15) e ViewSonic (19).

Nella sala Linguaggio si diffondono suoni, parole e dialoghi sovrapposti, uniti alle scene selezionate su tre grandi light box. 

In Paesaggio, Eros, Commedia e Merce, i quattro temi sono riprodotti in contemporanea da quattro grandi schermi. In mezzo, uno spettacolare paesaggio alieno creato con PAR UV Chauvet Ovation P-56UV abbinati a centinaia di sassi sul pavimento rivestiti di vernice reagente ai raggi UV e steli luminosi che ondeggiano con gli impulsi dei film.

Musica inizia dal primo film sonoro, The song of love (1930), e ha come protagoniste le colonne sonore di geni come Morricone, Rota, Trovajoli e Piovani, con spartiti luminosi che pulsano in sincronia con l’audio.

In I Maestri, oltre ai nomi su cui viaggia il cinema italiano nel mondo, visti al lavoro, nel backstage, pause e durante memorabili premiazioni, il giusto risalto è dato anche ai lavoratori dello spettacolo, le maestranze che contribuiscono con mestiere e genio alla costruzione delle visioni personali degli autori. Qui, un effetto cielo stellato surreale è creato con luci catena filo in rame (con LED bianco caldo) e il firmamento completato da due “soli” – uno rosso e uno blu – creati da una coppia di proiettori Showtec Vintage Blaze 55, dotati sia di una lampada HPL sia di LED RGB.

I sistemi di illuminazione al MIAC comprendono anche PAR LED Stairville Retro Flat, spot e sagomatori LED Gallery Eclipse della ProLights e tubi Pixel LED RGBW Astera.

Il pavimento, le pareti e il soffitto della sezione Caleidoscopio sono interamente rivestiti di pannelli di specchio (con strip light LED inserite nelle fughe), con un effetto quasi disorientante che elimina ogni riferimento dimensionale, e delle scie di luce interagiscono con una colonna video centrale, sulla quale ognuna delle quattro facciate (1 m × 2 m) è formata da uno schermo LED MacroPiX Mobilis 2.5

I sistemi audio al MIAC sono stati costruiti ed installati da Audio Factory, società con sede ad Ariccia, fondata da un veterano del settore in Italia, Oreste Parmentola, che spiega: “Siamo stati contattati dallo studio NONE per dare supporto per il progetto acustico e fornire materiale custom per un’opera molto articolata, complessa e immersa in un ambiente acusticamente poco favorevole.”

La richiesta era di fornire sistemi di altoparlanti da integrare in modo ‘invisibile’ nei vari ambienti e garantire qualità ed affidabilità, con elevata intelligibilità della parola per i dialoghi e contributi dai frammenti di film, documentari ed interviste, molti dei quali estratti dalle teche RAI dagli anni ‘50 in poi. Per alcune sezioni erano necessari sistemi di altoparlanti con direttività marcata, perché dovevano riprodurre contributi diversi nello stesso ambiente, mentre in alcuni altri era necessaria una resa acustica di tipo cinematico/emozionale.

“I dodici amplificatori di potenza messi in campo – continua Parmentola – erano i primi usciti dalla nostra linea di produzione di due modelli destinati ad arrivare successivamente sul mercato; uno a due canali (2 × 300 W su 4 ohm) ed uno a quattro (4 × 150 W su 4 ohm), entrambi con DSP.

“Abbiamo installato due diffusori custom: il D03 ed il System 22. Il primo riproduce l’audio di un media player, ricreando l’atmosfera di una vecchia radio in tre sale, ma assicurando un’ottima intelligibilità per il contenuto, file digitalizzati di trasmissioni Rai di sessant’anni fa. Per soddisfare queste esigenze, abbiamo progettato un micro diffusore amplificato (da 10 W) con alimentatore PWM e un altoparlante wide-range da tre pollici.

“Il secondo sistema – conclude Parmentola – installato nella sala Lingua, riproduce dialoghi e frammenti audio storici ed è praticamente una installazione ‘artistica elettroacustica’. Sono stati utilizzati 22 altoparlanti a larga banda da 8” in configurazione aperta e, per ottenere una resa acustica adatta, sono stati utilizzati quattro canali di amplificazione processati singolarmente per apportare le opportune correzioni necessarie al funzionamento dell’opera”.

Audio Factory ha anche fornito ed installato nove dei suoi subwoofer passivi DS10, ventisei diffusori D06 e sei D04, anche essi tutti passivi.

Oltre al sistema di diffusione principale di ogni sala, ascoltabile da tutti i visitatori, alcune piccole installazioni interattive, che forniscono focus approfonditi su certi aspetti dei contenuti e del materiale aggiuntivo, possono essere ascoltate tramite cuffie mono a doccia, senza disturbare la “messa in onda” principale. Le uniche altre cuffie nel museo sono tre HD 200 PRO Sennheiser nella sezione Musica.

Le Teche Rai conservano circa tre milioni di ore audiovisive, dalla nascita della Radio (1924) e della televisione (1954), 75 milioni di documenti indicizzati disponibili online, 25.000 concerti eseguiti dagli anni Cinquanta ai giorni nostri e oltre un milione di fotografie digitalizzate. Circa 400 film (selezionati da NONE insieme ai curatori) sono stati rielaborati dal collettivo con l’impiego di Adobe After Effects, Adobe Premiere e Derivative TouchDesigner, formando il percorso narrativo del museo. La pellicola più vecchia inclusa è Inferno (1911), la più recente L’Amica Geniale (2019).

La rete informatica del museo è una LAN chiusa, all’interno di una rete di servizi e connettività molto più ampia (come quella degli studi) e dalla quale vengono erogate le funzioni di monitoraggio, routing e sicurezza. Per poter creare una rete dinamica che potesse supportare le diverse configurazioni, ogni sala è stata dotata di un rack in cui sono convogliate tutte le connessioni locali.

1.780 km di nuovo cablaggio sono stati stesi per il progetto e l’installazione (oltre a quella delle apparecchiature video e luci) è stata eseguita da Unusual Event, una società di tecnici specializzati con sede a Roma per eventi, trasmissioni televisive e installazioni fisse, sotto la supervisione di Marco Gennatiempo, consulente-direttore tecnico per gli eventi a Cinecittà: “In questa occasione ho gestito la parte finale e la finalizzazione del museo per l’apertura, con la gestione successiva per quanto riguarda il coordinamento tecnico per l’accensione e lo spegnimento, nonché l’assistenza tecnica, coadiuvato in questa ultima parte da Gianfranco Ciccolini”.

Il controllo nelle singole sale è gestito da un ENTTEC Pixel Octo LED controller, due mini PC Asus, undici computer a scheda singola Raspberry Pi3 modello B+ e due dimmer/switcher DMX della Stairville.

Gennatiempo (il nome sarà tutt’altro che nuovo ai lettori, per via dei suoi “trascorsi” passati nel mondo dei grandi tour in Italia) aggiunge: “I server di controllo dei contenuti e degli automatismi sono connessi alla rete LAN MIAC per raggiungere i diversi dispositivi nelle sale e alla rete LAN STUDIOS per usufruire dei servizi erogati dalla rete centrale verso l’esterno (Intranet-Internet).

Il computer principale è una macchina Intel Core i7 6core di ottava generazione a 3,2 GHz e controlla tutti i device grazie alla rete locale realizzata ad hoc. Attraverso la regia quindi, connessa a Internet, da remoto si può controllare ogni device e verificare la ‘salute’ del sistema”. 

La regia è utilizzata per il controllo dei video proiettori e i player video Brightsign, collocati vicini ad ogni proiettore, con una programmazione per il timing e il sinc nelle sale con diversi player. Playout and playback avvengono tramite quarantasei Brightsign HD 224 e tredici DMXPEN Rec01 232.

Gennatiempo conclude: “Sicuramente in ogni museo ci sono problematiche da risolvere dall’inizio alla fine. Nel caso del MIAC, tecnicamente, si è dovuto lavorare per mediare tra progetto creativo e realizzazione pratica”.

NONE collective: “Abbiamo cercato di stimolare l’interesse e la curiosità dei visitatori a scoprire ed approfondire il mondo italiano del cinema, della televisione e della radio italiane. La tecnologia ci consente di ricercare diverse forme narrative, utilizzando differenti media e stimolando la percezione. È l’evoluzione dell’audiovisivo, di una pellicola o di un libro, che non sostituisce i media originari, ma li unisce e li arricchisce con nuove tecniche e dinamiche, come il movimento dello spettatore e gli infiniti punti di vista, creando un nuovo linguaggio”. 


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