Le luci della centrale elettrica – Il tour teatrale 2008-2018

La band festeggia i dieci anni di carriera, e insieme chiude il sipario: l'ultimo tour del progetto di Vasco Brondi, in veste teatrale.

di Alfio Morelli e Giovanni Seltralia

Il percorso della band di Vasco Brondi, al tempo della penultima data di sempre, può dirsi completo: gli inizi nei piccoli circoli, la crescita costante fino a diventare uno dei punti di riferimento dell’indie tricolore, l’influenza pesante sul nuovo pop italiano, un ultimo tour di stampo sofisticato.

Un percorso curioso: Le luci della centrale elettrica chiudono i battenti dopo dieci (e qualcosa) anni di attività, nel momento in cui le classifiche italiane sono invase di cantautori e gruppi presunti ‘indie’. Si tratta di figli più o meno legittimi di un movimento musicale spontaneo, di cui Le luci sono state una parte importante; la decisione di Brondi di passare ad altro testimonia un fenomeno già altre volte registrato: quando un’estetica diventa maniera, i fondatori sono i primi a cercare nuovi sbocchi. Sta succedendo lo stesso nel mondo contraddittorio della trap, è successo nel punk italico degli anni Ottanta, e chissà quante altre volte.

In ogni caso, abbiamo preso parte a una delle date finali del tour, il 14 gennaio presso il Teatro Nazionale di Milano: ci accoglie una produzione pulita, quasi minimale, che pone l’accento su un mood lontano da quello del club.

Nicola Rossoni - Direttore di produzione

“Sono direttore per conto di International Music and Arts – racconta Nicola – alla mia ‘prima’ con Vasco. Questa produzione è azzeccata per l’artista, per l’agenzia e per il contesto della tournée teatrale. Questa dimensione, diversa dai club in cui pure la band ha girato tanto, è quella che a mio parere gli si addice di più: c’è più attenzione alla musica, il lavoro sulle luci è elegante, il palco è pulito. Anche negli auditorium, dove quintatura e quadratura non sono al livello dei teatri tradizionali, siamo sempre riusciti a fare un lavoro che rispettasse questo stile. Le date sono quasi tutte esaurite, anche le doppie: questa è la seconda su Milano, pur in una venue diversa; lo stesso su Roma. Anche per alcuni musicisti il teatro è stato una prima volta. Il tour è compatto, con un calendario ben fatto e con pochi trasferimenti lunghi”.

Ci parli della produzione?

La produzione è completa, con audio e luci al seguito forniti da Sonique, ed è stata impostata per essere snella. Ci sono poche cose, quelle giuste: il fondale stampato, il disegno luci che lo circonda, queste due altalene con dodici MAC Aura di Martin Lighting che sono un vero e proprio elemento di scena. Poi qualche volta abbiamo trovato l’impianto già montato: per esempio al Parco della Musica di Roma, dove l’impianto residente è già ben settato per la location particolare.

Da chi è composta la squadra?

Nella squadra tecnica ci sono Lorenzo Caperchi e Daniele Falletta, rispettivamente fonico FoH e di palco; Marco Rimondo, PA man; Simone Bellomo, backliner; Francesco Trambaioli e Matteo Moro, lighting designer e tecnico luci. A questi, aggiungi il tour manager che viaggia con la band, e l’autista. Siamo sedici persone in tutto, inclusi i musicisti, più una ballerina diversa in ogni data. Sul palco ci sono voce, chitarra, violino, tastiere e cori sulla sinistra; Daniela canta e suona il violoncello dietro a tutti; a destra la batteria con varie percussioni, basso e chitarra elettrica.

da sinistra: Francesco Trambaioli, lighting designer; Matteo Moro, tecnico/operatore luci

Francesco Trambaioli - Disegno luci e stage

“Io sono stato contattato dal management di Vasco – racconta Francesco – che mi conosceva per i lavori fatti con Vinicio Capossela e Baustelle. Con Vasco già ci conoscevamo prima di questa tournée, e quando è venuto a vedere alcuni miei spettacoli si è interessato all’idea delle atmosfere scure, fatte di controluci. Quello che voleva ricreare era un ambiente surreale, da via lattea, notturno, ma allo stesso tempo tribale. Anche l’impostazione andava rivista: dall’attitudine del club voleva passare a una più teatrale. Quindi ci siamo fatti suggestionare da alcune immagini, e ho pensato lo show di conseguenza: il fondale è stampato con un tema etereo, sfuocato; ho evitato le proiezioni, gioco solo con le luci, con l’obiettivo di creare background interessanti. Il set-up è semplice sia a livello di materiali, sia a livello di elementi: il palco è in netta contrapposizione con i palchi dei club, sempre pieni di roba”.

Avete ragionato molto sulle luci?

Assolutamente. Abbiamo usato le proiezioni in maniera marginale, per tornare a concentrare l’attenzione sulla musica, togliendo tutti i possibili elementi di distrazione; quindi la preferenza è stata quella di evitare un’atmosfera troppo live. Non ho nemmeno molti pezzi, lavoro con una dozzina di MAC Aura, che hanno una fantastica miscelazione colori, con dei Claypaky Mythos come tagli, dei MAC 700 come frontali; ma in tutto sono non più di venticinque. Questo obbliga a tirar fuori la creatività: nella programmazione ho cercato di evitare geometrie, pensando più a illuminare ambienti che potessero accompagnare la musica. È servito molto lavorare in allestimento, vedendo la scena al momento; mi ha aiutato molto Matteo Moro, che mi ha anche sostituito in alcune date.

Quelle sono “altalene”?

Sono altalene di taglio; le montiamo e smontiamo volta per volta. È un processo molto semplice, dato che a volte viaggiare in questi teatri significa affrontare spazi vincolati. Mi sono fatto ispirare dai fari dei piazzali: sono sei e sei, volevo che ricreassero l’effetto delle luci nella nebbia, come nei parcheggi. Uso queste altalene come oggetti di scena: cerco l’atmosfera da esterni, con un’aurora sullo sfondo e gli elementi sospesi. Comunque ho molte luci di taglio, pochi frontali e nessun seguipersona.

Marco Rimondo - PA manager

“In questo tour – spiega Marco – abbiamo scelto la produzione completa, e come impianto Bose ShowMatch. In alcune situazioni abbiamo usato impianti residenti; in altre, non potendo appendere troppo peso, abbiamo montato JBL VerTec. Le situazioni sono state molto varie, da teatri a capannoni: abbiamo scelto sempre l’impianto più adatto alla singola venue, con l’obiettivo di ottenere la miglior resa. La prima scelta è stata Bose, perché valorizza sempre la voce, aiutando a tenerla fuori rispetto al resto: con un artista del genere era molto importante. I sub non li cambiamo mai, invece: usiamo sempre i Bose SM118; abbiamo lavorato sul preset in modo che si accoppiassero in maniera perfetta al resto del PA”.

“Abbiamo questo impianto da quasi due anni; le ottimizzazioni che abbiamo sviluppato in questo periodo riguardano gli accorgimenti in maneggevolezza e velocità di installazione; abbiamo chiesto bauli diversi, skate diversi, e da parte dell’azienda c’è stata molta disponibilità ad accogliere consigli e sensazioni: per loro è un mondo nuovo, e non perdono l’occasione per confrontarsi. Non abbiamo avuto nulla da dire sulle performance dell’impianto, si è trattato sempre di qualche particolare”.

Oggi con quale configurazione sei operativo?

Oggi abbiamo nove casse per parte; sei Bose SM5 con l’apertura da 70°, un SM5 con la guida da 100°, e due SM10 per il downfill. Arriviamo a coprire fino alla terza fila, mentre da lì in avanti ci sono due SM20 per parte con apertura da 100°. Infine, tre sub SM118 per parte, in left & right dato che non si poteva fare un arco. Il programma musicale permette questa configurazione: il rapporto tra sub e satelliti è di uno a uno; il livello generale non è alto, e nessuno ha interesse a spingere particolarmente. Gli ampli sono tutti Powersoft X8, e di solito i LED si accendono appena appena, l’aria si muove poco. In regia Midas, sia in palco sia in sala.

A che ora arrivate di solito?

Al mattino intorno alle dieci; per l’ora di pranzo l’impianto è su con il line-check già fatto; dopo pranzo si accende, mettiamo i microfoni e per le tre siamo pronti.

Da sinistra: Daniele Falletta, fonico di palco; Lorenzo Caperchi, fonico di sala

Lorenzo Caperchi - Fonico FoH

Daniele Falletta - Fonico di palco

“I banchi sono due Midas PRO2 – ci raccontano, alternandosi, i due fonici –, condividiamo una stage box Midas DL. La band ha scelto di usare soprattutto i monitor, perché Vasco non voleva l’isolamento. Noi lavoriamo per la produzione, non per il service, ma collaboriamo spesso con Sonique e ci troviamo bene, è come andare alla bottega fidata sotto casa. Da esterni, il primo nome che ci è venuto in mente è stato il loro”.

“Sul palco – continua Daniele – usiamo Telefunken M80 per le voci, che chiediamo sempre a Sonique. Per Vasco, dopo anni, siamo passati a una scelta matura: DPA d:facto, un microfono non per tutti, anche solo per il prezzo; ha una resa straordinaria, cambiare rispetto al Beta 57 di prima è stato un passo avanti. Poi, per violino elettrico e chitarra elettrica abbiamo usato un condensatore Aston, che ha un ottimo rapporto qualità/prezzo, e un dinamico Sennheiser. Anche il violino, che tende a essere acidino, diventa controllabile con questo equilibrio. La batteria ha un set di microfoni standard, in cui si distingue giusto la scelta di Sennheiser MD 421 nel sub-kick, per evitare il suono troppo rock di microfoni più usuali; poi Shure Beta 52 sul timpano e AKG C414 sul rim, per dare un po’ di accento sulle ‘ghost’, sui movimenti particolari tipici del mondo delle percussioni, a cui si aggiungono Shure SM57 sopra e AKG C214 sotto; il violoncello ha sia un microfono che va a finire nei pedali, con un re-amp, sia un sistema REMIC nuovo che ci è piaciuto molto.

Cosa puoi dirci per quanto riguarda l’impianto e il monitoraggio?

Bose è un nome importante, anche se nel mondo dei live deve ancora affermarsi; è un ottimo prodotto, e sono partiti da uno standard già molto alto. È sempre presente senza essere fastidioso, e anche il sub è bello, rotondo. Tutto è bilanciato: non si ha mai l’impressione che sul medio-basso manchi qualcosa rispetto alla parte sopra, nonostante il numero non elevato di pezzi. Anche sul palco non abbiamo mai avuto problemi.

Come monitoraggio, invece, usiamo tutti monitor d&b audiotechnik MAX15. L’unico col doppio monitor è Vasco; lui ha sempre usato microfoni ipercardioidi o supercardioidi, quindi il doppio monitor è sempre stato necessario. Come side, abbiamo due d&b C7, formati da top e sub, appoggiati a terra; siamo partiti timidi con i volumi, mentre ora ci sono 5-6 dB in più sul palco rispetto alle prime date.

Sbaglio, o è tutto mantenuto semplice?

Certo! Abbiamo preferito togliere che aggiungere; il bassista ha deciso di non usare nemmeno un monitor e suonare solo con quello che sente! È proprio la volontà alla base di tutto il tour, di mantenere una situazione con pochi fronzoli, pochi effetti speciali, che si concentra sulla naturalezza delle performance.

Lo show

Il focus dello show è centrato sulla performance del cantautore, ma i musicisti accompagnano con personalità ogni passaggio del concerto. La dimensione acustica risulta azzeccata, nel ripercorrere i dieci anni di carriera della band.

Bose si riconferma la scelta giusta per valorizzare l’intelligibilità e le sfumature timbriche del cantante: quello che il pubblico apprezza maggiormente è quello che si dice e come lo si dice. Il disegno luci valorizza soprattutto i momenti più intimisti, senza disdegnare qualche passaggio più adrenalinico e movimentato.

In definitiva, in chiusura di un concerto, di un tour, e addirittura di una carriera, Le luci della centrale elettrica offrono uno spettacolo di qualità che rimanda a casa un pubblico soddisfatto. 

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