La Rinascita del Teatro Rasi di Ravenna

Dopo sette mesi di ristrutturazioni, nel mese di febbraio c’è stata l’inaugurazione del nuovo teatro Rasi, che ha consegnato alla città di Ravenna una sala completamente rinnovata.

La Rinascita del Teatro Rasi di Ravenna

di Alfio Morelli
foto: Marco Parollo

Originariamente il teatro Rasi nasce come chiesa monastica dedicata a Santa Chiara, costruita nel 1250, e riadattata a scuderia all’inizio del ’800. L’edificio fu convertito in sala teatrale nel 1874 e intitolato al celebre attore e drammaturgo Luigi Rasi nel 1919. Chiuso nel ’59 per lavori di restauro, il teatro poi fu riaperto nel ’79, con le sembianze più di una sala cinematografica che di un vero e proprio teatro.
Il progetto per questo ultimo restauro è stato firmato dall’architetto Carlo Carbone che si è occupato anche della direzioni dei lavori.

“Sono stato contattato nel 2018 da Ravenna Teatro – racconta Carbone – centro di produzione teatrale fondato nel 1991 dall’unione di due compagnie: Teatro delle Albe e Drammatico Vegetale.
“Il Cine Teatro Rasi, già dal 91, è sede di Ravenna Teatro – continua Carbone  dove ancora oggi si producono spettacoli di ricerca e d’avanguardia. Originariamente la struttura era stata pensata come sala cinematografica, quindi presentava delle sue limitazioni strutturali nel mettere in scena degli spettacoli di ricerca. L’esigenza del centro di produzione era di avere uno spazio aperto e creativo, da sfruttare a 360°. La soluzione ottimale sarebbe stata rendere l’interno una scatola vuota con un graticcio al soffitto che ogni produzione avrebbe riempito dando spazio alla propria creatività, ma tutto ciò non è stato possibile, anche se ci siamo andati vicino.
“L’attuale ristrutturazione restituisce le caratteristiche del teatro contemporaneo: uno spazio di dimensione europea, la cui sala è ora dotata di una gradinata telescopica mobile e di un palcoscenico capiente e singolare. Nel riallestimento è stato inoltre posto fortemente l’accento sull’aspetto acustico, ulteriormente ottimizzato. Della costruzione originale è rimasto l’involucro, la facciata, oggi ingresso del teatro, e l’abside che fa da sfondo al palco.

 “Per ottenere lo spazio più ampio possibile – spiega Carbone – abbiamo pensato di dotare il teatro di una tribuna telescopica. Quando è aperta, estende le sedute dalla galleria fino ad arrivare al palco, quando è chiusa, invece, viene ricoverata sotto la galleria, recuperando lo spazio piano della platea e facendola diventare il prolungamento del palco stesso (come le gradinate dei palasport – ndr).

Idea portante del teatro è quella di non essere ingessato nelle aree ma essere uno spazio capace di configurarsi, perdendo la rigidità schematica delle funzioni la cui presenza rimane visibile ma non condiziona.
“A sottolineare la continuità tra palco e l’area della platea che diviene scena è la scelta di usare lo stesso tipo di pavimento: tavole di legno d’abete di quattro centimetri, in modo da poterci allestire delle scenografie e poterlo utilizzare all’occorrenza come estensione del palco stesso.
 “Un po’ più complesso – specifica Carbone – è stato risolvere le problematiche degli appendimenti. Abbiamo dovuto mettere mano alla struttura della copertura sostituendola con una nuova. Il progetto è stato seguito dall’ing. Franco Faggiotto, che devo dire con l’età ha raggiunto una straordinaria forza interpretativa e bravura tecnica. Tutto il lavoro di sostituzione della struttura portante è stato eseguito senza toccare il solaio di copertura che è rimasto appoggiato su questa nuova struttura. Questo intervento è stato possibile tramite la composizione di più elementi con valenza antisismica compreso il rafforzamento del cordolo del tetto stesso, dove siamo andati a fissare delle capriate di ferro, che unite tra di loro risultavano una struttura unica che a sua volta legava la struttura, rafforzandola moltissimo. Questa soluzione è stata dimensionata anche per dotare il Teatro di una passerella di servizio aerea e una portata per gli appendimenti.

Alla fine dobbiamo anche parlare del progetto acustico…
Ci conosciamo da un po’ – risponde Carbone – e tu sai che nella mia professione la parte acustica ha un ruolo importante sempre nei progetti di architettura ha avuto in suo spazio anche formale assieme a quella illuminotecnica. In questo progetto, l’obbiettivo era ricomporre una densità tipica della scena dove la sorgente naturale necessita di un sostegno. Prima di tutto ho corretto le imperfezioni conseguenti alla forma geometrica utilizzando dei sistemi fonoassorbenti per equalizzare la risposta acustica generale. Successivamente ho introdotto una serie di rifrattori la cui risposta acustica era modificabile che avevo già sperimentato in due precedenti occasioni: l’amplificazione meccanica del concerto Carmina Burana nell’allestimento della Fura dels Baus conduttore Zubin Mehta al Mandela Forum di Firenze e la riforma acustica del Teatro Koreja a Lecce. In questo progetto del Teatro Rasi ho portato a conclusione la fase sperimentale componendo un progetto capace di scendere sensibilmente alla basse frequenze. Il sistema utilizzato si compone di più materiali assemblati che per loro eterogenea risposta a seconda delle frequenze incidenti, reagiscono in modo diverso e in questo si condizionano. Oltre a progettare, costruire e montare i pannelli, infatti il lavoro un po’ più ostico è stato la taratura del sistema, l’accordatura del pannello e la dirigibilità del suono, per comporre una densità del suono il più possibilmente coerente su tutta la sala. In questo lavoro mi fa piacere ricordare l’apporto e il sostegno di tutta la parte tecnica del teatro Rasi: Enrico Isola, Luca Pagliano, Alessandro Bonoli, Luca Faggioli e del costruttore Antonio Barbadoro. Finita l’accordatura del sistema, abbiamo fatto delle misure di controllo e abbiamo riscontrato una differenza di pressione acustica, tra la prima fila e l’ultima, di soli 2,5 dB, che non mi sembra male.


La disposizione dei pannelli fonoassorbenti nella sala. 

Per quanto tempo avete lavorato al progetto e quanto è costato?
Se consideri che tutto il lavoro di ristrutturazione è capitato nel bel mezzo della pandemia, puoi immaginare cosa abbia comportato tutto ciò. Grazie alle aziende CMCF, che si è prodigata in maniera superlativa al di là del suo interesse economico, Steelpool per le strutture in ferro , CIER per gli impianti, e maestranze coinvolte di Pitture Edili, i lavori finali sono stati eseguiti in sette mesi. Per questo miracolo vorrei ringraziare i miei compagni di viaggio, senza la cui buona volontà e dedizione, tutto questo non sarebbe stato possibile. Parto dal Dott. Alessandro Argnani insostituibile nella sua presenza, la Dott.ressa. Marcella Nonni, Dott. Luigi Dadina, l’ing. Luca Leonelli del Comune di Ravenna committente esperto e di grande umanità insieme a tutto il suo staff mi hanno donato una ventata di speranza sulla cosa pubblica . Lo staff di progettazione era composto oltre che dal raro ing. Franco Fagiotto, dall’ing. Franco Errani impianti meccanici,ing. Francesco Favorito impianti elettrici e da uno straordinario RUP (Responsabile Unico del Procedimento – ndr) nella persona dell’ing. Silvano Allegretti funzione di regia e certificazione di tutto l’avanzamento lavori. Quelli citati sono solo la punta dell’iceberg di tutti coloro che hanno preso parte con grande dedizione a questa ristrutturazione, che è costata solo 460 mila euro per la parte interna più 180 mila euro per la sostituzione e consolidamento delle strutture di copertura – voluta e finanziata interamente dal comune di Ravenna.

Siamo stati presenti alla serata di inaugurazione e dobbiamo confermare che tutto ciò che ci ha raccontato l’Architetto Carbone corrisponde a verità. L’impatto è sicuramente gradevole, l’ambiente accogliente, l’acustica ottima, la comodità delle sedute nella telescopica non risulta all’altezza del resto, difetto scoperto tardivamente, che mi assicurano quanto prima sarà risolto.

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