In Mondovisione

Con “la scusa del rock ‘n’ roll” Luciano Ligabue ci ha regalato un viaggio intorno al Mondo; quattro continenti, sette stati, cinque concerti in Nord America, due in Sud America, due in Australia, uno in Giappone ed uno in Cina.

di Marzia Cravini - foto di Jarno Iotti

22GENNAIO2015BUENOSAIRESIl tour, prodotto da Riserva Rossa e F&P Group, booking e logistica a cura del dipartimento internazionale di F&P Group, ha preso forma a Trieste poche ore prima del concerto al Nereo Rocco. Franco Comanducci, in viaggio "Il Maratoneta", si presenta con una valigia a tenuta stagna e le regole del gioco: “tutto deve stare qui dentro, imbarco in stiva, niente cargo, muoviamo tutto e tutti insieme. Uno strumento a testa main, spare in loco. Due mixer da 32 canali in tour, capite come riuscire a portarli in giro senza rompere nulla”.
Condiviso e battezzato “Ilpesodellavaligiatour”, di nome e di chat, che ha tenuto compagnia a molti durante le notti insonni di chi non aveva conforto e pace dalla melatonina né dagli Shakespeare: ore 6.30 appuntamento per colazione internazionale a base uova, maiale, zuppa di wanton, spaghetti cinesi, sushi, frutta esotica, caffé americano.
La Mondovisione doveva essere ed è stata un’esperienza collettiva. Nelle settimane successive abbiamo messo insieme tutto il materiale professionale a seguito: 19 valigie professionali a tenuta stagna, ciascuna inferiore ai 32 kg e ai 203 cm di perimetro, 22 valigie personali, 43 valigie in tutto, 910 kg, 20 persone; Francesco Del Maro, capogita per F&P Group, operativo ed efficace in ogni stato, ha svolto un lavoro preciso e meticoloso sugli spostamenti e le forniture locali: particolarmente dotato in anglo-grammelot, si è efficacemente esibito durante le 24 ore trascorse davanti ai check-in per la contabilizzazione del peso delle valigie.
Avremmo potuto incorrere in svariati problemi nel trasportare 500 kg di materiale professionale per il mondo ma abbiamo pensato e organizzato ogni movimento e il collettivo ha superato dogane e controlli senza lasciare nulla in terra straniera.
Toronto, New York, Los Angeles, San Francisco, Miami, San Paolo, Buenos Aires, Sydney, Melbourne, Tokio, Shanghai: 16 voli di cui sei intercontinentali, 100 ore di volo, nove dogane, 56 ore di attesa per l’imbarco, 14 timbri sul passaporto, 1800 sigarette non fumate.
Undici concerti sold out, 500 persone nei locali più piccoli, oltre 2000 nei teatri. Pubblico caldo e preparato. È d’obbligo ricordare la sala del Phase Club diTokio strapiena di fan solo giapponesi magnifici nel cantare all’unisono i pezzi in italiano.
Nessun problema tecnico, abbiamo portato solo quello che non avremmo trovato: load-in ore 14, ore 17 pronti per il sound check.
Alla composizione e decomposizione dei bagagli Salvo Fauci, Ghery Tassi, Fede Galazzo: due chitarre elettriche, una chitarra acustica, un basso, una tastiera Nord Stage, piatti, pedaliere, due cavi CAT5 da 100 m, un D Rack, production facilities e toolboxes.

Un accurato lavoro di pre-produzione basato sul confronto con i responsabili delle varie venue ai quali abbiamo mandato una backline request, un audio staff e una channel list ci ha permesso di tenere alto il livello musicale; un lighting plot piuttosto basico ma comunque in grado di poter garantire una resa qualitativamente alta.

Casa viaggiante dei mixer due valigie standard da turista tropicale, opportunamente preformate con foam su misura che li ha protetti perfettamente.
Ai due gioielli DiGiCo SD11, mixing bags 13 e 14: Stevan Martinovic, Remo Scafati, Alberto Butturini: “Potrebbe non risultare credibile, ma la parola d’ordine dello staff audio per questo giro del mondo in quaranta giorni (Jules Verne non ci crederebbe) è stata: “no calvario”.
Starting point, la decisione presa con Luciano Luisi di ridurre la lista canali al minimo assoluto, solo il necessario in pieno spirito rock’n’roll. Da qui, la possibilità di portare con noi i due mixer DiGiCo SD11 opportunamente “sessionati” in due giorni di prove ed un DiGiCo D Rack da 32 canali. Cavo CAT5 e via andare.
Microfoni “alla vecchia”, visionate le liste residenti nelle varie venue abbiamo ricavato un set standard che abbiamo quasi sempre replicato con rare ed equivalenti sostituzioni. Unica concessione all’ego fonico quella di portare con noi i microfoni DPA d:Facto II di Luciano.
Non potevano mancare inoltre, come archivio storico, le registrazioni multitraccia di tutti gli show in puro stile on the road, due portatili e due interfacce da riporre in tasca.
Tutto questo semplicemente per sfatare il millenario mito che dice “melius abundare quam deficere”.

Alle luci intercontinentali Jò Campana: “...quando l’ipotesi delle date all’estero ha cominciato ad essere realistica ero già mentalmente preparato ad affrontarla in modalità ‘snella’, detto volgarmente in due parole – TUTTO SUL POSTO – e, in effetti, di comune accordo con il management e la produzione, abbiamo ritenuto essere questa la soluzione più sensata e funzionale al progetto”.
“Entrando un minimo nello specifico – spiega Jò – una dotazione di corpi illuminanti non numericamente eccessiva ma di assoluta affidabilità ed un mixer che ne assecondasse la gestione in modalità ‘ready-to-go’. Tecnicamente parlando non aveva senso affrontare un discorso di ‘cloning’ o di ‘merging’ visto che la situazione da cui venivamo (stadi) era troppo differente per dimensioni e numeri e, quindi, ogni sera in qualche modo mi sono dovuto inventare uno spettacolo nuovo.
“Posso aggiungere – dice Jò – che personalmente trovo questo tipo di condizione sempre stimolante, oltrechè formativa, ed il fatto che tuttora non disdegni di fare tour anche nei club o in piccoli spazi, mi aiuta ad approcciarmi con la giusta mentalità a questo tipo di situazioni.
“Una cosa che ho constatato girando i vari continenti è l’effetto ormai comprovato della globalizzazione anche nel nostro settore; mi spiego meglio: dal Sud America al Canada dall’Austalia alla Cina ho sempre avuto a disposizione console GrandMA serie 1 o 2, motorizzati Martin o Vari*Lite , tutti marchi leader consolidati nel nostro settore e ormai di facile e immediata reperibilità in ogni parte del pianeta.
“Una postilla a parte –aggiunge Jò – la vorrei dedicare al concerto di Tokio, l’unico di questo secondo segmento del tour svolto in un club tanto minuscolo quanto affascinante: capacità 350, palco piccolissimo, soffitto basso, una dotazione luci composta da incandescenze di vari tipologie e dimensioni... il tutto disposto in modo apparentemente casuale ma che nell’insieme risultava esteticamente coerente ed ordinato in puro stile Japan.
“E poi come non ricordare la lighting-girl residente, in quell’occasione mia efficientissima assistente con la quale un po’ a gesti, un po’ a disegni abbiamo effettuato i puntamenti e la programmazione sulla spartana console del locale (vi ricordo che in Giappone quasi nessuno parla inglese e lei men che meno).
“Insomma – aggiunge Jò – un’avventura davvero positiva e non solo dal punto di vista strettamente professionale, direi da parte mia anche un’opportunità per sviluppare capacità di relazione oltre alla possibilità di ‘esplorare’ mondi che ancora non conoscevo.
“Concludendo, un’esperienza da ripetere al più presto! Anzi, dirò di più: e chi sarebbe mai tornato?!”.

Alla documentazione di ogni visione, istigatore di saudade, photographer suitcase number 2, Jarno Iotti: otto GoPro, tre obbiettivi, due macchine fotografiche, ci ha contagiato con la sua passione di cogliere l’attimo e custodire ricordi.
Nel tempo disponibile ognuno ha cercato di cogliere odori e sapori a seconda del proprio palato, scegliendosi i luoghi, i tempi e i compagni di viaggio. C’è chi si è rifatto il guardaroba, chi ha perso l’orientamento fino a farsi rapinare per le strade di Buenos Aires. Ci siamo riempiti gli occhi di immagini, di facce, di scritte e graffiti, abbiamo assaggiato, camminato, navigato, speso e scoperto insieme. Le gite migliori: crociera nella baia di Sydney la mattina dell’Australia Day mentre due rimorchiatori in mare ballavano il Bolero di Ravel, pellegrinaggio al mercato del pesce di Tokio e colazione a base di sushi e ostriche in loco, Shanghai by night, il vento di Bondi Beach a Sydney, la cerimonia per la consegna della chitarra autografata di Ligabue al Hard Rock Café in Times Square.
Insomma, un treno è passato e con entusiasmo siamo saliti, qualcuno avrebbe voluto scendere dopo qualche fermata, qualcuno è sceso, qualcun altro avrebbe proseguito, alla fine siamo tornati tutti più ricchi e appagati, restiamo sul binario in attesa del prossimo passaggio.
Grazie a tutti per il tempo bello… #civuoleunabellabuccia

Il Manager – Claudio Maioli

In un tour che si chiama “Mondovisione” ci stava bene un giro al di fuori dell’Italia.
Lo abbiamo organizzato pensandolo sotto vari punti di vista, partendo dal presupposto che all’estero non abbiamo mai investito un euro, quindi era un giro senza ambizioni, fatto per divertirci: una sorta di viaggio premio per i collaboratori che ci seguono da tanti anni, anche  perché capita a cavallo dei nostri 25 anni di carriera, anni in cui la musica ci ha dato tanto e in qualche modo era giusto restituire qualcosa.
Con Luciano ci scherzavamo sempre, e lui diceva che sarebbe andato all’estero solo se fossimo andati a suonare anche a Tokio! Quando gli ho presentato il programma con una data a Tokio non poteva più tirarsi indietro!
Volevamo anche fare un viaggio per capire nell’era di internet cosa succede all’estero: ad esempio abbiamo scoperto che in Brasile c’è un gruppo che fa le cover di Luciano da 10 anni!
Abbiamo scoperto diversi fan un po’ ovunque, non solo italiani: a Tokio erano tutti giapponesi, partiti tutti educatini hanno finito per ballare per tutto il concerto! Ad esempio abbiamo anche capito che in Sud America potrebbero esserci delle possibilità per la nostra musica, perché il classico melodico latino, alla Pausini, per capirci, sta facendo posto ad una musica più rockeggiante… quindi penso di lavorarci un po’ mandando dei singoli per radio, facendo girare anche in internet maggiormente il nome di Ligabue.
Il giro, stabilito con Salzano ed Ivana Coluccia di F&P Group, è stato diviso in due tronconi, una prima tranche in America del Nord, Canada e US, durato una ventina di giorni, in teatri o club rock che andavano dalle 3500 persone alle 500-800 persone; Los Angeles era sold-out ma era un posto da 550 persone, anche se la scritta sold-out fa sempre piacere. In seguito abbiamo fatto una seconda tranche di 26 giorni, se non erro: America del Sud, Australia, Giappone, Cina e Milano.
Abbiamo suonato anche a Tokio e Shangai dove abbiamo trovato un centinaio di fan, e la cosa ci ha divertito molto; in Cina erano persone con qualche legame con l’Italia, mentre a Tokio erano tutti giapponesi curiosi: in una città da 15 milioni di abitanti 500 curiosi sono probabili.

Con noi abbiamo portato  i collaboratori più stretti, fonici, lighting designer, backliner… e devo dire che davvero abbiamo tecnici straordinari.
Eravamo in giro in maniera molto rock&roll, ma avevamo anche molti giorni di off in cui ci siamo potuti godere i posti; si è creata una bellissima intesa anche nella squadra, cosa che servirà per il nostro lavoro.
Avevamo i nostri bagagli a mano, il trolley e 19 valigie con dentro l’attrezzatura per lo show! Per fortuna non se n’è persa mai nessuna.
Tutto questo chiarendo ai ragazzi che sarebbero stati pagati poco ed avrebbero scaricato le valigie! Però sono stati tutti felici, siamo tornati arricchiti da questa esperienza vissuta insieme. Anche Luciano è stato contentissimo ed entusiasta.
Sono capitati diversi episodi più o meno divertenti. Ad esempio, siamo sempre andati in alberghi belli: a Tokio eravamo in un super albergo, con una hall immensa, da albergo cinque stelle superior… solo che arrivati in camera abbiamo scoperto che quelle erano minuscole, non ci entravano nemmeno le valigie ed abbiamo dovuto prendere una stanza in più solo per i bagagli! Allora ci hanno proposto una suite più grande… di un metro! Insomma una concezione ben diversa dal resto del mondo.
Tecnicamente ci siamo portati dietro l’indispensabile, molto rock&roll, un ritorno alle origini.
Con 20 valigie si può fare un tour? Già… a cosa servono 20 bilici? Ci penserò!

Live al QSW Culture Center di Shanghai

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