I 30 anni di Backstage PA

La serata organizzata per il ‘compleanno’ di Backstage PA presso lo spazio Pergolesi, a Milano, lo scorso 17 dicembre 2016

di Francesco Galarà

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I soci fondatori di Backstage. Da sx: Daniele Mascheroni, Pino Di Costanzo ed Elisa Cattaneo.

 
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La famiglia Backstage.

L'anno di nascita è il 1986. L’azienda nasce dalla specifica esigenza di personalizzare il servizio di palco – cosa che fino ad allora era un lusso per pochi artisti stranieri – e per soddisfare le richieste della produzione televisiva. Backstage è stata da allora presente ovunque vi sia uno show televisivo, un concerto live, un evento congressuale. Numerosissime le collaborazioni con aziende del calibro di Rai e Mediaset, oltre alle più importanti case discografiche, agenzie di marketing e management artistici.

Pino Di Costanzo, fondatore dell’azienda, partito da Cisternino, in Puglia, approda a Milano all’inizio degli anni ’70, si iscrive al corso di lingue e letterature straniere alla Cattolica e, successivamente, trova lavoro come insegnante presso la scuola media. Ma questo non gli basta, gli va stretto: il fermento degli anni post ’68 è forte ed il mondo della musica e dello spettacolo lo affascina; inizia a lavorare dunque in un’azienda del settore musicale e da lì parte la sua lunga avventura. Dopo numerosissime collaborazioni con artisti, case discografiche e soprattutto con la nascente Canale 5, Pino decide di dare vita a quella che oggi rappresenta una delle più importanti realtà nel campo delle aziende di servizi nel mondo dello Show-Biz: Backstage.

In questa bella serata organizzata per il ‘compleanno’ di Backstage PA presso lo spazio Pergolesi, tra decine di amici ed invitati, catturiamo Pino Di Costanzo, il Deus ex Machina di Backstage PA, per una rapida intervista.

Pino, noi ci conosciamo da tanti tanti anni: allora si usava pranzare presso “La Pianta”, un ristorante di Affori situato vicino alla sede di Meazzi, azienda per cui allora io lavoravo ed a cui tu ti rivolgevi per le forniture di materiali... Ricordiamo quei tempi... 

Sì, in effetti, agli albori di Backstage, tu e la Meazzi siete stati tra i primi a credere nel nostro progetto e ad averci dato una grossa mano ad iniziare quella che è la mia attività, non dimentico: sono passati trent’anni e di tutto questo tempo è vivo in me ogni singolo momento, ogni singolo fatto, come se fosse accaduto ieri. È impossibile raccontare tutto, ci vorrebbero altri 30 anni. La nostra storia è sintetizzata nella locandina per la festa del trentennale: “30 anni di alti e bassi ma di crescita continua e costante; ciò grazie ai miei clienti ma soprattutto ai miei collaboratori”. Da qui nasce lo slogan The Future comes with us. Guardando a quello che abbiamo realizzato nel corso del tempo, sarebbe facile sedersi sugli allori, ma questo non è nelle mie corde: il passato per me rappresenta una bella immagine iconografica delle mete raggiunte ma allo stesso tempo mi stimola a scattare un’altra immagine per celebrare i successi futuri.

Il mondo e il mercato dello Show Biz sono in continua evoluzione, dal piccolo al grande evento, quali sono le indicazioni che trai dall’enorme esperienza che hai maturato?

I nuovi progetti che ho in mente partono dalle persone: in questo mondo nel quale è molto difficile dialogare e scambiarsi le idee, dove tutto è tecnologico, dove è difficile a volte fermarsi a riflettere ma da cui bisogna, e questo è forse il mio piccolo segreto, riuscire a trovare indicazioni per le sfide future, senza pregiudizi verso le nuove generazioni e le nuove tendenze. Grazie a mio figlio Nicolò, ad esempio, sto scoprendo i moderni rapper che sono fantastici, hanno delle sonorità incredibili, se non fosse stato per la sua ossessiva insistenza io, legato a schemi più classici, non mi ci sarei mai avvicinato ed in fondo avrei perso una grossa chance. In sostanza occorre catturare il meglio dai giovani e trasmettere loro la nostra esperienza; in questo caso il rapporto che si instaura è fondamentale. Loro sono il futuro ma nello stesso tempo a loro occorre un indirizzo razionale.

Che cosa è cambiato con le tecnologie nel vostro lavoro?

In passato per riuscire ad acquisire un appalto occorreva presentarsi all’artista con la dotazione tecnologica più moderna e all’avanguardia; oggi non è più così: quello che conta è l’affidabilità della struttura, la qualità del lavoro, la garanzia del risultato. In sostanza occorrono uomini di grande esperienza supportati dalla tecnologia più sicura ed affidabile.

Recentemente avete ‘pensionato’ il glorioso MOBIL-ONE: c’è forse in programma l‘allestimento di un nuovo mezzo mobile?

La cosa è appena successa e sono ancora frastornato: devo dire che grazie a questo mezzo abbiamo fatto grandissime cose: ad esempio abbiamo registrato il concerto live di Ligabue con tre flussi da 180 canali a 96 kHz. Sarà dura rimpiazzare degnamente una macchina da guerra simile ma sì, a breve ne allestiremo uno nuovo, anche se non so ancora con quali configurazioni. Mi prendo un po’ di tempo per valutare le attuali esigenze poi, assieme al mio socio Daniele Mascheroni, deciderò.

In che cosa sei impegnato, attualmente?

Abbiamo appena terminato ‘Casa Mika’, grossa e complicata produzione per RAI2, in cui hanno fatto il loro debutto i nuovi banchi Yamaha Rivage che gradualmente andranno a sostituire i PM1D. Stiamo registrando la nuova edizione di Zelig, in un ambiente enorme e complicato da amplificare: l’esigenza di un programma come questo è quella di poter catturare il parlato in ogni minimo particolare, come se si fosse nel salotto di casa. Se mi si chiedesse: è più facile amplificare il concerto rock di una grande star oppure Zelig? Risponderei che Zelig è molto più complesso: in questo caso il dettaglio è fondamentale per creare l’atmosfera indispensabile alla buona riuscita delle battute comiche. Zelig è una delle trasmissioni più difficili in assoluto.

Che cosa mi dici del tuo lavoro come direttore di scena?

Ti dico che ho deciso di appendere la cuffia al chiodo, come si suol dire: ne ho fatte tante, tantissime, ed ho acquisito un’esperienza grande, meravigliosa, inimmaginabile. Ora è giunto il tempo di ridurre gli impegni, mi posso permettere di scegliere. Non smetterò di certo ma deciderò che cosa seguire, non per essere presuntuoso ma per darmi un limite, anche perché gli impegni sono tanti come gli anni che ho sul groppone e che cominciano a pesare.

Dopo queste parole di Pino, ancora piene di entusiasmo, parliamo con Daniele Mascheroni, socio e direttore tecnico di Backstage. Daniele è colui che nel lontano 1991 decise di optare per i sistemi di mixaggio digitali, adottando per primo in Italia i celebri Yamaha DMC1000. Da allora Backstage ha percorso una lunga strada, fino ad arrivare ad oggi, sempre nel solco della tradizione, senza mai abbandonare i prodotti del colosso giapponese.

Com’è cambiato nel corso degli anni il tuo lavoro?

La differenza fondamentale è che oggi, con lo sviluppo delle tecnologie, abbiamo a disposizione soluzioni molto più immediate: allora le tecnologie erano in corso di sviluppo, o addirittura di ideazione, quindi in molti casi si era obbligati ad inventare soluzioni e scorciatoie per adattare i mezzi a disposizione alle esigenze specifiche. Questo oggi non è più necessario.

Riconosci quindi che in un certo senso lo sviluppo tecnologico ha oltremodo semplificato e reso più affidabile il vostro lavoro?

Oggi, anche grazie al confronto continuo tra progettisti e utilizzatori, l’industria ci offre soluzioni già pronte e personalizzabili ad ogni esigenza. Questo è positivo, perché facilita e velocizza il lavoro ma, dal mio punto di vista, lo ritengo meno avvincente per il mio carattere di sperimentatore. Se dovessi fare una considerazione finale, direi che il lavoro è reso molto più rapido e sicuro dalle nuove tecnologie ‘all inclusive’ che abbiamo a disposizione, tuttavia ciò richiede una conoscenza dettagliata delle stesse e questo presuppone molto studio, enorme reattività ed elasticità mentale da parte degli operatori. Tali caratteristiche sono prerogativa di menti giovani, preparate e allenate ad operare con flessibilità, intuito e velocità di reazione. In sostanza giovani e cibernetici. Questo, in qualche modo, fa sì che, per mia decisione autonoma, il mio ruolo sia cambiato da ideatore di soluzioni a supervisore.

Detto questo, quali sono gli indirizzi tecnologici su cui si orienta Backstage del futuro?

Il nostro core business consiste in qualcosa che si trova a metà strada tra concerto live e show televisivo, e questo è quanto continueremo a fare. Per svolgere questo tipo di lavoro occorre materiale con elevata affidabilità, ed è ciò che ho sempre ricercato. Fortunatamente, sin dall’inizio, ho optato per la scelta di aziende con alto grado di affidabilità e con prodotti a bassa obsolescenza, tanto che ci troviamo ancora oggi ad utilizzare gran parte dei dispositivi acquistati molti anni fa. Questo è l’indirizzo che continuerò a suggerire per il futuro.

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