Enrico La Falce - Mixare per i Måneskin

I Måneskin proseguono la loro scalata mondiale, che dalla vittoria del Festival di Sanremo li ha portati sul tetto d’Europa con il successo all’Eurovision Song Contest fino alle decine di festival in ogni angolo del globo, una nomination ai Grammy e la tournée mondiale “LOUD KIDS TOUR” in corso.

Enrico La Falce - Mixare per i Måneskin

di Lorenzo Ortolani

I Måneskin (il nome, preso dalla parola danese per “chiaro di luna”, si pronuncerebbe moh-nne-skin) sono un gruppo rock italiano formatosi nel 2016 con tre album già pubblicati, una vittoria a Sanremo nel 2021, all’Eurovision Song Contest 2021 e una nomination ai Grammy Award 2023 come “Miglior nuovo artista”. Dopo un mese di pausa a gennaio, durante il quale la band lancia il nuovo album, inizia a Pesaro il resto della tournee in Europa, con data zero all’Adriatic Arena il 23 febbraio e, dopo una ventina di date, la conclusione in maggio a Tallinn, in Estonia. 

La rock band italiana esporta uno stile queer, un po’ dark e un po’ patinato, che mancava sulla scena contemporanea mondiale da tempo. Tutto trasportato da uno stile musicale che richiama esplicitamente il rock degli anni ‘70. Piacciono perfino anche agli americani, che difficilmente importano musica dal vecchio continente e hanno inventato di tutto in casa loro, dal rock’n roll alla trap. Con i Måneskin qualcosa è cambiato. Il cantante Damiano David, la bassista Victoria De Angelis, il chitarrista Thomas Raggi e il batterista Ethan Torchio hanno creato un modello che funziona, anche solo parlando in termini meramente quantitativi. “Pur ispirandosi a matrici del rock britannico come i Led Zeppelin ma con l’uso di riff continui, trasposti alle nuove generazioni, hanno costruito un rock che in questa generazione non esiste. Niente Autotune, niente preproduzione, una band alla vecchia con pochi strumenti, come i Blink 182 o i Green Day, in grado di conquistare la curiosità di un vasto pubblico”, afferma Enrico La Falce, fonico in studio e live della band italiana. 

Hanno raggiunto un’ottima fama, i curatori li scelgono, vengono invitati e inseriti nelle Line Up. “In tutti i festival fatti finora non ho incrociato nessun’altra band che suonasse in trio, perfino i Green Day ora sono in tour con un secondo chitarrista e un tastierista. Tra tutte le band che ho seguito, questa che commercialmente è la più potente in assoluto, è contemporaneamente la produzione più indie che io abbia mai mixato.” 

Enrico La Falce ha un curriculum che spazia per tutto il panorama della musica pop/rock italiana, avendo collaborato con una vastità di artisti che vanno da Jovanotti fino ad Alexia, passando dalle collaborazioni con Claudio Cecchetto fino alle produzioni proprie. Inizia la carriera come batterista, ma già ai tempi della leva militare si lascia trascinare nel mondo del recording. “Preparai le valigie e andai a Londra a fare l’assistente negli studi e ci rimasi alcuni anni. Tornato in Italia, ho continuato a fare l’assistente fin quando non mi sono trovato dentro. Si imparava molto dal ‘vedere come fanno gli altri’, c’era meno teoria e molta pratica. Ho avuto una fortuna incredibile, diventando professionista già ai tempi dell’analogico, quando ancora si stampava il vinile, e ho vissuto tutta la transizione. Vedere l’evolversi delle tecnologie e della qualità di conversione nel corso degli ultimi trent’anni mi ha permesso di avere molta padronanza nelle scelte sonore e anche nella scelta delle macchine da usare, e ancora più padronanza nella gestione del suono rock.”

“Ho iniziato a seguire i Måneskin da subito, e ci siamo trovati subito nel frullatore. Siamo continuamente a cavallo tra l’Europa e l’America, ogni giorno accade qualcosa e per questo devo innanzitutto ringraziare il mio alter ego, altra parte integrante della squadra, Luca Pellegrini, fonico che ci segue in studio e live, e nostro esperto di Pro Tools. È lui che si occupa del tracking quando siamo in studio e di tutto quel che riguarda registrazioni e timecode nel live. Ad esempio, ha registrato lui i pezzi per la colonna sonora del film Elvis ed è rimasto negli USA mentre io sono andato avanti e indietro. Ad oggi abbiamo fatto veramente tanti Festival e concerti, da Rock am Ring a Rock in Park, Werchter in Belgio, Turchia, Cecoslovacchia, Polonia, Rock in Rio e tanti altri e devo ammettere che siamo un'ottima squadra, una famiglia allargata. In tour in America, oltre a Luca ci sono Domenico Lettini come System Engineer, Remo Scafati ai Monitor e Jordan Babev alle luci.”

La band in pochi anni di vita è evoluta sonoramente in maniera camaleontica, ma sempre ben ponderata, ci racconta Enrico. “Il ballo della vita è un album Pop, un album prodotto. Con i nuovi lavori la band ha voluto fare uno switch, diventando più ruvida, più rock, e per fare un album rock va fatto come si sono sempre fatti gli album rock: tutti insieme. In questo caso la presenza di Luca Pellegrini durante le registrazioni è stata utilissima: lui negli anni ha lavorato spesso con produzioni americane al Mulino Recording e negli anni ‘90 si è fatto le ossa con quel tipo di approccio. Abbiamo preparato gli ampli nell’altra stanza, band in cuffia, bassista e chitarrista davanti alla batteria e Damiano in un booth: tutto in presa diretta. A fine giornata si selezionavano le take piu belle, facevamo la voce o le doppie e qualche lick di chitarra sopra. Per Teatro d’ira siamo entrati in studio i primi di gennaio e a fine mese era già mixato e masterizzato. È stata una scelta coraggiosa, che ha messo la band nella condizione di fare quello che voleva. Poi è successo quello che è successo e la band è esplosa.”

Nell’ultimo album (che La Falce sta mixando durante la stesura di questo articolo, ndr) la produzione di Supermodel curata da Max Martin si mischierà ad altre co-scritture e altre tracce che mantengono invece lo stile di Teatro d’Ira. Quasi in contemporanea, The Loud Kiss Tour è partito il 31 di ottobre da Seattle. 30 date nel Nord America fino a dicembre, poi nel 2023 seguono tutti i palazzetti Europei saltati a causa della pandemia con decine di date a cavallo del continente.

Tutto il concerto è sotto timecode, e il click è una parte importantissima e molto complessa, da gestire con riguardo: ci sono anche 10 cambi tempo all’interno di un brano, anche solo di un punto o un punto e mezzo. “Essendo una trio band non hanno niente altro, l’arrangiamento delle dinamiche lo fai anche col BPM. È una roba alla vecchia, ma molto importante. Infatti, negli arrangiamenti live dei Måneskin, che poi sono praticamente gli stessi degli album, le dinamiche sono gestite con le variazioni di BPM e con le pause, oltre ai volumi. Ad esempio ad un certo punto non va il basso o si ferma la batteria: quando hai solo tre strumenti è importante dare senso dinamico al brano; hai solo tre carte da usare. È Luca Pellegrini a gestire la registrazione di ogni concerto, gestendo inoltre click, MIDI e SMPTE, cori, oltre alle sequenze che vanno esclusivamente negli in-ear di Damiano per intonarsi quando parte sul vuoto”.

 La band è microfonata in maniera standard, con una ventina di canali. La batteria è una Ludwig Vistalight con la cassa da 24, diversi rullanti Ludwig. La grancassa è microfonata a 3 microfoni: Shure SM 91 dentro, un Shure Beta 52 fuori e un subkick. Poi il rullante con due Shure SM 57, Sennheiser serie 600 su tom e timpano, un paio di AKG 414 come overhead, un AKG 451 sul Hi-Hat e tre uscite trigger che passano tramite D.I. Radial. “Aggiungo la cassa triggerata e un rullante stereo per dare corpo quando ne ho bisogno. Per un motivo banale: la Ludwig Versalite è una bellissima batteria da vedere, ma il plexiglass non funziona, non suona. Uso anche il subkick per dare corpo ma la ciliegina sulla torta è sempre il sample della cassa Gretsch da 24” che uso anche nei loro dischi", afferma La Falce.

“Il basso è diviso in più linee: D.I. pulita, con il suono nudo e crudo da cui attingo soprattutto la parte bassa, secca, poi un secondo segnale dalla pedaliera con i vari distorsori, un Sennheiser MD421 sul cono dell’ampli, più un segnale reamp con un amp simulator, che sommo invertito di polarità all’ampli oppure uso come sicurezza nel caso ci siano problemi all’amplificatore. Chitarra con testata Marshall, pedaliera molto fornita, i cambi pedaliera sono tutti via MIDI, come anche per il basso, così loro sono liberi di girare. La cassa Marshall è microfonata con un Sennheiser MD 421 e un SM 57, classica.” 

La voce di Damiano è ripresa con un DPA d:facto 4018V. “Quando ho fatto il primo allestimento dei Måneskin ho incontrato Remo Scafati, con cui ci siamo scambiati alcune idee per quanto riguarda i materiali. Lui mi dice: ‘Per la voce farei una prova con un d:facto della DPA, lo conosci?’. Rispondo: ‘No, non l’ho mai usato ma ne ho sentito parlare da colleghi entusiasti. Mi interessa, proviamolo’. Secondo me ha un bel suono, caldo, grosso, con un dettaglio pazzesco. Ha un fuori asse pulito, preciso. Non tira dentro cose strane, ma per ottenere questo va usato correttamente e non va mai coperta la griglia! Damiano, ad esempio, muovendosi tantissimo sul palco e ballando, spesso finisce che sovrappensiero ci mette la mano. Allora con Remo abbiamo deciso di mettere questo braccialetto con le borchie sul corpo microfonico, in modo che lui lo sente e non va oltre. Lo usa come riferimento. Damiano ha ormai sempre questo braccialetto da punk con sé, è diventato iconico.”

Il d:facto è collegato al pre del mixer (Yamaha Rivage), attraversa un primo stadio di equalizzazione dal banco e poi va in un 1176, un EQ Pultec per scolpire e poi un LA2A per ottenere una buona densità sonora sulla voce. 

“Tutto molto semplice, anche come effetti. Un po’ di riverbero plate a 1.2 secondi su rullante e tom. Per la chitarra un riverbero con una Hall molto lunga a 1.7 secondi, per bagnarla appena, poco evidente, a seconda del brano, oltre ai riverberi dei pedalini. La chitarra viene anche spedita a un delay stereo con 11 millisecondi da un lato e 9 millisecondi dall’ altro, per dare spazio. Avendo tutto in centro, questo spread mi dà una specie di apertura stereo. Per la voce ho un paio di riverberi, corti e lunghi, un delay stretto, compressione tosta. Uso anche un po’ di compressione sul master.”

Enrico lavora sul banco di sala con una singola scena e segue tutto a braccio, tramite i DCA. Tiene sempre un dito sulla chitarra e uno sulla voce e li segue per tutta la performance. Anche il basso di Vic si comporta solo in piccola parte come un basso ritmico, suona parecchio ed è sempre molto fuori, viene trattato come una chitarra. Tutti gli artisti usano in-ear monitor, ma spesso amano toglierli e usare anche side e wedge (tutti tirati a buon volume), e il palco è sempre molto vivo.

“Visto il genere e l’impatto che deve avere, io spingo sempre molto con i volumi, e devo ammettere che quando il limite SPL è a 98 dB è un gran problema. Quello dei Måneskin è un programma che rende bene tra i 101 e i 102 decibel, ma bisogna adeguarsi. Spesso all’estero ho anche 108 sui 20 minuti, e in quella maniera riesci a spingere bene in qualche momento dinamico, riesci a dare un senso di impatto migliore. Se facciamo un concerto e abbiamo parti acustiche riusciamo a recuperare energia con i brani più morbidi, ma nei festival, dove fai tutto tirato, è parecchio complicato. Ma a parte tutte queste finezze, a fare rock ci si diverte!”