Vinicio 
Capossela - Ballate per Uomini e Bestie - Tour Teatrale

Il suo undicesimo disco in studio è arrivato, già al debutto, secondo in classifica, al primo posto tra i vinili venduti in Italia e premiato con la Targa Tenco come miglior album in assoluto. Capossela si è così imbarcato subito in una serie di concerti estivi a tema, e infine è partita la tournée teatrale, concepita intorno alla musica e ai testi di Ballate per Uomini e Bestie.

Vinicio 
Capossela - Ballate per Uomini e Bestie - Tour Teatrale

di Douglas Cole e Alfio Morelli

Un disco di Capossela rappresenta sempre un nuovo viaggio epico in termini musicali e poetici. Come altri progetti precedenti, Ballate per Uomini e Bestie è stato composto e registrato nel corso di due anni e in diversi posti, in giro per l’Italia e in Bulgaria, sempre beneficiando della creatività di produzione e registrazione di Taketo Gohara – affiancata, in questa occasione, a quella del batterista e fonico Niccolò Fornabaio – che si abbina particolarmente a quella musicale e poetica dell’artista. Come altri album di Capossela, la raccolta di canzoni che costituisce questo disco è da prendere come opera integrale, con il tema ricorrente del commento sulla società e mentalità attuale attraverso uno sguardo medievale. Come sempre, la musica è caratterizzata da arrangiamenti interessanti e strumentazione insolita, nonché prodotta con sonorità molto ricercate e particolari. 

Un’altra consuetudine di questo artista riguarda il contenuto del concerto proposto in tournée, basato principalmente su un’unica opera, in termini di scaletta, di orchestrazione e di scenografia: anche Ballate per Uomini e Bestie segue questa filosofia. International Music & Arts porta il tour, prodotto da La Cupa e Soup2Nuts, in venticinque teatri italiani, sotto la direzione di Michele Montesi per S2N. A tradurre la produzione sonora dell’opera nel dialetto del live, c’è sempre Taketo Gohara in FoH, assistito da Marios Antoniou, con Gian Luca Cavallini alla console monitor.

Altro punto fisso di questo show di Capossela è costituito dalla scenografia e dalle luci di Francesco Trambaioli, che per la prima volta ha inserito nel visual anche delle proiezioni, abbinate a nuovi esempi della sua creatività nell’uso di materiali semplici. Imput Level è il fornitore tecnico per le regie, il monitoraggio, quelle poche luci che viaggiano con la produzione e il sistema di proiezione.

Una vera novità in questa tournée è la scelta piuttosto sperimentale dell’impianto audio di sala: un sistema K-array, non di quelli proposti dall’azienda fiorentina nella propria “Concert Series”, ma una combinazione di prodotti concepiti per applicazioni portatili. La prima data è stata all’appena rinnovato Teatro Galli di Rimini – praticamente a casa nostra – dove, insieme alla produzione, abbiamo trovato il nostro vecchio amico Klaus Hausherr, ora product specialist per K-array, presente in supporto della squadra audio. Lasciamo spiegare quindi ai diretti interessati i vari aspetti della produzione.

Klaus Hausherr, specialista di prodotto di K-array (sx), e Taketo Gohara, fonico di sala.

Taketo Gohara - Fonico di sala

“Sono con Vinicio ormai da quindici anni, in studio e live. I primi anni sostituivo il suo vecchio fonico, soprattutto in studio; poi, a un certo punto, mi ha chiesto di seguire gli show dal vivo. Con lui non mi annoio mai! Non c’è mai routine!

“La produzione del tour segue strettamente il concetto del disco, com’è abitudine di Vinicio. Il disco, tra l’altro, è stato premiato come miglior album al Premio Tenco. È molto sperimentale, concettuale, indaga l’uomo di oggi con un linguaggio medievale. Si parla della peste, di bestie fantastiche, ma sono tutte immagini e metafore per l’uomo in crisi dei nostri tempi.

“Stranamente, abbiamo sul palco solo cinque musicisti, anche se ciascuno di loro suona più strumenti e canta: il bassista suona il violoncello, il contrabbasso, il basso elettrico; il violinista suona le tastiere; l’addetto ai fiati suona una grande quantità di strumenti, fa i cori, si cimenta con l’organistrum, la viella, eccetera, eccetera. Vinicio non usa basi, tutto il concerto è suonato per intero; le postazioni sono cinque, mentre i canali sono tantissimi, 65 circa. La novità assoluta, poi, è ovviamente l’impianto.”

A proposito dell’impianto, com’è nato questo esperimento?

Un giorno ho trovato Klaus a Spoleto, in una venue con un impianto residente K-array che suonava benissimo: mi sono interessato e mi ha invitato nella sede dell’azienda. Mi ha fatto vedere le cose più assurde, quei ragazzi sembrano Steve Jobs nel garage: mi hanno fatto visitare il laboratorio, vedere i prototipi. Per i teatri mi ha proposto questo sistema portatile: temevo per il poco volume, così mi hanno portato fuori a provarlo, e mi sono reso conto che dopo aver camminato cento metri lo avevo ancora in faccia. Allora pian piano ho studiato la qualità, più che la potenza: sembra proprio di avere sul palco un impianto Hi-Fi. È un cambiamento, molti lo stanno sviluppando dopo aver visto K-array: non solo qualità, anche montaggi velocissimi in quindici minuti, tarature facili. Poi sono italiani che non copiano nessuno: ho voluto dare fiducia e sono rimasto soddisfatto. La cosa che ho trovato più interessante è che non si sente l’impatto delle casse, sembra un concerto acustico, come se non ci fosse una fonte, anche se sono ben presenti i particolari e i dettagli.

Uno dei trasduttori Yamahiko installato dietro il pianoforte verticale.

Per quanto riguarda le altre scelte tecniche, la regia per esempio?

Uso una Avid S6L, con virtual soundcheck e tutto il resto, una console ormai molto veloce: ha aggiunto dotazioni come lo user aux scope, che è molto comodo; si possono usare tutti i plug-in nativi e registrare tutto. A volte mi danno il frame da 32 fader, ma secondo me è inutile, almeno per come lo uso io: mi servo infatti di tantissimi VCA per gruppi di strumenti, oltre a Vinicio separato. Faccio molte scene, in ogni canzone ce ne saranno quattro o cinque; avendo molti strumenti, a ogni cambio metto in mute lo strumento precedente; sono tutti acustici, così anche solo tenerne uno aperto contribuisce a fare “marmaglia”. Ho dei marker durante le canzoni, titolati “verse”, “chorus”, “bridge”, eccetera: tengo slegato solo Vinicio che spesso improvvisa o cambia qualcosa, ma i musicisti sono stati molto programmati durante le prove. Faccio tanta programmazione… poi in tour quasi non servo a niente, come nel caso dei Nine Inch Nails che mandano l’assistente del fonico nel tour mondiale, con il mixer che va da solo in time-code dal palco! Loro programmano come le luci, ormai.

Forse proprio per la varietà di strumenti insoliti da riprendere sul palco, con Capossela hai sempre qualche nuova soluzione di microfonaggio. Cosa c’è questa volta?

Abbiamo questi fantastici Yamahiko artigianali sul gran coda. Ho diversi microfoni come i REMIC, con cui mi trovo sempre bene: ho fatto in passato anche un tour orchestrale con solo REMIC, con l’orchestra Toscanini e Vinicio. Si attaccano sotto al ponte dello strumento ma non sono dei piezo, hanno una capsula a condensatore. Per il resto il microfonaggio è piuttosto standard, e ovviamente molto sensibile. Il volume del palco è piuttosto alto, ma non dà troppo fastidio, specie in una venue come questa.

Stai facendo qualcosa di particolare con la voce?

La catena di Vinicio non è cambiata molto, anche se con l’Avid non mi serve più portare dei pre esterni: ora uso il pre dell’S6L, poi alcuni plug-in; sono soddisfatto del nuovo Pro Compressor della Avid, che funziona benissimo come de-esser, con grande precisione; inoltre porto sempre il mio Pultec EQP-1, per dare quell’armonico analogico che ingrossa la voce e che aiuta a mantenerla sempre presente anche con grandi variazioni di dinamica. Il microfono è un Beta 58 standard: ho provato a cambiarlo tante volte, ma sono sempre tornato indietro.

Klaus Hausherr - Specialista di prodotto di K-array

“Intanto devo ringraziare la produzione di Vinicio Capossela, La Cupa e Soup2Nuts, e in particolare Taketo che ha dato l’OK a questo progetto assolutamente particolare di sonorizzazione teatrale, fatto con i prodotti Portable di K-array.

“Siamo partiti con tutte le premesse per fare il migliore dei lavori, e per sentire, e anche vedere, un’alternativa alla sonorizzazione più tradizionale dei concerti in teatro. In questo genere di venue siamo sempre costretti a non poter appendere niente di pesante, e a trovare sempre soluzioni nuove per le coperture.

“Soprattutto nei teatri all’italiana, bisogna coprire altezze non indifferenti. Con l’hardware che ci permette di sospendere fino a sei Kayman-KY102 da un metro ognuno, riusciamo a coprire un teatro all’italiana in maniera semplice, veloce e poco ingombrante.

“Quasi non si vede, durante lo spettacolo: sono moduli di un metro, con otto coni da 4 pollici; si tratta di pure-array, una cassa con otto coni full-range, in array appunto. Con questo principio copriamo discrete distanze, dal momento che possiamo inclinarle e ottimizzare la diffusione in base alla venue. Arriviamo così dalle prime file fino ai loggioni. “Tutta l’amplificazione è gestita dai sub amplificati, che hanno la possibilità di un doppio ingresso, con un canale per i top e uno per i sub, gestiti separatamente. I sub sono Thunder-KMT218, dei doppi 18” che montiamo in configurazione ad arco. L’equilibrio tra le teste e i sub è assolutamente gestibile: tutti gli ampli utilizzati dai sistemi Portable hanno dei preset fatti in base alla testa utilizzata, che sia Kobra, Kayman o Python; la configurazione del sub prevede poi la possibilità di gestire e configurare il DSP del sub in base al tipo e alla quantità di teste da utilizzare. Poi abbiamo un Lake esterno per la gestione del sistema: potremmo fare tutto con il software proprietario, ma in presenza di un PA man abituato al Lake, ho preferito facilitare il lavoro.”

Come è stata gestita questa collaborazione?

Il nostro ufficio marketing ha avuto contatti con la produzione, che già ci conosceva, e questa estate ci ha proposto di collaborare e seguire il tour di Vinicio. A prescindere dai discorsi legati al service che avrebbe seguito la tournée, è diventato quasi un punto fermo su cui la produzione ha voluto andare avanti. Noi, a nostra volta, prevedendo ovviamente ottimi risultati, abbiamo voluto essere presenti in un’importante tournée teatrale che tocca i maggiori teatri italiani, dimostrando che con un sistema Portable si può sonorizzare un teatro. Per noi è una vetrina importante.

L’evento più significativo sarà a Milano, dove ci presenteremo con un sistema Portable per l’Arcimboldi: se tutto funzionerà a dovere, sdoganeremo l’uso di questo genere di impianti, assolutamente vincenti per facilità di trasporto e installazione.

Marios Antoniou - PA e assistente FoH

“Io lavoro per la produzione e con Taketo; Klaus infatti rimarrà con noi nelle prime date, poi rimarrò da solo.

“Lavoro con questo impianto K-array in una situazione così grande e strutturata per la prima volta. I KY102 sono passivi e gli ampli sono dentro i sub KMT218. Vengono venduti insieme, un sub più due teste nel pacchetto Pinnacle-KR802; abbiamo, in pratica, sei sistemi a disposizione per l’impianto main LR. In questo teatro stiamo usando anche quattro colonne KP102 sul bordo del palco come front-fill, amplificate da un singolo finale K-array KA84

“Il primo allestimento è stato a Salsomaggiore, in un teatro con platea e galleria, un ex-cinema. Qui, in un teatro all’italiana, che si sviluppa molto di più verso l’alto che in profondità, questo tipo d’impianto sembra ancora più adatto.”

Come stai gestendo l’impianto?

Taketo mi manda lo stereo, i sub separati e i front separati. Le mandate sono fatte apposta: nei sub mandiamo solo quello che serve: basso, alcune parti di batteria, alcuni effetti sonori; nei front mandiamo invece tutto, ma con la voce più fuori. C’è una linea di sub completamente separata dall’impianto: entriamo con due ingressi diversi, uno lo mando nei sub, l’altro nelle teste; il sub fa da amplificatore vero e proprio.

Come ti trovi a lavorare con un impianto così particolare?

All’inizio ero un po’ in apprensione: l’impianto sembrava troppo piccolo, eravamo abituati diversamente. Poi Taketo è andato in sede a sentirlo e mi ha tranquillizzato: quando lo abbiamo acceso nell’allestimento, ci siamo resi conto che l’impianto è molto potente. Una grande differenza rispetto ad altri impianti è che, quando ti posizioni in centro, arrivano meno medio-basse: ci sono ma arrivano diversamente, forse perché l’impianto suona anche dietro, o per qualche altro motivo che ancora non sono riuscito a individuare chiaramente; chiudendo gli occhi, in sala, non puoi dire da dove arriva l’impianto, e questa, almeno teoricamente, è una cosa buona. Nel suo insieme, per un genere acustico come questo, l’impianto va bene, senza rientri, e tutto è più naturale: non si ha la sensazione che si stia suonando con un impianto di rinforzo, pur senza perdere definizione. È sicuramente diverso da come siamo abituati.

Ci sono delle differenze in termini di montaggio?

Ci sono meno pezzi da montare, quindi è conveniente! Non è più semplice, né più complicato, c’è solo meno materiale. Ogni modulo è alto un metro, quindi non ne montiamo mai più di cinque o sei. Nelle venticinque date dovremmo riuscire ad appendere sempre tutto, perché il peso è molto ridotto rispetto a un line-array classico. 

Che software usi?

Uso il software di K-array per fare l’arco dei sub, alcune modifiche, il controllo, eccetera, mentre per la previsione uso ancora EASE Focus. Poi tengo comunque un Lake LM44 per andare ai finali, una macchina che conosco bene ed è per me una certezza. Per le misurazioni utilizzo Smaart v.7.

Per il trasporto?

Usciamo da Avid in AVB, mentre dal Lake vado in analogico ai finali.

 Da sx: Gian Luca Cavallini, fonico di palco, Taketo Gohara e Fulvio Bufardeci, assistente alla produzione.

Gian Luca CavalliniFonico di palco

“Il setup del monitoraggio è ibrido, metà tradizionale e metà in cuffia. Per quanto riguarda il monitoraggio tradizionale abbiamo dei side d&b audiotechnik C4, in configurazione doppia, sub più top; poi una coppia di d&b audiotechnik M4 per la postazione frontale di Vinicio, e un’altra coppia per la postazione al pianoforte, oltre a un wedge singolo per il chitarrista. Per il resto, abbiamo due linee in-ear wireless, per i musicisti che suonano gli strumenti ‘etnici’ e rinascimentali – come la viella e l’organistrum – e due linee di cuffie a filo per batterista e bassista. Alcuni strumenti presentano ovviamente qualche problematica particolare per quanto riguarda i rientri, perciò il microfonaggio deve essere molto ravvicinato, cosa che purtroppo tende a snaturare il suono dello strumento; dati i molti cambi di strumento, i musicisti sono pochi ma i canali moltissimi, una sessantina. Ho dovuto anche sdoppiare molti canali, per affrontare le pesanti problematiche sulle dinamiche: la mia scelta è stata quella di mixare completamente lo spettacolo sul palco, dato che, per esempio, il livello di alcuni microfoni nei monitor varia fino a 12 dB, in base a cosa canta o cosa suona il musicista che ce l’ha davanti. Questa cosa vale per tutti gli strumenti: anche la batteria non è classica, ad esempio un tamburo viene suonato strusciandoci sopra delle catene, e quindi il volume varia molto. Nel tentativo di rendere i musicisti più consci dei propri cambiamenti dinamici, ho scelto di sdoppiare gli strumenti: la viella, per esempio, nell’ascolto del musicista che la suona non è compressa e non cambia mai, mentre negli ascolti degli altri viene seguita come se fosse il mix di sala. Il numero di canali in questo modo cresce molto, e insieme cresce la difficoltà di gestione dello spettacolo.”

Vinicio si muove molto?

Non ci si può distrarre nemmeno pochi secondi per guardare il mixer: lui si muove in maniera imprevedibile, anche in uno show strutturato come questo. Considera che ci sono un microfono con un effetto particolare vicino al piano e, addirittura, un pedalino di auto-tune con cui sta prendendo confidenza: Vinicio li usa quando gli pare e non in momenti predeterminati, quindi i canali non possono essere aperti o chiusi automaticamente, tutto deve essere seguito a mano.

Che scelte hai fatto per la regia?

La console è un classico DiGiCo SD8. Il sistema di radiomicrofoni è Shure UHF-R; ne abbiamo molti dedicati agli ospiti, che spesso saltano fuori nel pomeriggio, ai quali abbiamo dedicato canali ‘guest’ sia per voci sia per strumenti. Una cosa interessante riguarda proprio la gestione di situazioni con ospiti improvvisi: questa estate ho cambiato undici mixer diversi, non avendo produzione, allora per ogni microfono ho segnato su una tabella le rispettive sensibilità convertite in soglia di feedback; questo riferimento mi consente di aprire i microfoni di ospiti di cui non conosco nemmeno gli strumenti. So esattamente come arrivare al punto di feedback, e come far sentire subito qualcosa all’ospite appena arrivato senza inneschi, e poi da lì fare il suono al volo dello strumento. Gli in-ear sono Sennheiser ew300G3, niente di particolare. Qui non monto un’antenna elicoidale, siamo su un palco teatrale, già protetto dall’esterno: ho montato solo una mia antenna omni, mi sento abbastanza sicuro.

Come avviene lo split tra Avid e DiGiCo?

Abbiamo uno splitter analogico, inglobato da Imput nello stesso rack, per stare leggeri e occupare poco spazio.

Come ti coordini con Taketo per bilanciare il suono del palco con quello della sala?

La situazione è delicata, e non solo perché ci sono monitor tradizionali; ci sono molti dialoghi, momenti in cui l’artista parla spesso a voce bassa per presentare i brani: l’esigenza della sala dovrebbe essere abbassare il palco, per limitare la parte bassa che arriva dal monitoraggio; l’artista però non vuole cambiamenti troppo evidenti nei suoi ascolti, anche mentre parla, e quindi dobbiamo trovare sempre un equilibrio. I problemi non sono mai sulle bassissime, ma nella gamma medio-bassa, soprattutto in teatri con le pareti vicine: questa zona da 80 Hz a 250 Hz è critica per entrambi, e su tutti gli strumenti; lì il bilanciamento tra sala e palco deve essere chirurgico. Se Taketo vuole il contrabbasso più in evidenza, il palco deve seguire il cambiamento, o si rischia che l’artista senta il basso tutto alonato e, di conseguenza, capisca meno cosa succede, nonostante l’aumento di volume in sala. In queste prime date non abbiamo ancora terminato di aggiustare il cambiamento del mix su tutti i pezzi.

Con questo impianto, che non è studiato per essere così direzionale davanti, trovi difficoltà?

La prima sensazione non è stata ottima; all’inizio dietro suonava davvero tanto. Poi, in realtà, è solo questione di cambiare l’approccio: il suono che arriva sul palco, infatti, è bello! È molto equilibrato, e quindi può essere sfruttato. L’uso dei side cambia completamente: di solito danno una copertura generale al palco, qui devono proprio lavorare in compensazione dell’impianto; potremo migliorare nelle prossime date, ma è interessante. Per il resto, come qualità sonora è un impianto estremamente dettagliato.

Da sx: Alberto Righetto, proiezioni video, Daniele Pavan, operatore luci, e Francesco Trambaioli, lighting/set designer.

Francesco TrambaioliDisegno luci e scena

Daniele Pavan - Operatore luci

Alberto Righetto - Proiezioni video

“Stiamo portando in scena – ci spiegano i tre alternandosi al microfono – la volontà di Vinicio di creare uno spettacolo con atmosfere gotiche, medievali, utilizzando sia proiezioni, sia contenuti che seguano l’ambientazione in chiave contemporanea. Questa è la prima volta che Vinicio usa le proiezioni, ed è stato come aprire un vaso di Pandora: la tecnologia ha un ruolo importante.”

L’artista ha seguito anche la regia?

Sì, come sempre – risponde Francesco –. L’ispirazione è venuta dal famoso trittico di Bosch, con le sue atmosfere surreali; quindi in origine avevo richiamato e rivisitato la forma del trittico anche sul palco. Avevo usato anche delle guglie, richiamando molto alla lontana una cattedrale, con una navata centrale più grande e due laterali.

La scelta dei materiali della scenografia?

Sono tutti materiali poveri, dalla juta ai pannelli di legno; doveva essere una scenografia povera e macabra, costituita da forme irregolari.

Invece cosa usate per le proiezioni?

Usiamo un proiettore laser da 25.000 lm – interviene Roberto –. Il software Resolume Arena fa da mediaserver. Proiettiamo sia sulla scenografia, sia sul ciclorama, sia sulle quinte verso la fine del concerto.

Per quanto riguarda le luci?

Abbiamo più che altro incandescenze – spiega Daniele –: molti spot per illuminare i musicisti; dei PAR LED per dare colore alla scena; delle Sunstrip per fare effetti old style. Poi la scenografia è contornata da lampadine tradizionali che ricreano l’atmosfera retrò. La cosa interessante è che di tecnologia non c’è niente: solo semplici PAR LED per terra, nient’altro. Lo spettacolo nasce per stare in piedi da solo, senza fari sul tetto. Dove i teatri sono più belli mettiamo qualche faro sulle americane, oltre a qualche frontale che troviamo nel teatro stesso. In qualche data saremo nei prosceni, dove serve uno show autoportante con la possibilità di un solo tiro in controluce.

La console?

Tutto è programmato da grandMA2, che manda sia luci, sia video, sia alcuni effetti del video. In parte arriviamo da Resolume, in parte dal banco. Lo spettacolo è in cue list, con molti accenti a mano, anche per seguire l’andamento dello show, i movimenti di Vinicio, le scene dell’ultimo minuto, eccetera. È interessante notare che i seguipersona sono virtuali: usiamo il proiettore, con dei video bianchi puntati su ogni musicista. La proiezione è grande come tutto il palco, bisogna spostare il pallino sui musicisti per seguirli.

Chi ha creato i contributi?

I contenuti sono in parte foto, quadri o illustrazioni poi elaborate ed effettate direttamente in Resolume, che si è dimostrato molto flessibile. Tutto  controllato con le cue.

Siete in giro con un bilico?

Sì, l’impianto audio è in due bauli, mentre la scenografia consiste in quattro pannelli; insomma siamo con un solo carico.

In quanti siete?

Come tecnici siamo in due per le luci, Alberto per video, poi due backliner e altri tre di produzione. Francesco è presente solo per le prime date: una volta  partita, la barca continua da sola.

Lo show

Come tutti concerti che prevedono l’esecuzione di opere intere di Capossela, ci troviamo di fronte ad uno show per un pubblico di iniziati, o almeno di gente che voglia recepire musica e messaggi di una certa profondità. È notevole la grazia con cui vengono combinati strumenti moderni e più familiari con la ciaramella, l’organistrum e una batteria spesso trattata come uno studio Foley. La teatralità dell’artista – i cambi di cappelli, costumi e maschere – è particolarmente efficace in questo show, caratterizzato da un’atmosfera gotica e in alcuni punti al confine del macabro… in tema con la prospettiva medievale presente nei testi.

La scenografia di Trambaioli, come sempre, mostra la sua capacità di creare un look perfetto con l’utilizzo di un minimo di illuminotecnica e con materiali molto semplici e “poveri”: truciolare non verniciato, lampadine a filamento nudo e tante ombre che non costano niente ma se ben usate sono di grande suggestione. In questa produzione, le proiezioni sono un gustoso valore aggiunto allo show.

Per quanto riguarda l’audio, dobbiamo dire che in termini di potenza questo sistema K-array non teme minimamente un teatro di queste dimensioni. Il suono in generale è molto Hi-Fi, cosa che, ne siamo sicuri, fa piacere a Taketo e anche al pubblico di Capossela. Forse è un effetto psicologico dovuto alla completa invisibilità dell’impianto nella sala buia, ma il suono sembra veramente provenire dai musicisti sul palco anziché da un punto sopra o dalle casse, come siamo abituati. La musica della serata è sicuramente adatta a questo tipo di impianto e possiamo considerarlo un esperimento riuscito, almeno al Teatro Galli: sarebbe interessante valutarne l’efficacia anche con altri generi musicali.


Artista

Vinicio Capossela

Assistente personale dell’artista

Giuseppe Privitera

Promoter

International Music And Arts 

CEO

Francesco Cattini

Booking

Serena Sgarbi

Band

 

Chitarre

Alessandro Stefana

Batteria

Niccolò Fornabaiao

Viella e Aulofoni

Giovannangelo De Gennaro

Violino / tastiere

Raffaele Tiseo

Contrabbasso

Andrea La Macchia

Produzione

Soup2Nuts 

Direttore di Produzione

Michele Montesi

Coordinamento in Tour

Lucia Pantalone

Assistente di Produzione

Fulvio Bufardeci

Fonico di Sala

Taketo Gohara

Fonico Monitor

Gianluca Cavallini

LD / Set designer

Francesco Trambioli

Backliner

Alberto De Grandis

gestione PA / assistente FoH

Marios Antoniou

Audio 

K-Array

Specialista di prodotto per il PA

Klaus Hausherr

Service audio, luci, video

Imput Level Group 

Operatore Luci

Daniele Pavan

Squadra Luci

Cosimo Casadei

Backliner

Marco Vedovetto

Video

Alberto Righetto

Clicca qui per accedere alla galleria fotografica
(25 Foto)