Mario Biondi - Sun, Il Tour

Le video interviste ai protagonisti, le foto e il video del concerto, l'articolo, la scheda del Tour...

Le video interviste e la recensione del concerto:

Jò Campana Hugo Tempesta e Luca Morson Jò Campana

 

 

 

 

 

di Douglas Cole

Il vocione catanese porta in tournée estiva (che procederà nei teatri in autunno) il suo nuovo sound ancora più soul, accompagnato da un’orchestra che fa paura ed un piccolo, duro nocciolo di crew. Questa tournée estesa, con più gente sul palco che dietro le scene, ci illustra in un solo colpo i trionfi e le sfide della mezza produzione.

Il successo registrato con la pubblicazione italiana a gennaio del suo ultimo disco, Sun, è poi stato replicato a livello internazionale con le successive pubblicazioni a maggio e a giugno nei paesi oltreoceano. Prodotto da Biondi insieme a Bluey (al secolo Jean Paul Maunick, fondatore degli Incognito) e caratterizzato da rinnovate collaborazioni con Chaka Khan ed altri artisti importanti internazionali, questo disco rappresenta un ulteriore passo verso l’obiettivo di diventare uno dei cantanti di spicco al livello mondiale del soul moderno.

Fresco da una data insieme agli Incognito alla Royal Albert Hall, che ha ricevuto recensioni unanimemente positive dalla stampa inglese, Biondi si è imbarcato in una tournée che la stessa crew descrive come “versione light”, con tappe in 24 piazze, comprese una serata sul main stage di Umbria Jazz e ai Festival di Jazz di Ascona (CH) e Kaliningrad (Russia).

Biondi fa un genere di musica che esige poco al livello scenografico – non si tratta dei Pink Floyd né dei Radiohead – e in questa tournée la semplice presenza dei 14 musicisti e la loro vasta quantità di strumentazione (per non dire anche la notevole stage-presence di diversi membri della band) offrono una scena già per sé gradevole quando illuminati in modo adeguato. Anche l’audio presenta delle esigenze molto più tendenti alla raffinatezza che al volume puro e semplice. Insomma, è una produzione in grado di soddisfare le aspettative di una serata di classe senza necessitare di stravaganze in SPL o illuminotecniche, prestandosi quindi perfettamente all’economia della cosiddetta “mezza produzione”.

Mario Zappa, produttore esecutivo per F&P Group, ha infatti optato per una produzione snella dal punto di vista del materiale e del personale tecnico, che si appoggia completamente alle forniture locali per palco, luci ed impianto audio di sala. Oltre il backline, infatti, in tour troviamo solamente le regie audio ed il monitoraggio, mentre la dotazione illuminotecnica consiste semplicemente in una console.

A dirigere la produzione in tournée è Anacleto Papa; responsabile audio e fonico FoH è Pierfrancesco “Hugo” Tempesta, mentre alla regia monitor c’è Luca Morson, subentrato per Adriano Brocca a metà tournée. Le luci sono a cura di Jò Campana.

Noi abbiamo approfittato di una tappa non troppo distante da noi per goderci una serata di musica soul-jazz, in una venue suggestiva: l’Arena Beniamino Gigli, all’interno del Castello Svevo di Porto Recanati.

 

Pierfrancesco “Hugo” Tempesta – Fonico di sala

Con il sole ancora alto, ci accolgono i due fonici, Hugo Tempesta e Luca Morson, che ci illustrano qualche dettaglio della situazione audio.

Hugo spiega: “È un set-up pensato per essere versatile e per essere utilizzato con facilità anche all’estero. Pensando alle risorse più facili da trovare in giro, abbiamo optato per l’utilizzo di Venue Profile, una sul palco ed una in sala.

“Ovviamente utilizziamo quasi tutti i canali – continua Hugo – perché sul palco ci sono ben 14 musicisti. Siamo a due splitter interi, quasi pieni. Fondamentalmente è tutto concentrato sul sistema Digidesign: io in regia non ho nient’altro. Ci portiamo dietro esclusivamente le regie, tutto il monitoraggio e il backline. Di volta in volta troviamo un impianto residente, come da specifiche dal rider di produzione che inviamo ai promoter locali”.

Quattordici musicisti sul palco sono tanti...

Sul palco c’è lo zoccolo duro della band storica di Biondi: batteria, basso, piano e sassofono. A questi sono stati aggiunti un nuovo percussionista, due fiati, due coristi, di cui uno anche chitarrista. C’è poi per la prima volta la presenza del direttore musicale Cirro Caravano – ex Neri per Caso – che si occupa della parte di sequenze e programmazione e suona vari strumenti: Hammond, Rhodes, Moog, Vocoder e fa anche i cori. Infine c’è il chitarrista.

Allora non è proprio un ensemble jazz “leggero, veloce ed agile”

Mario ha vissuto tutta la sua carriera artistica professionale in tour sempre con set-up tipicamente jazzistico, quindi con l’esigenza di ascoltare in maniera molto naturale e rigorosamente con i wedge. Questa nuova produzione discografica, prodotta da Bluey degli Incognito, ha invece l’esigenza di dover portare live le sonorità del disco, nuove anche per Mario stesso, perché rappresentano il mondo più funky che sta esplorando in questa fase della sua carriera. Doverlo replicare dal vivo ci obbligava ad usare inevitabilmente i click e le sequenze, perché ci sono delle parti di archi fondamentali per la riuscita di quasi tutti gli arrangiamenti del disco che non era possibile avere in tour.

Di conseguenza, si sono dovuti tutti ambientare al nuovo mondo dell’ascolto in-ear e cuffie: inizialmente un fatto traumatico! Oggi invece si stanno divertendo di più e stanno vivendo una nuova esperienza dopo tanti anni di live. Anche per noi ovviamente è meglio, perché possiamo controllare un po’ meglio i suoni, data la notevole presenza di musicisti sul palco.

Girando con una mezza produzione, di volta in volta abbiamo ovviamente l’incognita dell’impianto e delle dimensioni del palco, ma anche tante altre incognite... quindi almeno abbiamo chiuso il capitolo palco.

Com’è per te lavorare in ogni data con un impianto diverso?

Diciamo “stimolante”. Nel senso che comunque il lavoro della gestione dell’impianto è un lavoro che ho sempre fatto e che faccio tuttora quando non faccio il fonico per l’artista. Quindi è un lavoro che mi diverte. Inevitabilmente ci sono delle problematiche che avremmo comunque girando con un nostro impianto. La location cambia e occorre comunque ottimizzare finché possibile. Gran parte della giornata ovviamente è dedicata al controllo della situazione del PA. UNa buona parte del lavoro sul PA si fa comunque dall’ufficio, perché molte volte si va a centellinare sulla quantità del materiale per i soliti problemi di budget. Però, con le amichevoli telefonate, che per fortuna si riescono fare tuttora, si riesce ottenere il giusto compromesso, senza mai pretendere la luna... perché nessuno va in giro chiedendo chissà cosa.

Per l’ottimizzazione ho ovviamente i miei strumenti... ed anche se teoricamente il settaggio dell’impianto è già stato fatto, ed io dovrei fare solo le equalizzazioni, spesso mi dedico al “ri-setup” dell’impianto per adattarlo meglio alle nostre esigenze. Molte volte preferisco prendere i feed verso i finali e rifarmi tutto il set-up. Questo è perché ho l’esigenza di avere i sub in configurazione cardioide, poiché devo lavorare su strumenti delicati come il contrabbasso e spingere un po’ col volume, perché il programma musicale lo richiede in diverse situazioni. Sono quindi molto attento nella richiesta di avere i sub cardioidi, oppure il disegno dei sub lo gestisco io, prima tramite e-mail e poi lo ottimizzo sul posto, gestendo le vie separate o realizzando un arc delay.

Questo tipo di produzione ti permette di avere un po’ il termometro dello stato dei service che si trovano in tutta Italia... Siamo messi bene o male?

Un po’ tutti e due! I service da un po’ di tempo hanno capito che occorre investire su materiali di una certa qualità. Normalmente sono messi bene come tecnologia, come marchi. Il problema è la quantità, cosa che ho sempre lamentato anche verso i distributori di materiale. Purtroppo, per vendere, hanno le loro tattiche di mercato, e bene o male riescono a vendere il pacchetto di quattro casse o di sei casse di line array da otto pollici. Questo va benissimo, perché i line array di tutti i marchi conosciuti sono tutti ottimi impianti. Il problema è che quando vendono un impianto line array non consegnano in omaggio la teoria, la conoscenza e la scienza del line array all’acquirente. Perché, se i clienti cominciassero a studiarsela, capirebbero di aver fatto un acquisto incompleto, perché servono più sistemi. Il discorso ovviamente non è relativo al volume, ma alla risposta in frequenza, che prevede fisicamente un numero minimo di diffusori. Certamente non mi riferisco alla fornitura di questa sera, ma sarebbe bello se la situazione italiana prendesse una piega migliore per lo meno nella fase degli investimenti, i quali dovrebbero essere fatti con una cognizione di causa più approfondita: molte volte basta veramente telefonare o interpellare qualcuno che ne sa un po’ di più per spendere meglio i propri soldi.

 

Luca Morson – Fonico di palco

Ci spiega Luca: “Premetto che sto sostituendo un amico, Adriano Brocca, che ha avuto altri impegni e mi ha passato la palla. Oggi è la prima data, quindi con un set-up così non è facile. Anche perché, come ha detto Hugo, i canali sono molti e le esigenze sono tante. Inoltre tutto deve stare dentro questo Profile che, magari, per fare la sala va pure bene, ma sul palco diventa limitato. Abbiamo una situazione mista, con gli IEM radio, le cuffie via cavo ed anche dei wedge UM1 sul palco, sub per la batteria. Quindi i servizi sul palco sono tanti. Abbiamo 72 canali in ingresso, poi ci sarebbero quelli in più che la console non ha, ed una ventina di uscite al palco...

Come ti trovi a lavorare su una situazione di monitoraggio per una band così grande impostata da qualcun altro?

C’è la domanda di riserva? Cerco di scoprire come ha ragionato la persona che c’era prima, perchè non abbiamo più i banchi analogici che avevano un solo percorso, qui si può strutturare il banco come ti pare... Quindi devo cercare di capire come ha fatto lui, come ha raggiunto quel livello, quel timbro, quelle sonorità e non è facile per niente. Si deve chiedere al musicista di avere un po’ di pazienza, almeno per un paio di giorni, anche perché abbiamo settanta canali layer su layer... e trovare al primo colpo tutti gli strumenti non è proprio cosa immediata. Chi ha creato il progetto sa tutto di quello che c’è dentro, ma entrare a metà diventa un po’ difficile.

Comunque ti hanno confermato per la prossima data?

Vediamo dopo stasera!

 

Jò Campana – Lighting designer

“Sono stato coinvolto da Mario Zappa, produttore esecutivo di questo tour. Mi ha detto subito che si trattava di una situazione ‘lite’, cioè senza materiale al seguito, escluso il banco, il mo preferito sul quale ho programmato lo show e che riesco a programmare al volo con rapidità.

“Per il resto è fondamentale un accurato lavoro di preproduzione, contattando i vari service residenti. Ho un plot di riferimento molto basico, con una back truss, una front truss e, quando riescono, anche una in mezzo, oltre a due cosine per terra per i musicisti: di volta in volta vado a contrattare e barattare.

“Quindi sono autonomo ed indipendente e mi autogestisco dal punto di vista logistico e delle tempistiche. Poi, da un altro punto di vista, è effettivamente una grande sfida, perché tutte le volte ti devi ri-inventare uno spettacolino... questo è il concetto di base.

Ogni data, allora potresti avere del materiale completamente diverso?

Assolutamente sì, e questo è il caso solito. Mando un disegno e a volte lo rispettano, a volte un po’ meno, però, fondamentalmente, tutte le volte occorre inventarsi una cosa diversa.

Il tipo di show e di musica, almeno, non esigono un “light show” vero e proprio...

Musicalmente, questo è un genere che si può considerare uno standard. Quindi, più di tanto non c’è da inventare. Faccio un parallelo musica/luci: quando c’è uno standard, si può ri-inventarlo e riarrangiarlo, però ci sono dei clichè che vanno rispettati. Qua è un jazz un po’ funky un po’ soul, però dal punto di vista puramente tecnico non è che ci si può inventare chi sa che cosa. Un’adeguata illuminazione degli 11 musicisti, quindi luce sempre e comunque. Nell’arco del concerto ci sono quelle due o tre divagazioni che mi concedo durante le quali muovo ed agito un po’ più le acque, però, fondamentalmente, il lavoro deve rispettare rigorosamente un obbligato.

Si devono sempre creare dei “quadri”, come si dice in questo genere, con un abbinamento cromatico di colori gradevoli, ma non ci sono effetti che possano colpire lo spettatore. Questo non vuol dire che non si debba curare il puntamento dei personali, perché devi essere sempre sul pezzo, pronto a valorizzare con le luci l’assolo di questo o quel musicista.

Alle mie spalle qui vedete che, in questo caso, abbiamo un reperto dalla Seconda Guerra mondiale che risponde alla mia richiesta di un singolo seguipersona! Mario si muove molto sul fronte del palco e anche se riesco ad evidenziare un assolo di pianoforte o dei fiati, il segui è sempre gradito.

I tuoi clienti abituali fanno ben altro genere di musica, non ti senti un po’ fuori posto?

Assolutamente no! Questo è un genere che mi piace moltissimo e mi sto anche divertendo moltissimo. È una questione di cultura (o forse di non-cultura) musicale... il fatto che uno ascolti i Korn non vuol dire che non possa ascoltare anche un Bruno Lauzi piuttosto che Otis Redding o Burt Bacharach o Gerschwin. Comunque è un genere musicale che ascolto da sempre e che trovo molto gradevole... e poi questo è un concerto che certamente vale la pena vedere.

Quali sono le tue richieste sul posto?

È tutto molto minimale... anche perché conosco chi sono i miei interlocutori medi, quindi è inutile che chieda delle cose che so di non poter avere. Fondamentalmente chiedo una dozzina di spot ed una dozzina di wash, dai 700 W in su con tricromia (cosa che stasera non ho, però). Bisogna fare un ragionamento con quello che c’è. Ieri sera eravamo in un posto molto più ricco e molto più dotato ed è venuto uno spettacolo molto bello. Stasera sarà, secondo me, per alcuni aspetti un po’ meno bello, però questa è l’ottica e la modalità del tour. Non posso pretendere di avere sempre lo stesso standard. La bravura consiste proprio nell’adattarsi e farlo funzionare al meglio delle proprie capacità con quello che si trova sul posto.

Cosa porti dietro?

Ho solo la console, una grandMA Full Size, e basta. Mi faccio dare una patchlist, mi patcho tutto dentro il banco. Poi mi faccio quelle due o tre paginate all’interno delle quali mi nuovo durante la serata. Alla sera improvviso ed interpreto in qualche modo e faccio il mio spettacolino. Questo è quanto. La rinuncia, se dettata dall’esigenza o la contingenza non è da sfigati... ci deve essere la consapevolezza del limite, soprattutto in questo periodo, aggiungo. Mi sembra che sia una cosa ragionevole e virtuosa.

Questo tipo di produzione, invece di essere una cosa più facile, comporta molto più lavoro da tua parte, no?

Beh, quando si dice “mezza produzione”, potrebbe sembrare che non ci sia niente da montare, si arriva e c’è già tutto lì. Ma in realtà la giornata è impegnativa, perché, ripeto, mettendo sul piatto della bilancia pro e contro, sono da solo e mi gestisco. Però, faccio un esempio a caso, una situazione come quella di oggi, in cui c’è stato qualche problemino tecnico, è impegnativa. Mi rendo conto perché – al di là dell’età che avanza – tra fare i patch, inventarmi la cosa, i puntamenti... tra una cosa e l’altra io da metà pomeriggio fino a fine concerto faccio un dritto filato e, insomma, diciamo che la pagnotta credo di guadagnarmela in maniera onesta e meritata. La mia ambizione è sempre quella di cavare il meglio dal materiale che a disposizione, e qualche volta ci riesco.

In contemporanea sto seguendo il tour dei Litfiba, di cui riesco incastrare le date. Quello è uno step ancora indietro: non c’è neanche il banco. E ovviamente le aspettative sono proporzionate allo sforzo.

Fortunatamente mi piace ancora stare in giro e mettermi alla prova. Poi conta molto l’esperienza: due accorgimenti, due cosette e porto a casa un risultato. Credo che io sia stato coinvolto in questo contesto anche per questi motivi. La roba non è tanta, bisogna fare una cosa, un pacchettino che abbia una sua dignità. Si mette in queste situazione qualcuno che ha un po’ di anni e che si muove in modo sensato.

Hai qualcosa che vorresti aggiungere (a parte qualche proiettore in più)?

Queste produzioni in modalità “lite”, secondo me, hanno tutte una loro dignità e non voglio dire che sia il futuro dell’industria però, piuttosto che andare ad investire soldi inutilmente e sperperare denari – che non mi sembra neanche il momento opportuno per farlo – è preferibile questo genere di situazione. Aggiungo, a mio parere, che con due o tre figure chiave nei posti di comando la cosa si porta a casa dignitosamente. La gente comunque c’è, e questa è la cosa più importante, senza la quale faremmo tutti un altro lavoro.

Ragazzi, stasera sarà un grande show in ogni caso. L’artista canta da Dio, i musicisti suonano da Dio, forse ci saranno due lucine adeguate. Hugo Tempesta è bravissimo e si sente benissimo... sarà uno show indimenticabile!

 

Lo show

Mario Biondi e questa orchestra fanno paura. Ascoltando il concerto si capisce molto bene perché questo artista sta diventando un punto di riferimento internazionale in questo genere di musica. Neanche il più convinto detrattore di questo stile (premetto che ne esistono di tutti tipi sotto il sole) potrebbe negare l’esecuzione impeccabile del gruppo o la voce potente e particolare del cantante.

Nonostante la situazione meno che ideale per l’audio – Arena Gigli è racchiusa su tutti i lati da muri più alti della struttura del palco residente, ed è di pochi metri più largo del boccascena – il risultato è molto buono. Questo risultato dipende sicuramente dal lavoro di Hugo, ma anche dall’apporto dell’impianto Meyer fornito dal service DDM Eventi per l’occasione.

Obiettivamente si fa fatica a giudicare dalla sala come sia andata la serata di Luca Morson (anche perché quello che succede sul palco rimane sul palco) ma, alla fine, sembrava ovvio che i musicisti si sentissero tra loro molto bene... l’unica cosa che si può valutare dalla sala.

Più facile da valutare in questa serata è stato il lavoro eroico di Jò Campana nel portare a casa uno spettacolo più che dignitoso e perfino bello. Non entriamo in tutte le avversità di questa serata, ma diciamo che si è rimboccato le maniche più di quanto siamo mai stati testimoni e ha mantenuto l’aplomb in una situazione molto meno che ideale. È anche riuscito a “sfornare qualche pizza”.

 

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Mario Biondi – Sun, Il Tour

Produzione
Prodotto da F&P Group
Produttore Esecutivo Mario Zappa
Direttore di Produzione Anacleto Papa
Coord. di Produzione Giovanna Abbate
Band
Artista Mario Biondi
Sax e flauti Daniele Scannapieco
Contrabbasso Tommaso Scannapieco
Tastiere Ciro Caravano
Chitarra Michele Bianchi
Batteria Lorenzo Tucci
Percussioni Marco Fadda
Pianoforte Claudio Filippini
Trombone Roberto Schiano
Tromba Gianfranco Campagnoli
Cori Samantha Iorio
Moris Pradella
Personale tecnico
Fonico FoH Pierfrancesco Tempesta
Lighting Designer Jò Campana
Fonico di Palco Luca Morson
Backliner Fabio Gagliotta
Benny Rea
Claudio Tortorici
Autista Marino Maio

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