Emma

Schiena Tour 2013

Emmadi Giancarlo Messina

Partito il 16 novembre il nuovo tour italiano che ha fatto registrare un ottimo successo al botteghino, con i sold-out al Forum di Milano ed al Palalottomatica di Roma.

Nuovo disco ed ovviamente omonimo tour per Emma Marrone, cantante sulla cresta dell’onda, lanciata da quello che fu il glorioso tubo catodico. In lei credono molto anche in Live Nation, visto che per la tournée è stata allestita una signora produzione, con un calendario, per adesso fino a dicembre, decisamente da artista di serie A.

E per come va il mondo del live in Italia, questa è certo una buona notizia, perché – al di là dei soliti noti over 50 – abbiamo estremamente bisogno di nuovi nomi in grado di reggere tour importanti e creare mercato. Il problema è semmai vedere, in questi artisti arrivati velocemente al successo tramite la TV, cosa accadrà quando la spinta iniziale si affievolirà ed il pubblico dovrà imparare ad amare l’artista e non il personaggio televisivo...

Ma il ferro stira mentre è caldo, e nel caso di Emma è caldo parecchio. Molto incuriositi, siamo andati a vedere la prima data del tour a Rimini, in un 105 ben gremito, anche perché si sa che molti fan minorenni significano anche molti genitori più che maggiorenni in veste di accompagnatori. È quindi sempre piuttosto difficile capire precisamente la composizione del pubblico.

L’artista sul palco ha senza dubbio una gran bella grinta, più rock che pop, verrebbe da dire, certamente più aggressiva che raffinata. Quando ci addentriamo nel corridoio sotto il palco per le foto, ci rendiamo conto che i ragazzi lì giù sono davvero fan scatenati ed innamoratissimi.

Lo spettacolo. L’aspetto visivo è dato in mano a professionisti di altissimo livello, dal duo “Giò Forma - Giovanni Pinna” di discendenza vaschiana, al video di Event Management. E si vede. Tutto è giocato sulla movimentazione degli schermi video, su cui vengono proiettate immagini live e pre-prodotte; ma anche con le sole cornici accese Giovanni riesce a creare belle atmosfere. Anche l’effetto profondità è ben studiato, con i piani sfalsati ad arte, mentre le luci fanno il loro show di qualità, come d’altra parte non potrebbe non essere. Unica pecca, a nostro modestissimo avviso, è che una pre-produzione più curata avrebbe forse permesso di sfruttare l’allestimento in maniera più spettacolare, con qualche idea in più, ma si sa che i tempi sono sempre più spesso il nemico peggiore dei creativi. Stiamo comunque sottilizzando, spinti forse dalla nostra fame di novità, perché il risultato è senza meno eccellente.

Purtroppo non lo stesso possiamo dire per l’audio. Il fonico Enrico La Falce, che noi non incontravamo in tour dai tempi di Capo Horn di Jovanotti (1999), ha lavorato al nuovo album di Emma, ed è senza dubbio un professionista di esperienza ed anche persona gradevole. È dunque con un po’ di imbarazzo che dobbiamo ammettere di esserci trovati ad ascoltare uno dei peggiori concerti degli ultimi tempi. Certo avrà influito il pericolo e l’ansia dovuti alla passerella posta davanti alle casse, con il relativo pericolo di innesti, certo era la prima vera data... però, tolte le attenuanti generiche, non riusciamo bene a capire perché il risultato fosse così pessimo, soprattutto con la voce della protagonista persa e sommersa sotto i suoni a volte confusi di una band pur composta da ottimi musicisti. Un peccato. Abbiamo sempre molto rispetto del lavoro altrui, però è anche necessario raccontare ai nostri lettori la realtà delle cose. Siamo anche convinti, fra l’altro, di non essere gli unici, in quanto dotati di orecchie, ad esserci accorti di questo aspetto; che un po’ ci meraviglia, poiché senza dubbio l’intenzione era quella di portare al meglio l’artista davanti al suo pubblico. Ma a volte ci sono meccanismi difficili da afferrare e gestire.

Insomma, audio a parte, Emma ha tutti i numeri per reggere oltre l’abbrivio televisivo, molto dipenderà da se stessa ma anche dalla gestione e dal management. E come tutta la gente che vive di concerti, ci auguriamo che questo successo duri ancora a lungo, crescendo anzi il più possibile.

Ma ecco dalla viva voce dei professionisti in tour, i dettagli tecnici della produzione.

riccardo genoveseRiccardo Genovese – Direttore di produzione per Live Nation

“Oltre alla produzione – spiega Riccardo – curiamo anche il calendario. Si tratta di una produzione completamente nuova per un’artista ormai importante che ha una grinta pazzesca e vuole dare tantissimo. A giudicare dalle prove che abbiamo visto, è un fenomeno. Non a caso De Luca e Live Nation puntano moltissimo su Emma, così Roberto, come al solito, ha voluto il meglio per questo tour: la scena è stata ideata da Giò Forma, con le luci di Giovanni Pinna, e non mancano delle movimentazioni e dei video molto belli. Il palco lo prendiamo su piazza e non lo portiamo in giro, anche perché si tratta di un semplice piano flat sul quale imbastiamo tutti gli elementi scenografici. Giriamo con quattro camion imballatissimi... non c’è più spazio, così prendiamo sul posto anche la passerella. Insomma sono quattro bilici di produzione: uno di audio, uno di luci, uno di video ed uno fra camerini, catering, guardaroba e produzione. Poi c’è tutto il rigging: quattro camion veramente pieni. A volte portiamo con noi anche il nostro gruppo elettrogeno: 400 A per le luci, 125 A di audio e 125 A di video... più una 63 A che serve per i due proiettori.

“Quello che mi piace è che si tratta di una produzione assolutamente non sovradimensionata, giusta per l’artista, d’altra parte è stata decisa da Roberto De Luca che forse di marketing e di mercato ne sa un po’ più di me. Però è una dimensione davvero giusta, che la valorizza senza strafare.

“In questo tour – continua Riccardo – ci sono donne dappertutto: stasera c’è anche la signora Lodi, poi c’è Alessia Forcina, la segreteria di produzione, Giovanna Salvatore, che è il nostro Tour Manager, poi Francesca Repici che si occupa dei camerini; e poi tutto lo stuolo di donne che segue Emma: la sua manager, la DJ Tina che apre lo show e tutte le varie collaboratrici. Insomma: W le donne!”.

“La band e l’aspetto musicale sono stati curati dal suo management e produttore musicale Brando. Noi abbiamo preso l’ottimo lavoro svolto da lui.

Conclude Riccardo: “il calendario, al momento, comprende 14 date; dal Nord arriviamo in Sicilia e ritorniamo in su. Infatti chiuderemo a Montichiari il 12 dicembre, facendo tutta l’Italia in 14 date, in un mese dalla prima. Inoltre occorre calcolare che stiamo lavorando al tour già da un mese, perché abbiamo fatto 15 giorni di prove musicali ed altri sette giorni a Morbegno per l’allestimento... perciò si tratta di due mesi di lavoro, più la pre-produzione in ufficio. Insomma... non è male!”.

Enrico La Falce – Fonico FoH

Mi sono occupato del mixaggio del nuovo album di Emma Schiena – ci dice Enrico –così sia il produttore, Brando, che l’artista mi hanno chiesto di mixare il concerto live, proprio per cercare di creare l’impronta data all’album.

“Sul palco abbiamo dei musicisti veramente bravi, in particolare la sezione ritmica – con Mylious Johnson alla batteria e Matteo Bassi al basso – è veramente incredibile: oltre ad essere persone estremamente simpatiche, fanno veramente bene il proprio lavoro e questo mi aiuta moltissimo, perché quando il bassista ed il batterista suonano molto bene, metà del lavoro è fatto!

Enrico La Falce

“Gli altri due chitarristi – continua Enrico – sono Fabrizio Ferraguzzo, che ha fatto parte del lavoro sull’album “Schiena” e sta facendo da direttore musicale, nonché chitarrista. L’altro chitarrista si chiama Sladu, viene dalla Svizzera tedesca, ed è molto bravo e professionale. Poi abbiamo Arianna, da tempo la corista di Emma e, alle tastiere, c’è Cardelli.

“Come l’album, è un concerto molto ‘suonato’ e l’intervento delle sequenze è minimale, esclusivamente per le parti più complesse o dei suoni difficili come synth e Moog scritti in studio, anche se il grosso delle tastiere è suonato live. È un set-up molto semplice, perché “Schiena” è un album semplice.

Spiega Enrico: “come mixer, pur essendo un banco che sta andando un po’ in disuso, ho scelto lo Yamaha PM5D: uso questo marchio dai tempi dello 02, e stimo molto i suoi prodotti, perché funzionano bene e non ti mollano mai. Infatti il PM5D è una macchina che funziona veramente bene, soprattutto quando, come adesso, è sincronizzato ad un clock esterno a 96 kHz: tutte quelle armoniche sotto e tutte quelle armoniche sopra si avvicinano ad un mondo analogico che, ormai, è stato sepolto per questioni di spazi, di pesi, di recall e tutto quello che sappiamo. Ho specificamente chiesto questa macchina al service Imput, ed un’altra uguale è usata sul palco da Deddi Servadei per i monitor. La trovo una console semplice e molto intuitiva, si ha tutto sotto controllo, una cosa che adoro. A parte le voci, che sono sganciate, tutto il resto è sotto VCA. Praticamente con la mano sinistra controllo sempre la voce di Emma mentre con l’altra controllo il resto, riuscendo così a gestire anche passaggi abbastanza complicati.

“Come outboardesterno – dice Enrico – ho un Manley Vox Box sullo Shure SM58 della voce, ma in questo momento non lo sto usando: mi piaceva tanto la pasta che dava in studio ma nei palazzetti questo doppio gain, in realtà, non mi dava niente di più, se non un pochino di fruscio, così è momentaneamente bypassato. Sto usando invece il pre diretto del banco. Ho poi un Lexicon 480 esterno che mi dà un riverbero lungo per le voci ed un brickwall per la batteria, giusto di avere quella roba un po’ grassa tipica del 480. Per il resto, qualche delay o qualche riverbero extra lo piglio direttamente dal PM5D. Insomma un setup ultra-semplice.

“L’uso dell’equalizzatore in studio ha lo scopo di aggiungere carattere al suono, alle voci, mentre nel live serve a limitare i danni, perché in un microfono aperto sul palco si devono tagliare le basse frequenze , nella parte alta, invece di andare ad incrementare come si farebbe in studio, occorre usare delle campane molto strette per levare, mettendo dei notch, di solito intorno ai 2500 Hz o intorno ai 5000 Hz... diciamo che è un’equalizzazione curativa, non un’elaborazione che mi dà qualcosa in più. Serve a levare determinati sibili o problemi che derivano dal fatto di sentire la voce da un PA, cosa completamente diversa che sentirla in uno studio.

“Inoltre – conclude Enrico – dove finisce il palco ci sono sei metri di passerella che sono la mia spina nel fianco, come tutte le passerelle in tour. Ma all’artista, giustamente, piace stare in cima alla penisola per interagire col pubblico, quindi io devo stare molto attento a gestire gli inneschi in queste situazioni”.

Federico ServadeiFederico “Deddi” Servadei – Fonico di palco

“È una situazione molto semplice,” spiega Deddi. “Anch’io uso una PM5D‑RH: questo farà scandalizzare tutti i vari smanettoni super-digitalizzati, ma a me la PM5D piace, perché la conosco molto bene e la uso spesso. E, tanto per continuare a scandalizzare, mi piace abbastanza anche il suono. Inoltre lavoriamo a 96 kHz e devo dire che qualche piccolo miglioramento si avverte, soprattutto sulle frequenze basse, con un suono un po’ più ciccio”.

“Il monitoraggio è tutto in cuffia – continua Deddi – come il genere musicale più o meno impone, però ovviamente un marchio rock&roll lo dovevo dare! Quindi ho optato per dei side-fill d&b C4 sparati a cannone, come piace a me. Comunque mi piace come suona il palco, perché, oltre ai side-fill, anche i chitarristi hanno gli ampli a palla... insomma il palco non è proprio completamente muto.

“I backliner sono Michele Brienza, che viene, come me, dalla situazione di Vasco, e Andrea Durin di Firenze, un altro backliner con cui lavoro spesso. È una situazione di estrema fratellanza, quindi lavoriamo d’amore e d’accordo.

Per quanto riguardo il microfonaggio, Deddi spiega, “anche qui di nuovo farò scandalizzare i vari smanettoni, ma per tutti i tom ed il floor abbiamo usato dei bellissimi Sennheiser 604. Motivo: sono molto semplici da montare e ci piacciono pure, anche perché abbiamo uno dei batteristi più impressionanti che abbia mai sentito!”.

“Come al solito – ci dice Deddi – ho il banco completamente pieno: 25 mandate. Tieni presente che ci sono sette musicisti, tutti in IEM stereo, quindi vanno già via 14 mandate. Con i side stereo si arriva a 16. Poi quattro mandate effetti per la batteria, la chitarra acustica, e per mia comodità ho fatto due linee effetti diverse per le voci, una per la corista ed una per Emma, per evitare che ad Arianna andasse troppo dell’effetto di Emma.

“Poi ho dei premix per Mylious, che usa un mixerino ed un monitoraggio separati. Anche per il tastierista abbiamo preferito fare un premix con un DM1000 Yamaha di tutte le sue tastiere.

“Le sequenze sono state curate in pre-produzione da un ragazzo che ha lavorato al disco e sono mandate dal tastierista che gestisce i play/stop su Pro Tools. La stessa macchina sincronizza tramite SMPTE il mondo luci-video e pilota in tempo reale anche il gobbo per i testi, con un software creato da Italo Lombardo.

“In effetti – aggiunge Deddi – il concerto, e la stessa artista, sono meno pop di quanto pensassi, perché Emma ha davvero una grande grinta e come atteggiamento mi ricorda P!NK”.

Giovanni Pinna – Lighting designer Giovanni Pinna

Ci racconta Giovanni del concetto dietro la produzione visiva: “l’idea scenografica – che proviene dal set design, Gioforma, e da Event Management – consiste in questi 13 schermi, mobili su due assi – sia in orizzontale che in verticale – posti su tre piani di diversa profondità. Quindi c’è una grossa complessità del sistema, non tanto per le movimentazioni ma perché le proiezioni devono seguire gli schermi, rimanendo dentro le cornici. Il sistema è molto interessante, ma già di per sé molto complesso e ci vuole molto tempo anche a programmare le movimentazioni, quindi abbiamo cercato di semplificare il resto quanto più possibile. Il movimento degli schermi è molto bello, ma forse serviva più tempo a disposizione per poterlo sfruttare pienamente.

“Un’altra problematica di questo set-up video – continua Giovanni – è che lo schermo LED centrale, molto grosso e molto luminoso, motivo per cui in ogni pezzo ho sempre i submaster dedicati al controllo dell’intensità dello schermo e delle proiezioni, perché occorre una continua calibrazione. Per dare un’idea, usiamo i LED intorno al 20%, con una taratura di base molto sotto il 50% della loro intensità massima. Insomma siamo intorno al 5% dell’intensità possibile per stare al pari con le proiezioni, nonostante queste siano create da due potenti proiettori da 35.000 ANSI lumen.

“Un altro aspetto riguarda i contenuti – spiega Giovanni – perché una cosa è progettarli in studio, un’altra vederne l’effetto sul palco durante uno show. Infatti, i grafici hanno rifatto parecchie cose per adattarle alla situazione reale. Considerando il tempo che abbiamo avuto, sono abbastanza soddisfatto sia per il funzionamento del sistema sia per i contributi.

“Per quanto riguarda il mio lavoro, come ormai abitudine degli ultimi anni, ho chiesto a Marco Piva di occuparsi della programmazione e, con delle semplici macro, trigghero tutto il video, sia il LEDWall sia le proiezioni. Abbiamo le solite due grandMA in sessione, io trigghero quella del video che, a sua volta, pilota il Pandoras che si interfaccia con tutto il sistema di tracking del video. C’è anche un passo in più: non abbiamo semplicemente il media server a valle del banco, ma anche tutto il sistema di automazioni che deve stare in sincro con il Pandoras Box. Devo dire che per questo sistema, per fortuna, abbiamo un operatore molto bravo che ha risolto tanti problemi che all’inizio sembravano insormontabili.

“Il bello degli schermi in proiezione – dice Giovanni – è che si muovono proprio durante i brani, e non solo tra un brano e l’altro. Quasi sempre, gli schermi non si muovono sugli incisi o sui bridge, ma si muovono nei momenti più intimi, perché così riusciamo a tirarli fuori sia con le proiezioni che con le loro bellissime cornici di LED. C’è addirittura un momento in cui li muovo solo con le cornici accese e senza nessuna proiezione dentro. È una scenografia in cui la tridimensionalità è molto avvertita e suggestiva.

“Inoltre, anche se inizialmente non prevista, una cosa che funziona è illuminare questi schermi con le solo luci, sia frontali che in controluce, infatti ci sono due pezzi in cui vengono usati come fondali mobili e distinti.

“Come luci – aggiunge Pinna – lo zoccolo duro dello spettacolo è basato sui Mac Aura, ne abbiamo 48 che, in questa dimensione, sono molto presenti e fanno molta differenza. Sono un po’ ovunque, da terra fino a davanti e quando li accendo tutti... è tanta roba e l’impatto è molto pieno. Poi abbiamo 34 Profile 700 Martin, 18 Sharpy ed otto bellissimi Vari*Lite VL500 Arc, con la lampada da 700, in americana frontale, gli unici frontali che ci sono. Poi ho 16 Molfay ed una dozzina di Atomic. Il materiale è del service Imput ed è senza dubbio in ottimo stato. Gli unici che ci hanno dato qualche problemino sono i Vari*Lite ma, vista l’età... ormai sono definibili un prodotto quasi vintage.

Conclude Giovanni: “quando mi è stato chiesto di fare il progetto, non era previsto che io seguissi il tour. Ma Live Nation punta moltissimo su quest’artista, tutti ci credono molto, i risultati in biglietteria sembrano ottimi, specialmente sulle piazze grosse; così mi è stato chiesto dalla produzione di seguire Emma in tour, cosa che faccio ben volentieri... perché non smetterò mai di dire che la parte più divertente di questo lavoro è fare le serate: economicamente è preferibile lavorare per la moda o le convention, però il vero divertimento è qua in tour!”.

Luca BrozziLuca Brozzi - Event Management

Per questo tour, stiamo fornendo uno schermo LED con passo da 8 mm di 7,2 m per 4,2 m, una regia con una camera presidiata e due camere remotate. Abbiamo inoltre un sistema di videoproiezione con due Christie 35K più una scorta. Poi abbiamo tutto il sistema di automazioni degli schermi, i quali sono formati da dei tulle circondati da cornici strip LED in RGB, per permettere a Giovanni Pinna di gestire anche i colori. Il sistema Pandoras Box si interfaccia con la console grandMA, a questi si unisce il sistema di automazioni sviluppato per questo evento che ripercorre la stessa linea di quello realizzato a suo tempo per il tour di Eros. Tecnicamente, il sistema Pandoras dialoga con un sistema di automazioni: quest’ultimo gli spedisce delle informazioni comunicandogli le impostazioni in XY del movimento degli schermi nello spazio. Questa informazione viene elaborata e il media server, a sua volta, capisce dove posizionare le immagini. Il sistema integrato è stato tutto patchato in modo che sia utilizzabile, per i contributi, con la console grandMA su cui Giovanni, in modo che egli abbia piena libertà di mandare a piacimento contributi, effetti, ecc. Diciamo che noi abbiamo il cervello del sistema e pilotiamo gli schermi con le automazioni, mentre i contributi vengono mandati da Giovanni, così lui può decidere anche di mandare del video live quando vuole, oltre ovviamente ai momenti programmati.

“La proiezione – continua Luca – è sempre in formato 16:9, tanto che anche il palco ha una larghezza 16 metri... mantenendo queste proporzioni, riusciamo a mantenere anche il massimo della luminosità. Noi possiamo proiettare anche un’immagine unica intera, ma, per farla facile, c’è un sistema di mascheramento che visualizza le proiezioni solo sui teli e non dappertutto. Questo sistema si chiama ‘parallel’ e praticamente tiene le immagini nascoste nei punti in cui non c’è lo schermo.

“La messa a fuoco non cambia per i diversi teli, perché non c’è molta distanza tra un telo e l’altro, inoltre con l’ottica che abbiamo scelto non ci sono deformazioni negli angoli. Se invece ci fossero movimenti anche in profondità, sull’asse Z, ci dovrebbe essere anche un sistema di cambia fuoco sincronizzato. Così come gli schermi sono disposti qui, invece, c’è solo un differenziale di 1,5 metri, e questo rimane sempre dentro la profondità di campo delle ottiche.

“Usiamo anche un sistema wireless – aggiunge Luca – per le cornici LED, collegato all’uscita DMX dalla console luci. C’è un quadro con il sistema di automazioni posizionato a stage right che fisicamente gli dà alimentazione e contiene il remoto del cervello del sistema. Il controllo, però, rimane tutto al FoH.

“Anche il sistema di montaggio e trasporto è interessante – conclude Luca –. Queste americane si impacchettano con tutti i cavi già dentro, ricoveriamo i motori, occupando poco spazio”.

 

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