Tra Virtuale e Reale il Tagliaerbe! 1 parte

Personalmente avverto che la questione “virtuale” tocca da vicino un po’ anche tutti noi (parlo dei “luciai”), che ci crediamo oppure no...

di Aldo Visentin

“Se vogliamo portarci via la voglia di emozionare attraverso la luce dobbiamo lasciare a casa qualche proiettore”

Continuiamo a parlare del rapporto che esiste tra uomo e macchina nel mondo delle luci in maniera più organica, attraverso un’altra metafora che, come avrete già intuito dal titolo, è questione ancora molto controversa. Dopo aver indagato su tutte le “danze” che gli operatori luci normalmente eseguono di fronte alle proprie console durante le loro performance di programmazione, parliamo qui di un altro “bivio” che comincia ad affliggere in maniera seria buona parte dei programmatori, specialmente quelli “di mezza età” (come il sottoscritto).

Anch’io, come tanti altri, intorno alla metà degli anni Novanta mi avventurai con il mio primo PC (un 386, immagino) nello sconosciuto e sconfinato (e lentissimo) universo della rete che cominciava a diffondersi. Tutti eravamo intenti a scoprire i mondi “virtuali” che ci venivano dipinti dalla TV, dalle riviste in edicola e dal cinema di Hollywood. La tecnologie all’avanguardia erano modem da 56 kbps fischiettanti che si collegavano alla presa del telefono (per la gioia della SIP). La cosa certa che ricordo di allora fu la delusione dopo aver constatato che i fantastici mondi di Tron e Il Taglierbe erano ancora assai lontani dal poter essere “navigati”.

Da allora la virtualità ha fatto una tale crescita che quasi ormai non se ne parla più. Mi interrogavo infatti sulla questione: non se ne parla più perché è passata di moda o semplicemente si è veramente presa metà della nostra realtà? E se così fosse, possiamo ora farne a meno?

La macchina del tempo 

Personalmente avverto che la questione “virtuale” tocca da vicino un po’ anche tutti noi (parlo dei “luciai”), che ci crediamo oppure no.

Proviamo a fare una sintetica storia della tecnologia della luce degli ultimi vent’anni, in modo da capire da dove proveniamo e dove stiamo andando. Attacchiamo la macchina del tempo e saltiamo all’indietro, esattamente nel settembre ‘85 quando maneggio la mia prima console luci professionale di tipo analogico da 90 canali (sigh... bei tempi quelli). Non esiste DMX (se ne parlava) ed i fari motorizzati sono delle Rolls Royce per pochi eletti, almeno sul pianeta Terra. I PAR la fanno ancora da padroni, a meno di qualche strano oggetto luminoso e roteante di chiara matrice “discotecara”. Poi, nel giro di due/tre anni, scoppia il mondo delle luci “intelligenti” (che poi tanto intelligenti non sono) e si scatena una corsa inarrestabile verso la produzione e la diffusione di apparecchi di ogni forma, tipo e razza. A complicare la questione sono i tipi di protocolli per la loro gestione: ognuno ha il proprio! (e relativo controllo). Bel casino, perché quando è l’ora di mettere insieme i pezzi diventa ogni volta una Torre di Babele. Di virtuale (per noi) a quei tempi neppure sullo Zanichelli...

Passano gli anni e fortunosamente i sogni di “grandezza luminaria” si realizzano per tutti. Le tecnologie diventano sempre più solide ed il loro costo diventa via via più accessibile. Contestualmente i tipi di apparecchi sono talmente tanti e di diverse classi che si riescono a coprire tutte le esigenze del mercato.

Arrivano quindi i giorni nostri, dove tutti hanno tutto ciò che serve, e molto molto di più. La nostra macchina del tempo si ferma perciò qui, perché anche lei forse pensa sia il caso di fermarsi a “riflettere” su come siamo oggi (la mia macchina del tempo non è una virtuosa DeLorean ma una più umile e casereccia Fiat X1/9 dell’81).

I Futuristi contro i Tradizionalisti

Posto il fatto che la tecnologia deve servire e non essere servita (in tutti i sensi), qualcuno in tempi non sospetti ha prodotto software che assistono la programmazione virtuale delle nostre belle luci. Quando si parla di “programmazione luce virtuale” si sollevano sempre due universi di pensiero opposti che non si attraggono affatto (non crediate che io non sappia cosa state pensando in questo momento!).

Pensiero “A”, quello futurista: sto nel divano di casa mia e programmo tutte le luci attraverso il PC, quindi quando arriverò a destinazione finale sarò quasi pronto.

Pensiero “B”, quello tradizionalista: non esiste alcun software in grado di visualizzare le luci come nella realtà, e quindi il tutto si traduce in un mero pseudo-giocattolo, perché le luci, per essere programmate, si devono vedere fisicamente.

Inoltre (dato non trascurabile) nessuno paga la pre-programmazione, quindi solo costi e nessun beneficio.

Secondo la mia esperienza nessuna delle due correnti di pensiero è completamente sbagliata e viceversa. Ogni verità nasconde sempre l’altra faccia della medaglia, figuriamoci se la verità in questione è presunta (...e cioè virtuale).

I software disponibili sul mercato per il disegno della luce consentono di realizzare dei rendering che ci aiutano a visualizzare e sperimentare quali potrebbero essere le potenzialità sceniche di un sistema luci. I motori di rendering si basano perlopiù su algoritmi di calcolo della luce, utilizzati dalla maggior parte di software per il disegno bi-tridimensionale. La spina nel fianco di questi processi di calcolo è, come al solito, il tempo. Maggiore è il numero di sorgenti luminose (e noi ne abbiamo sempre tante) e l’accuratezza di calcolo richiesta, maggiore sarà il tempo necessario al processore (o ai processori) per definire il rendering finale. Stiamo comunque parlando di immagini statiche, ergo non è possibile avere una simulazione in tempo reale con la stessa precisione per le nostre programmazioni luci in cui tutto si muove, cambia d’intensità, colore, forma etc. Sin qui sembra che la partita sia un bello 0‑1 per i Tradizionalisti.

La visualizzazione dinamica della luce a tutt’oggi viene perciò elaborata attraverso sistemi più semplici (che richiedono meno calcoli) ed è quindi più approssimativa. Chi sta lavorando dietro alla questione, e che quindi senza volerlo e senza saperlo ci sta aiutando, è uno degli sviluppi tecnologici più finanziati al mondo, ossia quello dei videogiochi. La cosa può sembrare puerile e vedo già qualcuno che ride sotto i baffi, ma la cosa è invece molto più seria di quanto non si possa immaginare. La frontiera dell’immediato futuro è quella di demandare in toto la fatica del calcolo della luce virtuale non più ai tradizionali processori (CPU) ma bensì ai processori grafici (GPU), il tutto per poter elaborare modificazioni luminose di scena in tempo reale (questione fondamentale per dare più realismo al gioco). Tale tipo di tecnologia, che sta assistendo ad uno sviluppo molto forte negli ultimissimi anni, sta già cambiando radicalmente anche i vecchi sistemi hardware-software di rendering sopra descritti, e quindi sempre più le GPU faranno “lo sporco lavoro” al posto delle CPU.

L’ultima tecnologia a tal proposito si chiama unbiased. Motori di rendering che sono in grado di eseguire il calcolo della luce esattamente come succede in natura e consentono la manipolazione della luce post-rendering senza necessità di ricalcolo; inimmaginabile fino a qualche anno fa. Qui i futuristi segnano un punto e siamo 1-1.

E con questo pareggio finisce anche lo spazio a disposizione. Nel prossimo numero vedremo quando e quanto può servire la programmazione virtuale.