La connessione mobile 5G
5G indica la quinta generazione di connessione mobile, in grado di offrire significative potenzialità per lo sviluppo di servizi a cittadini e imprese.
di Michele Viola
La quinta generazione di connessione mobile rappresenta l’implementazione delle più recenti tecnologie riguardanti lo scambio di dati e segnali a radiofrequenza e tecnologie connesse. Un significativo miglioramento non solo in termini di velocità di connessione, ma più in generale in termini di affidabilità, continuità, sicurezza e qualità dei servizi.
Non risale a molti anni fa il passaggio dalla tecnologia 3G alla tecnologia 4G. Molti avranno avuto modo di apprezzare i vantaggi e i miglioramenti rispetto alle tecnologie precedenti, a cominciare dalla banda disponibile, sia in termini di velocità del collegamento sia per quanto riguarda la disponibilità di traffico e i corrispondenti risvolti economici. Con il 4G, infatti, si sono via via diffusi contratti di connessione mobile, anche consumer, con “dati illimitati” o comunque con una disponibilità di traffico mensile sufficiente per diverse ore al giorno di video in HD, cosa praticamente impensabile (o molto onerosa) con il precedente 3G.
Siamo evidentemente ancora in fase di crescita praticamente esponenziale, almeno per quanto riguarda questo aspetto dell’avanzamento tecnologico, e l’impatto del 5G si preannuncia paragonabile se non maggiore.
I vantaggi
Secondo agendadigitale.eu, con riferimento al 4G, la nuova implementazione 5G consentirà un volume di traffico 1000 volte superiore, con una velocità dell’ordine dei gigabit/s (fino a 10 Gbit/s per singolo dispositivo), con una latenza cinque volte inferiore (fino a 1 ms), favorendo lo sviluppo di applicazioni di controllo in tempo reale anche basate su uno scambio dati significativo, come il video di elevata qualità. Tutto questo con un numero di dispositivi 10-100 volte superiore, praticamente fino a un milione di dispositivi per chilometro quadrato (!), anche in mobilità fino a 500 km/h (!).
A questo si aggiunge una considerevole diminuzione del consumo di energia del modulo di rete, che si traduce facilmente in un notevole aumento di autonomia per i dispositivi alimentati a batteria.
Tra i metodi che possono sfruttare le caratteristiche del nuovo standard, appaiono inoltre molto interessanti gli approcci che puntano a un aumento della disponibilità del servizio, che sembra poter arrivare a un limite di fuori servizio dell’ordine dei 5 minuti l’anno (99,999% uptime), aprendo la porta a una serie di servizi che finora sono stati praticamente esclusi dalla rete mobile, ad esempio quelli che possono prevedere l’utilizzo di servizi in cloud anche in mobilità con una disponibilità praticamente indistinguibile da quella di uno storage locale.
Le frequenze
Il 5G estende leggermente l’intervallo di frequenze utilizzato per le comunicazioni sia verso il basso, sia verso l’alto rispetto all’attuale 4G LTE. In generale, lo sviluppo tecnologico ha sempre portato, finora, ad aumentare il range di frequenze utilizzate, e da questo punto di vista il nuovo 5G si trova in linea con l’approccio classico.
Questo, in sostanza, perché portanti a frequenze maggiori permettono di disporre di una maggiore larghezza di banda per le comunicazioni, mentre le frequenze inferiori permettono d’altro canto maggiore penetrazione, negli spazi angusti o anche attraverso i muri degli edifici. Le frequenze elevate, infatti, che corrispondono a lunghezze d’onda inferiori, vengono più facilmente disturbate dagli ostacoli sul percorso di propagazione e penetrano con maggior difficoltà attraverso gli oggetti (compreso il corpo umano). Quindi da una parte si sale in frequenza per avere maggiore banda, mentre dall’altra parte si scende in frequenza per avere maggiore penetrazione.
4G LTE lavora fino a 2,6 GHz, mentre 5G lavora fino a 3,7 GHz. Sia 4G, sia 5G lavorano anche a frequenze inferiori: 4G LTE utilizza la banda intorno a 800 MHz, così 5G utilizzerà anche i 700 MHz. In Italia, tra il 2021 e il 2022 la banda televisiva dei 700 MHz sarà ceduta al 5G. Questo ci interessa direttamente, dato che andrà ovviamente a influire sulle bande di radiofrequenze disponibili per radiomicrofoni e in-ear, per cui approfondiremo brevemente questo aspetto in seguito.
5G utilizzerà anche una banda intorno ai 26 GHz, nell’ambito di quelle che si chiamano onde millimetriche, ovvero che corrispondono a lunghezze d’onda λ dell’ordine dei millimetri.
Dato che c = λ⋅f, e c ≈ 3⋅10⁸ m/s (c è la velocità della luce, ovvero la velocità di propagazione del campo elettromagnetico), ad una frequenza f = 100 MHz corrisponde una lunghezza d’onda λ = 3 m, a f = 3 GHz corrisponde λ = 10 cm, a f = 30 GHz corrisponde λ = 1 cm e così via.
Le onde millimetriche saranno utilizzare solamente in spazi poco estesi e molto frequentati, come centri commerciali o aeroporti, con grande densità di persone e quindi con maggiore necessità di banda. La propagazione a frequenza elevata si attenua velocemente, ma in zone poco estese è comunque sufficiente una potenza molto bassa, eventualmente anche avvicinando le antenne e aumentandone il numero.
Le stazioni radiobase lontane portano infatti ad aumentare la potenza di radiazione, sia per l’antenna della stazione sia per il dispositivo mobile.
Gli effetti sul corpo umano
Nell’immaginario popolare, l’aumento della frequenza non manca di destare una certa preoccupazione. All’aumentare della frequenza la penetrazione è inferiore, per cui l’onda elettromagnetica esaurendosi dissipa la sua energia in un volume inferiore. Gli effetti termici sono ben noti (sono gli unici ben noti, per il momento): nessuno ha notato l’orecchio caldo dopo una lunga telefonata? Fino a qualche tempo fa questo era certo un effetto più significativo; ora tale fenomeno si è affievolito perché la normativa, così come l’opportunità tecnica ed economica, prevedono che il terminale indirizzi l’energia prevalentemente verso l’esterno, e non verso l’orecchio e la testa. Questo certo per motivi di precauzione sanitaria, ma anche perché l’energia che scalda la testa non serve lo scopo, che è la comunicazione e non il riscaldamento di parti del corpo, quindi consuma energia e risorse quantomeno inutilmente. 5G, come vedremo meglio tra poco, migliora ulteriormente anche questo aspetto.
Gli effetti del campo magnetico dipendono dalla frequenza. Le basse frequenze (sotto le decine di MHz) riescono a penetrare il corpo e, se il livello di intensità è elevato, possono interferire con i segnali elettrici circolanti, come gli impulsi nervosi. Campi elettromagnetici a bassa frequenza sono generati, per esempio, dalle risonanze magnetiche. Anche in prossimità di stazioni AM a potenza elevata, si potrebbe notare una stimolazione muscolare, quale un formicolio alle dita o cose del genere. Parliamo comunque di migliaia di V/m (volt/metro è una misura dell’intensità del campo elettrico, ndr), valori molto superiori a quanto concesso dalla normativa vigente per i luoghi in cui possono permanere le persone. Come riferimento, il DPCM dell’8 luglio 2003 fissa il valore di attenzione a 6 V/m e il limite di esposizione tra i 20 e i 60 V/m, secondo la frequenza.
Un forno a microonde lavora a 2,45 GHz (λ≈ 10 cm), ma con un livello di potenza 1000 volte maggiore rispetto a quello di un telefono cellulare. Inoltre il microonde, tecnicamente, lavora in una cavità risonante, e l’energia si dissipa all’interno di questa con un’efficienza piuttosto elevata. Al contrario, come già accennato sopra, le antenne dei cellulari sono configurate proprio per irradiare verso l’esterno, lontano dalla testa.
A frequenze (molto) più alte ci sono le radiazioni ionizzanti, che hanno appunto sufficiente energia per addirittura ionizzare gli atomi, e questa ionizzazione influisce sulla chimica degli elementi. Questo è quello che può succedere con i raggi X, utilizzati per le radiografie, che infatti vanno limitate. Le frequenze delle radiazioni ionizzanti iniziano nel lontano ultravioletto (λ da 10 nm a 200 nm, ovvero frequenze sopra il milione di GHz), infatti è buona norma cercare di evitare l’esposizione diretta ai raggi del sole nei periodi di irradiazione più intensa.
Le frequenze che interessano le comunicazioni cellulari sono ben lontane da quelle delle radiazioni ionizzanti.
La tecnologia
Attualmente una cella 4G si attiva con una singola telefonata e illumina tutta l’area coperta con continuità, la configurazione di radiazione è sostanzialmente statica. 5G fa invece largo uso di una tecnologia detta Massive MIMO: una configurazione di antenne che consente di produrre diversi lobi di radiazione, orientati direttamente verso gli utenti che hanno effettivamente bisogno di potenza. Questa configurazione varia con la configurazione degli utenti sul territorio. La configurazione di radiazione varia quindi nel tempo e nello spazio, cosicché il livello di potenza elettromagnetica media irradiata si riduce in maniera significativa rispetto alle tecnologie attuali (4G e 3G).
MIMO è un acronimo che sta per Multiple Input Multiple Output. La tecnologia MIMO standard utilizza tipicamente da due a quattro antenne per conformare i diversi lobi di radiazione in maniera dinamica. Massive MIMO invece tipicamente alcune decine o anche centinaia di antenne. La tecnica beamforming, utilizzata per conformare al volo i lobi di radiazione della schiera, non è concettualmente troppo differente da quella che si utilizza da qualche anno in campo audio per orientare l’emissione di una schiera di subwoofer, a parte il fatto che massive MIMO a radiofrequenza è in grado di variare automaticamente la conformazione dei lobi, secondo necessità, in poche decine di millisecondi.
Radiomicrofoni e in-ear
Il PNRF, Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze, prevede a partire dal 1 luglio 2022 alcune modifiche per quanto riguarda le bande disponibili per i radiomicrofoni, proprio a causa dell’avvento del 5G, che andrà a occupare alcune bande ora dedicate ad altri servizi.
In particolare la banda 470-790 MHz, ora in utilizzo assieme al digitale terrestre televisivo, sarà limitata a 694 MHz. Da 694 a 698 MHz, però, si avrà la possibilità di un uso esclusivo per i sistemi audio, così come lo spazio all’interno della banda di uplink e downlink del 5G (attualmente la nota 112G del PNRF riporta 736-738 MHz). Questo dal 1 luglio 2022, ma in molte zone la banda è già stata liberata dal DT e in alcune zone è già attiva la sperimentazione 5G. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha attivato nel 2017 cinque progetti sperimentali (a Milano, Prato, L’Aquila, Bari e Matera) e nel 2018 ha lanciato il bando per l’assegnazione delle frequenze sul territorio nazionale.