TNT Group - Dai Beatles alle balere

Un percorso nel mondo dell’entertainment “alternativo” ai concerti...

di Alfio Morelli

Inizia con questo articolo un percorso nel mondo dell’entertainment “alternativo” ai concerti, uno sguardo che parte dai gruppi e le orchestre di musica da ballo per arrivare ai locali notturni, passando per gli eventi e le manifestazioni più particolari ed interessanti.
L’intento è insomma quello di curiosare ed analizzare le variegate facce del mondo dello spettacolo, capirne il business nonché l’uso della tecnologia e le possibilità di lavoro per il mondo tecnico ed i suoi protagonisti.

La prima tappa la facciamo da un mio vecchio amico di Bologna, conosciuto più di trent’anni fa, quando la professione di musicista era ancora una professione, e anche ben pagata.
Incontriamo Claudio Ferrari, per tutti “Gerry”, al Mon Amour di Rimini, storico locale in cui si appresta, con il suo gruppo, ad iniziare un week-end pieno di musica, per fare ballare e divertire il numeroso pubblico della riviera.

Claudio, quando e come hai iniziato questo mestiere?

Siamo nel lontano ’64 e avevo appena dodici anni; un mio amico, Tobia Righi, stretto collaboratore di Lucio Dalla, mi portò da Londra due dischi dei Beatles: Twist and Shout e Please Please Me. Solo maneggiare quei due oggetti ed osservarne le copertine mi diede una grandissima emozione, che divenne travolgente quando li misi sul piatto e li ascoltai. Da lì capii quello che avrei fatto da grande: il musicista. Cominciai così con i miei amici a prender in mano degli strumenti e a strimpellare qualcosa nelle cantine, fino a mettere su una cover band con cui cercavamo di imitare i nostri miti: Beatles, Rolling Stones, Jimi Hendrix e cosi via. Alla fine del 1970, qualcuno ci diede anche dei soldi per suonare: da quella sera sono ancora qua a fare questo mestiere. Cosa ricordi di quei tempi?
Il mio primo gruppo si chiamava “Emozioni a buon mercato”, idea presa da un disco di Janis Joplin (dei Big Brother and the Holding Company – ndr), Cheap Thrills. Da lì a poco Franco dei V10, mitico gruppo bolognese, mi propose di entrare nel suo gruppo come cantante e bassista. Dobbiamo pensare che ai tempi un gruppo come quello faceva oltre duecento serate all’anno, e per un ragazzo con la passione della musica significava unire una passione col lavoro, perché si poteva guadagnare anche piuttosto bene. E non bisogna sottovalutare l’appeal che aveva chi suonava e cantava sul palco! Per me era la realizzazione di un sogno. Visto che ero anche un appassionato di Hi-Fi, Franco mi diede subito anche il compito di responsabile tecnico del gruppo, quindi cominciai ad avere a che fare con mixer, microfoni, casse e a risolvere tutti i problemi che man mano si palesavano. Alla fine degli anni Ottanta, Franco decise di ritirarsi da quella professione, chiedendomi di portare avanti il gruppo. Accettai ben volentieri, anche perché ormai era diventata la mia vita e la mia professione. Cambiai subito il nome in TNT Group: il lavoro andava a gonfie vele! Il mio primo impianto fu un Tekson, all’epoca famoso marchio bolognese, poi passai a Cerwin Vega e dopo altri dieci anni a Nexo. Attualmente ho un RCF di cui sono contentissimo. Come vedi tutto torna: sono partito con un impianto bolognese e mi ritrovo con un impianto reggiano!

C’è qualcosa che rimpiangi di quei tempi?


Innanzitutto i trent’anni in meno! Ricordo che a quei tempi, quando arrivava la band nel locale, arrivava l’artista, con tutto il suo alone intorno. Negli anni Ottanta essere un musicista aveva il suo perché, si viveva in un mondo a parte, quasi sempre di notte. Specialmente in estate, in Riviera, ci si svegliava nel primo pomeriggio, la spiaggia era off-limits, per via dell’orario, tanto che d’estate, se eri bianco come un morto o eri appena arrivato in Riviera o eri un musicista. Nel nostro mondo si era addirittura creato un mercato degli artisti: ci si rubava i musicisti da un gruppo all’altro! Se pensavi che gli altri avessero un batterista o un cantante più bravo, cercavi di convincerlo a cambiare bandiera promettendogli più serate o più cachet. Quasi come nel calcio, naturalmente con meno soldi.
Da allora sono cambiate tante cose.

Quali sono le più importanti?

A quei tempi, quando un gruppo aveva in scaletta 30/40 pezzi poteva girare il mondo, perché allora ogni gruppo aveva una propria caratteristica e veniva ingaggiato proprio per quello. Oggi nel computer, che ha fatto irruzione prepotentemente, devi avere 300/400 pezzi da suonare secondo le richieste del locale, devi insomma adattare la compilation a quello che ti dice il DJ! Non è richiesto neanche più il buon suono dal vivo, perché ormai anche i ballerini sono abituati alle sonorità del disco, quindi devi eseguire quel brano il più simile possibile all’originale, e alla fine diventa obbligatorio avvalerti dei computer. Poi ogni piazza ha le sue musiche. Alcuni vogliono i balli di gruppo, altri la musica anni ‘80, i latini... quindi sei costretto ad avere a disposizione una libreria infinita. Un’altra cosa che faccio fatica ad accettare è che quasi sempre ci viene richiesto di attaccarci all’impianto della discoteca, con una perdita di qualità incredibile. Purtroppo sembra che ormai per le discoteche l’impianto audio sia un optional: spesso e volentieri troviamo degli impianti di 10/15 anni fa, tarati per la musica disco. È una continua violenza alla mia passione per il suono ed alla mia dignità tecnico/artistica. Quelle poche volte in cui ci lasciano usare il nostro amato RCF TT25 sono una gran soddisfazione.

Cosa ti piacerebbe che cambiasse nel tuo lavoro?


Tutto e niente: finché abbiamo la possibilità di salire su un palco per fare ballare e divertire le persone ci riteniamo delle persone molto fortunate. Quando finirà questa possibilità vorrà dire che qualcosa sarà davvero cambiato in noi o intorno a noi.

Riflessioni ad alta voce


L’intervista a Claudio, e la relativa permanenza nel locale per qualche ora, ci ha lasciato un alone di tristezza per le mutate condizioni di lavoro di questi artisti.
Iniziamo col dire che la loro presenza è forse esclusivamente dovuta alla legge che prevede sgravi fiscali per il locale in caso di prevalenza di esecuzione di musica dal vivo; in assenza di tale legge, infatti, crediamo che l’interesse del gestore verso il gruppo sarebbe estremamente più limitato. Il TNT Group, composto da quattro persone (batteria, tastiere e due cantanti), comincia a suonare mentre la gente inizia ad arrivare per poi iniziare con la musica da ballo che introduce la parte “suonata” da DJ. Ed è in pratica il DJ stesso che impone la scaletta al gruppo, almeno come tipologia di musica: tanto è sufficiente mettere in ordine i brani già pronti sul computer, che lasciano ai musicisti giusto lo spazio per suonare qualche ricamino. Per di più il program musicale è diffuso dall’impianto della discoteca, non certo equalizzato per valorizzarne i suoni.

Ma perché noi italiani riusciamo a snaturare ed avvilire ogni cosa? La ratio legis, cioè lo scopo della legge sulla musica dal vivo, offrirebbe una bellissima opportunità per dare spazio ai musicisti, per farli suonare davvero, per dar voce e possibilità di esperienza ai giovani, quindi per far crescere tutta la musica nel nostro Paese. Così gestita diventa invece avvilente per i gruppi, che devono comunque adattarsi con professionalità alla situazione – se vogliono lavorare – e probabilmente anche per il pubblico, che magari non disdegnerebbe affatto di ascoltare una band con un bel repertorio di cover o di brani originali.
Il locale è uno dei più conosciuti della Riviera romagnola, dal 1985 sulla cresta dell’onda. Nonostante questo la dotazione tecnica c’è parsa piuttosto trascurata: impianto audio JBL piuttosto datato e luci scanner SGM di almeno una decina di anni fa. Evidentemente audio e luci sono ritenuti ancora idonei alle esigenze del locale: la tecnica allo stato dell’arte, a quanto pare, non fa fatturato!

contatti: TNT GROUP

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