Davide Lombardi – la fuga delle orecchie

Abbiamo appreso con molto piacere l’assegnazione del titolo “Engineer of the Year 2015” da parte di Pro Sound News al nostro amico Davide Lombardi. Abbiamo così colto l’occasione per farci raccontare le sue emozioni e ricordare il suo percorso professionale ai nostri lettori.

di Alfio Morelli

Davide Lombardi“Ho sempre avuto questa passione – ci ha detto Davide – coltivata sin dagli anni del liceo, quando passavo le estati a lavorare per piccoli service della mia zona (Vasto, in provincia di Chieti – ndr). In quel periodo ho iniziato ad appassionarmi alla lettura di libri di fonia, fisica acustica, manuali di mixer ed effettistica, tecniche di microfonaggio e riviste del settore. Le cose che leggevo erano immediate, naturali e riuscivo ad assimilare i concetti con facilità: realizzavo che fuori dalla mia realtà c’era un mondo molto interessante da scoprire. Alla fine degli studi ho trascorso sei mesi a Dublino con l’obiettivo di conoscere meglio l’inglese, mesi fondamentali poiché non solo mi hanno permesso di cominciare a leggere e studiare in lingua, ma anche di interfacciarmi con la mentalità anglosassone, completamente diversa dalla nostra, specialmente quando si hanno solo 18 anni e si viene da una realtà cittadina.
“Quindi sono tornato in Italia ancora più ‘affamato’ – continua – e grazie ai contatti con alcune ditte audio ho iniziato i miei primi tour. Successivamente mi sono trasferito a Roma dove, tra un lavoro e l’altro, mi sono iscritto all’Università della Musica, frequentando il corso per tecnico del suono. Questo è stato un periodo molto intenso per il lavoro, in cui ho avuto la fortuna di fare tantissima esperienza, mettendo in pratica tutti i concetti che avevo studiato e di incontrare professionisti del settore che mi hanno spronato a conoscere il mondo fuori e a provare un’esperienza all’estero, dal momento che il mercato italiano era già saturo e poche sarebbero state le possibilità per emergere. Infatti, ripensandoci, non sono mai stato un anglofilo, ma partivo... spinto dalla curiosità e sicuramente dalla giovane età: se mi avessero detto che sarei rimasto a Londra per tutti questi anni forse non sarei mai partito.

“All’inizio è stata dura – ammette Davide – nessuno mi conosceva e quindi le opportunità erano davvero pochissime. Arrivavo in un paese nuovo pensando di poter iniziare subito a mixare, mentre mi sono presto reso conto che godevo di ben poca considerazione e che a malapena sapevano pronunciare il mio nome. Dopo circa un anno di ‘ambientamento’, in cui mi sono dovuto rimettere in discussione, sono tornato a studiare ed ho fatto tanti diversi lavori. Ho poi iniziato a lavorare come tecnico audio per vari service, alcuni molto piccoli, altri grandi. Questi anni di sacrifici e vera gavetta sono stati fondamentali: professionalmente sono cresciuto molto, ogni giorno acquisivo nuove competenze e riuscivo a gestire situazioni di lavoro anche molto difficili. Proprio in questi anni mi sono avvicinato alla figura del Systems Engineer, allo studio degli impianti audio e dei loro software di gestione, alle installazioni negli eventi live ed ho avuto la fortuna di affiancare fonici affermati e capaci, colleghi da cui ho imparato tantissimo. Il mio personale step-up lavorativo, come fonico, è stato molto lungo, ma anche naturale. Non sono uno che si guarda indietro, quindi se prendo delle decisioni vado avanti per la mia strada: ho rinunciato a tanto, non solo nel lavoro, ma alla fine sono riuscito a realizzare l’obiettivo per cui ero partito.

“Fino ad oggi è stato un bellissimo viaggio – afferma – che mi ha portato a mixare moltissimi artisti, da Beck ai Simply Red, fino ad arrivare a Kate Bush ed al suo ritorno al live dopo 35 anni... come se Mina decidesse di tornare a cantare dal vivo! Lo show è stato un vero e proprio capolavoro artistico ideato dalla mente di Kate in ogni minimo dettaglio, dalla scenografia ai costumi che proprio in questo momento sono in esibizione al Victoria & Albert Museum di Londra. Insomma una grande occasione che tutti ricorderanno. Dopo questo concerto (che ammetto essere stato il più difficile della mia carriera) ho ricevuto due nomination: la prima (TPi Awards) era decisa da voti ‘pubblici’ (poi vinta dal mio caro collega ed amico Derrick Zeiba, purtroppo scomparso per malattia qualche mese prima della premiazione), l’ultima, quella di Pro Sound News, è risultata essere ancora più interessante, poiché sia i finalisti sia il vincitore sono stati scelti da una giuria internazionale composta da 50 persone leader nel settore in tutta Europa. Entrambe le nomination sono state per me una bella sorpresa e vedere il mio nome tra i primi cinque era già una vittoria.

“Un caro amico, Nicola, mi ha accompagnato alla serata della premiazione Pro Sound News – racconta Davide –. Ci tenevo ad andare per salutare alcuni colleghi, ma l’intenzione era poi di scappar via, visto che la mattina seguente la sveglia sarebbe stata prima dell’alba per motivi personali. Ero da poco arrivato e mentre chiacchieravo con qualche amico ecco che ho sentito il mio nome e mi sono trovato sul palco col premio in mano! Sinceramente non ho avuto tempo di provare alcuna emozione prima della consegna poiché il mio premio è stato il primo ad essere assegnato. Sicuramente ero un po’ confuso e totalmente imbarazzato: io sul palco non ci salgo mai!

“Però, mentre scendevo dal palco, vedendo i direttori degli Abbey Road Studios, della BBC ed altri volti noti che applaudivano o mi stringevano la mano, mi sono reso conto del premio che avevo tra le mani: mi sono tornati in mente, come in un flashback, tutti gli ultimi 12 anni, da dove ho iniziato fino a quel palco… Una bellissima sensazione ed in qualche modo un piccolo riconoscimento dopo il lavoro di questi anni. Però il premio Pro Sound News non rappresenta per me un traguardo, bensì un punto di partenza per nuovi obiettivi”.

Certamente noi non possiamo che rinnovare i nostri complimenti a Davide, ragazzo così serio ed equilibrato che certamente ha saputo fare tesoro di questo premio senza eccedere in auto compiacimenti, augurandogli i migliori futuri successi; crediamo anche che possa rappresentare un modello per molti giovani tecnici italiani: studio, competenza e umiltà, predisposizione al sacrificio ma anche intraprendenza e coraggio sono qualità che spesso portano lontano.
D’altra parte sarebbe utile una riflessione sulle reali possibilità che vengono date ai giovani di affermarsi in questo lavoro nel nostro paese. Purtroppo non fuggono dall’Italia solo i cervelli, a volte anche… le orecchie!