Clay Paky A.Leda K20 B•Eye

Il faro del triplete

di Douglas Cole

Permettetemi un eufemismo calcistico: B•EYE è il primo prodotto che alla sua presentazione ha vinto il premio nelle tre fiere di settore più importanti a livello mondiale: Plasa a Londra in ottobre 2013, LDI a Las Vegas in dicembre 2013 e ProLight+Sound a Francoforte in marzo 2014.

Già avevamo pubblicato un breve articolo su questo prodotto alla sua presentazione alla fiera Plasa l’anno scorso, ma ritorniamo a parlarne perché riteniamo che sia una “pietra miliare” e che meriti sicuramente un approfondimento delle informazioni preliminari pubblicate in precedenza. L’editore di Sound&Lite, addirittura, paragona l’avvento di questo prodotto alla comparsa del proiettore a specchio mobile, un’innovazione che ha rivoluzionato il modo di disegnare lo spettacolo. Insomma, pensiamo tutti che il B•EYE sia un prodotto che segnerà il lavoro dei lighting designer.
Vorremmo ritoccare solo brevemente le informazioni già fornite nell’articolo precedente – cioè, le caratteristiche innovative più ovvie del proiettore – e offrire alcune informazioni pertinenti che forse non sono state sottolineate o riportate nella letteratura disponibile sul prodotto.

Sorgente e ottica

Innanzitutto, la struttura del gruppo ottico è di un’architettura unica. Le sorgenti LED multichip RGBW sono montate su schede che sono saldamente attaccate ad un dissipatore, come in altri proiettori wash a LED. A valle delle sorgenti, B•Eye utilizza un sistema che, anche se non assolutamente unico, è certamente particolare. A condurre la luce da ogni sorgente verso ogni lente con il minimo di perdita di luce spuria, c’è un “rod”, un tubicino monoculare con parete interna riflettente. Questo sistema funge non solo da collimatore, infatti la parete riflettente interna serve a omogeneizzare in colori uniformi le luci provenienti dai diversi chip millimetrici R,G,B e W della sorgente.
Davanti ognuno di questi “rod”, c’è una lente con una forma poligonale diversa e asimmetrica (a parte la lente centrale esagonale), appositamente studiata per rifrangere la luce nel modo giusto secondo la posizione nello schieramento. Perciò, l’assemblaggio della lente frontale è molto complesso, proprio come l’occhio composto di un insetto da cui il proiettore prende il nome.
Un fatto importante da notare è che le forme particolari delle lenti individuali, anche se responsabili per l’ormai noto effetto caleidoscopico, non sono state progettate per questo. L’effetto ora trademark del proiettore – ci raccontano diverse persone in Clay Paky – è stato un’occorrenza di serendipità, rivelatasi durante le prove delle lenti già costruite. Le lenti sono state proiettate per ottimizzare le prestazioni di un proiettore wash e questo lo fanno egregiamente. Consentono una gamma di zoom >13:1 – da 4,3° (a lxmax/2) a 58,9° (a lxmax/10) – e un illuminamento di quasi 37.000 lx su un campo di diametro 60 cm ad una distanza di 5 metri (zoom minimo) fino a 850 lx su un campo di 5,6 m, sempre a 5 metri (zoom massimo).

Colore

Insomma, anche senza la rotazione delle lenti, K20 B•EYE sarebbe già un proiettore wash di straordinarie prestazioni, e non solo a livello di potenza, ma anche a livello di colore. Come sorgente, Clay Paky, come tutti, già utilizza i LED scelti secondo i parametri di cromaticità del costruttore dei componenti. Comunque, i costruttori di LED li vendono all’ingrosso secondo il “binning” (la categorizzazione), che lascia ancora una tolleranza di variazione tra l’intensità di certi diodi a certe tensioni di alimentazione e tra la lunghezza d’onda centrale delle emissioni. Per minimizzare le variazioni di cromaticità dalle caratteristiche nominali, gli A.Leda vengono tarati uno per uno con un processo che misura l’emissione del proiettore con uno spettroradiometro, collegato ad un computer che, a sua volta, è collegato ai driver dei vari LED del proiettore. Il computer confronta le emissioni del proiettore con uno spettro di riferimento e aggiusta le tensioni di pilotaggio finché il proiettore globale appare conforme al riferimento. In questo modo, Clay paky garantisce un’uniformità elevatissima tra le varie unità.
Al livello di controllo e miscelazione dei colori, invece, B•EYE offre delle immense possibilità. Innanzitutto, è programmato di fabbrica con una “ruota colori virtuale” di 65 colori su un singolo canale DMX. Questi comprendono cinque versioni di bianco e 53 colori riferiti ai filtri Lee Colors. Il costruttore è anche così gentile da includere nel manuale anche i parametri RGBW di ognuno di questi per assistere il programmatore.
Il proiettore è anche molto “studio friendly”, perché include un canale DMX indipendente di correzione CTO, che permette di aggiustare l’emissione della macchina per una temperatura colore che può variare da 2500 K a 8000 K. Per ricreare in sintesi additiva l’effetto di un filtro CTO lineare, il costruttore ha creato algoritmi che emulano l’effetto del progressivo inserimento di un filtro su ognuno dei componenti LED (rosso, verde, blu e bianco) anziché semplicemente correggere i livelli di rosso o di blu. Questo consente un graduale aggiustamento CTO attraverso 246 dei 256 bit del canale di controllo, ma il manuale elenca i precisi livelli per ottenere le otto temperature colore di riferimento più comuni. È preprogrammato anche con cinque diverse modalità di simulazione delle lampade al tungsteno (750 W, 1000 W, 1200 W, 2000 W e 2500 W) che regolano non solo la risposta, ma anche l’arrossamento della luce al dimming. Inoltre, offre la scelta di quattro curve di dimming con un corrispondente regolamento della gamma RGBW per l’utilizzo del proiettore nel pixel-mapping.

Effettistica e controllo

La rotazione del gruppo di lenti frontali non è né l’unica caratteristica innovativa del proiettore, né la sola responsabile dell’impressionante capacità di generare effetti. L’indirizzabilità diretta delle quattro sorgenti individuali per i 37 LED multichip ha aperto le porte all’utilizzo in pixel-mapping Già con i proiettori A.Leda predecessori del B•EYE... e ha rappresentato già dall’inizio un grattacapo per l’utente perché, nonostante gli incredibili effetti che consente, questa funzionalità si combina con i canali di controllo standard occupando fino a 169 canali DMX per ogni fixture. Per rispondere alle esigenze di varie applicazioni, il software di questo proiettore è stato progettato con cinque diverse modalità di controllo. In modalità “Standard”, il proiettore si controlla come un qualsiasi proiettore wash – con miscelazione RGBW, colori preset, CTO, strobo, dimmer, zoom, pan, tilt ecc. – ed è molto economico per quanto riguarda i canali: 21. Nella modalità “Extended” che  permette l’uso del proiettore anche per il pixel-mapping RGB, invece, l’aggiunta dei controlli per i vari colori dei vari pixel fa saltare il numero di canali necessari a 132. C’è, addirittura, una modalità extended che permette il pixel-mapping in RGBW che occupa 169 canali per ogni proiettore.
Per mettere a disposizione dell’utente la vasta possibilità degli effetti senza che il proiettore occupi un numero proibitivo di canali, Clay Paky ha progettato e incorporato un effects engine molto sofisticato nei proiettori B•EYE. Una modalità di controllo “Shapes” aggiunge ai parametri di base una scelta di 29 effetti preprogrammati. Questi, però, non sono delle semplici macro. Con l’utilizzo della modalità “Shapes” il controllo del proiettore si divide, effettivamente, in due “livelli”: gli Shape e il Background. Il background consiste dei parametri già controllati nella modalità standard, mentre gli Shape si controllano con ulteriori nove canali, con parametri di colori, transizione, velocità, fade e, addirittura, lo sfasamento dello stesso effetto tra diversi proiettori. Inoltre, ci sono canali dedicati all’intensità dell’effetto rispetto all’intensità dei parametri standard e un controllo dell’intensità del “background”. Questa modalità massimizza il controllo è la possibilità degli effetti del proiettore, mentre occupa un “modesto” numero (35) di canali DMX.
Per applicazioni con gli effetti e con la possibilità del pixel-mapping, c’è una quinta modalità operativa che aggiunge il controllo dei pixel individuali in RGB, che occupa 146 canali.
Per semplificare ulteriormente il controllo in situazioni di pixel-mapping, Clay Paky sta già sviluppando un sistema di controllo, che probabilmente si vedrà con successive versioni del firmware. Questa futura modalità di controllo sfrutta l’ingresso diretto del protocollo Art Net sul proiettore e permetterà che i controlli di base della modalità standard vengano effettuati assegnando ad un universo DMX separato, per il controllo tradizionale come illuminatore da una console luci, patchando quelli canali in modo tradizionale insieme ad altri proiettori simili. Poi, sfruttando la capacità multi-universo del protocollo Art Net, i canali relativi al controllo dei pixel in RGB si potranno assegnare agli universi DMX utilizzati per il pixel-mapping all’uscita di un’altra console o da un media server. Si sta sviluppando anche un parametro di controllo che permette il cross-fading tra il controllo standard e quello del pixel-mapping.
In conclusione, questo proiettore (e il suo fratellino K10 B•EYE) certamente è progettato per il mercato di alta gamma, senza dubbio, è molto più che un carino effetto caleidoscopico.

 

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