Caparezza – Prisoner 709, il Tour Estivo

L’artista pugliese ha ripreso in versione estiva la tournée del suo recente disco con una trentina di date in venue outdoor in tutta l’Italia. Protagoniste, oltre alla musica, tutte le divertenti trovate scenografiche che caratterizzano i suoi concerti da anni. Con un’interessante novità nell’audio. 

a1 04img 0067di Douglas Cole

Il personaggio capellone Caparezza, pseudonimo di Michele Salvemini, ha pubblicato il suo settimo disco di inediti, Prisoner 709, nel 2017. Quest’opera introspettiva potrebbe anche entrare nell’ambito del concept album, poiché i vari brani sono collegati dal filo conduttore dei vari aspetti della “carcerazione interna”, raccontati dal punto di vista del rapper stesso; anche la produzione, partita in versione invernale l’anno scorso, è stata costruita con questo concetto bene in mente.
La tournée è caratterizzata da alcune novità – per esempio una nuova agenzia, Vertigo – ma la squadra è sempre il gruppo quasi famigliare che collabora con Salvemini da quando è nato “Caparezza”: Antonio Porcelli, che, tra l’altro, ha anche lavorato in studio con Caparezza per anni, è sempre il fonico di sala; Massimiliano “Bull” Agostini ha progettato il set e le luci; i contributi video sono creati da Roberto Tafuro; il service audio, luci e video è sempre GM Music, di Salice Salentino. La produzione dello spettacolo è di Andrea Pieroni per Vertigo, con Francesca Fadalti in veste di tour manager.
La ripresa estiva di questo tour, che abbiamo intercettato alla Fiera di Rimini il 5 luglio, all’interno della rassegna Rimini Park Rock, è segnata anche da un’altra interessante novità tecnica: un impianto audio di costruzione italiana, già annunciato ma non ancora in commercio. Uno show di Caparezza è sempre un divertimento intenso da non perdere ma, vista questa eclatante novità, era nostro giurato e solenne dovere essere presenti. 
Abbiamo così parlato con gran parte della squadra tecnica, con attenzione particolare, questa volta, agli operatori audio. 
Cominciamo dal titolare di GM Music e direttore tecnico del tour, Gianpaolo Tarantini.

 
Giampaolo Tarantini

Gianpaolo Tarantini – GM Music

“Mi occupo della direzione tecnica del tour – spiega Gianpaolo – perché la produzione di Michele è un po’ particolare; oltre ad audio e luci ci sono tanti oggetti teatrali, come la cartapesta, che deve essere costruita in modo particolare per essere trasportata in tour dove ha a che fare con acqua e sole. Organizzo tutta la squadra e i vari ruoli. Sul posto chiediamo il palco e la fornitura elettrica, il resto è tutto al seguito.
“Siamo 21 tecnici – continua Gianpaolo – oltre ad una dozzina di persone per la parte artistica. In tutto siamo circa 40 persone in tour e viaggiamo in minivan; abbiamo sempre un giorno di off e solo un back-to-back; è un giro ben organizzato: abbiamo 29 date in due mesi, insomma un tour intenso ma senza stress, e per di più ci divertiamo tutti.
“Per la produzione abbiamo tre bilici: audio, luci e scenografia; abbiamo fatto gli allestimenti in Salento, in un luogo per noi familiare e ottimale per le nostre esigenze. Abbiamo anche del video, ma come sempre integrato nella scena e mai protagonista: è una striscia di schermi LED che si va a incastonare sopra il ponte della scenografia, realizzato custom per il tour. Infatti abbiamo oggetti molto singolari che normalmente non si trovano, anche la struttura in ferro è costruita ad hoc, non usiamo i soliti Layher.
“Abbiamo anche quattro ballerini che completano lo spettacolo – conclude Gianpaolo – perché lo show è una specie di ibrido fra un musical e un concerto, e questo non è facile da gestire in spazi come i festival, perché noi abbiamo un gran movimento dietro il palco, con oggetti di scena che salgono e scendono, quattro macchinisti al lavoro durante lo show... dietro al palco abbiamo bisogno di una rampa dedicata proprio alle scenografie”.

L’audio

 
Giampaolo Tarantini

Antonio Porcelli – Fonico FoH

“Ho cercato, per quanto possibile – racconta Antonio – di trasportare il lavoro fatto per la registrazione degli ultimi due dischi sul palco dal vivo. Per esempio, ho un mono della batteria ripresa da un singolo SM57 con la tecnica ‘Wurst’, che prevede appunto la ripresa da un singolo punto equidistante da tutti gli strumenti della batteria. Questo aiuta ad ottenere il suono un po’ sporco tipico dei mono che abbiamo usato in studio. Metto il riverbero su questo segnale e non sui canali ripresi individualmente. Uso anche la batteria distorta molto leggermente tramite il saturatore a nastro all’interno della console Midas, per creare un po’ l’effetto di compressione che usiamo in studio. Serve come arricchimento armonico. 
“Poi, per la chitarra – continua Antonio – uso un SM57 e un MD 421 puntati verso il centro del cono. Dove c’è la necessità di due chitarre, uso questa combinazione a sinistra e sulla destra faccio una copia di quei due canali, ma ritardati di 20 ms; questa cosa mi permette di avere un’immagine stereo.
“Il basso è ripreso in linea e da un microfono, le tastiere vengono riprese in linea da Main Stage, che ha un po’ tutti i suoni che usiamo. Le tastiere del bassista passano sempre attraverso l’ampli per basso, una cosa che abbiamo sempre fatto. Sulle chitarre acustiche viene usato un distorsore, questa è una delle tante cose poco ortodosse. 
“Le sequenze – dice Antonio – non sono tante. C’è qualche coro di rinforzo, l’orchestra, qualche percussione e poi, per esempio, in Stare bene ci sono le voci dei bambini. Molte cose che sembrerebbero delle sequenze sono, in realtà, suonate. La tastiera di Gaetano è divisa con ogni ottava sfruttata al meglio configurata con tantissimi diversi campioni e suoni.
“Su Caparezza – spiega Antonio – uso una capsula Telefunken con trasmettitore Shure Axient; la capsula è una M80 perché ha una polare piuttosto stretta che aiuta sulla passerella. Il setup di Diego, la seconda voce, è uguale. Entrambe le voci passano nel pre Midas, vanno all’equalizzatore del canale, poi al controllo di dinamica post-EQ dentro la console. Il riverbero non viene usato, ma c’è un doubler preset ADT. Nei ritornelli, invece, alzo il ritorno effetti con flanger, delay e riverberi, effetti usati sui dischi.
“Sto mixando in stereo e non in mono, perché i dischi sono stati mixati da Chris Lord Alge, che usa uno spread stereo molto profondo dei suoni; così uso anch’io le cose hard-panned come usa lui: primo tom completamente a destra, secondo al centro e timpano completamente a sinistra, per esempio. Gli elementi molto spaziati mi danno più spazio al centro per la voce, basso e batteria. Non mixo con la voce molto avanti, perché voglio sempre mantenere il suono come nei dischi. Nei pezzi rock, ovviamente, questa cosa funziona in modo molto più evidente. Posso tenere le chitarre più in evidenza perché non sono al centro”.

Il tono particolare della voce di Caparezza la porta naturalmente davanti lo stesso?
Effettivamente sì. Caparezza ha la voce un po’ “megafonica”. Caparezza, a dirla tutta, è proprio un personaggio reinventato da Michele, voce compresa. In alcuni pezzi degli ultimi dischi, Michele canta con la sua voce, perché Caparezza è un personaggio creato da lui che ha una voce molto particolare ed affettata.
A causa della passerella, sacrifico un po’ di frequenze sulla voce. Ho “rubato” da Marco Monforte l’idea di uscire dalla console con uno stereo della band e uno stereo delle voci. Uso un Lake come matrice, ma vado anche ad equalizzare per togliere un po’ del ringing che si crea con le voci davanti l’impianto. Sono costretto a usare questo metodo anche perché Michele non ha un’emissione così potente.

Per quanto riguarda la console?
La console è una Midas ProX. Non è una scelta che ho fatto io, ma la sto usando e va molto bene – suona benissimo. C’è una Pro9 per il palco, ma abbiamo lo stagebox DL431 della XL8, così abbiamo controlli di guadagno completamente indipendenti, perché abbiamo delle esigenze diverse a livello di dinamica. Io non lavoro mai in sottrazione, ma quasi sempre in addizione… boosto sempre i suoni. Durante il mixaggio dei dischi ho visto lavorare Chris in questo modo e ho deciso che fa per me.
Sulla console, utilizzo otto effetti – quattro per le strofe e quattro per i ritornelli. Per i ritornelli ho un fader che tiro su per creare una scena per dedicata. Non ho nessun outboard esterno, a parte il Lake che uso come matrice. Non mi interessa avere il server per usare dei plugin dal vivo. Non sono anti-plugin, anzi, faccio da beta tester per diversi produttori di plugin, ma dal vivo preferisco tutto dentro il banco. Non è che andiamo ad usare le cose particolari e ricercate per il suono dal vivo… se voglio queste particolarità le faccio alla sorgente, magari come le microfonature particolari.
L’unica altra cosa in regia è il computer con Dante Virtual Soundcard e Reaper per il virtual soundcheck. È molto leggero, ma va benissimo per quello che dobbiamo fare noi. Il virtual aiuta, ma non è mai la stessa cosa, forse perché registro il multitraccia a 48 kHz tramite Dante per poi doverlo ripassare a 96 kHz attraverso il banco Midas, ma non è mai la stessa cosa del gruppo sul palco.

Raccontaci un po’ del nuovo impianto...
La cosa è nata così: io avevo lavorato nei tour passati con Andrea Brasolin – coinvolto nello sviluppo del VIO L212 – diventando amici. Andrea sapeva che mi piace molto l’impianto con i coni da 12”, infatti preferisco una cassa che dà certe frequenze in un certo modo… la voce, il rullante e le chitarre: siamo abituati a sentire le chitarre con i coni da 12”, ed essendo un chitarrista fallito amo sempre il cono da 12”!
Andrea mi ha invitato a sentire questo nuovo impianto dB Technologies, marchio che conosco bene per averlo usato con Giò Sada – un artista rock con cui faccio delle serate – con buoni risultati, così sono andato volentieri a sentirlo. Era la prima versione del sistema, con componenti diversi, mi ha fatto subito una buonissima impressione. 
Volevano un mio parere, che era già positivo. Non è un impianto piccolo, ma abbastanza grande per poterlo usare in diverse situazioni. Abbiamo fatto così delle date con tre gruppi stranieri in un club italiano, usando il prototipo in maniera “top-secret”, e devo dire che mi è piaciuto moltissimo.
Ho anche conosciuto tutti i ragazzi che lavoravano allo sviluppo: questo impianto è come un loro figlio. Ormai, per il nostro utilizzo, l’impianto risultava perfetto e volevo dare una mano anche alla squadra di sviluppo, che aveva lavorato tanto. Io l’avrei già portato in tour a febbraio, ma l’azienda mi ha un po’ fermato perché dovevano ancora fare il miglioramento che ha portato a questa versione. Così ci siamo messi d’accordo per l’estivo.
Nel frattempo sono andato tante volte a Bologna a riascoltare l’impianto, anche decidendo una configurazione, niente di eclatante: volevo i sub ad arco – non mi interessa la botta, voglio un ascolto uniforme – ma, ovviamente, non possiamo fare l’arco qui perché la passerella l’impedisce. Quindi abbiamo fatto quello che abbiamo potuto fare: l’arco bucato non ha lo stesso effetto dell’arco, ma va abbastanza bene. 
Volevo un mix più veloce. Ho usato dei coni più grossi in passato, ma il 18” va bene. Lui ha dei pezzi rock e, così, non posso fare un gran suono hip-hop che poi non va bene per il rock, perché magari i bassi sono troppo lenti. Al contrario non posso fare un suono tutto rock, perché l’hip-hop poi non avrebbe impatto. È tutto un lavoro di compromessi, ma sono molto contento dell’impianto e della sua versatilità.

Essendo uno show misto tra hip-hop e rock, non converrebbe avere i sub su un bus separato?
È una cosa che ho fatto in passato, ma sono contrario. Penso che l’utilizzatore dell’impianto debba essere blindato. Non si deve dargli la possibilità di scegliere. Quando si dà al fonico la possibilità di utilizzare una mandata sub, ogni volta che la alza o la abbassa effettivamente cambia la frequenza di crossover dell’impianto. Per quanto riguarda il non mandare certe cose ai sub, bisogna pensare che anche la chitarra acustica e, addirittura, la voce hanno tantissime subarmoniche: ogni volta che ho tolto nel passato certi strumenti dai sub, i suoni sono diventati piccolissimi.

Francesco Rainone – Socio di LP Rock Events

“Questa è la terza edizione di Rimini Park Rock e stiamo crescendo sempre più.
“Nonostante Rimini sia vista come la città del divertimento, in effetti non ci sono molti spazi per eventi del genere e nemmeno troppa voglia di collaborare da parte di chi questi spazi li ha, così prendiamo in affitto per la rassegna questo spazio della Fiera: tutta la comunicazione fa circolare il nome di Rimini Fiera, portiamo 12-13 mila persone a Rimini Fiera, ma in effetti non c’è alcuna collaborazione, solo un affitto dello spazio che si presta bene per viabilità e gestione di parcheggi e servizi.
“I padiglioni interni hanno una pessima acustica, quindi in inverno non siamo molto interessati ad usarli, preferiamo il palasport. Quello che manca è un club come erano lo Slego e il Velvet, e così purtroppo Rimini è tagliata fuori da un certo tipo di tour e di eventi.
“Il sogno sarebbe quello di trovare un capannone adatto allo scopo, anche perché è un’economia che crea comunque un certo indotto per la città”.

 
La squadra audio

Alberto Alicandro – PA engineer

VIO L212, questa novità dBTechnologies – spiega Alberto – è un doppio 12” attivo triamplificato. È un bell’impianto, ha molto suono, molto volume... abbiamo, però, iniziato da poco a lavorarci, quindi è ancora un po’ un prodotto in test. Andando avanti, scopriamo delle cose nuove e, mentre noi andiamo avanti, il costruttore continua a sviluppare software e cambiare cose sui finali ed altri dettagli. Io l’ho sentito per la prima volta una settimana prima di partire in tour, ma Antonio l’aveva sentito in precedenza ed è stata sua l’idea di portarlo con noi. Sono rimasto molto sorpreso: non mi aspettavo un prodotto che suonasse così bene. È davvero un buon prodotto e probabilmente verrà ulteriormente migliorato.

Ma voi non fate degli aggiornamenti durante il tour, no? 
Assolutamente no, ma in continuazione mandiamo feedback all’azienda, che loro usano per continuare lo sviluppo.

Quale configurazione state usando per il tour?
In totale, portiamo 20 sistemi per lato, montandone un numero adatto ad ogni location – qui ci sono montati 16 satelliti per lato più 24 sub. Abbiamo anche tantissimi front-fill VIO L210
Antonio voleva fare un arco elettronico completo ma, ovviamente, non era possibile a causa della passerella. Abbiamo perciò fatto semplicemente un arco spezzato che però trattiamo come se fosse un arco completo, anche se la cosa crea un po’ di somme e cancellazioni in mezzo e dei piccoli buchi sui lati. Abbiamo però provato diverse simulazioni e questa configurazione risultava la migliore, con la passerella in mezzo. I sub sono disposti in otto stack di tre, con il sub centrale di ogni stack girato come da manuale per la configurazione cardioide. 
Per la previsione abbiamo usato Ease Focus, perché il costruttore fornisce i dati per Ease. Ma, nel frattempo, stiamo aiutando con lo sviluppo del nuovo software di dBTechnologies per la previsione, che sarà totalmente rinnovato con la prossima release. 

E per il controllo dell’impianto?
Ogni cassa riceve alimentazione, segnale audio e controllo di rete dal DSP interno. Abbiamo il software di controllo del costruttore, Aurora Net. Per quanto riguarda il controllo dei DSP – crossover, EQ, ecc – il software dispone di tantissimi preset: ancora lo stanno sviluppando, anche in base al nostro feedback. Stiamo cercando di dar loro degli input per renderlo più adatto all’uso live: più pratico, più veloce, magari con meno controlli ma con quello che serve veramente. Il team di sviluppo apporta delle migliorie, ce le rimanda e le proviamo. In questo modo il prodotto viene continuamente perfezionato. 
“Dalla console – aggiunge Alberto – arrivano due matrici in un processore Lake: una stereo con tutti gli strumenti e un’altra stereo solo con le voci. Questo Lake viene usato come anche come equalizzatore outboard dal fonico e da qui vengono mandati i segnali ad un altro Lake che usiamo per il PA.
“Ad Antonio – conclude Alberto – piace un mix molto potente nelle medio-basse, abbastanza insolito per questo tipo di musica ma è la scelta del fonico, non una costrizione dell’impianto. 

Pierre Daniel Nginamau – PA man

“Il montaggio di questo nuovo impianto – ci spiega Daniel – è abbastanza veloce. Ha la spina dorsale e, quindi, è gestibilissimo. Per aggiustare l’angolo tra le casse, ha una leva basculante, perciò si usa pochissima forza. Il montaggio del top è piuttosto veloce. Nonostante sia un impianto attivo, gli array appesi sono veramente veloci. Per quanto riguarda i sub, ovviamente avendo un po’ più di connessioni, si impiega un po’ di tempo che comunque si recupera perché non si devono gestire i carrelli dei finali.
“Lo trovo abbastanza semplice e leggero: l’azienda ha voglia di fare le cose per bene e ascoltano e rispondono ad ogni cosa che osserviamo e suggeriamo”.

Giovanni Barbieri – Direttore commerciale dBTechnologies

“Io sono in dBTechnologies da quasi nove anni e so quanto siamo cresciuti. Stiamo iniziando a prenderci delle soddisfazioni anche in Italia, dove alle origini il marchio aveva cominciato con prodotti entry level, mentre adesso siamo cresciuti molto e iniziamo a raccogliere i frutti degli sforzi del nostro team eccezionale.
“Il nuovo impianto si rivolge infatti a una fascia piuttosto alta, abbiamo avuto da gente molto credibile dei feedback importanti e positivi. La serie VIO, e L212 in particolare, possono essere un bellissimo complemento per rental company che lavorano già ai più alti livelli, ma anche la prima scelta di qualità in certi contesti.
“Ad esempio, abbiamo appena chiuso un’importante partnership con un’azienda australiana che userà il nostro marchio per tutti quei lavori impegnativi in cui può scegliere il PA che preferisce, senza richieste di brand particolari. Infatti nel smondo ci sono rental company grandi che fanno cose importanti per le quali il marchio non è così fondamentale, e ci scelgono per la qualità oggettiva del nostro prodotto”.

 
Cesare Frassanito

Cesare Frassanito – Fonico di palco

“Il monitoraggio è tutto in-ear – ci dice Cesare – a parte due monitor nascosti sotto le pedane che servono come rinforzi per i ballerini. Gli IEM sono una miscela di Sennheiser e Shure PSM 1000. Ci sono dieci ricevitori sul palco, più due sistemi per i backliner, per stare in comunicazione con me. Quasi tutti usano gli auricolari LiveZoneR41. Solo il backing vocal usa Shure standard SE315 e SE535, non customizzati. 
“Uso il software Wireless Workbench Shure per il coordinamento delle frequenze, perché i radiomicrofoni sono Shure Axient a larga banda, che coprono anche la banda degli IEM.
“Tra canali in ingresso, effetti e mandate, la Pro9 è proprio piena. Le mandate sono otto stereo e due mono. Poi ci sono i canali dei backliner che fanno anche da spare, così anche quelli sono stereo. Poi quattro mandate effetti ed una mandata per un ospite sempre pronta. Poi ho tutto il giro di comunicazione, con il quale io posso parlare con la regia FoH, loro possono parlare con me e con due musicisti sul palco.
“Non c’è neanche un sub per il batterista – continua Cesare – perché usa un sistema ad otto canali: cassa, rullante, batteria L/R, musica L/R, basso e voce. Riceve questi su un mixerino suo, un TouchMix QSC, e ascolta tramite un in-ear collegato direttamente al TouchMix.
“Michele vuole un mix molto ritmico – continua Cesare – ma con la voce molto avanti e sempre a fuoco. Click poche volte, solo per gli attacchi dei brani. Non ci sono gli ambienti, gli arriva già abbastanza il ritorno del suo microfono, infatti sulla passerella è quasi sempre avvolto dal pubblico. Non si è mai trovato bene con l’ambiente negli auricolari: l’avevamo fatto in passato ma solo tra un brano e l’altro, adesso niente. Non ci sono neanche dei riverberi, Michele ascolta completamente pulito. Non esiste un riverbero apposito per la voce in questo genere, forse servirebbe più uno slap delay, ma con la passerella davanti e il rientro, è un effetto che si crea da solo.
“Michele e Diego (la seconda voce) hanno un ascolto completamente pulito. Ho effetti sul rullante, la chitarra acustica in quei tre o quattro brani nei quali viene suonata, e sui backing vocals, che hanno un approccio molto più melodico per cui serve un po’ di riverbero.
“La passerella cambia lunghezza secondo la location. Per compensare, aggiusto la potenza di trasmissione quando necessario. Uso un’antenna dedicata per l’IEM di Michele e lui usa il ricevitore PSM 1000 diversity, non ci sono mai problemi. Per quanto riguarda il microfono, invece, uso l’Axient a 35 mW e preferisco avere le antenne A/B belle lontane. Per quanto riguarda i Sennheiser, nei limiti della banda, non ho tanti problemi. Chiaramente, dipende sempre dalla piazza. 
“Per le sequenze – continua Cesare – usiamo due sistemi Cymatic Audio uTrack24, in modalità ridondante. Questi sono collegati tramite uno switch di rete, con un cavo di rete che arriva a me e mi consente di controllarli dalla regia. Le sequenze sono fatte partire dal batterista tramite un footswitch. I due uTrack24 sono connessi tramite tre commutatori Radial SW8, e un altro footswitch può commutare dal Cymatic main a quello spare.
“Due tracce del doppio 24-tracce sono dedicate al timecode per audio, luci e video. Sono due flussi identici, ma che mando su due canali separati dello switch per isolare ronzii e problemi vari. 
“I backliner, i miei angeli custodi, sono Nicola Quarto e Nick Cruciani. Nicola si occupa di corde – basso, chitarra e tastiere – e Nick si occupa della batteria. Entrambi mi danno una mano sulle radiofrequenze e quanto altro serve durante lo show”. 

Lo show visivo

 
Il lighting designer Massimiliano "Bull" Agostini (dx) insieme all'assistente, Marco Malatesta.

Massimiliano “Bull” Agostini – Lighting designer

“Per l’invernale – racconta Bull – avevo fatto la scelta di avere un palco a forma di chiave, caratterizzato anche dai LED che creavano il perimetro della stessa forma. Ho rilanciato, proponendo di fare una struttura a forma di... serratura, così, negli indoor, chi stava sopra vedeva la chiave, chi sotto vedeva la serratura. Poi la serratura l’avrei tenuta sempre per l’estivo, dove il pubblico per lo più è sempre sotto il palco.
“In realtà, l’input per questo estivo era di fare un po’ un passo indietro dalla scenografia dell’invernale, per essere più snelli. Mi sono adeguato a questa scelta, visto che mi è stata chiesta principalmente dall’artista. 
“Il ponte dietro è rimasto, ma le due torrette sono diventate due totem che nascondono le scale per accedere al ponte. Il resto del set è molto simile a quello invernale. 
“Anche il materiale è rimasto più o meno lo stesso – continua Bull – ma anche quello è stato snellito un po’. Siamo rimasti con uno standard di Sharpy, LED Wash, qualche spot per fare delle cose specifiche, accecatori e strobo – Atomic 3000 rigorosamente. È veramente un po’ standard e generico, rispetto a quello che uso abitualmente, ma l’esecuzione è quello che fa lo show.
“C’è un grande cambiamento questa volta, grazie a Marco Malatesta – un ragazzo di 25 anni, mezzo-genietto sulla grandMA2 – che mi ha dato molto supporto con questa novità: le luci in timecode. Per fare un paragone con l’audio, adesso la situazione è che io avrei in mano il basso e la batteria mentre tutta l’armonia la fa il timecode. Così mi sono tenuto sotto mano gli strobo e gli accecatori, perché lo spettacolo ha diversi momenti dove è valorizzato il piazzato.
“Ero un po’ titubante, perché pensavo a cosa sarebbe successo in caso di malfunzionamenti. Marco faceva gli effetti speciali nell’invernale con il timecode e ne ho un po’ studiato l’andamento. Effettivamente si è inceppato una sola volta, ma si era inceppato proprio dalla fonte. Comunque, reimpostando in modo che il controllo dal timecode riparta da metà canzone, si riattacca tutto e riparte anche a metà canzone. Quindi mi sono convinto che potesse essere una cosa affidabile. Insomma è la prima volta che faccio questo esperimento, sta funzionando e mi trovo sempre più sereno nell’approccio del live.
“Ci sono dei Claypaky Beam in prima americana – dice Bull – perché l’immaginario della prigione predomina dal nome del disco e del tour e volevo dei proiettori che riuscissero a creare proprio una gabbia di luce in certi momenti, anche se nell’estivo questo effetto può perdere un po’, ovviamente, a causa delle condizioni atmosferiche. 
“I LEDWash sono dei Robin LEDWash 600, uno standard; un altro prodotto carino è il Quartz 300 Sagitter. Non faccio delle scelte di proiettori troppo specifiche, generalmente, perché vivo la realtà: di solito chiedo cosa hanno in magazzino e, quando me lo dicono, rispondo ‘ok, prendo tutto’ e non sbaglio mai. 
“Arrivando ai festival – prosegue Bull – se c’è materiale compatibile e di potenza ragionevole sul tetto, possiamo anche semplicemente fare il clone delle fixture per il materiale sul posto – considerando sempre le questioni di colore RGB o CMY ecc. Abbiamo contemporaneamente programmato uno spettacolo con altre quattro americane con 15 motorizzati ognuno, 100 blinder e 100 Atomic. Le fixture programmate non consumano niente e questi numeri sono solo ipotetici ma se, un giorno, arriviamo ad un festival con cento fari strobo allo xeno montati, schiaccerò un pulsante e andrà via la luce dall’intera provincia! 
“Gli unici pezzi che devo sempre avere – e non si possono sostituire neanche nei festival – sono gli Sharpy in seconda americana. Tutto quello che c’è sotto il ponte e sul ponte viene sempre montato, poi abbiamo degli altri pezzi che integriamo sui palchi molto grossi dei festival.
“C’è un bel floor carico – dice Bull – con dei domino dal basso che integrano i seguipersona. I domino servono moltissimo in questo show, perché una tradizionale illuminazione teatrale – con le frontali che arrivano dalla prima americana – applicata ad uno come Caparezza che ha tanti ricci, metterebbe sempre la faccia in ombra. Invece, per lui si fa sempre un bel controluce per enfatizzare questa chioma, poi un bel frontale di ribalta. Sporca un po’, ma non è un gran problema. 
“A terra ci sono dei SixPack, che fanno una luce strepitosa. Sono come delle ribalta abbastanza strette che uso sempre per colorare il palco.
“Seguo Michele già da 15 anni e continuo a seguire lo show dietro il banco: secondo me, la mano nell’esecuzione si vede sempre”.

 
La squadra video e luci

Marco Malatesta – Programmatore ed assistente FoH

“Abbiamo creato tutte le memorie con MA3D, poi abbiamo costruito lo show e ho legato tutte le cue al timecode brano per brano. Il creatore dei contributi video, chiaramente, ci ha mandato anche i contributi con il timecode, con i quali abbiamo fatto anche gli effetti luci congiunti. Ci siamo adeguati un po’ noi in termini di colorimetria per coordinare con il video. 
“Durante lo show sono essenzialmente l’assistente FoH e, più o meno, tengo d’occhio che tutto funzioni. Nella parte invernale ho seguito gli effetti speciali, Stadium Shot e Sparkular, sul MA, mentre i laser venivano gestiti da Beyond, ma sempre controllati dal timecode con lo stesso sistema che usiamo adesso”.

 
Massimo Lonero.

Massimo “Maki” Lonero – Operatore video

“I contributi video – ci spiega Maki – sono stati creati da Roberto Tafuro, grafico legato a Michele da anni, a seguito di indicazioni dell’artista e con la mia collaborazione. Tutto è stato creato appositamente, tutto al pixel, senza nessuno zoom, molta motion grafica, come da sempre nei concerti di Caparezza.
“Come media server usiamo Resolume Arena e, grazie ai suoi meccanismi di routing e morphing sulle uscite, riusciamo ad adattarci ad ogni tipo di schermo, anche se non scendiamo mai sotto il 30% della risoluzione originale, che di base, nel back, è di 2436 pixel. Tutto gira su MacPro, con l’aiuto di un i-Pad per i controlli.
“Lo schermo LED è un passo 5 mm di Infiled, con mattonelle molto comode, sviluppa tutto in altezza, funziona molto bene e non abbiamo avuto alcun tipo di problema.
“Molti lanci e chase preferisco mandarli io a mano – dice Maki – anche perché è difficile programmare in tempo i contenuti che arrivano spesso all’ultimo minuto, e poi è bello interagire col pubblico. Il timecode gestisce tutte le varie clip sincronizzate, ed ho trovato molto comodo il fatto che sia possibile in Arena rinominare i file del file system mentre il sistema gira, in modo che quando parte il timecode lui richiama quelli giusti: è un’opzione davvero funzionale per gestire tutti i vari cambiamenti con agilità.”

Lo show

Il genere può piacere o no ma, indubbiamente, Caparezza è un maestro dell’intrattenimento, oltre ad essere un perspicace critico della società e della vita moderna. Le sue osservazioni vengono pronunciate ed interpretate con una presenza ed un’essenza spiritosa che ne enfatizza il significato – che siano quelle, a volte, molto amare o quelle meno serie. Le tantissime trovate scenografiche sono sempre efficaci in termini di spettacolarità, anche se sono sempre utilizzate con una piccola strizzata d’occhio: se un artista ne facesse uso prendendosi troppo sul serio, l’effetto sarebbe ridicolo anziché divertente. 
Lo show di luci e video è coordinato così bene con l’azione sul palco che si va via con l’impressione di aver visto uno show che riempie almeno il triplo dei tre camion di questa produzione. Per quanto riguarda lo show visivo, l’unico rimpianto che portiamo via con noi è quello di aver perso la versione indoor con ulteriori effetti e scenografie. 
Infine, l’audio. Premettiamo che Porcelli utilizza un mix con una nitidezza impressionante e molta enfasi nelle frequenze medio-basse, con le infrabasse molto controllate, quasi trattenute – raro se non unico nel genere hip-hop, e abbastanza atipico anche nel rock moderno. Si sente ogni elemento benissimo e assolutamente senza il “boom-boom” spesso associato ai rapper. Questo mix non è solo molto ascoltabile senza alcun accenno al fastidio, è anche un ottimo modo di sentire la qualità – anziché solo la potenza – del suono di un impianto mai sentito prima. E dobbiamo dire che abbiamo apprezzato molto il nuovo VIO L212 in questa situazione: ci ha davvero positivamente meravigliato! È difficile credere che sia il primo prodotto di grande formato costruito dalla casa emiliana. 

Marco Monforte – il punto di vista del collega

“Per diverse edizioni ho fatto da assistente alla regia B FoH del ‘Concertone’ del Primo Maggio di Roma. Porto con me ricordi bellissimi di quelle edizioni: il potentissimo mix degli Oasis sulla ‘mia’ XL4 con tutti gli eq messi in bypass dal loro ‘engineer’ anglosassone ad una manciata di minuti dall’inizio, l’amplificazione del pianoforte gran coda Steinway di Nick Cave gestita dal loro fonico come se fosse una banalissima tastiera ma ottenendo una resa da Star Wars, un cambio palco da brivido di Ligabue fatto in scioltezza all’ultimissimo secondo che mi fece invecchiare di un paio di anni in un colpo solo, l’arrivo di Skin che rese tutto figo al primo colpo di rullante, una piazza infuocata per degli strepitosi Subsonica e un mio timidissimo: ‘Kick please’ a Stewart Copeland che non ha riscosso da lui alcuna reazione. Ricordo il super capitano Tony Soddu che mi chiede/dice/ordina/comanda/implora di NON parlare mai al talkback e di usarlo solo se non mi dovesse arrivare la voce del cantante.
“In una edizione si presentò Caparezza, accompagnato del suo fidato collaboratore Antonio Porcelli. Notai subito che Antonio era abituato a quelle tempistiche strettissime di soundcheck e mi sorprese il fatto che non ne fosse assolutamente preoccupato. Mi domandai se era pazzo, sicuro di sé o un emerito incosciente.
“Il soundcheck fu molto veloce e direi quasi fugace, tanto da non capire se Antonio fosse realmente un pazzo a dirmi “tutto ok grazie! ci vediamo dopo” o un vero fuori classe. Quando partì il concerto (sette ore dopo) rimasi di stucco, a bocca aperta: sembrava fossero arrivati otto bilici di sub in più, il mix era strepitoso, dinamico, il PA esplose e la piazza reagì come non mai.
“Mi piacque la sensibilità di Antonio nel mixare (come piace fottutamente a me!) e nell’essere veramente uno della band, portando un valore aggiunto indiscusso al sound.
“Oggi, dopo quasi 10 anni, mi sono ritrovato a Bologna a sentire Caparezza, ospite in regia curioso come un bambino. Non è cambiato niente da Roma, anzi, è migliorato!
“Una bomba! Potentissimo, definito e calibrato perfettamente sull’artista.
“Complimenti, perché di cose così in Italia non se ne sentono tutti i giorni!”

 

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Personale e aziende

Band  
Voce Michele Salvemini
Batteria Rino Corrieri
Basso, Violoncello, Cori Giovanni Astorino
Tastiera, Sintetizzatore, Cori Gaetano Camporeale
Chitarra, Sintetizzatore, Cori Alfredo Ferrero
Voce, Cori Diego Perrone
Band Assistant Luigi Astorino
Coriste Carmen Montagna
  Nina Lovecchio
Ballerini/e  
Coreografo Francesco Pirone
  Francesco Lucarelli
  Vera Sticchi
  Alessandro Guglielm
  Claudia Gesmundo
   
Produzione Vertigo
Vertigo CEO / Tour producer Andrea Pieroni
Tour manager Francesca Fadalti
Floor managers Gianluca Carrozzo
  Daniele Abbinante
Progetto elettrico Ing. Paolo Perrotta
Carichi sospesi Ing. Giuseppe Ravasi
Direttore tecnico Gianpaolo Tarantini per GM Music
Ufficio stampa Rosario Leo
CSP/CSE Sicurezza e Ambiente Engeneering srl
  Ing Paolo Cappellini
  Ing. Marco Pochintesta
Costumi e hospitality OrnyRock
Costumista Francesca Rem Picci
Hospitality Alessia Pagani
Security on tour Option One
Security Paolo De Miccoli
  Iuri Picchioni
Contributi video Roberto Tafuro
Service audio/luci/video GM Music Service
GM Music snc Massimiliano Innocente
Fonico FoH Antonio Porcelli
Fonico di palco Cesare Frassanito
Lighting designer/datore luci Massimiliano Agostini
Ass, regia luci Marco Malatesta
Tecnici luci Fabio Festa
  Marco Leonardi
  Kulja Klaidi
  Agostino De Pascalis
Responsabile PA Alberto Alicandro
Tecnici PA Gaetano Corriere
  Daniel Nginamau
Backliner Nicola Quarto
  Nicola Luciani
Direttore di scena Paolo Fossataro
Macchinisti Riccardo Sciarra
  Ivo Montinaro
Tecnico video Daniele Motolese
Operatore e tecnico video Massimo "Maki" Lonero
Consulenti PA Andrea Brasolin
  Marco Cantalù
  Andrea Tabone
Trasporti Universal Service srl - Foggia
Autisti Michele Cordisco
  Giovanni Cordisco
  Mazzei Antonio
  Azzarone Antonio

 

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