Anacleto Papa

I miei primi 30 anni di attività.

di Alfio Morelli papa


Come nella maggior parte dei casi trattati in questa rubrica, tutto parte in età adolescenziale dalla passione per la musica e la tecnologia. Nel caso di Anacleto, tutto inizia nel 1975 con un gruppo: i Beans.
Era un gruppo del mio pese e miei amici mi chiesero di occuparmi del “mixer a distanza”, così lo chiamavamo allora: era un 8 canali che pilotava un impianto Cabotron. Da lì a qualche anno facemmo da gruppo spalla ai molto più famosi Osanna: loro arrivarono con i tecnici e con delle apparecchiature “da paura”, almeno per l'epoca, ed in quest'occasione capii che quella era la mia vocazione. Per diversi anni, per sopravvivere, oltre ad occuparmi di “mixer a distanza” feci diversi altri lavori, tra cui lo speaker alla radio. Poi nell'81, colpo di fortuna, mi capitò di partire con Pupo in un tour europeo come tecnico. Poi, tour dopo tour, nell'88 venni chiamato per lavorare alle date italiane dei Pink Floyd per la prima volta mi fu assegnata una mansione specifica, perché allora tutti si occupavano di tutto.


Sempre in quegli anni ebbi la fortuna di lavorare con Gino Campoli (Il Rovescio della medaglia ndr.), Bruno Migliozzi, Spartero e Massimo Ferranti: era il periodo de “La Scossa”, nave scuola per tanti di noi. Lavorare con questi personaggi ampliò tantissimo il mio bagaglio professionale: era un mondo diverso, lavorare a fianco a loro era un piacere, perché avevano da trasmetterti tanta esperienza.
Ai tempi non c'erano i cellulari ed anche i fax erano piuttosto rari; alle 19 dei giorni feriali gli uffici chiudevano e tu che eri in giro per lo Stivale fino alla mattina alle 9 eri da solo, qualsiasi cosa succedesse te la dovevi cavare in qualche modo. Prima di partire dovevi pianificare tutto, anche l'impossibile, e se succedeva l'imprevisto lo dovevi risolvere: una vera scuola di vita e di lavoro.


A cavallo degli anni '90 ebbi una parentesi lavorativa come attore: qualche sceneggiato, qualche commedia, ma sempre con ruoli secondari: ero proprio entrato nella parte di colui che riusciva ad immergersi in qualsiasi parte, feci anche dei corsi di recitazione. Spesso capitava con gli amici di improvvisare delle scenette in giro per Roma, ne ricordo una in particolar modo: un giorno, d'accordo con un amico, entrammo in un bar. Io facevo la parte del cieco. Dopo un'oretta di permanenza al bar, uscimmo e ci incamminammo per svoltare al primo angolo ed uscire dai personaggi. Prima di svoltare l'angolo incontrammo dei passanti ed il mio amico preoccupato mi disse: “Attento, c'è gente”. “Guarda che io ci vedo benissimo!”, gli risposi.

Lì mi convinsi che avevo recitato proprio bene, fino a convincere il mio amico che sapeva tutto. Questa sensibilità è preziosa anche nel mio lavoro di oggi, per capire meglio tensioni o nervosismi momentanei dell'artista o dei colleghi. Infatti il direttore di produzione è l'anello di congiunzione di tutte le altre figure in tour: l'artista, l'agenzia, il promoter, il service ed i tecnici, deve creare l'amalgama tra tutti.

papaTra i tanti lavoretti dell'epoca, festival, convention, spettacoli, mi capitò di prendere l'impegno di direttore di produzione per il tour “Almeno Tu nell'Universo” di Mia Martini, e da quel momento quello di direttore di produzione divenne il mio lavoro fisso. Se mi guardo un po' indietro, in questi trent'anni di carriera ho veramente lavorato con i più bei nomi del mondo del rock, oltre agli impegni nel mondo delle convention e dello sport. Ad esempio nel 2003, assieme ad Alberto Artese, abbiamo curato la produzione del Gran Premio di F1 di Imola.


Qual è la differenza fra la produzione di un concerto rock ed una gara di Formula 1?
Quasi nessuna, in entrambi i casi c'è un'organizzazione che ha venduto un evento ad un'altra organizzazione, ed in entrambi i casi il direttore di produzione deve darsi da fare affinché tutto funzioni per il meglio. L'unica differenza è la location: lo stadio di San Siro è un francobollo rispetto al circuito di Imola.


Dai tuoi primi lavori ad oggi cos'è cambiato nell'organizzazione del lavoro?
La posta elettronica! Sembra una battuta ma è la verità. Una volta eri collegato con il telefono fino alle 19, poi, come accennavo prima, il telefono era muto, e nei giorni di off potevi riposarti ed andare al mare. Oggi sei tartassato 24 su 24 da e-mail a cui devi rispondere, perché ricevere una e-mail mette in moto una serie di impegni, è come se qualcun altro scaricasse su di te delle responsabilità, quindi o devi fare qualcosa o devi rispondergli. Ricordo ancora, durante un grosso lavoro, un viaggio Milano Roma in macchina durato 12 ore: durante il tragitto infatti dovevo fermarmi ogni dieci minuti per rispondere alle e-mail.


Puoi fare un bilancio dei tuoi primi 30 anni di attività?
Certo, ed è sicuramente positivo: ho lavorato con chi volevo e sono riuscito ad evitare quello che non volevo.


Per i prossimi 30 anni?
Mi piacerebbe lavorare nel cinema, non davanti la macchina da presa, ma dietro. Il cinema sarebbe la ciliegina sulla bella torta della mia vita.