Io Canto Generation - La seconda edizione del programma Mediaset

Nello storico studio 20 del Centro di produzione Mediaset, scopriamo il talent show di Canale 5 pensato per i giovani talenti tra i dieci e i quindici anni.

Io Canto Generation - La seconda edizione del programma Mediaset

di Alfio Morelli

Per gli aficionados di Canale 5, non c’è bisogno di presentazioni: Io canto è un talent show televisivo che in passato ha offerto a molti artisti la possibilità di esibirsi su un importante palco televisivo. La trasmissione di Gerry Scotti si è poi presa una lunga pausa, per tornare nel 2023 con un suo spin-off, una sorta di seconda generazione, dove sono i giovani al centro dello spettacolo: il programma vede ragazzi di diverse età e provenienze sfidarsi a colpi di voce, interpretando brani di vario genere. Grazie alla guida di coach esperti e alla presenza di una giuria qualificata, i concorrenti hanno la possibilità di crescere professionalmente e di realizzare il loro sogno nel mondo della musica.

Torniamo a una trasmissione televisiva, dopo aver visto il dietro le quinte di tanti programmi iconici e talent show di successo. Mentre entriamo in uno degli studi più importanti di Cologno Monzese, siamo incuriositi non solo dall’ottima resa del sonoro, in studio come a casa, ma anche dalla bella fotografia che circonda le esibizioni dei ragazzi. In loco poi scopriamo la precisione che domina il lavoro di tutti i professionisti; in particolare sono due le soluzioni intelligenti che vediamo applicate per la prima volta: un sistema di comunicazione tra i reparti basato sul processore Yamaha MRX7-D e programmato per chiamate veloci e precise; e un sistema per l’aggiornamento degli spartiti che, anche se non ancora terminato, sembra segnare il prossimo standard per le orchestre televisive.

Iniziamo dunque dalla regia, per intervistare i lavoratori di questa produzione Mediaset e avere un piccolo assaggio del loro lavoro quotidiano.

Roberto Cenci - Regia e direzione artistica

Roberto, qual è il tuo percorso professionale?

Io nasco in una famiglia di musicisti: in particolare mio padre, Ettore Cenci, era la chitarra di Ornella Vanoni nel disco L’appuntamento, ed era naturale che anch’io scegliessi quella strada. A 17 anni, oltre ad andare a scuola e studiare percussioni, fui chiamato per fare il musicista aggiunto nell’orchestra della RAI. Più avanti sono diventato consulente musicale, e così sono iniziate le collaborazioni con i diversi registi: forse era nel mio DNA, la voglia di fare l’autore e il regista! A forza di aiutare i professionisti, si sono fidati e mi hanno affidato le prime regie televisive, e così iniziò la mia carriera da regista. In Rai portai Ti Lascio Una Canzone [la trasmissione che scoprì Il Volo, ndr] e poi, da cosa nasce cosa, mi richiamarono in Mediaset. Dalle ceneri di Ti Lascio Una Canzone è nata Io Canto.

Un regista non dovrebbe stare in regia e gestire il tutto da lì? 

Forse hai ragione, ma non dimenticare che oltre al regista sono anche uno degli autori: sento la trasmissione come una mia creatura, da plasmare in continuazione; le mie origini da musicista e il mio ruolo di autore e regista mi impongono di stare vicino ai ragazzi, che hanno bisogno di essere rassicurati durante la loro prima volta davanti a un pubblico televisivo e in uno studio importante. Io devo farli sentire a loro agio, dare consigli per fare bella figura, sia nel canto sia nei movimenti.

Regia programma musicale. Da sx: Rosario Giorgio Errico, Cristian Milani, Leonardo Ardillica.

Come viene costruita la trasmissione?

Prima la trasmissione viene preparata dalla redazione, poi si butta giù la struttura della puntata, il venerdì pomeriggio si cominciano a fare le prove musicali, il sabato pomeriggio arrivano i ragazzi – perché al mattino devono andare a scuola – si fanno le prove fino a sera, poi la domenica si registra in diretta tutta la trasmissione. Durante il lunedì e parte del martedì si fa la post-produzione per correggere gli errori fatti, e il mercoledì si va in onda.

Girando per lo studio ho notato grafiche che davano l’effetto tridimensionale, quasi di realtà aumentata.

Noi non usiamo nessun effetto in particolare, molto probabilmente dipende dalla bravura dei grafici e dall’ottima risoluzione dello schermo.

In Mediaset si comincia a parlare di trasmissioni in 4K?

Che io sappia, al momento no. Ogni tanto qualcuno fa delle prove, ma niente di più. La mia opinione sul 4K al momento è abbastanza negativa: ho assistito alle riprese di Champions League a maggio del 2016, riprese e trasmesse in alcuni paesi in 4K, e sinceramente mi sembrava di assistere alle riprese di un videogioco: i colori non erano reali, ma molto falsati. Penso che si debbano fare ancora dei passi avanti per migliorare l’HD, e quindi per il 4K servirà ancora un po’ di tempo.

Daniele Mascheroni - Responsabile service Backstage

Qual è il compito di Backstage in questa trasmissione? 

Ormai il nostro rapporto con Mediaset e con questa trasmissione dura da molti anni. Nello specifico noi ci occupiamo dell’audio in studio, sia nella parte di ripresa sia nella parte di diffusione e di mixaggio. Ci siamo organizzati con cinque regie: due per le riprese, due per la diffusione e una per il mix finale.

Come mai avete optato per due mixer in ogni postazione? 

Semplicemente perché le ore di prove sono tante, e per non rischiare che il fonico perda la sua concentrazione abbiamo diviso le riprese e la diffusione su due fonici separati, dove uno si occupa esclusivamente del parlato e l’altro del musicale. Quindi quando uno è impegnato nel lavoro, il secondo si può rilassare, e viceversa; in questo modo possiamo assicurare una concentrazione più prolungata dei ragazzi. Tutte le postazione sono collegate tra di loro con un anello in Dante, più le ridondanze; in giro per lo studio girano più di 400 canali, bisogna stare sempre sul pezzo.

Quante persone avete impegnato su Io canto, e con quale materiale?

In totale da Backstage forniamo 11 tecnici audio, ai quali si aggiungono due tecnici di Mediaset. Il materiale usato per le riprese prevede radiomicrofoni Sennheiser, mixer Yamaha Rivage PM e per la diffusione in studio una combinazione tra Electro-Voice e QSC, naturalmente con i suoi sub allineati. Ogni tanto dal pubblico riceviamo dei complimenti, perché le persone dicono che sembra di stare in un concerto – ma si capisce che non sono mai stati a un concerto ultimamente!

Regia di Palco. Da sx: Viviana Marin, Matteo Mascheroni, Francesco Mascheroni, Marco Salviati, Daniele Mascheroni, Catia Marcolli.

Per il monitoring cosa hai previsto?

Ancora usiamo i Roland M-48, in magazzino ne abbiamo una quantità industriale e ancora non abbiamo trovato niente che li possa sostituire; se e quando troveremo qualcosa di più performante li cambieremo.

Prima accennavi qualcosa riguardo a un sistema di comunicazione. Ce lo puoi raccontare?

In uno studio televisivo la comunicazione tra i reparti è una tra le voci più importanti: se non si riesce a comunicare con facilità, gli animi si riscaldano e si perde un sacco di tempo a ripetere le cose. Da parte nostra abbiamo preso un processore Yamaha MRX7-D, che è un processore aperto, poi abbiamo scritto un programma per la comunicazione in studio tra tutte le parti e lo abbiamo reso molto semplice e utilizzabile da chiunque, usando addirittura l’immagine della persona che ti chiama o che vuoi chiamare. Questa soluzione, oltre a essere apprezzata da tutti, ha reso il lavoro molto più snello.

Come si svolge la vostra settimana lavorativa?

Iniziamo al giovedì con le prime prove musicali, fino alla domenica pomeriggio per la registrazione in diretta. Per noi il weekend inizia lunedì, se non ci sono imprevisti.

Patrizio Carrà - Gestione spartiti

Patrizio, ci spieghi la tua soluzione per la gestione degli spartiti dell’orchestra?

Partiamo con il dire che attualmente stiamo lavorando con un sistema ridotto, rispetto a quello che abbiamo nel cassetto e pronto all’uso. Il nostro progetto principale – e dico nostro perché l’ho sviluppato insieme a Lapo Consortini, chitarrista famoso e molto abituato a lavorare con le orchestre – è stato pensato per ensamble numerosi come quello di Sanremo, che contano circa 40 elementi. Pensa quanti spartiti devono essere stampati per ogni canzone! Considera che lo spartito della chitarra non è uguale a quello del basso, o degli ottoni, o dei legni; e quanta carta viene utilizzata, quando a qualcuno viene in mente di cambiare una nota o una tonalità: bisogna ristampare ogni volta molte parti. Il nostro lavoro si è concentrato proprio sul principio di sostituire il leggio con un monitor touch da 24”, poi collegare tutti i monitor dell’orchestra a un server centrale, dove un responsabile può fare tutte le modifiche del caso e in tempo reale riposizionare lo spartito corretto per ogni musicista. Dato che ogni singolo musicista è dotato di un monitor touch, ognuno può prendere gli appunti personali direttamente sul monitor e sul suo spartito, appunti che rimangono poi in memoria. Quindi si tratta di mantenere tutte le funzionalità e la praticità della carta, ma con un risparmio di tempo e di materiale notevole su ogni piccola variazione, con un sistema che può fare tutto in tempo reale. 

Claudio Giovanetti e Stefano Severini, diffusione in studio del musicale e del parlato.

Questo approccio purtroppo è ancora nel cassetto, perché risulta un po’ costoso, anche solo pensando al costo di 40 monitor touch da 24”, più il programma e il server, quindi al momento è ancora in divenire. Qui a Io Canto Generation abbiamo adottato la versione light del sistema: il concetto sostanzialmente è lo stesso, ma al posto dei monitor da 24” abbiamo utilizzato degli iPad, e al posto del server attivo abbiamo un server che distribuisce dei PDF pre-compilati; quando ci sono delle variazioni da fare, si modifica il PDF dello spartito originale e si ridistribuisce nuovamente. Per ora è una soluzione a metà, in cui si risparmia comunque molta carta e una buona quantità di tempo.

Questo sistema è stato progettato dalla base o hai utilizzato del materiale già esistente, con qualcosa già in commercio?

Attualmente ci sono già dei programmi simili, ma sono pensati per il musicista singolo. Sul mercato, che io sappia, non c’è niente di simile. Abbiamo preso spunto dal materiale già in circolazione, visto che Lapo lo utilizza già da tempo, ma il nostro sistema è stato riscritto tutto ex novo. Il nome, lo dobbiamo ancora pensare! E non abbiamo ancora le idee chiare su come proporlo sul mercato, ma sicuramente il tempo ci porterà consiglio.

Francesco De Cave - Lighting Designer e Direttore della fotografia

Francesco, ti occupi di tante cose diverse in questa trasmissione.

Il mio ruolo è duplice, Lighting Designer e Direttore della Fotografia, oltre a collaborare con i ragazzi sulle grafiche che vengono proposte sugli schermi per le canzoni dei ragazzi.

Vedo che in regia non sei da solo.

I miei collaboratori sono Pietro Bardelli, che si occupa dei bianchi in studio, e Chiara Casali, che cura gli special sul pubblico. Durante la trasmissione, e naturalmente viene concordato prima, si vanno a ricercare i genitori, i parenti o gli accompagnatori dei ragazzi in gara, e poi durante le riprese si fanno le loro inquadrature dal vivo. Chiara deve stare sempre attenta a creare la situazione giusta con le luci.

Regia Luci. Francesco De Cave preso di spalle, assieme ai suoi assistenti Pietro Bardelli e Chiara Casali.

Vedo che, in studio, i fari non ti mancano.

È vero, c’è tanto materiale: sono circa 800 pezzi, dai marchi più prestigiosi fino ai pezzi più particolari. Questa è una trasmissione di punta di Mediaset, e siamo anche nel teatro più importante della rete. Ogni puntata prevede circa quaranta brani e dobbiamo differenziarli uno dall’altro, quindi di roba e di fantasia ce ne vuole tanta. Abbiamo un sistema di Auto Tracking, al quale possiamo collegare fino 6 segui persona, e delle batterie di 90 Claypaky Sharpy: ci divertiamo ogni tanto a creare degli effetti divertenti e particolari.

Naturalmente in regia lavori con la tua ETC Hog 4?

Sì, anche se non sono alla moda, continuo con questa macchina: ormai la conosco bene e riesco a sfruttarla praticamente al 100%; non mi serve altro, fa tutto quello che deve fare. Ormai non la guardo neanche più, ho gli occhi sul monitor per rendermi conto della fotografia, e le mie mani vanno in automatico o sul cursore o sul pulsante che serve in quel momento; è un po’ come il lavoro di uno scrittore, la tastiera ormai non la guarda più, sa perfettamente dove sono le lettere che gli servono. 

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