Enrico Brignano - Tutto suo Padre

Tutto Suo PadreUno spettacolo pensato per portare il teatro nei palasport. Un tour di grande successo ed una produzione di alto livello.

di Giancarlo Messina

Uno spettacolo pensato per portare il teatro nei palasport. Un tour di grande successo ed una produzione di alto livello.

Brignano sta forse vivendo in questo momento il suo periodo di maggior successo, con una grande popolarità televisiva conquistata grazie ad una comicità diretta e caustica, capace di spaziare dal personale al pubblico con la stessa apparente leggerezza.
Da gennaio del 2012 propone il nuovo spettacolo Tutto suo padre, dedicato al padre recentemente scomparso, in cui la sua storia e quella della sua famiglia fanno da trait d’union lungo le oltre tre ore dello show.
Forse non tutti hanno presente il mercato di una produzione del genere: parliamo dei più grandi palasport italiani, tutti strapieni e con date più volte replicate; basti pensare alle quattordici (e dico quattordici!) date al Palalottomatica! Insomma da far impallidire i nomi più grossi del nostro panorama musicale.
E dobbiamo dire che ci siamo trovati di fronte una produzione davvero notevole, ma dal tipico gusto “teatrale”, quel mondo insomma in cui il fonico di sala si chiama “Capo fonico”.

Ed a confermare subito questa origine è il direttore tecnico per la Eleven, azienda produttrice del tour, cioè Marco Pupin, uomo di teatro a tutti gli effetti.
“Mi occupo di tutto l’aspetto organizzativo – ci spiega – collaborando fin dall’inizio alla lettura del copione ed alla realizzazione della scenografia. Ho alle spalle 24 anni al Sistina con Garinei e Giovannini e da ormai tre anni collaboro con Enrico Brignano; ho anche realizzato, sebbene io non sia prettamente uno scenografo, le scenografie dei suoi due precedenti spettacoli, perché Enrico si è fidato di me e mi ha dato questa responsabilità. Invece per questo show, che è una vera tournée nei palasport italiani, le scene sono state affidate alla scenografa Emanuela Trixie Zitkowsky. Io mi sono dedicato ai movimenti scenografici, con dei piccoli trucchetti teatrali grazie ai quali gli elementi scenografici entrano ed escono dal palco apparentemente controllati elettronicamente, invece c’è un collega dietro che muove tutto in maniera molto “analogica”.
“Io mi definisco sicuramente un uomo di teatro – continua Marco – ambiente che amo e nel quale, a dire il vero, vorrei tornare al più presto; questa però è un’esperienza importante, con un modo differente di lavorare, ed è bello perché ci si scontra-incontra con realtà diverse. Io in pratica sono il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via, seguo la gestione di tutto, dai facchini ai camion, delego pochissimo. Qui c’è una grande macchina, anche se questo spettacolo non lo metterei fra i più difficili che ho fatto, a livello di produzione, ma è tutto molto grande e faticoso. Certamente con una produzione così grande i costi sono diversi, ma anche i posti degli spettatori si triplicano: lo spazio è grande e lo devi riempire, serve più produzione, ma anche più mezzi, più tecnici, più facchini. Alla fine l’unica certezza è che le spese alte sono sicure, l’incasso no!”.


Che differenze noti maggiormente in questo incontro-scontro con le produzioni più avvezze ai palasport, che poi sono quelle del musicale?
Ormai da mesi cerchiamo di esportare il nostro stile e la nostra cultura, fatta di persone con un nome e un cognome, per cui siamo una squadra che deve essere unita perché lo spettacolo sia perfetto. L’errore di un collega è anche un errore mio. Invece in questo settore mi pare ci sia un altro modo di lavorare, meno sinergico. Inoltre dall’esperienza teatrale scaturisce una grande capacità di adattare la scena che altri non hanno.


Ieri eravate ad Ancona, oggi a Rimini. Come avete organizzato la produzione per questo back-to-back?
Abbiamo preparato due strutture, due copie del ring sospeso sotto il quale i nostri colleghi applicano i punti motore per sorreggere un altro ring su cui noi montiamo tutto lo spettacolo: luci, americane, schermi LED, tessuti, rivestimento del palcoscenico. Inoltre abbiamo 400 m2 di pedana, ed una scala che sporge di 6,8 metri. Oggi, ad esempio, è andato tutto storto: non abbiamo trovato quello che da progetto avremmo dovuto trovare, così abbiamo perso tre ore a sistemare e modificare quello che avremmo dovuto trovare già fatto, e venendo già stanchi dal giorno prima non è stato piacevole.

Quali sono quindi i principali elementi scenografici?
Oltre alla scala, abbiamo uno schermo LED centinato che forma un arco largo 16,50 metri e alto 4 metri, occupa tutto il boccascena ed è sollevato e abbassato da 5 motori a velocità variabile, senza obbligo della fune di sicurezza. Poi abbiamo degli schermi laterali che riprendono il live. Sul palco abbiamo un sipario d’entrata rosso, tipicamente teatrale, poi un sipario bianco, che si chiude più indietro, e poi il LED-Wall. I soffitti e le quinte sono invece solo delle decorazioni, qui leggermente ridotti per i problemi di cui ti ho detto.

Quali sono le principali aziende coinvolte nella produzione?
Backstage è il service audio, D&D ha fornito i LED, Broker Show le luci mentre i trasporti sono della ditta Alma Trasporti. Full Screen è il service video che cura la ripresa e la messa in onda  sugli schermi laterali, mentre Lemonandpepper è il gruppo di lavoro che mi precede per il montaggio del ring e del palcoscenico. In tour, se contiamo anche le chiamate dei facchini, siamo quasi 80 persone, di cui 44 della carovana vera e propria in tournée.

Un tour che sta avendo comunque un grande successo, ci pare!
Sì, stiamo aggiungendo molte date nelle stesse città, anche a Roma le prime 10 date previste al Palalottomatica erano tutte sold-out e ne abbiamo aggiunte altre quattro. Poi ci sarà un’estiva che si cercherà di incastrare con un film che Enrico deve girare. Brignano ama questo lavoro, non sta mai fermo ed è pieno di progetti: basti pensare che in due anni abbiamo messo in piedi ben cinque spettacoli diversi!

Sono giornate calde sul tema della sicurezza, che idea ti sei fatto dal tuo osservatorio a metà fra il teatro e il palasport? Enrico Brignano
Credo che progettando una produzione occorra tener conto delle strutture in cui si deve poi allestire. E ti dirò che nei teatri la situazione a volte è anche peggio: ci sono pochi controlli e spesso delle graticce che stanno insieme per miracolo.
Dovrebbero esserci regole precise, ad esempio un back-to-back andrebbe fatto obbligatoriamente con squadre diverse, e le location dovrebbero essere obbligatoriamente rapportate alla produzione. Poi c’è il discorso materiali: vengono sempre montati, smontati, scaricati, prendono colpi, c’è sempre un fattore imprevedibile che è difficile calcolare. Ad esempio qui, in questo momento, non sappiamo cosa c’è sotto: se il pavimento non regge lo scopriamo solo quando sfondiamo. L’ingegnere certifica la struttura, non la location, e spesso l’architetto che ha progettato la struttura l’ha fatta pensando allo sport e non ai grandi carichi dei concerti. C’è da lavorare in molte direzioni.

Federico Farina
Fonico di sala e responsabile audio dello show.
“Collaboro con la società Backstage – ci spiega Federico – che fornisce il materiale audio. Abbiamo un PA L+R con dei side e all’occorrenza dei delay, con l’obiettivo di rendere al massimo l’intelligibilità della voce in tutte le zone della venue, perché è ovviamente uno spettacolo che si basa sul parlato e sul recitato, oltre ai momenti musicali, ed è fondamentale non perdere una parola di quello che si dice; ma anche il cantato racconta storie che devono essere ben capite.
“Ho scelto un impianto di piccole dimensioni, ma molto efficace, ed infatti in oltre 30 date, comprese Milano, Firenze Torino, abbiamo sempre avuto ottimi risultati. Parliamo dell’Electro‑Voice XLD. Le dimensioni sono contenute perché dobbiamo essere soprattutto intelligibili e non serve avere una grande pressione, quindi questa è la dimensione giusta, anche visivamente parlando. Il concetto della produzione è portare il teatro nei palazzetti, quindi una delle richieste della produzione è stata quella di far vedere il meno possibile le attrezzature tecniche. I main cluster di 16+16 sistemi sono nascosti dietro un tulle, come i sub, proprio per rendere l’effetto del teatro e non del concerto rock, e non è un caso che anche la scenografia cerchi di far vedere meno ferro possibile.


“Sul palco abbiamo una corposa band di 18 elementi – ci spiega Federico – comprese le cinque ragazze del coro che cantano anche da soliste e recitano alcuni sketch. Usiamo su attori e cantanti, compreso Brignano, il nuovo archetto della DPA d:Fine, discreto come immagine e molto efficace, mentre la trasmissione radio è fatta con sistemi Sennheiser 5000.
“Il monitoraggio avviene tramite dei side, dei wedge e degli IEM, ed Enrico e le ragazze hanno ciascuno i propri calchi. Anche la band è in cuffia con sistemi M‑48 di Roland che funzionano davvero molto bene, essendo collegati ai Midas Pro6 in sala e Pro9 sul palco tramite MADI. Sono sistemi che offrono una grande comodità, anche perché danno il vantaggio di poter entrare nel sistema con molti canali: i mixerini possono usare 16 gruppi stereo simultaneamente, ma nel sistema si può entrare con 40 linee differenti, per cui è possibile variare maggiormente l’ascolto delle sezioni di fiati, piuttosto che quello della ritmica. Noi usiamo 64 canali, quindi siamo full. Il sistema Midas, comprensivo di appositi splitter, offre ogni canale col proprio gain, tutto collegato in fibra con protocollo dedicato. Inoltre utilizziamo il multitraccia KT 9696 per il virtual soundcheck, decisamente utile e di facile interfacciamento con le console.


“La maggiore difficoltà è certamente nell’acustica delle venue – conclude Federico – occorre molta attenzione per essere ovunque intelligibili. Per l’audio lavoriamo in quattro, ed altre quattro persone per il montaggio. Riusciamo a fare anche dei back-to-back: ieri eravamo ad Ancona ed oggi a Rimini; siamo andati a letto alle due ed oggi ci siamo svegliati alle 8:30, insomma non è una cosa drammatica, almeno per noi della fonia, ma direi che in generale la tournée è stata fatta con tempi piuttosto comodi. Anche ieri la produzione è stata molto ben organizzata: ad esempio ci hanno messo a disposizione degli autisti con i pulmini per il trasferimento, anche se Ancona e Rimini sono vicine; inoltre è stata utilizzata una doppia struttura”.

Per luci e video parliamo con Christian Andreazzoli, datore luci, e Gianni Palmiotto, responsabile video.
“Le luci motorizzate sono prevalentemente Robe ed SGM – ci spiega Christian – con console grandMa Light, tutto fornito da Broker Show del mitico “Maradona”. Si tratta di uno spettacolo di varietà, quindi molto curato nella scenografia, con gli effetti luci che trovano più spazio sui pezzi musicali. L’impostazione è molto televisiva, con i Jarag ed il LED-wall dietro l’artista. Sotto la pedana abbiamo posto dei ModuLED Ayrton, poi abbiamo wash Robe, spot e wash SGM, oltre ai Jarag ed ai Blinder”.

“Il video live è di Full Screen, con una regia tricamere Panasonic, tutta in full-HD – ci dice Gianni – che utilizza due grandi schermi 16:9 con sei metri di base su cui proiettiamo in full-HD con dei Christie 18k. Inoltre curiamo il video dell’enorme LED-Wall sul palco, un sette metri per quattro fornito da D&D, movimentato tramite motori Cyberhoist che lo alzano e lo abbassano a velocità variabile; gestiamo poi tutti i servizi, come i monitor per i suggeritori, per l’audio e le luci, e registriamo tutto lo show.
“La ripresa video sugli schermi laterali è per il pubblico, spesso molto distante, giocata su dei piani di ripresa piuttosto stretti ma che lasciano vedere le mani dell’artista, importanti per la sua recitazione; mentre il video sul LED-Wall è funzionale alla scenografia ed allo spettacolo. Gestiamo i due video con due regie separate che poi si integrano nel mixer, con un operatore dedicato alla messa in onda del LED-Wall ed un regista che cura il live con i tre cameraman”.

Ed infine lo show
Devo dire che questa volta mi sono voluto comportare da vero spettatore, col mio bel biglietto numerato nelle primissime sedute, molto vicino al palco, forse anche troppo, nel senso che certamente non era una delle posizioni più felici per la copertura audio. Nonostante questo la voce era sempre molto intelligibile sui parlati, mentre le parti cantate erano meno chiare: non ne facciamo una colpa al fonico, è una situazione che ci è capitata decine di volte. Rimane il grande mistero del perché nove volte su dieci siano ritenuti migliori e riservati ad amici e stampa i posti più vicini al palco, spesso gli unici in cui inevitabilmente l’ascolto è il peggiore di tutta la venue.
Bastava infatti fare un giro esplorativo – noi abbiamo mandato un inviato “speciale”, perché ad alzarsi durante lo show si rischiava di essere rimproverati pubblicamente dallo stesso Brignano, come è avvenuto ai miei vicini di fila! – per notare come invece il palasport di Rimini fosse coperto con molta accuratezza e precisione dall’impianto audio. Fra l’altro con un mixaggio piuttosto complesso, vista la presenza dell’orchestra dal vivo, realizzato con molta bravura ed equilibrio.


Davvero bella la scenografia, un misto fra il teatrale ed il televisivo, che ha reso lo spettacolo visivamente sempre molto vario e piacevole. Adeguate allo show le luci che, ovviamente seguendone i ritmi e le dinamiche, hanno saputo aggiungere quel tocco di emozione quando necessario, rimanendo altrimenti discrete e funzionali.
Lo show è molto lungo, ma anche molto vario; insomma non un “one man show”, ma uno spettacolo ricco, impreziosito anche dalla presenza delle cinque coriste che, oltre a cantare, recitano molto bene, ed ovviamente dall’orchestra dal vivo che dà sempre una marcia in più. Brignano è bravissimo, c’è poco da dire, e conosce il suo mestiere alla perfezione. Sa sentire il pubblico e tiene il palco con grande maestria. La serata insomma è molto divertente e godibile; forse l’unico limite è nella pochezza creativa degli argomenti, perché sparare a zero sui politici italiani, ironizzare su Schettino e mostrare sexy toys ci pare la cosa più facile che un comico possa fare per andare sul sicuro. Ma d’altra parte parliamo di un ottimo spettacolo, calibrato giustamente sul livello medio del grande pubblico, quello necessario a riempire i palasport.

 

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