Workshop: Creare e produrre la colonna sonora - ottava parte

Archetipi

di Stefano Lentini

L’Archetipo del deserto

La storia della musica occidentale, e quella delle colonne sonore nello specifico, è stata tempestata di scoperte e intuizioni che hanno segnato piccole e grandi epoche stilistiche, creando mode e tendenze. Dalle opere più rigogliose a quelle più minimali, dalle ampie melodie orchestrali alle aspre partiture ispirate alla musica del Novecento, ogni genere musicale e cinematografico ha avuto dei passaggi significativi.
I “Western all’Italiana” rappresentano per me un paradigma di uno di questi eventi estetici per il cinema e l’immaginario collettivo.
Non esiste una relazione immediata tra paesaggio western e marranzano, tromba e coro. Eppure la costruzione musicale che Ennio Morricone seppe inventare, ha creato una sottotraccia simbolica in grado di aggiungere un sentimento definito e peculiare al mondo degli sporchi e polverosi cowboys a cavallo. A distanza di tanti anni, ancora oggi produttori e registi chiedono ai compositori di imitare quello stile per gettare subito il pubblico in quelle atmosfere accaldate. C’è un aspetto positivo ed uno negativo in questo: l’aspetto positivo è nell’invenzione musicale stessa, un’invenzione in grado di vestire un mondo in maniera arbitraria ma altrettanto riuscito e d’effetto. L’aspetto negativo è nella cristallizzazione dello stile, nella ricerca morbosa dell’imitazione. Come in tanti altri momenti della musica è arrivato qualcuno a mostrarci una via alternativa ma anziché imparare che esistono le Vie Alternative abbiamo commesso l’errore di imitarne lo stile. È accaduto mille volte, in tutti i generi ed in tutte le epoche: accade sempre, ed è il motivo della stasi musicale, delle discografie stramortite e autoreferenziali. Un esempio analogo che arriva dal nord legato alla discografia internazionale: i Radiohead. Sono apparsi sulla scena con un fantomatico miscuglio di pop ed elettronica, una visione innovativa e fresca. Improvvisamente la musica cambiava, c’era più libertà, più emozione, più raffinatezza. Eppure, mentre pochi imparavano il significato profondo di un’indipendenza artistica che sa produrre piccole rivoluzioni estetiche, la conseguenza predominante è stata un sovraffollamento di emulazioni. Facevo il fonico in quegli anni e mi capitava in continuazione di registrare gruppi alla ricerca morbosa del “radiohead dentro di sé”. Credo che invece l’insegnamento di un evento rivoluzionario come questo, e come quello del western di Morricone, debba essere proprio il riconoscimento delle individualità, delle specificità, un riconoscimento che da solo può valere il coraggio di proporre una musica nuova, non sperimentale a tutti i costi, ma nuova perché nostra, vera.

L’Archetipo delle regole

Ho notato che molti studenti, contrariamente a quanto potessi aspettarmi, provano un certo piacere intellettuale quando vengono posti di fronte ad un elenco. La lista, schematizzazione per antonomasia, è forse misteriosamente più ricca di spunti di riflessione rispetto ad un discorso aperto e frastagliato, che forse risulta più difficile da seguire e i cui moventi e obiettivi restano forse più oscuri. Personalmente sono uno schematizzatore nato, se leggo un libro posso ridurne i contenuti ad una pagina (sempre che non si tratti di Verità e Metodo di Gadamer, o de Le parole e le cose di Foucault), eppure quando devo parlare di musica, del lavoro del compositore, sento il bisogno di abbandonare qualsiasi velleità classificatrice in nome di una maggiore libertà di movimento. Questo mestiere però è composto anche da una dimensione razionale non indifferente, a volte nel preparare il materiale prima di una registrazione ho come la sensazione di trovarmi di fronte ad un enigma dove solo le capacità matematiche più avanzate potrebbero aiutarmi. La lista allora diventa uno strumento indispensabile e davvero tocco con mano la grandezza dei benefici che la scrittura e l’astrazione insieme possono regalare. Organizzare una sessione di registrazione creando delle sequenze tra brani con orchestrazioni e organici simili, può diventare un’opera colossale. Come colossale può essere l’impresa di esportare decine, centinaia di audiofiles da un progetto ad un altro, creando cartelle, stringhe di nome particolare, sotto-domini di riferimento. Compiti che naturalmente non ammettono errori, pena la cattiva riuscita del progetto cui si sta lavorando.
Quindi, eccome se esistono regole. Ma voglio continuare a considerarle parte della dimensione tecnica della realizzazione della colonna sonora. Poi c’è naturalmente l’altro aspetto, quello della creazione. Esistono regole nella creazione? La creatività può essere sviluppata? Esistono dei trucchi per essere più creativi?
Alcuni fumano erba, altri hanno bisogno di diventare astemi, non saprei davvero individuare una costante nei meccanismi che ognuno trova per funzionare da questo punto di vista. Credo che la ricerca ognuno la debba fare dentro di sé e penso comunque che la priorità non debba essere creare, ma più banalmente, stare bene. E le regole per creare? Come si compone una colonna sonora? Dove si inizia e dove si finisce? Come si scrive il tema?
Parto sempre dall’idea che il tema sia una sorta di forzatura interpretativa di una musica che funziona, di una musica che caratterizza un film. La ricerca disperata del tema porta verso la ripetizione e l’imitazione, la ricerca di una propria visione musicale del film porta verso l’invenzione. Immagino che questo discorso possa non avere un senso per tutti, io credo però che un’attitudine fresca e curiosa sia una  condizione insostituibile per la buona riuscita di una colonna sonora.

L’Archetipo del mestiere

  1. Scrivi più musica di quella che ti chiedono
  2. Crea almeno due opzioni in contrasto tra loro
  3. Evoca con un solo strumento e l’immaginazione tutta la storia del film
  4. Non usare solo strumenti campionati
  5. Porta i musicisti a suonare quello che hai in testa
  6. Fai in modo che la musica entri in modo naturale
  7. Fai in modo che finisca in modo naturale
  8. Trova una sintonia tra l’ambientazione del film e i tuoi suoni
  9. Cerca di capire se hai bisogno di una melodia forte o una debole
  10. Non credere che basti il suono di un particolare strumento per creare un’atmosfera
  11. Cerca l’atmosfera anche con le note
  12. Fai una lista di tutte le cose che devi fare
  13. Coinvolgi persone che credi possano aggiungere qualcosa al progetto
  14. Non imitare la musica che ti piace di più
  15. Lasciati ispirare da una sonata di Schubert
  16. Guarda un film che non c’entra niente
  17. Non dare troppa importanza alle note che stai scrivendo, sarà il tempo a dirti se sono note importanti
  18. Se ti annoi cambia direzione
  19. Considera il ritornello un concetto applicabile sempre
  20. Togli i fronzoli, meno è più.

 

 

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