Renato Zero "Amo Tour"

AMO in Tour. La recensione ed il video del concerto e le interviste ai protagonisti...

De Gregoridi Giancarlo Messina

Pensato come spettacolo residente solo a Roma e Milano, il nuovo live di Renato Zero si è invece trasformato in uno dei tour più importanti dell’anno, con moltissime date sold-out ripetute nelle stesse città. Segno dell’appeal che l’artista è sempre in grado di esercitare sul suo pubblico da ben 28 tournée!

Quindici sold-out di fila al PalaLottomatica, di questi tempi, sarebbero già sufficienti a dichiarare uno spettacolo un successo; altri sei di fila al Mediolanum Forum sarebbero poi una fantastica consacrazione. Bene: a queste date Renato Zero ne ha aggiunte altre ventisette (sic!) in diverse città italiane, registrando sei sold-out al Nelson Mandela Forum di Firenze e spaziando da Torino ad Acireale. Non male, direi.

Si tratta di uno spettacolo di impostazione teatrale e piuttosto generoso, oltre tre ore, spezzate da un intervallo. Tanta gente sul palco, con 34 orchestrali che affiancano la band, ma anche con 12 ballerini. Poca elettronica e tanto cuore, sia nella musica sia nelle scenografie, con il bianco del palco colorato dalle belle luci del ritrovato Billy Bigliardi e senza I-mag a distrarre l’attenzione del pubblico.

Una scaletta ovviamente ricchissima che miscela brani del vecchio e del nuovo repertorio con i monologhi sempre gustosi dell’artista. Il ritmo dello show non è travolgente, ma già la presenza delle sedie in sala prepara lo spettatore ad un preciso tipo di concerto, più da ascoltare cha da saltare.

Alla console DiGiCo SD7 troviamo un mixaggio a quattro mani realizzato da Franco Finetti, fonico storico di Zero, e Maurizio Nicotra, un duo che riesce a trovare un buon equilibrio, visti gli ottimi risultati, certamente coadiuvato dal sempre valido V‑DOSC di Agorà perfettamente gestito dal PA engineer Davide Grilli. I suoni orchestrali sono sempre ben legati al sound della band, e la voce, seppur sempre nitida, non è mai troppo fuori dal mix, tutto con una buona escursione dinamica.

Molto affascinanti le luci di Billy, anche perché il suo modo di suonare la console è ormai quasi vintage, e proprio per questo decisamente diverso dai disegni luce stereotipati spesso in auge negli ultimi periodi. Disegni e colori amplificano le emozioni sul palco e focalizzano l’attenzione sul cantante, anche grazie alla mancanza di maxi schermi per le riprese live; una scelta forse dettata da un pizzico di vanità dell’artista: i primissimi piani rivelerebbero qualche ruga di troppo, poiché che la carta d’identità non è solita fare sconti a nessuno.

Bravi i ballerini e godibili gli interventi coreografici e scenografici, come la superficie specchiata che lascia trasparire i contributi video in retroilluminazione. Insomma un ottimo show, prodotto e distribuito da F&P Group con la consueta professionalità.

A Bologna, il 16 ottobre, abbiamo raccolto per voi tutte le notizie tecniche dalla viva voce dei professionisti in tour.

Orazio Caratozzolo – Produttore esecutivo per F&P Group caratozzolo

“Il progetto – ci racconta Orazio Caratozzolo – è nato per essere stanziale, infatti erano previste solo le date di Roma e Milano; quindi nella progettazione ci siamo un po’ sbizzarriti, perché non si pensava di doversi spostare in lungo ed in largo: abbiamo messo sul palco 34 orchestrali, 12 ballerini, otto musicisti della band… insomma numeri consistenti non comuni in produzioni destinate ai tour. Ma vista la richiesta incredibile dei fan, abbiamo deciso, mentre eravamo ancora a Roma, di aggiungere altre date. Così Ivana Coluccia si è messa all’opera ed ha prodotto un calendario sostenibile, pur sapendo che la produzione in molte venue avrebbe dovuto essere adattata in dimensioni, soprattutto – mi duole dirlo – da Roma in giù, dove i palasport non sono sufficienti ad ospitare un palco largo 21 metri e profondo oltre 17 metri, più le aree tecniche e l’impiantistica. Non parliamo comunque di una produzione enorme, perché viaggiamo con nove bilici, compresi palco e generatore, ma certamente importante”.

Continua Orazio: “In base alla portata del tetto della venue o alla possibilità di usare un ground support, abbiamo stabilito degli step di montaggio che riguardano soprattutto la compagine luci e scenografica; quindi andiamo a levare del peso ma senza snaturare lo spettacolo nelle sue principali caratteristiche.

“Ovviamente – aggiunge Orazio – la scelta di usare le sedie è dovuta alla precisa intenzione di ricreare un ambiente teatrale, infatti ci sono anche l’intervallo ed un sipario meraviglioso. In fondo anche la scelta di non usare side-screen è teatrale, perché lo schermo sottrae attenzione dall’artista in scena. Ci sono dei contributi video in alcuni pezzi, ma creati con l’ottica di caratterizzare il brano, di dare dei tocchi di sensazioni, senza però essere mai preponderanti rispetto al resto. Lo schermo LED è coperto da un elemento scenografico che raffigura uno specchio, progettato e costruito con una membrana che quando non è retroilluminata crea propria una superficie specchiante, mentre fa trasparire l’immagine quando dietro si accende il LED.

“Poi usiamo gli specchi di ramazzottiana memoria del ‘94, riesumati dal magazzino di Agorà, e che fanno ancora una bella figura”.

Conclude Orazio: “La nostra squadra in tour è composta da ottimi professionisti: Franco Comanducci come direttore di produzione, Simone Antoniucci in veste di coordinatore di produzione, poi la mia fida Cristina Bondi e Alice Ferraro, oltre a Mauro Mari che ricopre il delicato compito di head rigger, e diverse altre persone”.

Franco Finetti e Maurizio Nicotra – Fonici FoH

F: “Io do una mano a Maurizio, perché seguo Renato da tanti anni, così lui cura l’orchestra e la band, mentre io seguo solo la voce e qualche assolo”.

N: “In effetti interagiamo molto, è una gestione simultanea di tutto quello che arriva, l’intero lavoro è fatto interamente a due. Per me lavorare con Franco è un privilegio ed un onore, sono molto contento di questa collaborazione e sto imparando molto dalla sua esperienza. Non abbiamo scelto un mixer separato per l’orchestra perché per noi band ed orchestra non sono due cose separate e non servirebbe a niente avere due mixer. Ovviamente questo si può fare perché abbiamo una visione molto simile del mixaggio, per cui lavoriamo molto bene insieme”.

F: “Lavoriamo prevalentemente sui VCA, ma anche sui canali, perché grazie alla SD7 possiamo scambiarci e copiare le vasche con i fader senza disturbarci, anche se io sto quasi sempre sulla vasca con la voce, i suoi effetti e gli assoli di chitarra. Devo dire che con Maurizio mi trovo talmente sulla stessa lunghezza d’onda che basta guardarci per capire in un attimo cosa fare”.

N: “Quello che condividiamo è il concetto di mixaggio live: non vogliamo compattare, comprimere, fare un CD dal vivo, noi vogliamo creare la dinamica di un concerto live, e certamente abbiamo dei grandi musicisti che ci aiutano tantissimo in questa strada”.

F: “Tutto è infatti libero, niente di impacchettato: ci sono soltanto un compressore usato come limiter sulla voce ed un Lexicon 480”.

N: “Stiamo usando con molta soddisfazione un microfono M81 Telefunken sulla voce di Renato, consigliatoci dal fonico di palco Stevan Martinovic, mentre per il resto il microfonaggio è piuttosto standard, con gli ormai classici DPA per l’orchestra”.

F: “Il segnale della voce di Renato entra nel compressore Manley e poi va all’equalizzatore del banco di cui usiamo anche le dinamiche e gli effetti interni.

Certo con i DPA aperti sull’orchestra ci sono dei rientri, ma questo fa parte del gioco del live: se la batteria un po’ s’allarga ci sta, lo preferisco ad un suono troppo pulito ed impacchettato che non mi piace.

Il risultato è certo un lavoro di squadra dovuto anche alla bravura di Davide Grilli nel darci sempre un PA perfettamente settato, ma anche di Stevan, che è un fonico di palco davvero eccezionale, perché se tutti si sentono bene suonano meglio e l’intero concerto ne trae beneficio. Io avevo lavorato con la D5, ma questa SD7 è certamente migliore; devo però dire che, in passato, mi sono trovato benissimo anche con la Midas XL8”.

Davide Grilli – PA Engineer 

“L’impianto – ci dice Davide – che utilizziamo è composto da due cluster main di 15 V‑DOSC e tre dV‑DOSC ciascuno, 10 V‑DOSC come side e 10 KUDO come extra-side. A questi si aggiungono 12 sub per lato in configurazione “GAS”, 4 sub al centro davanti ed altri due subb Meyer nascosti in una scala in cui sono incastonate delle Proel Edge, per coprire le sedie vicinissime alla scala. Uso poi un clusterino centrale di sei dV‑DOSC che lavora quasi a pioggia: più che per dare potenza serve ad ampliare la panoramica stereo a chi è seduto molto lateralmente.

“Sono stati inoltre necessari dei delay di dV‑DOSC montati a circa 42 metri, perché la sala è sempre molto piena e si arriva in fondo con le sedie. Il delay così serve sia per la sala sia per la tribuna centrale.

“Il main è ritardato per creare un arco di fase con side ed extra side e rimanere coerenti col suono d’orchestra sul palco, largo ben 25 metri, una larghezza notevole, per cui la configurazione GAS ci consente di avere 20.000 watt di sub cardiodi in poco spazio, in modo da non intralciare le uscite di sicurezza.

“Renato durante il concerto parla molto, in maniera teatrale, quindi c’è molta dinamica, motivo per cui l’impianto deve essere davvero ben calibrato”.

Emanuele Adriani – PA Man

Ci spiega Emanuele: “Insieme a Marco Marchitelli mi occupo dell’installazione fisica dell’impianto audio per la quale occorrono, fra preparazione e montaggio, circa cinque o sei ore, tempi piuttosto rapidi possibili sia grazie al palco su ruote, che velocizza tutti noi, sia alla meccanica del PA davvero molto semplice. Noi chiediamo i punti in cui devono essere montati i motori, e l’ingegnere certifica la tenuta del punto. I main pesano circa 2200 chili, i side intorno ai 1400 chili e per ogni cluster servono due motori: da 2000 kg l’uno per i cluster main, da 1000 kg ciascuno per i side. È molto importante il lavoro di squadra e serve la massima collaborazione, sia con Marco e con Davide sia con i referenti della produzione, soprattutto con l’head rigger che mi passa i disegni, che a sua volta si relaziona con l’ingegnere della produzione, cercando sempre di trovare il compromesso migliore per il montaggio nelle diverse venue”.

Billy Bigliardi – Lighting designer

Ci racconta Billy: “Sono tornato a fare questo lavoro dopo diversi problemi personali su precisa richiesta di Renato Zero. Così ho preso i pezzi musicali ed ho cercato semplicemente di fare le luci, cioè una cosa che ormai sembra una rarità, visto che gli spettacoli sono tutti imbastiti sui video e l’arte di creare atmosfere ed emozioni usando semplicemente l’illuminazione sembra una cosa d’altri tempi. In effetti, mi sento un po’ una mosca bianca, perché mi ostino a fare le cose come una volta, conservando l’idea del disegno luci vero e proprio, che vuole valorizzare l’artista e non farlo scomparire dalla scena.

“Tutte le sere però ho quattro o cinque persone che vengono a farmi i complimenti per le luci, e questo mi gratifica molto, perché vuol dire che la gente capisce.

“Ovviamente non a caso è uno come Renato ad apprezzare il mio lavoro, perché anche lui è per le luci emozionali, teatrali, in grado di aggiungere valore alla scena. Lui, ad esempio, ama il bianco, ed a me va benissimo, perché così posso colorare meglio la scena.

“Per l’occasione – continua Billy – ho riesumato gli effetti creati “illo tempore” con Ramazzotti, ritrovati in Agorà: erano ancora tutti imballati e in buona parte funzionano ancora perfettamente.

“Ho fatto un lavoro di pre-produzione con Made (Marco De Nardi – ndr) a casa mia, con i banchi e WYSIWYG, dopo ho avuto Tallino che mi segue nelle date. Perché io opero sulla MA come operavo sulla Avolites, cioè ‘suono’ le luci, creo le luci, non mi faccio comandare dal banco: è un concetto vintage, ma è quello che so fare. Chi si limita a schiacciare i ‘go’ deve essere definito un programmatore e non un lighting designer.

“Qui il disegno in tour è ridotto rispetto a Roma e Milano: ho tre travi davanti, un cerchio dietro e materiale molto vario, più che altro ho usato quello che il service aveva a disposizione, fra cui 96 motorizzati, dei beam 700, quattro di taglio da 1500 che ho messo al posto dei MiniBig – macchine che non trovo funzionali – poi dei Profile e dei wash della Martin; ma nessun prodotto nuovo, perché non c’era niente di disponibile. Durante le prove cerco di capire il modo migliore per far convivere il poco video centrale con le luci, così ho messo lo schermo LED sotto dimmer, in modo da gestirlo personalmente dalla mia console.

“Sono molto felice che Renato mi abbia dato la possibilità di tornare al mio lavoro, perché pensavo di aver appeso la console al chiodo... invece ancora mi diverte e mi piace molto!”

 

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