L’Arte del Mixaggio (Secondo Me) – terza parte

Hybrid Multibus Compression and Digital Sum

di Fabrizio Simoncioni

La Solid State Logic 9000, oltre al Quad Bus classico con il compressore che l’ha resa famosa, conta quattro ulteriori bus stereo nominati A, B, C e D.
Il grande Michael Brauer è stato il primo ad utilizzare questi quattro extra bus della 9000 in maniera creativa, inventando il “Braurizer”, ovvero il primo sistema di mix in multibus compression. Lui utilizzava, ed utilizza tutt’ora, catene di compressori ed equalizzatori in insert su ogni bus per poter avere un maggiore controllo dinamico delle sezioni. Spesso si è costretti, infatti, a rinunciare alle compressioni corrette che vorremmo sul master perché la cassa della batteria o la voce, ad esempio, pilotano in maniera eccessiva il compressore sul bus. In questa maniera, invece, la batteria avrà una sua compressione adeguata, le voci un’altra differente, le chitarre pure e così via, permettendo un elevato guadagno dinamico e un maggior controllo sul mix globale.
La differenza fondamentale tra il “Braurizer” ed il mio metodo è che Brauer rientra con i quattro bus già controllati dinamicamente nel master bus della console, mentre io dai bus esco in patch e genero stem processati dinamicamente ma registrati in digitale su Pro Tools  (con un notevole guadagno di headroom e nessun peggioramento del rapporto segnale/rumore) che poi premixo, sempre in digitale, passando attraverso una catena master analogica costituita da un compressore Shadow Hills Dual VanDerGraph e una coppia di equalizzatori Maag EQ4.

Vediamo nel dettaglio come si sviluppa il mio sistema:
Il Bus A che io dedico a batteria, basso e percussioni ha sul master una coppia di compressori Chandler Germanium. I Chandler hanno un carattere molto spiccato e retrò ed un’ottima risposta sui transienti rapidi tipici degli strumenti percussivi che a me piace particolarmente. Inoltre offrono la possibilità di regolare la miscelazione del segnale originale con quello processato, permettendone l’uso in parallelo con un facile setup del blending. Io li uso in modalità “Medium Germanium”, attacco e rilascio rapido, con input e drive a ‘5’ e sufficiente feedback per ottenere un livello di uscita con guadagno unitario. Applico una compressione elevata, nell’ordine dei 10 dB o più, con rapporto di compressione 10:1, filtrando con il sidechain filter le frequenze sotto i 60/80 Hz.
La quantità di segnale wet/dry varia da mix a mix, a gusto, ma generalmente oscilla fra 50% e 80% wet, 20% dry.

Dopo la compressione parallela il segnale processato non rientra in console, ma va a due ingressi fisici di Pro Tools (1/2).

Il Bus B, dedicato alle voci in generale, ha sul master un Avalon 747sp. Il 747 è estremamente trasparente anche ad alti livelli di compressione e lo preferisco in quanto normalmente uso limiter e compressori molto colorati sulle singole tracce vocali. Un’ulteriore colorazione generale non sarebbe indicata. Il 747sp ha un equalizzatore grafico a bande fisse che trovo ideale per dare presenza, togliere “mud” e aggiungere brillantezza al gruppo delle voci. L’EQ lo uso post-compressione: nel caso delle voci preferisco infatti lasciare più “libertà” e disordine nei transienti, cosa che dà un senso di maggior respiro. Sulle voci faccio lavorare il compressore entro i 4 dB.
Dopo la compressione e l’equalizzazione, il gruppo delle voci non rientra in console, ma va ad altri due ingressi fisici di ProTool (3/4).

Il Bus C lo uso per le chitarre e lo processo con una coppia di Distressor EL8x linkati. Qui il settaggio varia molto da canzone a canzone e dal tipo di chitarre presenti, ma in linea generale lo utilizzo con rapporto di compressione 3:1, Brit Mode ON, sidechain HiPass Filter ON, attacco 10, rilascio 3, distorsione di seconda armonica inserita, ingresso sufficiente ad ottenere una compressione massima intorno ai 4/5 dB e volume di uscita sufficiente per ottenere un guadagno unitario rispetto al bypass. Dopo la compressione, anche in questo caso, il segnale non rientra in console ma va ad ulteriori due ingressi fisici di Pro Tools (5/6).

Il Bus D lo uso come “jolly”, secondo il tipo di produzione e il materiale contenuto nelle tracce. Il controllo dinamico è effettuato dal Vastaso. Il Vastaso è una macchina tutta italiana, progettata da Quinto Sardo e prodotta dalla SkNote in Sicilia. È un hardware relativamente recente, presentato all’AES di New York nell’ottobre 2013, un tool impressionante per chi ama, come me, le compressioni con personalità e le saturazioni armoniche. Il Vastaso, infatti, è l’unico compressore/limiter hardware in grado di simulare e riprodurre le sonorità e le curve di risposta tipiche dei più famosi compressori della storia. Dotato, infatti, di 12 modelli analogici di compressione e 12 modi di distorsione armonica, è in grado di comportarsi a seconda delle necessità come un compressore ottico, VCA, FET, vintage, moderno, musicale, aggressivo, trasparente ecc., e tutto questo in totale ambiente analogico, senza nessuna componente software. È una macchina che personalmente adoro e dalla quale ormai dipendo completamente!
Proprio per le caratteristiche estremamente versatili del Vastaso, non sempre uso il Bus D come gli altri bus, ovvero andando direttamente su due input fisici di Pro Tools (7/8), ma a volte invece rientro in insert nel master bus della console creando in questo caso una sezione con alto controllo dinamico, avendo due compressori in serie (il Vastaso più il master comp della SSL).

Al main Stereo Bus della 9000 lascio tutto il resto degli strumenti che non necessitano di particolari controlli dinamici ma solo un “glueing” generale: tastiere, piano, orchestra, ecc.

A questo punto ho generato dalle mie catene hardware e console cinque stem stereo processati. Ecco cosa faccio con questi cinque gruppi sulla mia DAW.
Nella sessione di Pro Tools, creo cinque tracce audio stereo che rappresenteranno gli stem processati generati dai cinque bus della console.
Sulla prima traccia stereo che nomino “drum+bass” seleziono l’ingresso stereo 1/2 e quindi l’audio proveniente dal Bus A della SSL; la traccia 2, che chiamo “vocals”, conterrà l’audio proveniente dal Bus B e avrà gli input fisici 3/4; la traccia 3 conterrà l’audio proveniente dal Bus C “guitars” con input fisici 5/6; la traccia 4 con l’audio dal Bus D la nomino in base al materiale che sto mixando, l’input è 7/8; la traccia 5, infine, con audio proveniente dal main Stereo Bus della 9000J avrà come ingresso 9/10. Tutte le uscite delle 5 tracce stereo le assegno ad un bus stereo interno di Pro Tools, diciamo il 47/48. Avrò a questo punto bisogno di un ulteriore stereo Aux e di una traccia stereo Audio che conterrà poi il mix finale. Lo stereo Aux avrà come input il bus interno al quale abbiamo assegnato i nostri stem, quindi il 47/48, e come uscita, per comodità, il bus successivo, 49/50. La Traccia Master Audio avrà come input quest’ultimo bus, 49/50 e come uscita, nel mio caso, i canali audio 49 e 50 che avrò precedentemente escluso dalla console e patchati in un ritorno monitor external della SSL (nel mio caso EXT 1).
Nella traccia AUX creata apro un insert fisico dove inserisco la mia catena master hardware e, a seguire, un Precision Limiter software della UAD settato in maniera che lavori al massimo entro 1 dB, al solo scopo di contenere eventuali picchi ed evitare clip.
Con tutte le tracce audio in input e selezionando l’ingresso external 1 sulla console, potrò cosi monitorare in tempo reale il mio mix processato dal sistema MultiBus e dalla catena master.
A primo impatto sembra una configurazione complessa, ma in realtà non lo è così tanto e, una volta capito, il sistema e il signal flow è tutto molto semplice e facilmente gestibile.
All’inizio, mentre cercavo di sviluppare questa tecnica ibrida, ho avuto diverse discussioni con colleghi puristi dell’audio, riguardo alle doppie conversioni AD‑DA a cui sono costretto con questo sistema, e devo dire che io stesso ero uno strenuo difensore del “non riconvertire se non strettamente necessario”. Ma all’atto pratico tutte le prove audio effettuate (blind test, svolti senza conoscere la sorgente effettiva e quindi eliminando il pregiudizio teorico) hanno ampiamente convinto me e colleghi che in realtà il guadagno in termini di dinamica, di immagine, profondità e gestibilità del mix è nettamente superiore al degrado teorico dato dalla molteplice conversione. Considerando poi che spesso su queste cose si fanno considerazioni da puristi ed audiofili (mi ci includo!) quando poi confrontiamo i lavori o ci crogioliamo ascoltando un CD dove l’audio è a 44,1 kHz / 16 bit convertito per la maggior parte delle volte da lettori consumer da 200 euro, mentre il mio sistema prevede che questa sezione stem/master sia su una seconda macchina con convertitori dedicati ed una frequenza di campionamento di 96 kHz @ 24 bit, quindi con una risoluzione ben al di sopra di quella finale. La seconda DAW permette appunto di stampare stem e master ad una frequenza e risoluzione ottimali indipendentemente dalla frequenza originale con cui è stata registrata la sessione che si sta mixando.
Un’importante menzione va fatta sul clock digitale. Non tutti sanno (o semplicemente non hanno valutato adeguatamente) l’importanza della assoluta stabilità del clock nei convertitori. Un generatore di clock jitter free estremamente stabile cambia radicalmente la qualità sonora dei convertitori, migliorando l’immagine e la definizione specialmente sugli estremi di banda. Io uso un generatore di clock della Antelope, l’OCX, come master per tutti i sistemi. Una volta che si ascolta la differenza tra un sistema con clock interno e lo stesso sistema agganciato ad un master clock serio dedicato, non si torna più indietro. Provare per credere.

 

 

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