Il fattore 
di potenza

Il fattore di potenza è un parametro che ha a che fare con la potenza assorbita da un carico elettrico alimentato da una tensione alternata, e dipende dallo sfasamento e dalla distorsione.

di Michele Viola

Il fattore di potenza (PF, dall’acronimo in lingua inglese Power Factor) è un parametro dei circuiti elettrici, piuttosto fondamentale, che ha a che fare con la potenza assorbita da un carico elettrico alimentato da una tensione alternata. È una caratteristica di ciascun dispositivo che assorbe potenza quando è alimentato ed è rappresentato da un numero – senza unità di misura – che può assumere qualunque valore compreso tra 0 e 1. Tecnicamente è il rapporto tra la potenza media assorbita – la cosiddetta potenza attiva – e il prodotto dei valori efficaci di tensione e corrente.

 
_1: Un tradizionale stadio di alimentazione con conversione AC/DC tramite ponte a diodi, diffusissimo dagli albori dell’elettronica e tuttora presente in moltissimi dispositivi, mostra un assorbimento tutt’altro che lineare. Nella figura sono riportate le forme d’onda della tensione sinusoidale in ingresso, a valle del trasformatore (Vin), della tensione più o meno continua in uscita (Vout), con una certa ondulazione residua, e della corrente assorbita (Iin) che mostra uno spiccato carattere impulsivo. Il fattore di potenza di un tale stadio di alimentazione è limitato principalmente dalla componente distorsiva.

Specificando un po’: alimentando un dispositivo elettrico con una tensione alternata, questo in genere assorbe corrente e, contemporaneamente, impegna una potenza elettrica.
La tensione di alimentazione e la corrente assorbita si esprimono in genere tramite i loro valori efficaci, anche detti valori RMS. Il prodotto del valore efficace della tensione di alimentazione per il valore efficace della corrente assorbita ha le dimensioni fisiche di una potenza, ma in genere non corrisponde all’effettiva potenza assorbita e trasformata – quella che scalda la stufa, o che muove l’altoparlante, per intenderci.
Per calcolare l’effettiva potenza assorbita, occorre tenere conto del fattore di potenza:

P = Veff * Ieff * PF

In pratica, PF = 1 solo quando il carico è puramente resistivo, ovvero quando assorbe una corrente perfettamente sinusoidale e in fase con la tensione di alimentazione.

 
 
 
_2: L’utilizzo dei moderni circuiti di alimentazione a commutazione controllata elettronicamente permette di ottenere livelli di distorsione compatibili con un fattore di potenza complessivo superiore a 0,9. Le immagini riportate nella figura sono tratte da un documento di Texas Instruments intitolato “Power Factor Correction Using the Buck Topology – Efficiency Benefits and Practical Design Considerations”, disponibile all’indirizzo https://www.ti.com/seclit/ml/slup264/slup264.pdf, dedicato proprio alle tecnologie per la correzione del fattore di potenza.
Per varie tipologie proposte di controllo – e di conseguente conformazione della forma d’onda della corrente assorbita – è riportato il livello di distorsione armonica complessiva, lo spettro armonico e il massimo valore ottenibile per il fattore di potenza (corrispondente ad uno sfasamento nullo tra tensione e corrente, ovvero determinato unicamente dalla distorsione).
Si può notare come il fattore di potenza ottenibile raggiunge un valore superiore a 0,95 anche con una forma d’onda apparentemente piuttosto semplice (e relativamente conveniente) come il trapezoide limitato superiormente della figura in basso.

Se il carico non è resistivo ma è comunque lineare, ovvero ha una componente reattiva, capacitiva o induttiva, allora le forme d’onda della corrente e della tensione sono entrambe sinusoidali ma sfasate tra loro, e il fattore di potenza – in questo caso chiamato anche cosfì – è una funzione trigonometrica dell’angolo di sfasamento.
Al limite, se il carico è perfettamente reattivo, corrente e tensione sono in quadratura – cioè sono sfasate di 90° – quindi la potenza attiva assorbita è nulla. In tal caso, la potenza viene scambiata con l’alimentazione in entrambi i sensi, un po’ come una molla dal punto di vista meccanico, così non c’è una potenza effettivamente e definitivamente assorbita. Spesso l’alimentazione non è però in grado di ri-assorbire energia dal carico, per cui questo scambio risulta di fatto deleterio, almeno dal punto di vista del fornitore.
Più spesso, pur con la tensione di alimentazione sinusoidale, la forma d’onda della corrente assorbita non è sinusoidale ma tende piuttosto ad essere decisamente impulsiva. In questo caso il fattore di potenza è il prodotto di due termini, entrambi minori di 1: il primo è il cosfì, ovvero un fattore di sfasamento, come nel caso di carico lineare ma riferito alla prima armonica della forma d’onda della corrente; il secondo è un fattore di distorsione che dipende in maniera inversa dalla distorsione armonica complessiva THD (Total Harmonic Distorsion). In altri termini, più è alta la distorsione più è basso il fattore di potenza.
Un’elevata distorsione nella corrente assorbita può dare problemi ai dispositivi alimentati dalla stessa linea; in particolare le componenti impulsive si propagano all’indietro sul cavo di alimentazione e raggiungono i dispositivi vicini, anche al di fuori delle pertinenze dell’utilizzatore. Il ronzio nell’impianto audio prodotto dai dimmer al 30% (senza PFC) rappresenta un chiaro esempio del problema.
Il gestore della linea è quindi piuttosto infastidito dai carichi a basso fattore di potenza, soprattutto (ma non solo) a causa delle componenti distorsive. C’è anche una norma europea, IEC 61000-3-2, che limita la distorsione ammessa per i carichi connessi alla rete, così da limitare l’inquinamento elettrico per i carichi adiacenti. Di fatto, i gestori della rete elettrica dei vari paesi pongono un limite inferiore al fattore di potenza – sia al fattore di sfasamento sia al fattore di distorsione – dei carichi significativi.
Per questo, ovvero sia per ragioni normative sia per motivi legati all’inquinamento della rete di alimentazione elettrica locale, attualmente, la maggior parte dei dispositivi elettronici di una certa potenza, di interesse per il nostro settore (fari, finali di potenza, …) integrano, all’interno della sezione di alimentazione, un circuito di correzione del fattore di potenza, indicato in genere con l’acronimo PFC (Power Factor Correction).

La correzione del fattore di potenza si realizza equilibrando la componente reattiva nel caso di carichi lineari, e filtrando le armoniche di distorsione nel caso di assorbimenti impulsivi.
Il filtraggio delle componenti impulsive si può realizzare, in maniera concettualmente piuttosto semplice, con un adeguato filtro LC centrato a 50 Hz (o alla frequenza di rete). Il problema è che per i carichi di potenza servono tipicamente induttanze di valore elevato e capaci di condurre correnti significative, e questo significa in pratica tanto ferro nel nucleo e tanto rame nella bobina, quindi costo, ingombro e peso elevati. I condensatori, d’altra parte, dovranno sopportare tensioni relativamente elevate e presentare parametri parassiti (in particolare le resistenze spurie) abbastanza buoni, quindi anche in questo caso si va incontro a problemi legati ad ingombro e costo.

a)
b)
c)
d)
_3: Le immagini riportate in figura, tratte dal già citato documento di Texas Instruments intitolato “Power Factor Correction Using the Buck Topology – Efficiency Benefits and Practical Design Considerations”, rappresentano le forme d’onda di tensione in ingresso e corrente assorbita in varie condizioni di alimentazione e carico per un alimentatore in commutazione con PFC reale da circa 100 W.
Nella figura a) la tensione di alimentazione è 90 V RMS a 60 Hz, la distorsione (THD) è pari al 50,9% e il fattore di potenza vale circa 0,89;
Nella figura b) la tensione di alimentazione è 100 V RMS a 60 Hz, la distorsione (THD) è pari al 47,8% e il fattore di potenza vale circa 0,9;
Nella figura c) la tensione di alimentazione è 115 V RMS a 60 Hz, la distorsione (THD) è pari al 34,1% e il fattore di potenza vale circa 0,94;
Nella figura d) la tensione di alimentazione è 230 V RMS a 50 Hz, la distorsione (THD) è pari al 16,7% e il fattore di potenza vale circa 0,97.

Un’altra soluzione, che è quella che ovviamente va per la maggiore nei dispositivi moderni, è il controllo elettronico a semiconduttore, ovvero l’interposizione di un dispositivo elettronico in grado di modellare la corrente in ingresso in modo da farne corrispondere la forma a quella della tensione di alimentazione, con una certa approssimazione, ma comunque molto meglio di quello che si può ottenere con un comune circuito di alimentazione a ponte. Il PFC integrato nella sezione di alimentazione è tipicamente composto di più stadi simili agli elementi di base di un alimentatore in commutazione, a valle del primo ponte a diodi. Questo approccio, insieme a un appropriato circuito di controllo che si occupa del coordinamento delle commutazioni, permette di ottenere un fattore di potenza significativamente superiore a 0,9, anche in dispositivi di discreta potenza, e assorbimento intrinseco fortemente impulsivo, come un amplificatore di potenza. Non solo i moderni amplificatori in commutazione, ma anche i tradizionali amplificatori in classe AB o addirittura in classe A presentano lo stesso problema, a causa del ponte a diodi in ingresso, tipicamente seguito da un (grosso) condensatore di livellamento. Una tradizionale sezione di alimentazione a ponte, senza PFC, presenta un fattore di potenza tipico intorno a 0,5, principalmente a causa della distorsione. 

 

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