Francesco De Gregori & Band – The Greatest Hits

Se ripresa doveva essere ripresa è stata, almeno per Francesco De Gregori, con un tour estivo molto intenso di oltre 35 date. Pur con tutte le limitazioni del momento.

Francesco De Gregori & Band – The Greatest Hits

di Giancarlo Messina e Douglas Cole

Come abbiamo già accennato parlando dei concerti estivi di quest’anno, ci sono artisti, con una storia e una sostanza, che non necessitano di grandi scenografie ed effetti speciali per incantare il pubblico. Per questi, le limitazioni dovute ai ristrettissimi budget del periodo non hanno influito granché sulla qualità del concerto, anzi: in qualche modo hanno messo quanto mai al centro dello show la musica, per paradosso l’elemento che a volte sembra quasi secondario, sommerso da mega schermi, droni e laser.

E certo il Principe di storie da raccontare con le sue canzoni ne ha parecchie, lo sa bene, e sa anche quanto sia importante avere al suo fianco una band di ottimi musicisti, punto sul quale non si è tirato indietro.

A dire il vero De Gregori usciva spesso con la mezza produzione anche in tempi di vacche grasse, ma questa volta possiamo dire che si tratti di metà della metà, visto che non ha al seguito nemmeno l’operatore luci o un kit di luci per il floor.

All’Arena della Regina di Cattolica facciamo due chiacchiere con i professionisti al lavoro, per capire meglio l’organizzazione di questo tour, prodotto da Friends&Partners e seguito on the road dal direttore di produzione Giovanni Chinnici, da parecchio tempo insieme a De Gregori.

Alla console di sala troviamo Stefano De Maio, in temporanea sostituzione di Lorenzo Tommasini, mentre sul palco c’è un nuovo fonico per la band, Gianluca Losi. Il materiale utilizzato in tour è del service Agorà.

Guido Guglielminetti – Bassista e capobanda

“Mi chiamano ’capobanda’, ma in pratica sono il più anziano e faccio il coordinamento musicale di tutto questo circo. Il nostro modo di lavorare ormai da anni si è consolidato in una formula molto interessante: ognuno di noi suona per come si sente di suonare. Non ci sono, neanche da parte di Francesco, imposizioni artistiche. De Gregori conosce i suoi musicisti e sa cosa può ottenere da loro lasciando libertà di espressione. Gli arrangiamenti nascono proprio suonando insieme. Abbiamo fatto così anche dei dischi: Francesco arriva con la chitarra e ci fa sentire la nuova canzone, noi gli andiamo appresso. Poi, riascoltandoci, lavoriamo di cesello sui particolari. L’impostazione è quella classica di una band, ognuno suona per quello che è.

“Per questo tour, abbiamo messo in atto lo stesso processo, magari cambiando gli arrangiamenti, cambiando degli strumenti per rinfrescare i brani. Su un paio di pezzi, per esempio, uso anche un basso con un suono molto aggressivo, per dare delle sonorità diverse, oppure facciamo alcuni brani acustici. 

“La band è composta da Paolo Giovenchi alle chitarre elettriche e acustiche; Alessandro Valle che suona pedal steel, lapsteel, mandolino, chitarra acustica ed elettrica; il batterista e percussionista è Simone Talone, mentre Carlo Gaudiello al pianoforte è supportato da Primiano Di Biase all’Hammond. Avere pianoforte e organo suonati da artisti diversi è ottimo, perché l’Hammond è uno strumento molto caratterizzante e Primiano è un vero specialista, molto bravo. 

Rispetto ad altri tour, ispirati da nuovi dischi e brani inediti, questa è una tournée di greatest hits. È un’apposita configurazione della band per questo motivo? 

Il motivo è sempre quello di rendere lo spettacolo interessante anche quando facciamo i pezzi che la gente conosce a memoria. Per cui cerchiamo di interpretare il repertorio con sonorità inaspettate. Poi nel caso di questo tour, Francesco voleva ripescare un paio di pezzi che non faceva da anni e voleva combinare i brani molto famosi con altri poco conosciuti. Questo miscuglio risulta molto interessante perché molto vario. È quasi due ore di concerto, ma non se ne accorge nessuno.

Suoni con Francesco da tanti anni, come vivi l’ennesimo tour?

Suono con lui dall’85. Non sento la stanchezza musicale, perché ogni volta e ogni serata è una cosa diversa. Salire sul palco per noi è il momento della ricreazione… il resto della giornata – i chilometri ecc – invece stanca. Saliamo sul palco e ci divertiamo per due ore, non sappiamo mai quello che succederà, a volte la scaletta cambia in corsa, a volta Francesco cambia o accorcia un brano lì per lì… ci tiene molto concentrati. 

Quando ci sono dei cambiamenti di componenti della band per progetti specifici, come conducete Francesco e te la ricomposizione della band? 

Cercando di capire come far esprimere al meglio nel contesto l’elemento nuovo. Per esempio, nel caso di Primiano (organista – ndr), all’inizio era molto timido, cercando di attenersi al brano originale. L’abbiamo sollecitato a suonare di più e venire fuori, a esprimersi in modo suo sui pezzi. Così è stato anche con Simone Talone alla batteria. Il nostro obbiettivo è che ognuno suoni per quello che è, che si diverta a suonare con noi. I risultati si sentono e il divertimento viene anche trasferito al pubblico.

Se i nuovi arrangiamenti vengono fuori suonando insieme, ci deve essere qualche input decisivo dell’artista ad un certo punto, no? 

Francesco ovviamente è il capo. A volte dà dei suggerimenti, a volte strani, a volte quasi filmici, tipo: “Vorrei un’atmosfera cupa…”; sta a noi interpretare e trasformare le sue idee. Quando sente che quello che facciamo assomiglia alla sua idea, è deciso e raffiniamo da lì.

Ognuno di noi memorizza la propria parte ma, come dicevo prima, gli arrangiamenti non sono scritti, tanto meno scritti sulla pietra. Ovviamente le vari parti si standardizzano sempre di più andando avanti con le prove e poi i concerti, ma è naturale che succeda così. Comunque, non usando un click, neanche uno starter, l’interpretazione della canzone cambia da una serata all’altra: il fraseggio della chitarra o del basso cambia in funzione del tempo. Non ci sono paracadute, ma con il tempo si impara a cadere in piedi.

Gianluca “Lox” Losi – Fonico di palco

“Sono stato chiamato da Lorenzo – racconta Gianluca – con cui ho lavorato molto nel passato. Siamo alla venticinquesima data di questo tour, di trentasei in poco più di due mesi. Abbiamo fatto un allestimento di quattro giorni, con prove musicali e tecniche in un locale della RAI a Roma, gli studi Voxson, dove abbiamo ricreato questa situazione in una grande sala. 

“Faccio gli ascolti per i cinque musicisti, oltre a Francesco, ovviamente. La band è quasi completamente in IEM, tranne il chitarrista, che invece ha un monitoraggio tradizionale, con L-Acoustics 115xt, gli stessi che utilizza l’artista. Francesco ha due di questi, oltre ai side. Per una questione di praticità, il batterista usa solo l’IEM senza sub, senza subkick o altro: ha due postazioni che cambia durante lo show, perciò è meglio per lui, ma anche per tutti, che non abbia dei sub. 

“Per lo split e trasporto usiamo il Blacklight su quattro fibre ottiche – due delle quali sono di backup. Abbiamo un semplice LK 8-core per comunicazioni e servizi FoH, oltre ad aver anche sul multicore un mix L/R di backup da questa console per la sala. 

“Abbiamo un sistema di otto canali Shure UR4D, che però viene usato per primari e spare per il palmare e il microfono headset di Francesco; gli altri canali sono riservati come spare o per ospiti.

“È tutto abbastanza semplice – aggiunge Gianluca – non ci sono tantissimi canali. Abbiamo la fortuna di usare, grazie ad Agorà, questi banchi strepitosi SSL L200, con cui lavoro per la prima volta. Naturalmente, niente da dire al livello sonoro, strepitoso. Faccio il minimo indispensabile in termini di segnale, pochissime compressioni, quasi nessun gate. Uso un riverbero sulla voce di Francesco e uno sulla batteria. Stereofonia totale, anche nei monitor”. 

Quali IEM usate?

La trasmissione per gli IEM è con otto canali di Sennheiser ew300 G3. Ognuno usa i propri auricolari; c’è chi usa gli Shure, chi ha il calco, chi addirittura ha Amazon! In realtà ne ho comprato un  paio anch’io per avere un riferimento, diciamo, più basso… per capire come sono. Devo dire che con questa console e il resto della catena qui, suona tutto piuttosto bene. Si fa fatica tirare fuori dei mix brutti. 

Come ti trovi a mixare con SSL per il palco?

Inizialmente ho avuto un po’ di difficoltà con la SSL in termini di organizzazione, non avendola mai usata… ha una logica tutta sua, un po’ lontana dal mondo Avid o DiGiCo. Le prime ore sono state proprio di studio. Una volta capito che questo banco va completamente personalizzato, mi sono costruito la mia configurazione, con i miei canali, le mie mandate, i miei grafici… poi il gioco è stato abbastanza facile. 

Che tipo di ascolto richiede l’artista?

Francesco è veramente un signore; ci siamo trovati subito bene. Nei wedge ha un mix abbastanza voce-centrico, ma abbiamo la fortuna di avere come sidefill un impianto piuttosto importante. Ai sidefill mando un mix completo come se fosse di FoH con l’aggiunta della voce. Invece sui wedge metto tutto molto più basso, con la sua voce in primo piano, evidenziando nei vari punti gli strumenti dai quali dovrebbe prendere riferimento in quel momento, pianoforte, chitarra, ecc. Francesco non gira molto per il palco, rimane abbastanza stazionario, perciò tra sidefill e wedge l’ascolto funziona bene.

Lorenzo Tommasini – Fonico FoH

Come accennato prima, il fonico di sala “titolare” di questo tour, come da diversi anni, è Lorenzo Tommasini, anche se ha dovuto lasciare i fader nelle mani – sempre esperte – di Stefano De Maio per questa data. Abbiamo parlato con Lorenzo post-concerto per sentire i dettagli sull’impostazione dell’audio in questa tournée.

“Per necessità dovuta alle distanze da percorrere – racconta Lorenzo – e ai luoghi dove la situazione audio rimaneva in dubbio, siamo stati molto leggeri in tutto, con una regia minimale: la console SSL L200 e due processori Yamaha SPX2000. C’è un distribution amplifier Drawmer che abbiamo portato solo per avere delle uscite se ci fossero le telecamere della TV, ma non l’ho mai dovuto usare. Ho tenuto anche al minimo il numero di canali e tutta la configurazione dell’audio per gli stessi motivi.

“Visti i ripetuti e difficili ’carico-scarico’, molti con trasbordi, abbiamo cercato di minimizzare quanto possibile, sempre mantenendo la qualità. Finora è stato un po’ meglio di quello che mi aspettavo, ma prevedevo alla partenza molte situazioni difficoltose. Invece abbiamo trovato in generale situazioni degne e materiale buono. Solo un paio di volte abbiamo trovato delle situazioni tragiche. In altre, magari, c’erano impianti di qualità ma non posizionati e configurati per rispondere alle nuove configurazioni ’allargate’ delle platee. Alcuni promoter un po’ meno esperti hanno fatto trovare una distanza eccessiva dall’impianto alla regia, eccetera. Sono situazioni che si trovano sempre nelle tournée estive, ma le complicazioni delle restrizioni sanitarie hanno aggravato ulteriormente quelle già problematiche. 

“Per quanto riguarda la band – continua Lorenzo – insieme all’aggiunta dell’organo, la cosa più evidente è la re-introduzione della batteria dopo le sole percussioni nel tour con l’orchestra. Poi l’aggiunta dell’Hammond è importantissima perché molti arrangiamenti di questo tour sono proprio costruiti intorno all’organo”.

Sembra un setup molto simile alle produzioni precedenti, sempre SSL in regia…

Uso le SSL dall’uscita della L500, credo che io e Hugo (Tempesta – ndr) siamo stati i primi a imbarcarci in tour con quelle.

Per questo tour uso tutto all’interno della console sia per motivi logistici sia per la qualità sonora. Solamente i riverberi non sono nelle mie grazie, diciamo. Avevo chiesto dei Lexicon, ma i PCM91 disponibili in AES/EBU andavano solo a 48 kHz e sarebbe stato complicato, perciò ho detto che le SPX andavano più che bene.
Continuo a usare la capsula SE Electronics V7. C’è stato un momento di dubbio, questa volta perché forse il fonico di palco è nuovo e non abituato a usarlo, ma molto velocemente si è abituato e anche lui adesso lo trova adeguato.

Vista l’aggiunta dell’Hammond e la doppia postazione del batterista, che scelte hai fatto per la microfonatura?

La cassa della batteria ha una classica combinazione Beta91 e Beta52... tutto molto standard. Una cosa un po’ diversa è l’uso del condensatore Earthworks con il KP-1 KickPad per il posteriore del cajòn. Poi i due overhead della batteria sono degli SR25 Earthworks, in una posizione un po’ insolita per l’uso sul palco, puntati entrambi verso il ginocchio del batterista. Ai lati del Leslie ci sono due condensatori a diaframma largo Audio-Technica, con dietro un MD421.

Sfrutti quindi molto le risorse del banco, hai delle limitazioni? 

Non proprio. Sto usando quasi il 100% delle risorse d’elaborazione dell’L200. Uso i Bus Compressor che amo molto per lavorare tutto in stem, come faccio sempre con la SSL – e un po’ come andrebbe usata questa console. Uso molto la compressione parallela e il nuovo compressore Blitzer che è stato aggiunto in uno dei recenti aggiornamenti del software, in grado di essere usato in modo molto aggressivo o molto trasparente.
Il guadagno è unico per le due console, ma con il gain tracking per la compensazione. Non è un problema. L’unica cosa che non mi piace della SSL è che non si possono condividere anche le uscite. Avrei dovuto avere un’uscita per me, invece abbiamo dovuto mettere comunicazioni e un backup analogico su un multicore tra le due regie, per quelle occasioni in cui non è stato letto il rider e non è possibile prelevare il main a FoH.

Essendo così libero il modo di suonare della band, riesci a programmare delle scene in modo efficace? 

Programmo abbastanza: i mute, volumi, alcuni cambi di EQ, ma seguo l’esecuzione in tempo reale con i VCA, e poi con gli stem rifaccio il bilanciamento secondo come suonano i musicisti e come suona la venue ogni sera. Gli stem rimangono statici per tutta la serata, mentre sui canali individuali vengono richiamati i livelli, mute soprattutto, qualche EQ e aux. 

Alessandro Morella e Maurizio Magliocchi – Backliner

“Io – inizia Alessandro – mi occupo principalmente delle due postazioni delle chitarre. Tutto molto analogico, con un ampli Bassman per l’elettrica e una pedaliera per l’acustica per Paolo, mentre la postazione di Alessandro Valle è un po’ più complessa: ci sono due testate, una per la pedal steel e un’altra per le chitarre, la lap steel e un mandolino. 

“Maurizio si occupa della ritmica – continua Alessandro – che comprende due postazioni, batteria e percussioni, e il basso che utilizza una DI ma con un ampli piccolino che viene utilizzato solo per dare un po’ di movimento d’aria vicina, perché il bassista è completamente in IEM. Guido ha una pedaliera che consente di avere i guadagni impostati per quattro bassi diversi. 

“Alla postazione dell’Hammond, c’è un C3 e una tastiera, sopra il quale c’è una tastiera che può fungere da backup dell’organo.

“Per quanto riguarda Francesco – aggiunge Alessandro – abbiamo anche un microfono a condensatore per la chitarra acustica che usa per i primi tre brani. Quando arriva la band questo viene proprio tolto. Ci sono dei cambi di strumento per Francesco, su Atlantide e Alice, ad esempio, gli riporto la chitarra che usa all’inizio”. 

“Io – aggiunge Maurizio – sono qui perché ho fatto un cambio con un collega. È un setup molto semplice e veloce. L’unica cosa a cui si deve fare moltissima attenzione è l’Hammond. Con quello, a parte la delicatezza fisica, si aggiunge una sensibilità molto elevata alla stabilità della corrente. Facciamo dare sempre una linea separata, dalla ENEL, esclusivamente per l’organo. Portiamo dietro addirittura uno spare di Hammond. Lo spare è un modello a 110 V, con un trasformatore 220 V già incorporato perciò, essendo uno strumento completamente analogico e a valvole, suona in modo percettibilmente diverso”. 

Una domanda che non abbiamo mai fatto: come ci si occupa della manutenzione delle armoniche a bocca? 

Con l’armonica – risponde Alessandro – c’è veramente poco da fare. Le avvolgo in un asciugamano per assorbire un po’ di umidità e ogni tanto si possono immergere per pochissimo tempo in una bacinella d’acqua per togliere gli accumuli di saliva e altro... solo per un minuto, però, perché si può gonfiare il legno e possono stonare. Con i regolamenti attuali Covid, è già molto che le possa toccare! 

Lo show

Il concerto, promosso da Willy Sintucci per Pulp Concerti, vede un pubblico non del tutto attempato, come potevamo immaginare, ma anche diversi giovani che certo hanno imparato a conoscere i brani di De Gregori dai loro genitori. Dopo un’introduzione chitarra-voce, lo show prende il volo, con sonorità e colori molto diversi e sempre vari, anche grazie ai molteplici strumenti sul palco. Molti i brani introspettivi, alcuni meno noti al grande pubblico, che rallentano il ritmo del concerto ma, ben mixati con le hit più celebri, creano una bella dinamica generale.

L’audio è ottimo, così come le luci ben gestite dall’operatore del service locale Antonio Fara.

Insomma una serata di musica davvero di alto livello, grazie al protagonista, ma certamente anche grazie alla qualità dei musicisti. 


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