Cesare Cremonini – Più Che Logico Tour 2015

Ci siamo recati all’Adriatic Arena di Pesaro, per vedere e sentire la quarta data della tournée dell’artista bolognese, e dobbiamo dire che le aspettative erano piuttosto elevate, considerando i risultati ottenuti nel tour dell’anno precedente. Cremonini è un esempio brillante di artista capace di una continua crescita – in termini musicali e da performer – e non ci ha delusi.

di Douglas Cole

Cesare CremoniniNello spettacolo, come da nessun’altra parte, la lotta per superare costantemente se stessi diventa sempre più difficile, soprattutto quanto più ci si avvicina all’apice. Cesare Cremonini, insieme alla sua squadra creativa e di produzione, continua a cogliere e vincere questa sfida. Intanto, è solo logico che Più che Logico deve essere più che Logico (titolo del precedente tour!), no?
In Cesare Cremonini, Live Nation ha un artista con un’etica di lavoro solidissima ed una crescita costante, ma passo per passo: né un divo o una megastar, né un fuoco di paglia di una stagione, ma, ormai, un veterano road warrior che si migliora ad ogni show, come egli stesso si aspetta dalla struttura e dalla squadra che lo circondano. Siamo riusciti a vedere questo aspetto personale nelle ultime tre o quattro produzioni, trovando sul palco un artista sempre più capace e preparato.
Questa tournée si presenta in qualche modo come una ripresa di quella precedente, con concetti e approcci che richiamano il concerto di Logico, ma completamente riprogettata nei dettagli.
Rispetto al tour precedente, la produzione è sempre capitanata da Riccardo Genovese e la struttura del palco e il disegno visivo sono sempre curati da Mamo Pozzoli, mentre ci sono stati alcuni cambiamenti nella squadra audio. Audio e luci sono sempre di Agorà, mentre il comparto video vede Event Management come fornitore e Marino Cecada alla regia live.
I dettagli ce li facciamo raccontare dagli specialisti al lavoro.

Riccardo Genovese – Direttore di produzione

“La produzione – ci dice Riccardo – è ovviamente di Live Nation. Il design è di Mamo Pozzoli con il quale abbiamo assunto un modo di lavorare ormai consolidato: lui presenta vari progetti, ognuno dei quali ha un budget; si valuta il progetto migliore ed il relativo budget e, se tutto rientra nelle aspettative, si fanno delle riunioni con Cesare, il suo manager Walter Mameli, e Mamo per ottimizzare alcune richieste dell’artista, molto particolareggiate, brano per brano. Questo progetto, a dire il vero, non è proprio stato dentro il budget previsto, ma il portafoglio di papà De Luca si è un po’ aperto, perché ha deciso di investire in questa produzione che gli piaceva moltissimo.
“Deciso lo show si passa alla fase esecutiva, scegliendo i fornitori ed i vari preventivi. Poi si parte con le prove musicali, insieme ai fonici, e con un allestimento tecnico; poi, quando arrivano i musicisti, si passa all’allestimento totale, con tutte le varie fasi dello spettacolo.
“In Italia abbiamo circa 16 palasport, ad essere generosi, in cui si può montare una produzione del genere, che inoltre va sempre riconfigurata in base alla venue e alle uscite di sicurezza che devono restare sgombre. Quindi io mi occupo di preparare in ufficio, a tavolino, tutti i progetti sul posizionamento dello stage, calcolando i pezzi che si possono montare o i pezzi custom necessari per adattare lo show.
“Ovviamente – aggiunge Riccardo – si informa di tutto l’artista, che deve sapere che a Bologna lo show sarà completo, che a Firenze la passerella sarà un po’ più piccola… insomma le cose sono più complesse di quello che si possa pensare.
“Io poi, una volta partito il tour, devo organizzare e gestire i tempi dei tecnici e dei mezzi: domani abbiamo un back-to-back a Bologna, a casa dell’artista, e tutto dovrà essere perfetto, in tempi molto serrati, quindi tutto deve essere organizzato alla perfezione”.

L’audio in sala

Con nostra grande sorpresa, chi troviamo alla regia FoH? Niente meno di uno dei prodigi espatriati dell’audio italiano: Maurizio Gennari. Nello spirito di questa tournée, però, torna “logico” che, dopo Andrea Corsellini e Marco Monforte nei precedenti tour, solo pochi altri potevano coprire questo ruolo senza far pensare ad una recessione.

Maurizio Gennari – Fonico FoH

Abbiamo fatto le prove musicali a Bologna, quasi quattro settimane. Poi siamo andati a Mantova per una settimana con l’allestimento e le prove, seguiti dalla data zero. La band è diversa dall’ultima tournée, ma per me è completamente nuova, perché anch’io sono qui per la prima volta.
Per fortuna, sono stati tutti molto disponibili per quanto riguarda il palco... è quasi muto. Anche la tromba ha uno schermo davanti, cercando di minimizzare qualsiasi cosa che possa andare a sporcare il sound: anche grazie a questo siamo fin adesso riusciti ad ottenere dei buoni risultati.
Utilizzo una settantina di canali, se non di più, compresa la batteria principale, le sequenze ed una batteria ‘B’ sul palchetto davanti, dove si suonano un paio di brani jazz con basso, tromba, chitarra, pianoforte e voce.
Il mio approccio è piuttosto standard... uso una console DiGiCo SD7, che resta la mia preferita. Agorà è stata fantastica nel fornire tutto quello che avevo chiesto: le due SoundGrid Waves, per avere una ridondanza completa, a cui tenevo molto: l’SD7 bisogna prenderla così... ha due engine, quindi il back-up richiede due di tutto.

Negli ultimi concerti abbiamo sempre sentito un mix con la voce molto all’interno... tu mantieni questo concetto?
Sì, questa è un po’ la scelta di Walter, ma a me piace farlo in generale, a prescindere dal progetto su cui lavoro. Chiaramente deve piacere anche alle persone coinvolte. Questa è una delle cose che è piaciuta a Walter quando è venuto a sentire un lavoro che avevo fatto con Elisa. È un po’ come piace mixare a me... non necessariamente con la voce proprio staccata dalla band.

Che approccio usi per la voce, tecnicamente parlando?
Andiamo dal microfono – Beta 58 radio della serie Axient – allo splitter DiGiCo. Il guadagno è controllato dal fonico di palco Gianluca Bertoldi, e al preamplificatore siamo collegati tramite un anello Optocore. Con Gianluca lavoro benissimo e non ha fatto niente diversamente da come avrei fatto io, in questo ambito... quasi tutti i trim stanno a zero.
Ho poi in insert un Distressor, che mi piace molto, anche in virtù del fatto che mi era stato detto dall’inizio che Cesare avrebbe passato molto tempo sulla passerella. Non credo che un valvolare, magari con una qualità più alta ma sicuramente più lento come rilascio, avrebbe aiutato in questa situazione.
Poi uso un plug-in interno C6 Waves per ulteriori regolazioni dinamiche. Oltre a questo ci sono solo l’EQ del banco ed un de-esser interno. Con il de-esser, ho dovuto cercare attentamente le frequenze per le esse di Cesare, perché ha una esse un po’ tra i denti: non è la solita frequenza intorno ai 5-6 kHz. Usando Smaart, infatti, ci siamo accorti che era da attenuare in modo più importante intorno ai 3700 Hz. Il de-esser interno, comunque, sembra funzionare abbastanza bene.
Le varie altre equalizzazioni vengono fatte tramite un gruppo di sola voce che passo al system engineer Antonio Paoluzi. Questo permette ad Antonio di equalizzare se necessario solo la voce quando, per esempio, Cesare va sul palco ‘B’. Finché rimane in movimento non si presentono problemi, ma ci sono diversi momenti nei quali il microfono è fermo su un’asta in mezzo al palchetto in fondo alla passerella; in questi momenti, i due lati dell’impianto possono fare un po’ di coupling tra loro e ci sono problemi maggiori. Per questo ogni giorno proviamo le frequenze più critiche e Antonio è sempre lì pronto per intervenire con qualche filtro in più, se necessario...

Quali scelte per il resto della band?
Uso un MaxxBCL Waves sul gruppo della band ed un altro sul gruppo della voce. I Transient Designer sono usati sulle batterie. In alcuni altri progetti ho usato i Trans-X, quelli interni, ma preferisco questi perché suonano meglio. Sulla batteria c’è un Audix D6 sulla cassa con uno Shure Beta 91, rullante con sopra un SM 57 e sotto un AKG C414; Audix D4 per i tom, Neumann 193 per gli OH. Per le chitarre uso invece i KSM32 Shure, senza doppia microfonatura.
Uso un processore Yamaha SPX 2000 per il rullante, una macchina del TC 6000 per i tom, una per l’acustica, poi uso due engine per Cesare. Mi piace molto il ‘Rich Hall’, lo uso moltissimo; ho anche una macchina del TC per un pitch shifter su alcuni pezzi, come Lost.
L’ampli della chitarra durante le prove era stato messo dentro un isocab, però c’era qualcosa che non ci convinceva completamente e abbiamo deciso di mettere gli ampli sotto il palco, migliorando molto i risultati. Per il resto tutti in DI. Il sistema di Bruno Zucchetti è tutto in linea, un sistema suo: esce direttamente da un’interfaccia, quindi il piano e le tastiere escono in linea senza DI.
Michele Guidi ha invece un mixer, per cui prendiamo le sue tastiere e l’Hammond da lì. Alcune sequenze vengono direttamente dal multitraccia Tascam.

Quante sequenze ci sono?
Ci sono delle sequenze per ricostruire i suoni del disco, alcune chitarre acustiche e alcune voci.

È difficile gestire le dinamiche delle sequenze insieme al resto, in particolare con una buona parte dello spettacolo davanti al PA?
Infatti è la cosa su cui devo lavorare di più. Alcune delle sequenze sono vitali per i pezzi perché sono nati con quei suoni. Bilanciare le voci delle sequenze con quelle dal vivo è molto delicato. In studio si riesce a impacchettarli un po’, ma dal vivo è un lavorone.

Antonio Paoluzi – PA engineer

“Abbiamo un impianto generalmente costituito da 64 K2 L-Acoustics – spiega Antonio – ma oggi ne abbiamo 16 main e 12 side per lato, 56 in tutto.
“Vista la situazione con questa passerella – continua Antonio – la configurazione della dispersione orizzontale degli array main è un po’ particolare. Di solito, con le gittate lunghe, le casse in cima all’array sono impostate con una dispersione più stretta e quelle sotto più larghe. Qui, invece, le dieci casse superiori dei main sono impostate con i vani regolabili delle trombe alla massima apertura di 110°, mentre i sei moduli inferiori hanno i vani chiusi fino a +35°/-35°. Non ho mai un parterre che si estende lateralmente fuori da quei 70° mentre i side coprono già le gradinate, e questo mi aiuta molto ad evitare quanto possibile di sparare direttamente sulla passerella.
“A riempire in mezzo per le prime file ci sono due ARCS e quattro coassiali 112XT. Il palco è molto alto, perciò sono contento di poter mettere i sub a terra in cluster verticali da tre e i front-fill piuttosto alti.
“Dietro il main abbiamo sospeso otto sub K1SB, allineati con main e side in modo da risultare concentrici, nel senso che il punto zero per tutti è la linea dei sub mentre main e side sono equidistanti da questi. Quindi i main e i side sono ritardati in maniera identica, in modo di creare un toroide – una ciambella – di basse che ha il vantaggio di essere proiettato lontano e all’altezza delle gradinate, e soprattutto di lato, in maniera piuttosto omogenea. Una configurazione toroidale emette inoltre meno basse nei primi 20 metri sotto l’impianto – infatti la ciambella ha un buco nel mezzo.
“Quindi ci sono 24 sub SB28 davanti al palco in una configurazione quasi ad arco, elettronico. Sono tutti in fila dritti, in colonne di tre cardioidi, ad una distanza di circa 250-270 cm uno dall’altro. Dico ‘semi-arco’ perché i delay che ho inserito sono fatti per creare un pattern di circa 100°. Non mi serve di più perché, per come sono fatte le venue, le basse ai lati servono da una certa altezza in su, il parterre è a circa 100° dalla fine dei sub. Quindi con quei sub ci faccio il parterre e rinforzo la parte molto bassa.

Le linee dei bassi appesi dietro sono abbastanza lunghe per poter controllare la diffusione alle frequenze basse?
Non è una questione di controllo in base alla lunghezza della linea... io creo un cardioide perché ci sono sorgenti davanti e dietro, in maniera ritardata. Viene creato un cardioide e quindi, di conseguenza, una sorta di ciambella, perché abbiamo due sorgenti, una dritta ed una a 45°; così si crea una sorta di cardioide orientato verso l’esterno... che si somma all’altro lato in maniera piuttosto omogenea. Si crea solamente una linea di interferenza nella parte alta a 10-15 metri di distanza dal centro. Il tutto è abbastanza ben compensato dall’arco dei sub a terra. Devo dire, in definitiva, che abbiamo una eccellente distribuzione dei bassi.

Cosa ti arriva dalla console?
Arriva un mix L/R e la voce su un canale separato. Per la distribuzione dei segnali viene usato un Lake LM44. Siccome c’è la passerella che arriva fino a 16 metri davanti l’impianto, e il Lake è in grado di applicare filtri molto più fini rispetto al banco, in queste situazioni io riesco ad intervenire in modo più preciso.

Il palco

Gianluca Bertoldi – Fonico di palco

“Il palco è praticamente muto – spiega Gianluca – tutti i musicisti e i cantanti lavorano solo con in-ear o in cuffia. Abbiamo delle postazioni radio e delle postazioni fisse per le quali abbiamo scelto di usare dei sistemi via cavo... anche perché questo consente di poter avere più strumenti separati, come nel caso del batterista che ha molti segnali separati. Gli in-ear sono tutti Sennheiser serie 2000. Quasi tutti i musicisti si sono affidati alle cuffiette Earphonic fatte fare per l’ultimo tour. Sono tra le più lineari che si trovano in giro adesso. Cesare, invece, continua ad usare le Ultimate Ears UE18. È tutto molto semplice e, diciamo, classico.
“C’è un anello Optocore tra i due splitter, che sono sotto il palco, questa console e la console di sala. Imposto io il guadagno sui preampli... il fonico di sala si fida. Prima con Maurizio non ci conoscevamo, ma abbiamo trovato una grande intesa.
“Ci sono poche radiofrequenze: due canali, main e spare. Abbiamo previsto anche un canale guest. C’è il talkback di Carlo Barbero, inoltre c’è il trombettista che fa delle cose in fondo sul palco B, per cui per lui c’è un radio, infine c’è il radiojack di Cesare. Anche i due chitarristi e il basso sono in radio, ma i ricevitori rimangono nei rispettivi rack sul palco.
“Gli unici vezzi che mi tengo al di fuori della console sono un trattamento dei tom che viene fatto con i Transient Designer e un Aphex per il sub del batterista che mi consente di poter avere delle basse frequenze molto controllate, un 204 Big Bottom Aural Exciter. Quest’ultimo è molto comodo, perché riesco a tagliare le basse della cassa nel sub e poi gliele rimetto finte, così non va mai in larsen. Riesco a dare molto segnale avendo però tutto sotto controllo.
“Sulla voce di Cesare ci sono un pre Midas XL42 e un de-esser, due canali, main e spare. Come effetti esterni ho un Lexicon PCM, giusto per dare un po’ d’ambiente alla voce. Uso uno Yamaha SPX, invece, per fare i riverberi della batteria. Tutto il resto è all’interno della console.
“Alcuni musicisti hanno più di un mix: nel caso del batterista, ad esempio, ci sono diversi mix separati. Oltre ad avere il sub separato, ha il click e il count che sono separati, così anche la parte ritmica delle sequenze e anche la sua batteria è su un gruppo stereo separato, poi c’è il resto della band separata e le voci separate”.

Stai usando Waves o solo i plugin interni del banco?
Non ho server waves, ma uso il computer per queste funzioni. In realtà, uso un MGB Waves che converte da MADI in DigiGrid. Il mio computer è collegato in DigiGrid e ho dei delay particolari, copiati da quelli usati sul disco, che vengono usati solo sulla voce. Lo stesso DigiGrid viene usato per fare il mio virtual soundcheck, quando serve.

Che tipo di mix ascolta Cesare?
Un mix più fedele possibile al disco. Tutto aperto e tutto ad un livello da mix discografico. Il mix che ascolto io è il mix che sente lui. L’unica cosa dal mix di base dal quale è derivato quello di ogni musicista, è che la voce è un paio di dB più alta rispetto a quello. Altrimenti è un mix discografico totale.

Carlo Barbero – Backliner

“La squadra è leggermente cambiata dall’ultimo tour – dice Carlo – come pure i musicisti. Sul palco abbiamo Andrea Giuffredi alla tromba al posto del maestro Tamburini, che è venuto a mancare quest’anno. Poi ci sono Gianluigi Fazio e Roberta Granà ai cori, che conosco bene perché lavorano anche con Laura Pausini. Alle tastiere, di là, c’è Bruno Zucchetti, anche lui un fuori-classe.
“Quest’anno – continua Carlo – io, personalmente, ho abbandonato del tutto le chitarre e mi sto occupando principalmente di sequenze e tastiere su entrambi i lati. Ho Mirco Piro che segue stage right e Simone Palenga su stage left. Io sono libero di poter scendere, perché Cesare passa una buona parte del concerto su questo palco B, ed io sono gli occhi di Gianluca per quanto riguarda l’artista, perché dalla regia di palco non ha contatto visivo diretto con Cesare quando è sulla passerella o sul palchetto in fondo. C’è una mandata video all’SD7 che gli permette di seguire il concerto, ma io rimango in vista dell’artista e in contatto con Gianluca per qualsiasi esigenza di Cesare.
“Una particolarità nel backline è che i chitarristi, a parte Cesare, stanno usando sistemi analogici, ma con un full backup su dei Kemper. Abbiamo speso del tempo a Mantova a fare i profiling, in modo che, se le testate ci dovessero abbandonare durante il tour, abbiamo un full backup sul Kemper. Ci vorrebbe solamente il tempo necessario al fonico per commutare il canale in ingresso”.

Vedo che è stato un successo, nell’ultimo tour, l’interfaccia con l’iPhone per controllare il talkback.
Sono partito all’inizio di questo tour che non lo volevo usare; dopo la prima data, però, mi sono dovuto attivare e rimetterlo in piedi. Nell’ultimo tour era ancora in una fase beta, ma l’ho usato per tutto il tour. Quest’anno, dalla seconda data lo sto usando pesantemente. Ringrazio ancora i miei amici di Nicefall, Davide Zeffiro e Stefano Piermatteo.

È un’applicazione fatta con un USC che mi permette di comandare a distanza il GPIO della console, dove sono impostate delle macro che aprono e chiudono semplicemente il mio talkback sugli ascolti o di Cesare o dei musicisti. Mi risolve un sacco di problemi, perché ci sono dei momenti sullo stage B nei quali dovrei girare con tre talkback diversi. Invece, così, giro con un talkback solo e seleziono da solo con chi parlare. Per generare la WiFi, uso un Ubiquiti Bullet con un antenna omni con guadagno da 12dB.

Com’è cambiato lo spettacolo dalla tournée precedente?
Cesare abbraccia sempre il lato musicale, ma sta prestando anche molta attenzione al lato spettacolare... molto più legato alla presenza sul palco e alla precisione di regia e cose che devono accadere sul palco. Lui è mnemonicamente superumano, nel senso che si ricorda tutti i passaggi e i momenti dello show. È bravissimo: se lui sa che, in quel momento, deve guardare quella telecamera... non perde una virgola.
Con l’avvento di questo palco B con il video calpestabile la spettacolarità è ulteriormente aumentata... è tutto più curato nel dettaglio. Il palco B è direttamente davanti al palco principale, da 8 ai 12 metri secondo la venue; qui c’è una parte centrale che si abbassa ed entra in scena il classico piano – N3 Yamaha Avantgrand, con il quale ci troviamo meglio in assoluto nel live – sul quale Cesare suona alcuni brani. Poi c’è un momento “jazz” in cui ci sono anche batteria acustica, basso, piano, chitarra e tromba.
Ogni giorno, la taratura di questo elevatore, che deve reggere 200 chili di video LED più cento chili di pianoforte, è un lavoro che ci porta via un paio d’ore: deve fermarsi perfettamente al livello del palco per non fare il gradino e rimanere calpestabile. Fino all’ultimo secondo prima di aprire le porte controlliamo l’altezza, lo scalino, l’angolo che non sia alto, perché comunque lui ci salta e fa movimenti. Dobbiamo cercare di fare un piano il più possibile omogeneo.

Complicando ulteriormente il cablaggio lì sotto, no?
Chiaramente. Devo dire che tutto il sistema è molto... delicato. Siccome ci sono dei comandi manuali, ho dovuto mettere anche delle chiamate di showcall direttamente nelle sequenze, perché con il cronometro diventavamo matti e non riuscivamo ad essere precisi. Quindi abbiamo una piccola chiamata di showcall, come all’inizio, quando Damiano parte esattamente sul “go” che abbiamo in cuffia. Quindi, quando il LED arriva a filo, si stoppa e comincia tutto lo spettacolo. È tutto molto preciso e dobbiamo stare molto attenti.
Personalmente sono molto soddisfatto anche di questo ruolo strano di cui mi hanno investito, una sorta di “direttore di palco” – almeno nei momenti in cui bisogna dire “facciamo questo, facciamo quello”.
Inoltre sono stato anche molto attento alla gestione e creazione del timecode e alla sincronizzazione in SMPTE. Ridendo e scherzando, qui stiamo usando quasi otto ore di SMPTE, lavorando con le canzoni a blocchi – quelle vecchie più quelle nuove – e questo diventa un lavoro sempre più difficile da fare nel live.

Lo spettacolo visivo

Mamo Pozzoli
Lighting & set designer

“Avevamo l’esigenza di dare continuità al tour precedente – racconta Mamo – e, allo stesso tempo, di rappresentarne un’evoluzione, cercando di aggiungere o, meglio, amplificare quelli che erano stati gli elementi caratterizzanti dello scorso tour.
Non volevamo buttare via il lavoro molto bello fatto l’anno scorso, peraltro uno dei lavori meglio riusciti che personalmente io abbia mai fatto. Con non moltissimo materiale eravamo riusciti a far davvero risaltare al massimo livello una produzione importante ma non enorme. Quindi la sfida era proprio quella di superarsi.
“Ovviamente, per me, come progettista, questo è due volte più difficile, perché è sempre più facile partire da un foglio bianco che rimettere le mani ad una cosa già strutturata bene e cercare di darle una nuova vita.
“Sostanzialmente – continua Mamo – non c’è stato un grosso upgrade a livello tecnico... il dimensionamento della produzione è rimasto invariato, però si è generata un’aspettativa enorme – vuoi per questo ‘Più che’ del titolo, che ci ha un po’ fregato!
“Gli elementi dello scorso tour erano un palco fatto con una geometria molto semplice e un impianto visivo molto aggressivo e molto caratterizzato, con alcuni elementi che ho voluto mantenere, innanzitutto il look nero. Perciò tutte le americane, il palco, eccetera sono neri, secondo me una cosa molto elegante e molto importante per un personaggio come Cesare che tiene moltissimo agli aspetti grafici del suo artwork. Inoltre il palco aveva funzionato così bene perché aveva una geometria particolare: garantiva, a lui, una grossa percorribilità in ogni direzione e, alla band, uno spazio vivibile importante – cosa non sempre scontata – con il gioco di livelli e di incroci di direzione e fughe prospettiche a creare questa doppia articolazione.
“Ho voluto mantenere questi elementi, ma il palco precedente era girato a 45°, che è un elemento stilistico molto caratterizzante ma poco utilizzato, perché con le diagonali si arriva subito a dimensioni importanti. Nei palasport italiani c’è sempre un limite in larghezza per questioni di sicurezza, vie di fuga ecc.
“Una delle richieste di Cesare – prosegue Mamo – era che lui potesse arrivare più in profondità nel parterre. È una cosa che, progressivamente nel corso degli anni, ha sempre più amato. Siamo tornati, quindi, ad una geometria ortogonale per permettere proprio questo.
“Abbiamo continuato l’esperienza di avere un palco ‘B’ o una parte di palco dedicata al suo momento, diciamo, acustico o piano e voce, e ad altre possibilità legate allo sviluppo dello show.
“L’idea qui è stata di non fare un corpo separato dallo stage, ma uno che rappresentasse una continuità con il palco. Questo ha forzato una geometria del palco molto più semplice. Andando tanto in profondità, ho voluto garantire anche una percorribilità ortogonale – ‘cardo e decumano’ che va tanto di moda adesso – perciò c’è un decumano molto lungo, ma c’è un cardo anche molto largo.
“Ad ogni musicista abbiamo dato un monolocale: ci sono 16 metri quadri – 4 x 4 – per ognuno. Sono i livelli del palco, niente di che, solamente pedane costruite in Layher. La band ha uno spazio molto importante, ma sta alle spalle di Cesare – sì, sono più in alto ma sono anche molto dietro. Cesare ha a disposizione questi due grossi percorsi: può percorrere interamente i 28 metri del palco fino al palco ‘B’, mentre in larghezza ha 20 metri.
“L’elemento che io reputo molto innovativo è il ‘B’ stage. Continuiamo a chiamarlo un palco ‘B’ quando in realtà, con i suoi 40 metri quadri, potrebbe diventare un palco main a tutti gli effetti. L’elemento di novità è il rivestimento a LED calpestabile, una cosa che, ovviamente, avevo visto nelle produzioni internazionali però non mi ricordo di aver visto in modo significativo in Italia. Mi piaceva sperimentare in questa direzione. Chiaramente, avendo partorito il progetto tre mesi fa, ho anche chiesto se fossimo in grado di realizzarlo e farlo funzionare, perché non è il solito semplice 6 x 6 calpestabile; al centro, infatti, per complicarci la vita, c’è il solito lift con il pianoforte che sale e scende, ma anche un artista che ha voluto iniziare lo show da lì... facendo un percorso tipo vietcong da 30 metri, alto 1,2 metri sotto al palco. Ha voluto farlo a tutti costi, purtroppo è stata una decisione presa dopo e non abbiamo avuto modo di adattare un accesso facilitato... passa tra cavi e Layher grezzi. Comunque, l’implementazione di questo palco con i LED ha comportato tante problematiche di cablaggi, di carpenteria... un sacco di considerazioni, insomma.
“L’obiezione che sentivo più spesso a questo è stato ‘sì, ma chi lo vede?’. In realtà lo vede ¾ del pubblico nel palazzetto. Perciò questo veramente va considerato un terzo schermo a tutti gli effetti, e il terzo di tre che sono tutti uguali come metratura e anche come risoluzione. Chi sta in parterre, invece, vede questo LED calpestabile solo come sorgente di luce. È una fonte luminosa notevole, perché lo stanno usando al massimo di luminosità mentre di solito nei concerti li usiamo al 20% come output. È molto abbagliante ed inquina moltissimo, ma lo sfrutto a mio vantaggio come elemento luminoso, visto che passerella e palco B si trovano così avanti e non sarebbe possibile appendere niente sopra. Questo elemento è il ‘Più che Logico’ vero.
“L’altro elemento ancora più importante è che questo è uno show vero e proprio, nel senso che ci siamo veramente seduti a tavolino per mesi. Tutti gli input sono arrivati da Cesare: ho messo sicuramente del mio, ma è lui che ha condotto l’operazione. Mikkel ha fatto i contributi grafici, Marino Cecada fa la regia di messa in onda.
“Questo team creativo ha sviluppato uno show concept, su indicazioni dell’artista, che è strutturato a blocchi. Dà molto ordine a due ore di bombardamento visivo ed acustico.
“Gli elementi non escono tutti in progressione – perché spariamo mille cartucce subito nel primo pezzo – però lo show è strutturato in modo che sia parte del palco, sia parte delle luci, sia parte dei visual non vengono usati contemporaneamente, se non nell’ultimo blocco. Ogni blocco è un’entità autonoma, a parte il primo pezzo che è un omaggio alla riviera romagnola, un mondo che Cesare ama. Dopo questo primo brano, si entra in una prima parte, il primo blocco dello show. Questo primo blocco è più tradizionale, pieno di bella fotografia, belle riprese, belle luci, con il main stage a piena potenza. Poi c’è il blocco in cui Cesare è sul palco ‘B’ con pianoforte e voce. In questo blocco, per la prima volta, si accende lo schermo calpestabile.
“Poi c’è una parte centrale del concerto con i pezzi più aggressivi, da Logico a Mondo. In questa parte, i tre schermi vanno a pieno regime, mentre l’attenzione si sposta un po’ al centro del parterre perché l’artista sta lì. Questa è la parte più interessante ed intrigante da vedere dalle gradinate. È anche un po’ sperimentale, perché c’è un’interazione interessante tra luce e video. Sul pavimento LED c’è un gioco di ombre preregistrato che sembra reale. È accesa pochissima luce, con illuminamento sull’artista che poi non crea le ombre che sono fatte su questo schermo. È molto naturale ma, guardando la scena a lungo in questo brano lento ci si rende conto piano piano che le ombre sulla superficie del palco ‘B’ sono impossibili e non possono essere reali. Poi si gioca su questo effetto fino la fine del brano. È un effetto che lascia un po’ sbigottiti.
“In seguito c’è un intervallo con le cartoline della città, mentre viene montato il palco ‘B’ per il successivo blocco. Nel quarto momento dello show, che piace a tutti, il palco ‘B’ diventa un piccolo jazz club. Tutto il sapore è quello, con luci statiche prodotte dai fresnel. Infine, c’è un blocco con tutto sparato, con le grandi hit del passato.
“Il parco luci è molto simile a quello del tour scorso. L’anno scorso c’erano gli Elidy che quest’anno non ci sono più, sostituiti con i Quantum.
“Lo show è tutto in timecode, e questo mi ha costretto a fare una preproduzione notevole, ma con uno show così complesso ne vale la pena. Mettere a punto uno show come questo in sole cinque notti è stata una sfida. Mi ha aiutato molto Angelo Dinella per quanto riguarda il timecode, mentre avere Andrea Coppini come assistente è proprio una garanzia. Il video viene gestito da Event, perché quando c’è il video live non ci metto il naso”.

Salvatore Ieraci – Responsabile video per Event Management

“Siamo sei tecnici video – spiega Salvatore – compresi gli operatori. Abbiamo due schermi back con passo 8 mm e uno sempre passo 8 mm a pavimento. Come player abbiamo i Pandoras, e poi c’è il sistema di telecamere per il live.
“La cosa più particolare è questo LED a pavimento, in Italia usato per la prima volta; si tratta di nove segmenti da 2 x 2 metri, ogni mattonella misura 50 cm; tutto con grafica full-HD e, come raramente accade, usato al massimo della luminosità.
“Sopra il LED c’è poi uno strato calpestabile in PVC e il tutto è montato sopra una pedana che sale e scende. Rispetto ad un normale LED la difficoltà principale è la mappatura, perché ogni segmento deve naturalmente proseguire in quello limitrofo”.

Lo show

Effettivamente hanno superato se stessi. Cremonini diventa sempre più una presenza dominante e centrale sul palco, con movimenti precisi ed una sicurezza di sé come mai prima. Lo show inizia con una sua esplosione sul palco in mezzo al pubblico e fila liscio come il burro attraverso le diverse fasi, ognuna con un carattere distinto dalle altre. Anche il breve “intervallo” con le cartoline della città ospite e le battute scritte rimane divertente e mantiene l’attenzione di tutti mentre viene allestito il palco per la sessione jazzistica. Quest’ultima è il momento clou che conferma la capacità da showman di Cremonini.
Le luci, i laser e alcuni contributi richiamano il tour precedente, ma il palchetto ‘B’, con lo schermo LED proprio a contatto con il pubblico, effettivamente aggiunge una dimensione che non c’era prima e viene sfruttato al massimo.
Per quanto riguarda l’audio, nel mix la voce sembra più esaltata rispetto agli anni precedenti, ma rimane sempre abbastanza “dentro” in confronto alle usanze attuali nella musica pop. Il suono in tutta la platea risulta molto omogeneo e pieno, mentre nelle gradinate, in particolare in alto ai lati, è molto diverso: assolutamente non da lamentarsi, ma un po’ più morbido nelle frequenze medie.
Comunque un ottimo lavoro da parte di tutti, e si può dire sinceramente che la sfida di superarsi è stata vinta. Nei prossimi anni, vedremo cosa riuscirà a inventare questa squadra quando dovrà fare Ancora più che Logico.

Personale e aziende in tour

Live Nation
Managing director Roberto De Luca
COO Antonella Lodi
Marketing director Marco Boraso
Head of promotion Andrea Hofer
Publicist Italy Silvia Leo
Social media Luca Porchetta
Ticketing Elphi Ravizza
Carlo Tenconi
Accounting Michela Tagliabue
Produzione
Production director Riccardo Genovese
Tour manager Carlo Bottos
Production coordinator Giusi Ferrise
Stage manager Fabio Colasanti
Floor manager Piero Chiaria
Lighting designer Mamo Pozzoli
Sound engineer Maurizio Gennari
Head carpenter Damiano Pellegrino
Audio
Monitor engineer Gianluca Bertoldi
Backliner Carlo Barbero
Simone Palenga
Mirko Piro
System engineer Antonio Paoluzi
PA man Stefano Guidoni
Daniele Carillo
Luci
Lighting chief Marco Carancini
Console assistent Andrea Coppini
Lighting tech Domenico Armenio
Arturo Contaldi
Vittorio Graziosi
Jacopo Germiniasi
Video
Video tech rep. Salvatore Ieraci
Regia video Marino Cecada
Camera Op. Barbara Fantini
Andrea Comastri
Pandora video tech. Giovanni Zaccariello
Video tech. Domenico Diaco
Tour rigging
Head rigger Luca Guidolin
Scaff palco
Stage tech. rep. Marian Florescu
Stage tech. Madalin Vladucu
Alex Enuca
Truck drivers Simone Mattei
Alberto Mucciarelli
Carlo Spiga
Massimo Montagnoli
Ferdinando Ardiano
Maio Marino Rocco
Gianproto Sechi
Gruppisti Vincenzo Siepi
Giacomo De Berti
Catering
Caterer Alessandro Silvaggi
Mary Tarpini
Emanuele Silvaggi

 

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