Caratteristiche, peculiarità ed impiego dei monitor da palcoscenico - 2

Riprendiamo il discorso iniziato nel numero scorso e interrotto su un argomento cruciale per quanto riguarda i diffusori acustici sul palco: il rischio di feedback.

 

di Guido Noselli

Riprendiamo il discorso iniziato nel numero scorso e interrotto su un argomento cruciale per quanto riguarda i diffusori acustici sul palco: il rischio di feedback.

Anche con un diffusore ben progettato, il rischio di feedback esiste, perché una versione amplificata del segnale vocale è diffusa nelle vicinanze del microfono che è, nella catena, la parte da cui si genera il segnale. Il feedback comincia ad innescarsi ad una data frequenza, quando i vari parametri come la direttività, sia del microfono sia del diffusore monitor, le risonanze dell’ambiente e la risposta in frequenza del sistema monitor, concorrono a fornire il massimo guadagno. Se una qualsiasi esaltazione è applicata con l’equalizzatore al segnale vocale, quella parte di banda audio dove è applicata diventerà particolarmente soggetta all’innesco del feedback.

La situazione può essere migliorata usando l’equalizzatore, grafico o parametrico, per attenuare quelle bande di frequenza che causano il feedback, ma il successo di questa pratica si basa sull’esperienza di chi la applica. Infatti, è molto facile esagerare per eliminare il feedback, attenuando molto più di quanto sia necessario, provocando un’eccessiva alterazione della risposta in frequenza ed un impoverimento della qualità di riproduzione della voce. Infatti in un equalizzatore a terzi d’ottava, lo strumento più utilizzato per tale pratica, il movimento anche di un solo “slider” altera la risposta di un’intera ottava con particolare enfasi centrata sul terzo, mentre il feedback interessa meno di un ventesimo di ottava.

Quindi, se si usa l’equalizzatore grafico per eliminare il feedback, probabilmente non bisogna intervenire con la regolazione di uno o più slider quando il feedback stesso s’innesca, come ho visto comunemente fare ai fonici di palco in moltissimi concerti, ma prevenirlo con una tecnica diversa. La tecnica consiste nell’alzare il guadagno finché il feedback non parte e poi attenuare progressivamente ma il meno possibile quella banda di frequenza alla quale si è manifestato e continuando nello stesso modo via via a quelle bande di frequenza che appaiono le più sensibili all’insorgenza del problema.

Fig. 6: Nell’immagine possiamo vedere la risposta tipica di un diffusore monitor da palco prima e dopo una corretta equalizzazione, che ha lo scopo, sostanzialmente, attenuando i picchi nella risposta, di aumentare il guadagno generale del diffusore prima del feedback per tutta la banda riprodotta utilmente.

La fascia color rosa carico, delimitata in alto dalla curva equalizzata, mostra quanto livello su tutta la banda si guadagna in più a parità di rischio di feedback rispetto alla curva non equalizzata che delimita la fascia in basso, nella quale le due zone, una intorno a 300 Hz e l’altra intorno a 900 Hz, determinano il massimo livello possibile per il diffusore prima del feedback.

La risposta di un ottimo monitor da palcoscenico, come potete vedere, sarà molto regolare, contenuta in soli 3 dB da 100 Hz a 10000 Hz con andamento “smoothed”, come direbbero gli americani, in leggera pendenza verso le alte frequenze.

Una tale risposta consentirà livelli elevati prima del feedback.

Un’altra cosa che si nota è la caduta alle basse frequenze al di sotto di 100 Hz. È una caduta voluta, perché in un monitor per “vocalist” tali frequenze rischiano di mascherare la gamma media ed inoltre sul palcoscenico di bassi ce ne sono già troppi. In altre parole, se la riproduzione della voce deve emergere su tutte le altre bande di frequenza, meglio che il monitor non riproduca ad alto livello le già presenti ed abbondanti basse frequenze sul palcoscenico.

Ogni diffusore monitor può presentare sensibilità al feedback a frequenze diverse, anche in relazione al sistema di sonorizzazione principale ed alla diversa posizione sul palco; questo richiede l’impiego di equalizzatori separati da quelli del sistema principale e, certamente, nei sistemi di sonorizzazione importanti, diversi per ognuno dei canali monitor utilizzati, ognuno dei quali andrà accuratamente regolato con il metodo che ho qui sopra descritto.

Da molti anni poi esistono apparecchiature dedicate a risolvere la questione. Sono i cosiddetti soppressori di feedback, apparecchi elettronici che automaticamente identificano le frequenze alle quali si sta per generare il problema e applicano istantaneamente filtri appropriati a queste frequenze. Queste apparecchiature hanno due importanti vantaggi rispetto ad un equalizzatore. Innanzi tutto si settano da sole in modo totalmente automatico e questo significa che il fonico non deve necessariamente possedere una grande esperienza che gli consenta di individuare immediatamente le frequenze da correggere. In secondo luogo i filtri usati da questi apparecchi sono molto più stretti di quelli possibili con un equalizzatore grafico e quindi è possibile applicarne un numero maggiore in un maggior numero di bande prima che il sistema di sonorizzazione principale o i diffusori monitor soffrano di una risposta in frequenza troppo artefatta.

Per settare tali apparecchiature il metodo è lo stesso descritto più sopra e la differenza consiste solo nel fatto che, alzando il livello, una volta innescato il feedback i filtri si settano in modo automatico sia in frequenza sia in livello per eliminarlo.

In genere queste apparecchiature hanno numerosi filtri automatici in modo che, una volta settati a priori, ne restino alcuni liberi per eventuali nuovi feedback che possono insorgere durante lo show, perché i cantanti spesso si muovono sul palco e cambiando le relazioni tra i parametri che sono alla base del feedback ne cambiano la frequenza.

Queste apparecchiature, che sembrano risolvere il problema alla base, dovrebbero per questa ragione essere universalmente utilizzate ma, nonostante la loro validità, non sono affatto diffuse come si potrebbe pensare, anzi sono molte volte osteggiate ed accuratamente evitate soprattutto dai fonici più preparati e di fama perché sembra che il loro intervento, non controllabile dalla sensibilità e dalla capacità dei fonici stessi, alteri palesemente l’equilibrio tonale peggiorando la qualità del suono e quindi del risultato finale.

Molto probabilmente il fattore più importante da considerare quando si usano i diffusori monitor, oltre ovviamente alla loro intrinseca qualità, come in acustica accade nella generalità delle situazioni, è quello del loro posizionamento fisico in riferimento all’artista che devono “servire” e al microfono che l’artista utilizza, specialmente quando la sistemazione è condizionata da un palcoscenico angusto ed irregolare, come spesso accade negli spettacoli di piccole dimensioni.

Sopra i piccoli palcoscenici dei locali da spettacolo, come le discoteche o i club dove si fa musica dal vivo, c’è talmente poco spazio che è impossibile far lavorare bene i diffusori monitor.

In questi casi è in pratica d’obbligo utilizzare un paio di diffusori a larga banda di dimensioni adeguate per mandare il programma sull’intero palcoscenico per tutto il gruppo d’artisti. In genere tali diffusori sono piazzati sospesi ai lati del palco dietro ai sistemi di sonorizzazione principali, girati verso gli artisti in modo che le loro emissioni coprano, incrociandosi, tutto lo spazio in cui si muovono gli artisti stessi.

Questa configurazione, illustrata in Fig. 7, è molto simile a quella che si implementa nei grandi concerti e sui grandi palcoscenici dove si utilizzano i diffusori cosiddetti side fill, o di rinforzo laterali, allo stesso scopo di coprire il palcoscenico intero con tutto il segnale presente nel programma, mentre nei molti diffusori monitor, comunque posizionati a pavimento, ogni artista sente il proprio programma. La differenza però sta nel livello sonoro e quindi nella capacità di quest’ultimi di fornire una pressione SPL più elevata: giacché devono poter essere sentiti da tutti gli artisti, anche il livello sonoro sul palco è molto alto.

Fig. 7: Sistema di monitoraggio con diffusori posti dietro ai sistemi principali. Si potrebbero definire, data la loro funzione, “stage fill”.

Nei sistemi di sonorizzazione di grandi dimensioni, dove tutti i membri del gruppo, e non solo il cantante, hanno a disposizione ognuno un proprio sistema di monitoraggio, la taratura diventa più complessa perché non solo i monitor per i cantanti devono essere ben posizionati per evitare il feedback, ma anche tutti gli altri diffusori devono essere posizionati in modo da non inviare a loro volta il segnale ai microfoni dei cantanti. Se questa operazione non è fatta bene tutta la parte vocale che deve essere amplificata dal sistema di sonorizzazione principale sarà seriamente danneggiata e il fonico non riuscirà ad ottenere un corretto bilanciamento tonale; questo purtroppo capita abbastanza spesso ed è la causa di pessimi risultati in tante performance live, mentre molti, a torto, attribuiscono il pessimo risultato ad altri fattori come la presunta scarsa qualità del sistema di sonorizzazione o l’incapacità degli artisti o dello stesso fonico.

Per facilitare la taratura di sistemi così complessi, anche da parte di fonici di palco con un’esperienza non adeguata, è meglio che ogni singolo diffusore monitor abbia il proprio amplificatore e sia pilotato attraverso un canale separato del mixer in modo che si possa ad ognuno inviare un programma diverso per ogni singolo artista. Il modo migliore, in ogni caso, per minimizzare il problema del feedback è quello di posizionare ogni diffusore monitor sul palco il più vicino a chi lo utilizza, così che il livello sonoro possa essere contenuto il più possibile.

È anche molto importante che i diffusori monitor siano angolati correttamente e con molta cura con il loro asse verso la testa dell’artista e non in un’altra direzione. Un’altra soluzione spesso applicata con riferimento al monitoraggio degli artisti in seconda fila sul palco, prevede l’impiego di diffusori monitor molto piccoli, con ampia dispersione, posizionati a poche decine di cm dall’artista sopra un treppiede per microfono. Tali diffusori, ovviamente, pur avendo dimensioni molto contenute, devono essere capaci di sopportare alte potenze senza danneggiarsi.

Fig. 8: Esempi di piccoli diffusori installati su stativo microfonico.

Per chiudere quest’argomento devo fare ameno un accenno ad un’altra possibile soluzione.

In anni relativamente recenti, il problema del feedback è stato affrontato anche con l’implementazione dei cosiddetti “in-ear monitors”. In sostanza, anziché utilizzare i diffusori descritti in queste pagine impiegandoli sul palcoscenico o, come nel caso degli ultimi, posizionandoli su supporto microfonico, si utilizzano per ogni artista i classici auricolari miniaturizzati da fissare direttamente nell’orecchio dell’artista stesso, evitando così con gran facilità ogni possibile rientro del segnale nel microfono.

La trasmissione del segnale per ogni in-ear monitor avviene ovviamente via radio.

Tali sistemi sono utilizzati nei grandi concerti o in genere dove sono, in sostanza, indispensabili per le condizioni del palcoscenico, sul quale si trovano un gran numero d’artisti da monitorare. Sono sistemi costosi proprio per la necessità di trasmissione via radio del segnale ed inoltre non tutti gli artisti li preferiscono ai diffusori monitor tradizionali che li lasciano liberi di ascoltare i suoni intorno a loro: certamente i batteristi non li amano per la loro mancanza di livello alle basse frequenze e quando, per ragioni di produzione, sono anche da essi utilizzati, sempre sono supportati da un subwoofer tradizionale piazzato loro vicino.

Ci sarebbe ancora molto da dire, in particolare sul settaggio e l’impiego di un sistema di monitoraggio da palcoscenico per il raggiungimento di risultati eccellenti in qualsiasi evento, ma non è questo l’argomento dell’articolo, che si ripropone semplicemente di fornire gli elementi basilari che consentono al neofita di cominciare un’esperienza diretta senza incorrere in madornali e frustranti errori.