30 anni suonati

I 30 anni festeggiati dalla nostra rivista coincidono quest’anno con i 30 anni della fiera Prolight+Sound, a Francoforte.

30 anni suonati

di Mirco Bezzi 

Un po’ per una vena nostalgica e un po’ per onorare questa coincidenza, per nulla banale di questi tempi, andiamo a visitare un’area che da qualche anno viene offerta ai visitatori dell’appuntamento di Francoforte: la fiera intitolata Vintage Concert Audio. I visitatori qui possono vedere una rara collezione di setup funzionanti che mettono in mostra la storia del front-of-house dagli anni Cinquanta in avanti, attraverso casse, banchi, outboard di tutti i tipi e marche. L’area è organizzata da due associati appassionati, Wolfgang Neumann e Jürgen Desch, che possiedono a Francoforte un capannone pieno di una vastissima collezione di queste vecchie attrezzature del mestiere, ed è stata realizzata con il contributo di uno sponsor che in questa storia si è conquistato un posto sicuramente speciale: Meyer Sound.

A orari fissi Jürgen e Wolfgang tengono tiene una presentazione-racconto che unisce tutti i pezzi esposti attraverso la storia dei cambiamenti sia tecnologici, sia degli stili musicali, sia delle esigenze che hanno caratterizzato l’evoluzione del mestiere del PA. A dire di Jürgen, questa nostra industria “dimentica troppo in fretta”: forti della loro lunga militanza al servizio del sonoro amplificato e del cospicuo magazzino di oggetti divenuti poco commerciabili, i due si sono fatti carico di creare e portare in giro qualcosa che preservasse la memoria a beneficio delle nuove generazioni. Questa missione richiede impegno e passione, entrambi di tutto rispetto, e il risultato è un’eccellente e originale carrellata interessante sia per i nostalgici – come me – sia per chi è curioso di capire come sono andate certe cose.

Chi ha seguito una di queste presentazioni ha avuto il privilegio di ascoltare dal vivo il timbro dei diversi impianti che si sono susseguiti in 40 anni di evoluzione tecnologica, dal cavo microfonico a tutto il resto della catena, al servizio delle trasformazioni nella musica dal vivo, dei gusti musicali e delle aspettative del pubblico.

L’evoluzione dei sistemi di amplificazione è strettamente legata alla trasformazione della musica dal vivo, al mutare dei gusti musicali e delle aspettative del pubblico. Dalla fine degli anni Quaranta ai giorni nostri, l’evoluzione ha portato piccoli impianti artigianali fatti in cantina a divenire sofisticati sistemi intelligenti in grado di coprire stadi interi con grande potenza, estensione e chiarezza cristallina. Negli anni Cinquanta, i concerti erano ancora fondamentalmente tenuti da piccole band jazz o rock‘n’roll, in locali di dimensioni ridotte; gli impianti PA erano sostanzialmente amplificatori valvolari da chitarra, di potenza limitata, con diffusori abbastanza rudimentali fatti con coni tutti uguali. Il pubblico era abituato a un’esperienza sonora “intima” e con una qualità timbrica privata degli estremi della banda udibile.

Negli anni Sessanta c’è stata l’esplosione del rock psichedelico e l’allargamento del pubblico, e allora le esigenze cominciarono a cambiare radicalmente. Si può probabilmente dire che i Beatles cambiarono tutto. Fabbricanti come WEM o VOX, da questa parte dell’oceano, o JBL, EV o Altec sul versante americano – tutti prodotti in mostra qui – hanno permesso a un pubblico improvvisamente più ampio di partecipare allo stesso evento sentendo “qualcosa”. Alla fine del decennio sono arrivati i primi mega-raduni come l’Isola di Wight e Woodstock, a richiedere una svolta dimensionale. Woodstock beneficiò degli straordinari progetti del leggendario Bill Hanley, considerato un po’ il padre del “modern sound reinforcement” – per chi non lo avesse ancora letto, consiglio il libro su di lui che ha uno dei migliori titoli possibili per questo lavoro, “The Last Seat in The House”. Hanley mise insieme l’impianto che, pur rudimentale per gli standard odierni, consentì la copertura di uno spazio esteso e fuori controllo, che rappresentò la rivoluzione dell’epoca; fu possibile grazie anche all’aumentata potenza dei leggendari amplificatori McIntosh da 350 W – Jürgen assicura di aver ricevuto in regalo da Hanley due delle trombe Altec Lansing montate a Woodstock su quelle torri, enormi per l’epoca.

Con gli anni Settanta, la musica dal vivo cominciò a diventare spettacolo e gruppi come Pink Floyd, Led Zeppelin e The Who cominciarono a portare con sé impianti sempre più grandi: i tour cominciarono a organizzarsi diversamente. Di quest’epoca la mostra rende omaggio a Clair Brothers S4 e a Martin Audio – che non sfigurano ancora oggi – ma anche alle prime console Midas. Probabilmente, oltre al cambio di gusti musicali, i protagonisti più pervasivi di questo momento storico sono stati i transistor, senza i quali non sarebbe mai stato possibile raggiungere questa congiunzione tecnologica.

Le ultime porzioni di questa passeggiata nella storia arrivano negli anni Ottanta, con dei componenti già figli di una industria che inizia la trasformazione digitale – magari non ancora giunti alla leggerezza odierna – e impianti che anche lettori più giovani possono avere conosciuto e utilizzato, vere pietre miliari nell’indirizzamento direzionale dell’energia, come Turbosound e Meyer Sound. Anche per questo segmento storico sono probabilmente i gusti musicali del pop e della musica elettronica a spingere la tecnologia nel soddisfare la copertura più dinamica e delle basse frequenze e a cercare precisione sulla gamma alta. Questa è anche l’epoca in cui la strumentazione più standardizzata ha dato il via alla crescita di service audio professionali; di conseguenza è avvenuto un aumento della qualità media degli ascolti e dell’importanza del fonico di sala, che comincia a poter utilizzare strumenti più creativi. Un aspetto che trovo intrigante in questo percorso è la partita a ping-pong tra l’evoluzione delle possibilità offerte dalla tecnologia e l’evoluzione culturale dei gusti musicali. 

È davvero difficile stabilire cosa-ha-guidato-cosa ma probabilmente la verità è che questi due aspetti sono andati costantemente a braccetto. Penso alle adunate oceaniche per i Beatles, mai viste prima, ma anche agli investimenti di discoteche e live club in subwoofer potenti e luci sincronizzate, che hanno dato inizio a quel connubio inscindibile tra audio e visual che ancora non ha smesso di riempire i nostri spazi fino alle più recenti esperienze immersive e multimediali.

Il presente e il futuro si presentano come mediamente più leggeri del passato – chi ha caricato qualche camion si ricorda bene quanto possano essere pesanti certi oggetti d’epoca; anche per questo “fattore peso” la mostra allestita per Prolight+Sound contiene solo una parte della collezione, nonostante il capannone sia relativamente vicino. Una collezione come questa è molto difficile da trasportare, e chi la gestisce spera di poterne fare un mostra permanente che abbia anche setup cablati per operare; penso che varrebbe una visita per chiunque sia interessato o appassionato a queste materie. Nel frattempo si possono trovare informazioni sugli organizzatori al loro sito vintage-concert-audio.com