Vasco Rossi @ Modena Park

La tempesta perfetta, come l’ha definita Vasco, si è abbattuta su Modena il 1° luglio 2017: una tempesta di emozioni, di gioia, di coraggio. E di vittoria contro la paura.

di Giancarlo Messina

Parlare di questo evento nel numero di settembre mi mette nella comoda e scomoda posizione di aver già letto tutti i fiumi di inchiostro versati sull’argomento, nonché essere cosciente, purtroppo, della scomparsa di Guido Elmi, al quale dedichiamo questo servizio.

Ma, al di là di un serio approfondimento dell’aspetto tecnico, mi sembra banale ripetere quello che ormai è stato detto e che tutti sanno circa i numeri e l’eccezionalità di Modena Park.

Limitandomi a quello che ci compete come rivista specialistica, mi sento di aggiungere, a quanto letto, che la meravigliosa riuscita di questo concerto – condotto con un’abbondante dose di lucida follia, cosciente incoscienza e aiuto del fato – è figlia... delle Olimpiadi, di Campovolo, dei tour LiveKom, dei Guns N’ Roses e di tutte quelle situazioni che hanno alzato l’asticella delle difficoltà tecniche nella storia dell’intrattenimento. Per arrivare a questo show che la spinge, ad oggi, a un livello ancora più alto.

Perché dico questo? Semplice: senza la scottatura del primo Campovolo che ha fatto capire a tutti, non solo agli interessati, che in un concerto non si può lesinare sull’audio, forse non ci sarebbe stata una tale cura assoluta del PA; entrando nei dettagli tecnici, la stessa configurazione delle regie audio, che doveva garantire affidabilità totale, è stata quella adottata dallo stesso service italiano in occasione delle Olimpiadi, il quale service, rimpiazzando gli svizzeri abituali fornitori, ha ulteriormente dimostrato di essere un’eccellenza mondiale. E il palco? Lì si è riversata l’esperienza ventennale di strutture pazzesche, molte delle quali ideate proprio per il Kom, ma non solo, perché buona parte del ferro era stato utilizzato in altri eventi di grande portata. E la gestione degli spazi cosa sarebbe stata in periodi di tensione come questi senza le esperienze, anche recenti, di eventi con migliaia e migliaia di spettatori? Dagli Heineken Jammin’ del passato fino ai recenti concerti a Imola. E potremmo continuare a lungo. Insomma, è lapalissiano: il successo della tempesta perfetta è figlio della professionalità accumulata negli anni in Italia da fior fiore di artisti e professionisti, qui coagulatasi in un punto. In un record.

E pensare che la tempesta perfetta era nata nel peggiore dei modi, con una vera tempesta mediatica, quella scoppiata contro Live Nation, che ha costretto a rivedere l’assetto produttivo. Alla fine, un po’ gattopardescamente, ma più che ovviamente, l’evento è stato messo in piedi dalla bolognese Best Union di Montebugnoli, attraverso le sue Vivaticket e Big Bang, con i professionisti di Live Nation in veste di freelance. È andata così, e un po’ dispiace non poter dare a Cesare ciò che è di Cesare... ma a volte una certa dose di ipocrisia serve a far star tutti più tranquilli.

In mancanza di dati ufficiali, il Sole24Ore parla di un incasso di circa 12 milioni (a cui devono aggiungersi i diritti per la distribuzione cinematografica e televisiva oltre a tutti i partner locali), una cifra che probabilmente non ha garantito nemmeno margini ampissimi, perché i costi sono stati davvero esorbitanti. Chissà che un giorno qualche azienda non renda trasparenti questi dati... magari secretando la voce “artista”... ma anche no. 

L’indotto per Modena e il suo territorio è invece stato valutato intorno ai 6 milioni di eurozzi (a mio avviso anche sottostimato) con buona pace di chi non ha potuto fare yoga al parco nei giorni del concerto.

Ad essere sincero, non avevo alcun dubbio sull’impeccabile organizzazione tecnica dell’evento, perché conosco fin troppo bene i fornitori ed i tecnici audio, luci e video per sapere che, se messi nella condizione di far bene, possiedono una tale eccelsa professionalità da non lasciare alcun margine neppure alla minima contestazione.

Basti pensare a dettagli come l’incredibile lavoro di customizzazione sulle coperture dei proiettori luci, o alla notizia, rivelataci da fonti davvero molto bene informate, che in una fase dello show si misuravano 108 dB in regia (a 65 metri dal main) e 110 dB a 400 metri dal palco (l’ultimo delay è a 380 metri)! Io non avevo un fonometro dietro, ma certo che alle prime note di Also sprach Zarathustra ho guardato il fonico con stupita meraviglia, perché si capiva subito che ci sarebbe stata una “lecca” non consueta. Volume a parte, conta anche la qualità del mix... ma che ve lo dico a fa’ – come si dice a Roma – in regia c’era un certo Corsellini che è come il vino toscano buono: più invecchia più migliora! Non serve aggiungere altro.

Anche l’aspetto visual, a mio avviso, ha segnato un passo avanti nella storia dei concerti di Vasco, con uno stile molto più moderno ed attuale che ha in qualche modo “svecchiato” – senza offesa per nessuno – quel leggero retrogusto vintage anni ’80 che abbiamo sempre notato nei concerti del Kom. In particolare, a me è sembrato che la situazione stessa abbia costretto i responsabili delle varie componenti sceniche – movimentazioni del palco, luci, video, pyros – a lavorare finalmente insieme in stretta sinergia, come forse in precedenza non era mai capitato. Il risultato è stato uno show a mio parere bellissimo, pur negli obbligati del suo gigantismo, con le luci di Pinna concettualmente diverse dal solito, co-protagoniste ma perfettamente calate nel palco; con contributi video e regia live moderni e curatissimi e con l’emozione da cuore in gola dei pyro finali che hanno sempre la loro grande efficacia.

Poi ovviamente Vasco: in forma come non mai, concentrato come non mai, felice come un bambino di fronte a quella meraviglia che aveva di fronte.

Sì, perché il vero spettacolo che ha reso così straordinario Modena Park è stata proprio la folla di fronte al palco che si stendeva a perdita d’occhio.

E qui nascevano i veri timori, e non solo a causa della mia latente agorafobia (che ovviamente non è la paura del service dell’Aquila!).

Infatti la vera incognita consisteva nella gestione della folla, perché 225.000 persone sono un numero esorbitante, dentro il quale può trovarsi di tutto, dal cretino al terrorista (una cosa non esclude l’altra, anzi...), dal tossicodipendente al matto. Sarebbe insomma bastato davvero poco per rovinare una meravigliosa festa come questa: ma la grandissima macchina organizzativa, che ha coinvolto migliaia di persone e decine di enti e istituzioni, anche grazie ad un bel pizzico di fortuna è riuscita a portare a casa un risultato quasi miracoloso e del tutto encomiabile. 

Lo stesso pubblico di Vasco ha dimostrato di non essere più quello degli “sconvoltoni” anni ’80, ma di essere composto da giovani e meno giovani in grado di autoresponsabilizzarsi e di collaborare: gli spettatori, trattati con cura e coccolati per quanto possibile, sono anche e soprattutto stati capaci di reciproca solidarietà e reciproco rispetto.

Forse perché sentivano di essere proprio loro i veri protagonisti di questa festa contro la paura, anche loro sentivano che Modena Park era tutto un equilibrio sopra la follia, un equilibrio che, in gran parte, dipendeva da loro.

Guido Elmi – Produttore artistico

“Ho cominciato ad ottobre – spiega Guido – a preparare la scaletta, poi mi sono confrontato con Vasco a novembre ed abbiamo messo a punto ai primi di gennaio una scaletta provvisoria ma quasi definitiva. È seguita una pre-produzione di un paio di mesi, in studio a Bologna, con uno staff ridotto, in cui abbiamo messo a posto gli arrangiamenti ed i collegamenti fra un pezzo e l’altro; finita questa fase ho mandato i file ai musicisti e ci siamo rivisti verso il 20 di maggio per le prove con la band. Infine siamo arrivati qui a Modena per le prove finali.

“Le hit sono rimaste più o meno uguali – continua Guido – perché non si possono cambiare, e questo è un concerto celebrativo, con tanti pezzi famosi: tutta la storia di Vasco riassunta in tre ore e venti minuti. Certo c’è anche qualche pezzo interlocutorio per gestire la dinamica emozionale, infatti ho cercato di alternare momenti violenti a momenti calmi o momenti romantici, ma anche a momenti di puro divertimento.

“I suoni anni ’80 a me piacciono molto, quindi sono rimasti quelli, anche se abbiamo rinfrescato qualcosa, magari cambiando la ritmica in alcuni pezzi: ad esempio Splendida giornata l’abbiamo fatta più ritmata e ballabile. Abbiamo lavorato un po’ su tutto e qualche pezzo è stato anche completamente riarrangiato.

“Abbiamo scelto solo tre ospiti che fanno parte della storia di Vasco: Curreri, Solieri e Braido.

“Sì – aggiunge Guido – mi ricordo di averti raccontato della gavetta fatta insieme a Vasco alla fine degli anni ’70 e nei primi anni ’80, quando il pubblico non sempre ci rispettava... erano tempi duri, ma grazie a quella gavetta siamo qua: oggi ci saranno 225.000 persone a sentirci... direi che abbiamo fatto bene a non mollare.

Diego Spagnoli – Stage manager, coordinatore tecnico, presentatore... etc etc...

“Il problema di questo evento – ci dice Diego – non era la sua realizzazione tecnica, ma quello legato alle incognite, perché in una situazione del genere ci sono dei fattori che non riguardano più le capacità della produzione: logistica e sicurezza erano gli aspetti più delicati. Tutto è andato benissimo, perché in un’ora il parco si è svuotato, la gente è tornata a casa, è stata molto educata, la città alle otto del mattino era già pulita. Direi quasi oltre le aspettative.

“Purtroppo – continua Diego – siamo partiti pestando una... fanghiglia non indifferente, con la polemica sul secondary ticketing... ma siamo comunque riusciti a gestire tutto bene sotto il profilo etico-morale e tecnico. Siamo anche stati fortunati, perché una componente di fortuna ci vuole sempre: il pubblico è stato bravo ad ascoltare tutti i consigli che abbiamo dato, si è comportato molto bene. 

“Ci sono stati alcuni cambiamenti nei partner tecnici, ad esempio cambiando la struttura che ha gestito i video è stato fatto un lavoro di equipe come non mai, e ci hanno guadagnato tutti: video, luci e l’immagine dello show in generale.

“Fin dall’inizio – dice Diego – non ho avuto dubbi sul lavorare con il service audio Agorà, che ho richiesto specificatamente, perché è un’azienda che opera a livello mondiale e non ha paura di niente. Il gruppo di lavoro, di cui ho parlato anche con Corsellini, era quello giusto ed alla fine è stata una scelta lodata ed apprezzata da tutti.

“Per la movimentazione del palco potevamo scegliere fra aziende portuali che lavorano su gomma oppure su rotaia, ma la movimentazione su gomma era molto rumorosa, alla fine abbiamo scelto la rotaia ed è stato fatto un bel lavoro.

“Sul palco – continua Diego – l’unica particolarità tecnica di questo evento è il controllo di tutte le tastiere di Rocchetti, adesso molto più preciso rispetto a prima. Inoltre abbiamo tenuto sul palco il minimo indispensabile e tutto il resto è stato messo off-stage. La fortuna ci ha assistito anche sul tempo, perché nei momenti fondamentali abbiamo sempre avuto condizioni buone.

“Voglio davvero ringraziare tutti coloro che hanno creduto in questa follia, a cominciare dall’entusiasmo dell’amministrazione comunale di Modena, cosciente di far parte di una cosa irripetibile.

Conclude Diego, “Vorrei raccontarti una cosa molto personale: l’ultimo minuto prima dello show sono andato sul palco a parlare col pubblico per comunicazioni di servizio, ma per me era fondamentale cominciare con un minuto di silenzio, così ho fatto un cenno di silenzio che poi, come un’onda meravigliosa, ha attraversato i 225.000, fino in fondo: un’emozione da non credere... poi ho dato il via a Frank per cominciare lo show... ed io mi sono messo a piangere come un vitello, scaricando tutte le tensioni accumulate nei giorni precedenti”.

Claudio Santucci, Cristiana Picco, Florian Boje

Giò Forma – Set design

“Lavoriamo da 20 anni con Vasco – racconta Claudio – quindi dei 40 che si festeggiano oggi, in venti ci siamo stati anche noi.

“Qui il progetto parte ovviamente dalle dimensioni. L’idea è quella di Vasco che abita un posto, precisamente il palco, il suo palco. Vasco deve diventare un gigante per farsi vedere dal pubblico e conquistarlo. Questo è uno dei cinque o sei progetti abbozzati in fase preliminare, era quello giusto per la grandezza: eravamo infatti indecisi fra una soluzione con gli schermi spezzettati e una con lo schermo unico... alla fine questa scelta comprende entrambe, visto che lo schermo unico può essere movimentato fino a diventare tre o cinque schermi.

“Nel team di Vasco c’è sempre stato il gusto della sfida, per noi come per la produzione: un edificio di queste dimensioni che si compone e si scompone era una cosa davvero nuova. Noi abbiamo ideato e seguito fino in fondo il progetto, disegnandolo completamente anche nei dettagli tecnici.

“Ovviamente progettando teniamo conto delle esigenze tecniche, ma cerchiamo di non farci limitare da queste, altrimenti si finisce per fare sempre le stesse cose.

“Ad esempio inizialmente pensavamo di appendere l’impianto audio a delle travi a sbalzo dal Layher, ma poi la profondità è diventata troppa, e sarebbe stato molto costoso dimensionare le travi in questa situazione. Così sono arrivate queste gru che non solo risolvono il problema, ma aggiungono anche un elemento scenografico: basti pensare che nel nostro primo progetto volevamo proprio delle gru sul palco come elemento scenografico, insieme al concept del carroponte.

“Qui infatti il container delle grafiche è un concept ideale, rappresenta un contenitore con cui Vasco trasporta i suoi 40 anni di musica.

“Per questo evento noi abbiamo curato essenzialmente il palco, mentre gli altri comparti, come il video e la regia dello show, che è di Peppe Romano, hanno lavorato in autonomia: questa volta siamo solo gli architetti del palco. L’emozione nel vederlo su, realizzato, è tanta, anche perché ci pare che sia venuto proprio benino”.

Danilo Zuffi – Produttore esecutivo

“La produzione – precisa Danilo – è di Best Union e di Big Bang, che si avvalgono di Rolando Rivi come promoter locale il quale ha trovato la venue e ha lavorato per realizzare qui questo evento. Noi della produzione siamo dei freelance ingaggiati da Big Bang.

Questa produzione non è concettualmente diversa da tante altre, è solo molto più grande per i numeri da mettere insieme. In uno stadio ti servono 300 transenne, qua ci sono 2.412 metri di transenne antipanico; la Polizia deve avere un corridoio centrale per far arrivare i propri mezzi in prossimità del palco in caso di emergenza, così abbiamo creato tre strade e poi un’altra che dal terzo pit va fino in fondo. Bisogna capire che 2.500 metri di transenne antipanico significano 10.000 bulloni che qualcuno deve avvitare, e per giunta in Italia non ci sono nemmeno così tante transenne, abbiamo praticamente preso tutte quelle disponibili e ne abbiamo anche fatte venire dall’estero.

“Orsogril per chilometri che bisogna mettere giù, ma anche controllare che sia messo bene, perché se la gente finisce su una transenna posizionata male può ferirsi.

“Poi il vento: un fattore imponderabile.

“Per il palco – continua Danilo – PRG, Wecreation e Stageco hanno collaborato per realizzare le rotaie che movimentano i blocchi coi video, alti ben 17 metri ciascuno: ogni mammatrone ha a bordo il proprio alimentatore e trasporta un peso notevole, perché fra schermo e pod di luci movimentati siamo a 24 tonnellate a rotaia. Alla proposta dei ragazzi di Giò Forma di fare una cosa del genere avevo risposto, come al solito, ‘non ci pensate nemmeno’... poi, alla fine, abbiamo realizzato anche questo!

“Modena è stata fantastica, il sindaco è stato qui ogni mezz’ora, la commissione di vigilanza è stata tostissima ed ha contestato ogni cosa, ma poi questa mattina tutti si sono complimentati e tranquillizzati per quanto abbiamo fatto.

“Per non parlare della sicurezza. Non so dirti di preciso quante persone lavorino ed abbiano lavorato a questo evento. Poi abbiamo ragionato molto su come accogliere nel miglior modo possibile il pubblico: come vedi tutte le torri sono numerate, c’è il centro di informazione...

“La chiusura effettiva del parco – spiega Danilo – è stata fatta solo mercoledì; fino ad allora abbiamo lavorato in zone limitate, allargando sempre di più le zone off-limits, spostando chilometri di barriere.

“Il problema del tempo necessario agli accessi per l’affluenza del pubblico è notevole, però ci sono tantissimi ingressi, tornelli e metal detector... cercheremo di fare il meglio per dare sicurezza senza creare troppi disagi. L’orario di apertura dei cancelli a questo punto non dipende più da noi, è in mano a Questura, Prefetto, capi della sicurezza e Commissione di Vigilanza; forse apriremo la sera prima. Perché qui ci sono molte responsabilità, ed ognuno dice giustamente la sua, solo che districarsi in tutto ciò è già di per sé miracoloso: il calcolo della capacità di evacuazione con le aperture di emergenza che abbiamo è per 308.000 persone, noi arriveremo forse a 230.000, non so bene nemmeno io. Camminando dal primo pit al terzo c’è tantissimo spazio, ci sono impianti sportivi, la giostra, ombra, da mangiare, c’è anche il tagadà, luoghi sicuri e di decompressione. Certo: fra tanta gente che sta insieme per così tanto tempo uno che si sente male per i fatti suoi è molto probabile... speriamo di no, ma in una città di 230 mila persone uno al giorno che sta male c’è! A quello non possiamo ovviare, ma dobbiamo essere pronti a soccorrerlo.

“Quello che posso dire con certezza – aggiunge Danilo – è che abbiamo sforato il budget da tutte le parti, oltre il credibile! Ma qui serve tutto. L’autorità che richiede 500 transenne in più, che io devo far arrivare dalla Germania, comporta migliaia di euro; se la RAI vuole altre pedane io le devo allestire, anche se sono fuori contratto... decine e decine di queste situazioni creano una cifra di spese non previste davvero molto rilevante.

“Ho fatto e rifatto decine di planimetrie – dice Danilo – abbiamo scavato centinaia di metri per le canaline per far passare i segnali interrati e la corrente, ben cinque giorni di scavi. Senza parlare dei tantissimi ponti radio di tutti i tipi.

“Hera, il fornitore elettrico, doveva incrementare la fornitura, alla fine ci hanno dato solo 100 kW a fronte dei 40 che già c’erano! Una cosa ridicola. Così dal primo giorno abbiamo dovuto usare dei generatori. Basta dire che noi stiamo usando 600 litri di gasolio al giorno solo per il cantiere, senza parlare dello show, anche se per fortuna l’impiego di luci a LED ha limitato molto i consumi.

“Insomma – conclude Danilo – è un evento di dimensioni davvero inimmaginabili, la cui gestione è stata davvero ma davvero complessa! Adesso però ci sentiamo pronti!

Laura Palestri – Tour coordinator

“Mi occupo di qualche miliardo di cose – dice Laura – diciamo che quello che in un tour normale fanno 30 persone qui ricade tutto su di me. A partire dalla logistica dell’artista e della crew, quindi il ruolo di tour manager; ma anche i conti, quindi tour accounting; poi gestione del catering; ma anche i pass; poi gestione dei biglietti omaggio; e segnalo che in una situazione del genere sarebbe già troppo per una persona la gestione dei pass, infatti in una normale produzione straniera è una cosa che gestiscono in tre.

“Non è che io preferisca accentrare – dice Laura – è che le persone che mi affiancano difficilmente sono abbastanza competenti per capire e distinguere cosa dare a chi: in una situazione come questa è un aspetto abbastanza delicato, perché rischi di dare un pass che ha degli accessi in alcuni posti in cui si possono provocare danni seri, quindi bisogna essere molto oculati, e bisogna supervisionare cosa dai a chi; qui ci sono centinaia di fornitori e collaboratori e vanno tutti indirizzati con una logica ben precisa. Poi si incazzano sempre tutti, ma va bene così, è la norma.

“Quando è stato annunciato l’evento, come prima cosa ho bloccato subito gli hotel, da lì si è sviluppata tutta l’organizzazione. Pensa che ho da gestire qualcosa come 280 camere!

“I miei colleghi sono qui dal 28 di maggio – ci dice Laura – io fortunatamente sono arrivata dopo perché ho dovuto seguire Vasco alle prove musicali a Castellaneta, dove ovviamente tutto è più tranquillo, e mi limito alla gestione degli hotel, ristoranti e sala prove, anche perché ormai ci conoscono e sanno di cosa abbiamo bisogno. 

“Arrivata qua... è scoppiato un delirio totale per quello che però sarà il concerto del secolo. Basta perdersi un dettaglio per fare dei casini non indifferenti, occorre una metodologia di lavoro molto ferrea, a me viene in soccorso una grande memoria visiva: anche se faccio un pass mi ricordo perfettamente dove l’ho messo e come l’ho fatto; ieri sera, ad esempio, stavo facendo gli omaggi per la crew e man mano che li facevo mi venivano in mente nel dettaglio le varie richieste... magari scritte per email giorni prima. Spero che questa memoria visiva mi accompagni ancora a lungo, visto che ormai invecchio anch’io e sono già a 46!

“Parliamo di numeri? Il solo personale strettamente legato alla produzione-palco conta 296 persone. Altri 360 pass per i locali, comprese le autorità, e altre centinaia per la stampa. Ovviamente bisogna aggiungere il personale che ruota intorno al palco – e parliamo di oltre 2000 persone fra vendor, partner e working – ma non è ancora finita: bisogna aggiungere ancora altre 1500 persone della sicurezza.

“In questo ruolo – continua Laura – si diventa un punto di riferimento per tante, forse troppe persone, così bussano tutti alla mia porta, alcuni anche per chiedermi se usare il bagno di destra o di sinistra... insomma facezie. Ma faccio questo lavoro dal 1991, quindi ho anche imparato a scremare e mandare qualcuno... a fare un giro...

“Un ruolo che si è creato con Vasco è quello di anello di congiunzione fra la crew dell’artista e la produzione: loro mi fanno delle richieste che io cerco di esaudire.

“Questo evento – aggiunge Laura – è un mammatrone allucinante, però ci sono la soddisfazione e l’orgoglio di lavorare a un evento unico, da record. Mi sarebbe piaciuto avere dietro l’ufficio con cui lavoro di solito, così è stato davvero stancante... ma per riposarmi ho subito il tour degli U2 a distanza di qualche giorno!”

Andrea Corsellini –  Sound engineer

“Abbiamo fatto le prove musicali a Castellaneta Marina – racconta Andrea – come sempre dal 2014, un’enorme discoteca che suona bene e che ci permette di avere le stesse pedane del palco, le stesse distanze, anche per abituare l’artista alle dimensioni. Infatti un fronte palco di queste dimensioni è davvero piuttosto insolito: 130 metri lineari, più di un campo di calcio!

“La posizione del main rispetto al palco è ottimale – continua Andrea – la sospensione con le gru, che usa un fulcro solo, non è compromessa dal vento fino a circa 45 km/h, ma oggi in prova già c’è un bel po’ di vento... speriamo che stasera e soprattutto per lo show di sabato si plachi.

“Nella band è tornato Matt Laug alla batteria, poi durante lo show si aggiungeranno Braido, Maurizio Solieri e Gaetano Curreri. Matt non usa trigger di nessun tipo, è un purista, ma ha dei suoni bellissimi ottenuti con lo stesso set dall’inizio alla fine.

“Dal mio punto di vista – dice Andrea – cambia poco rispetto ai normali tour: sono sempre a 65 metri dal PA e devo mixare. Quello che cambia è il lavoro del system engineer: in tutte le postazioni è garantito un SPL molto alto.

“Orlando Ghini, il system engineer, ha fatto un lavoro eccezionale, non solo nel progettare l’impianto ma anche nel realizzare l’installazione, interfacciandosi con tutte le altre componenti della produzione, cosa non sempre facile.

“Giustamente Pinna ha voluto la sua regia al centro, per vedere lo show, così anche io sono quasi al centro e non davanti ad un cluster, e questo certo aiuta il mixaggio.

“I cluster interni – dice Andrea – sono dedicati solo alla voce di Vasco: con questo tipo di impianto se ne poteva fare a meno, ma ormai è per noi quasi una scaramanzia ed abbiamo tenuto questa configurazione.

“La mia regia è in configurazione ‘olimpica’, cioè due banchi DiGiCo SD7 fisici, ciascuno con un solo motore; sono in parallelo, è tutto replicato, ogni movimento che faccio io si replica nello spare. Siamo insomma nel campo dell’assoluta affidabilità, e Agorà ha in questo enorme esperienza, perché l’idea di fondo è che niente può andare storto e tutto è quindi replicato, perfino il segnale che arriva ai delay: ci sono un segnale A ed un B di scorta, con i cavi che passano sottoterra senza canaline esterne. Stesso raddoppio per le outboard. Infatti ho diverse macchine esterne, anche perché non si tratta di un tour, in cui sarebbero scomode 

“Il mix viene sommato da un Teknosign, al quale invio i vari gruppi; la macchina ha 16 memorie, meter per ogni canale, tre bus di uscita; è una macchina molto bella e soprattutto sui transienti fa una bella differenza, per questo genere di musica è perfetta, a volte sembra di avere sotto mano un XL4. Anche sulla voce di Vasco usiamo il pre Teknosign, pure questo ottimo. Il segnale del microfono di Vasco è comunque sdoppiato, va al pre Teknosign ma anche ai pre DiGiCO che fanno da spare; dopo la conversione arriva qui e in insert diretto ho il Neve 33609 per una compressione veloce; poi entra nell’equalizzatore GML 8200 e rientra nel banco, assegnato a un sub-master che ha in insert un MaxxBCL con attacchi più lenti; così ho due canali: voce e voce post-compressione; se voglio più compressione senza alterare il volume nel mix, alzo la mandata al MaxxBCL. Questo è molto comodo perché, ad esempio quando canta basso, invece di alzare il post, che tira su un sacco di roba, alzo il pre, così le basse vengono fuori e si comprime tutto il rientro. Infatti ottimizzando tutte le compressioni, il livello del fader della voce ha pochissime escursioni durante il concerto, anche perché Vasco è molto in forma ed ha un’ottima emissione.

“Nel dettaglio – dice Andrea – sulle chitarre di Vince, che usa il Line6 digitale, ho messo un Culture Vulture di Thermionic Culture che aggiunge un po’ di calore al simulatore digitale. Configurazione classica su Stef, poi il Gallo imbrigliato dai Distressor, SPL Transient Designer sulla batteria, SPX2000 su batteria e Lexicon 480 su batteria e cori; il TC6000 è invece sulla voce di Vasco, chitarre acustiche, sax e riverbero dei tom.

“Ci sono molti pezzi anni ’80 e ’90, così mi sono portato una macchina che andava di moda allora, un Eventide Harmonizer, per ricreare fedelmente quel tipo di suono. I rullanti anni ’80 invece non abbiamo voluto riproporli, magari aggiungo un po’ di coda, ma il suono è costante per tutto il concerto. 

“Come ci si sente a mixare un concerto del genere? Mah... se avessi paura farei un altro lavoro. Da un calcolo approssimativo siamo a circa un milione di watt, concetto antico ma che dà un’idea. Quando si apre tutto, +/1dB fa la differenza, si sente ogni sfumatura. Credo che questo sia il sogno di ogni fonico che inizia la sua carriera, è un evento di portata mondiale. Io sono qui e mi voglio godere questo momento.

“Sono tranquillo anche perché al mio fianco ho gente bravissima, come Luca ‘Scorni’ Scornavacca, il mio fido assistente, che ha non solo doti tecniche ma anche umane molto adatte a questo lavoro. Inoltre abita a Castellaneta e veniva a lavorare a piedi!

“L-Acoustics ha inviato una sua persona interna, Maxim Menelec, per questo evento di spessore mondiale, un ragazzo giovane ma bravissimo: ha un set-up di 25 microfoni che ha disposto in altrettante zone per misurare le pressioni sonore, ed ha fatto l’analisi approfondita di ogni postazione.

“Oltre ad Orlando – aggiunge Andrea – ci sono anche Antonio Paoluzi, Giulio Rovelli, Luca Nobilini... tutti system engineer, perché il vero impianto sono le 28 torri delay. Diego Spagnoli aveva capito subito che la cosa importante sarebbero stati proprio i delay per le migliaia di persone dietro la regia, ed Agorà è stato scelto anche per questo.

Federico “Deddi” Servadei – Monitor engineer

“Tutto il monitoraggio – spiega Deddi – avviene prevalentemente tramite IEM. Sul palco ci sono poi quattro monitor Clair 12AM nella postazione di Vasco, una linea frontale di otto monitor, un monitor a testa per i due coristi ed anche dei side per andare a coprire la parte esterna del palco, ma usati in maniera poco violenta. Per cercare di contenere il volume del palco abbiamo deciso di mettere due sub a fianco della scala del batterista, per dare un po’ di ciccia nella postazione di Vasco e limitare il volume dei monitor.

“Usiamo IEM Sennheiser 2050, alcuni hanno cuffie Phonaton (LiveZoneR41), mentre Vasco ha cuffie Earfonik con cui si trova molto bene.

“La mia regia – dice Deddi – è una SD7, in mirroring con un’altra macchina in ‘modalità Olimpiadi’ per assoluta sicurezza; infatti ho doppio e triplo di tutto, dai microfoni agli IEM.

Gianluca Bertoldi, coadiuvato anche da Andrea Tesini, ha fatto un grande lavoro sulle radiofrequenze, perché la situazione in centro a Modena era molto critica, soprattutto a causa del digitale terrestre dei canali TV.

“Gestisco un’ottantina di canali, quasi il doppio rispetto al solito, ed ho anche 32 mandate stereo e una trentina di mandate mono fra i 18 sistemi IEM, quindi 36, poi 4 mandate effetti; inoltre, tastieristi e batterista usano sistemi Roland M48, quindi devo inviargli 40 canali su CAT5, sistema con cui mi trovo molto bene.

“Vasco usa un sistema microfonico Shure Axient con capsula KSM9. Il Kom vuole sentire un mix molto bilanciato, con la voce non troppo fuori: lo mixo in tempo reale, accentuando i soli... come mixare per il FoH!

“Dalle nostre postazioni non ci vediamo con musicisti e backline, quindi comunichiamo tramite talkback. I backliner sono Michele Brienza, per Stef, Clara e Frank, Nicola Trapassi cura la batteria, Fabio Nuti per Rocchetti e Cucchia, Ale Fabbri per Vincenzino. Il Kom ovviamente viene seguito da Diego, che è il capo supremo del palco.

“I primi giorni – racconta Deddi – abbiamo avuto qualche problema di sgancio con gli IEM, dovuto alle distanze, ed eravamo un po’ in panico; poi abbiamo cambiato il posizionamento delle antenne e risolto tutto.

“Andrea ha deciso di usare gli Audix sui tamburi, D6 e i5 – dice Deddi – e devo dire che sono dei bei microfoni, soprattutto con un batterista potente come Matt. Sul rullante ci sono Shure SM57 ed AKG C414 classici, chitarre con SM57 ed EV Raven sul Marshall, ma noi al palco preferiamo il suono del ‘57. Pastano ha dei Sennheiser MD421 sulla cassa per il FoH, ma noi preferiamo sempre il ‘57... Nonostante la console digitale... l’anima è tradizionalmente rock!”

Gianluca Bertoldi – RF manager

“Sono andato alle prove musicali, a Castellaneta – ci dice Gianluca – per capire quali fossero le quantità e le esigenze. Lì c’era già del materiale, e ho fatto in modo che fossero in grado di fare le prove, soddisfacendo tutte le esigenze che si evidenziavano via via.

“All’inizio di giugno – continua Gianluca – mentre ancora stavano montando le strutture, ho fatto delle scansioni nello spettro radio sul posto. Il palco non c’era ancora, avevano quasi finito di costruire la struttura posteriore. Così mi sono reso conto di quanto già fosse affollato lo spettro a radiofrequenza: era pieno di canali televisivi digitali. Ho messo subito in pre-allarme Agorà, che fornisce tutti i sistemi radio, chiedendo di poter cambiare alcuni sistemi per utilizzare un range di frequenze meno rischioso. In virtù anche del fatto che tutte le radio walkie-talkie, che sono state tra l’altro potenziate per coprire le vaste aree caratteristiche di questa situazione, lavorano su una banda che va da 400 MHz a 470 MHz. Inizialmente, i sistemi di radiomicrofoni di cui disponevo usavano la banda UHF immediatamente al di sopra dei 470 MHZ, quindi le prime armoniche potevano rischiare di interferire.

“Mi sono quindi spostato con i radiomicrofoni – continua Gianluca – su frequenze sopra i 700 MHz, rifacendo un nuovo piano. Ho dovuto cambiare fisicamente le macchine, ovviamente, sempre Shure, della serie Axient, con il range giusto. In questa banda c’era un po’ più spazio, anche se comunque non è stato semplice. Le frequenze necessarie per lo show sono 45, più altre frequenze ad esempio per la RAI... in totale circa 60 frequenze.

“Anche la RAI, infatti, utilizza dei radiomicrofoni e un paio di sistemi in-ear, per la casetta là sopra dove fanno tutte le interviste. Per non disturbarci a vicenda, ho calcolato io le frequenze anche per loro, cercando di trovare posto per tutti.

“Per quanto riguarda gli in-ear, abbiamo frequenze che vanno dai 516 MHz fino a 698 MHz, su tre range differenti, tutte Sennheiser, e ovviamente, siccome bisogna coprire una passerella lunga 125 m, abbiamo dovuto montare delle antenne là in fondo e usare un sistema abbastanza potente. Abbiamo dovuto tirare dei cavi lunghi 100 m, per arrivare fino alle antenne; le ho montate sul delay a stage left, il primo che vedi.

Sono antenne elicoidali, costruite da una ditta specializzata in apparecchiature a radiofrequenza; non sono le classiche antenne a forma cilindrica, queste sono coniche. Non è materiale usuale, infatti, per i concerti. Sopportano potenze elevate e arrivano piuttosto lontano, permettendo di coprire gli oltre 100 m di questo palco.

Anche i trasmettitori sul palco sono tutti Shure, anche quelli nella gamma da 750 MHz a 800 MHz. 

“Il sistema Axient non è propriamente una novità – spiega Gianluca – ma è piuttosto particolare: ogni microfono utilizza due frequenze, c’è proprio un trasmettitore doppio all’interno. Quando un ricevitore vede che una frequenza si sporca troppo, commuta automaticamente sull’altra; poi c’è un sistema di antenne wi-fi, che comunica contemporaneamente con tutti i trasmettitori, che commuta automaticamente la frequenza sul corrispondente trasmettitore. Un sistema bello e funzionante. Durante le prove, ho provato a forzare il cambio di frequenza al cantante, mentre stava cantando, e nessuno si è accorto di nulla. Questo sistema fa parte delle caratteristiche della famiglia Axient, di cui qui non ho solamente trasmettitori e ricevitori, ma anche l’analizzatore di spettro ed il combiner che addirittura può inserire dei filtri per eliminare eventuali disturbi nelle bande adiacenti alle frequenze effettivamente utilizzate. In più il sistema è un unico network, anche grazie a queste antenne wi-fi, fatte apposta per il sistema, dedicate alla trasmissione delle nuove impostazioni di frequenza ai trasmettitori, nel momento in cui il ricevitore si accorge che la frequenza utilizzata è eccessivamente disturbata. Le macchine si auto-sincronizzano: se cambio la frequenza sul ricevitore mentre il trasmettitore è spento, all’accensione il trasmettitore si sintonizza automaticamente sulla nuova frequenza, anche a distanza”.

Orlando Ghini – Sound designer

Antonio Paoluzi – PA engineer 

“Il progetto è partito diversi mesi fa, un progetto piuttosto complesso, anche per i tanti aspetti non secondari da coordinare con la produzione.

“Abbiamo un main al palco, chiamiamolo ‘main stage’, sollevato da due gru. È sospeso a 20 m di altezza, mentre le gru sono altissime, una sessantina di metri, ma non siamo andati più in alto con i cluster perché oltre il suono tenderebbe a perdersi. Questo, fortunatamente, è stato accettato dalla produzione, e in particolare da chi ha fatto il disegno luci.

“Il main è costituito da tre cluster identici di K1, tanto K1, e un po’ di K2, oltre ad un cluster di 18 K1SB . Esattamente abbiamo 14 K1 e 6 K2 per ciascuno dei tre cluster. I cluster interni sono dedicati solo alla voce, gli altri a fianco solo per la band; i 18 K1SB fanno ovviamente i sub, mentre il side è sempre composto da 14 x K1 + 6 x K2, identico agli altri, con il mix completo. 

“Poi abbiamo 21 colonne da tre sub cardioidi davanti al palco, fatte con i KS28. In tutto 63 cabinet. Sono posizionate ad arco fisico, sfruttando anche la forma del palco. Poi l’arco è stato anche ulteriormente aggiustato con un po’ di delay. Abbiamo anche dei front-fill, in verità parecchi: molti dV-DOSC, un sacco di ARCS, un sacco di KARA. Tra l’altro, tutto è amplificato con i nuovi LA12X, non con gli LA8.

“La parte più interessante del sistema è la piantagione di delay che abbiamo messo su. Sono 28 torri, tutte di 12 cabinet. Sarebbero dovute essere 29, ma una è stata tolta perché sarebbe andata a finire dove poi hanno messo i bagni.

“I delay sono su cinque file, rispettivamente da 6, 7, 6, 4 e 3 cluster, più due extra-side all’altezza del palco che consideriamo sempre tra i delay. Le prime due file sono di 12 V-DOSC, inclusi gli extra-side, la terza è composta da 12 K2, mentre la quarta e la quinta sono K1 + K2 , perché devono andare più lontano. L’ultima fila, in particolare, fino alla fine della parte occupata dal pubblico, deve fare 50 o 60 m, ma prevediamo gente ‘extra’ anche nella collina in fondo, e vediamo di fare arrivare un po’ di suono anche laggiù.

“Dalle misure che abbiamo fatto, se qui al mixer avremo una media tra i 100 e i 102 dB, tutto il resto dell’area avrà una media tra i 100 e i 102 dB. È stato fatto un lavoro davvero certosino. Tra l’altro è stato fatto tutto un lavoro di progettazione molto accurato su Soundvision (il software di L-Acoustics), compresi allineamenti, delay ed equalizzazioni. Abbiamo riportato tutto nella realtà, riproducendo le posizioni reali su Soundvision e ricalcolando i delay: esportando il risultato delle elaborazioni di Soundvision direttamente nelle impostazioni dei finali, tutto ha magicamente funzionato alla perfezione. Ovviamente è stato tutto verificato e tarato in maniera puntuale, però già dall’inizio, alla prima accensione, tutto funzionava come avrebbe dovuto. 

“Solo le file delay C e D, cioè la terzultima e la penultima, hanno anche dei sub, questo perché i sub appesi nel main e quelli a terra davanti al palco arrivano già parecchio lontano, anche se chiaramente non fino a 200 m. Abbiamo quindi dato un rinforzino di sub: sebbene le K2 siano full-range, i 18 pollici aiutano...

“Da segnalare la presenza della casa madre L-Acoustics qui a Modena, perché anche per loro si tratta di una vetrina non indifferente. Hanno inviato un tecnico, Maxim Menelec, che ha utilizzato un sistema di misura multi-microfonico, con il software WinMLS e 24 microfoni sparsi per tutta l’area; ha fatto delle misure molto accurate, disponendo i microfoni secondo diverse configurazioni e anche riportando il risultato nel nostro sistema di controllo: il risultato delle misure ha confermato che il suono era molto preciso ed omogeneo. Alcuni microfoni erano appoggiati per terra su una piastra di plexiglass, in modo da evitare il più possibile l’influenza del rimbalzo sul terreno che falsa irrimediabilmente il risultato delle misure, soprattutto nelle frequenze medio-basse. Un rimbalzo di circa 1 m, ad esempio (se il microfono sta ad un’altezza di circa un metro e mezzo da terra), influisce sulle misure intorno a circa 140 Hz. Per analizzare le basse frequenze, la soluzione migliore è proprio quella di mettere il microfono di misura a terra. 

“Tutti i cablaggi, di cui si è occupato Angelo “Pavarotti” Camporese, sono interrati. Anche per questo era importante la totale ridondanza, perché non c’è alcuna possibilità di sostituire i cavi. Un lavoro enorme: parliamo, solo per il PA, di 1600 metri di fibra ottica per il collegamento dallo stage all’ultima linea di delay, 5000 metri di cavo di rete Cat5, 6000 metri di cavo multipolare 8 ch per i segnali audio analogici, 8300 metri di cavo di potenza multipolare 4 ch. 

“Questa rete in fibra ottica permette di controllare puntualmente tutti i finali, infatti tutto il controllo è fatto tramite LA Network, sia per quanto riguarda i ritardi sia per quanto riguarda l’equalizzazione, mentre la distribuzione è realizzata tramite matrici generiche, in questo dei Galileo Meyer Sound, utilizzati non come DSP ma solamente come matrici. Tramite i Galileo possiamo decidere, ad esempio, dove deve andare il segnale della voce, cosa inviare ai sub, eccetera...

“Il cablaggio è stato fatto volutamente, per scelta di produzione, completamente analogico. Ogni linea di delay ha un cavo che arriva in regia. Potrebbe sembrare brutale o antiquato, ma è senz’altro il sistema più sicuro. Quindi nella fibra passano soltanto i controlli, mentre il segnale audio passa su rame. Sono state fatte delle prove per valutare l’abbattimento del segnale nelle lunghe distanze e abbiamo notato che l’attenuazione su 300 m è comunque preferibile rispetto ad una rigenerazione a metà percorso, che in digitale sarebbe inevitabile. La perdita, in termini di rapporto segnale/rumore, è a vantaggio dell’analogico. Da notare che qui non ci sono problemi di budget.

“Tutte le linee arrivano quindi qui in regia, e il routing dei segnali viene gestito tramite sei Galileo. Tutto doppio. Entriamo con una serie di cavi negli ingressi A dei finali e con un’altra serie di cavi, diversi dai primi, negli ingressi B dei finali. Per quanto riguarda i Galileo, ce ne sono uno per il main stage e due per i delay, perché per 28 delay servono 28 linee. Poi ci sono un altro Galileo per il main stage ed altri due per i delay, per ridondanza; un set è sotto UPS e un altro senza. Se manca la corrente elettrica principale c’è l’UPS, se invece dovesse danneggiarsi l’UPS allora ci sarebbe l’altro set. Se un cavo non dovesse funzionare, potrei scegliere l’ingresso B sul finale, e così via. Senza dover sostituire i cavi, l’intervento elettronico può essere rapidissimo.

“Durante lo show il controllo del funzionamento dei delay è in tempo reale dalla regia, ma abbiamo comunque due persone per ciascuna fila a sorvegliare ogni cosa fisicamente. Le file dei delay infatti si trovano in posizioni relativamente libere e abbastanza accessibili, perché sono a ridosso delle antipanico, sulla parte dietro, dove finisce il pubblico rispettivamente del primo pit, secondo pit e terzo pit”.

Giovanni Pinna – Lighting designer

“Claudio Santucci – spiega Giovanni – ha prima abbozzato poi definito il progetto; abbiamo lavorato insieme ad alcuni aspetti, come ad esempio i telai bianchi che reggono le luci, progettati da me, che sono un espediente per appendere le luci lasciando visibili le grafiche. Sotto le grafiche inoltre ho fatto fare un balconcino per tutta la lunghezza del muro con sotto delle baie con quattro Sharpy Wash330 ciascuna, in tutto 44 Sharpy dedicati solo al fondale; in ognuno dei telai, costruiti dal service luci BOTW di Giancarlo Campora, sono allocati un Mythos, due Spiider e due Q7 SGM; inoltre tutto il frame è perimetrato di LED RGB, 1200 metri in tutto.

“L’allestimento è molto ricco – continua Giovanni – gestiamo 58 universi DMX. Ma al contempo semplice, perché è un palco enorme ma molto lineare: oltre a molto materiale a terra, abbiamo i quattro pod motorizzati sotto le torri che portano tantissime luci: si tratta di quadrati di 10 x 10 metri, ed ogni rig porta 16 Mythos, 12 Spiider, due Robe Robin BMFL Spot , 10 Sharpy, quattro Sharpy Wash330 e sei Kinect Laser della ER Productions. Abbiamo inoltre tanti laser: 104 Kinect, 24 BB3 e sei grossi Tripan RGB.

“In tutto abbiamo 840 teste mobili, di cui tanti Q7; siamo inoltre riusciti a contenere moltissimo l’assorbimento elettrico con questo prodotto della ACME, gli accecatori LED BL200: usiamo 180 pannelli, grazie ai quali siamo passati dai 260 kW dei bianchi analogici ad appena 42 kW, con la stessa resa luminosa, da me testata accuratamente prima di scegliere il prodotto. Non solo fanno una luce pazzesca, ma anche strobano!

“Certamente ci sono molti proiettori sul palco – dice Giovanni – ma ho voluto evitare di mischiare troppi marchi e modelli per la stessa tipologia di prodotto. Ho mirato cioè ad una situazione uniforme nel look, nel colore, nella qualità dei fasci. Così facendo anche la programmazione è stata molto più agile e semplice.

“Ovviamente poi abbiamo tenuto conto della “sala”, cioè il parco: abbiamo piazzato 200 Robe LEDWash1200: tutte le torri delay, tranne le ultime, hanno due americane con sopra 10 LEDWash1200, programmati quasi in clone con le luci sul palco, ovviamente per coinvolgere tutti con le strobo, i colori, i chase... Questa è stata una richiesta precisa anche del management dell’artista, perché ovviamente bisogna valorizzare il pubblico, uno spettacolo già di per sé.

“Abbiamo iniziato ad allestire il 7 giugno – racconta Giovanni – ma sono realmente operativo dal 19 giugno: abbiamo avuto del tempo per fare le cose per bene, per coordinare luci, video, automazioni video e automazioni luci.

“La gestione video, che facciamo dalla nostra regia, è coordinata da me e gestita da Marco Piva che mi segue soprattutto nell’intensità dei video, perché anche i contenuti sono molto diversi. Il video è agganciato in SMPTE, una cosa che io non voglio fare nella mia regia luci, una grandMA2 Full Size con una Light come spare: non lo sopporto! L’unico brano in cui mi sono dovuto agganciare è Vivere una favola perché il pezzo inizia con la sequenza e ovviamente io devo agganciarmi subito alla partenza. Per il resto lavoro a mano. 

“Ci sono poi sei seguipersona in sala, tre in alto, anche per esigenze televisive, ed abbiamo molte macchine del fumo. Da sottolineare le bellissime coperture delle luci sui telai nel backwall, vere e proprie opere di design realizzate ad hoc da Giancarlo Campora, un lavoro che ha salvato la vita a tutti quando ha piovuto.

Nicolas Di Fonzo gestisce il d3 ed è un vero scienziato: lavora di solito per PRG ed è mostruoso.

“Lavoro da tanti anni con Vasco – conclude Giovanni – e questo è proprio il coronamento di un lungo percorso... c’è molta emozione, ma anche consapevolezza di quello che stiamo facendo”. 

Davide Furlan – Video

“Sono uno dei tre – precisa Davide – o meglio quattro, amministratori di The Alliance, un gruppo formato da tre aziende storiche nel settore del broadcast: Global Production di Torino, One TV di Padova e SBP di Roma, aziende che da decenni operano nel settore del broadcast. Ci occupiamo prevalentemente di sport, ma anche di eventi e musica.

“La particolarità di questo concerto – spiega Davide – è il connubio inusuale, nel broadcast, tra il digital cinema e le tecnologie ad esso collegate, in questo caso utilizzate per il live broadcast. Abbiamo un setup dedicato al live del concerto, con 20 camere digital cinema. Sono camere 4K di varie marche e modelli: Alexa, Alexa Mini, Sony PMWF55 eccetera. Tutte con ottiche cinematografiche. Questa è un po’ la particolarità di questa produzione, che nasce dalla richiesta del produttore di Vasco di creare un docu-film e un DVD. In seguito il management ha deciso per la diffusione mediatica del concerto. Il broadcaster RAI ha comprato i diritti e prenderà da noi il segnale di dieci brani su trenta, quindi saremo noi a fornire il segnale internazionale. Inoltre il concerto intero è trasmesso live nelle sale cinematografiche del circuito UCI Cinema. Quindi andrà in interlacciato e non in progressivo, perché purtroppo esiste un problema tecnico legato alla capacità di acquisire un determinato feed da parte dei decoder presenti nelle sale cinematografiche. Inoltre esiste un problema di fatto sui mezzi mobili che, nascendo per la televisione, nascono per la trasmissione interlacciata. Infatti un’altra scelta che è stata fatta sul look delle immagini è quella di andare sì in interlacciato ma in PSF, cioè in Progressive Segment Frame, scelta che conferisce alle immagini un effetto più cinematografico.

“Uno dei problemi – continua Davide – è dato dal lavorare con queste tecnologie ibride, chiamiamole così: noi trasportiamo il segnale delle camere all’interno del mezzo mobile utilizzando delle tecnologie low-delay, perché ovviamente il più grosso problema che si incontra nell’impostare un setup del genere è quello dei ritardi, che nel musicale sono inaccettabili. Da qui la scelta di determinati apparati che multiplexano i segnali HD con un delay massimo di 40 ms; poi utilizziamo dei banchi mixer che permettono di poter fare diversi feed a seconda della destinazione del segnale, perché esiste anche questa problematica, oltre a quella del delay: cosa far vedere al cinema? cosa far vedere in RAI? e cosa far vedere in streaming? Si fanno delle substitution table, in modo che talune camere in totale, quando vengono staccate nel program che va alla RAI, non vadano nel program per il cinema; bisogna poi trattarle con la scelta di look opportuna decisa dal video engineer, che stabilisce taratura colorimetrica, tipo di gamma... utilizzando le LUT (Look Up Table – ndr) delle camere. In più il regista ha scelto di uscire non con un 16:9 ma con un 2.35, quindi occorre un mascherino. Il segnale è 16:9 ma uscirà con due bande nere, in formato 2.35. In più c’è un intervento di colorist, in live, oltre ad un intervento di sgranatura dell’immagine per dare un effetto pellicola. Quindi c’è una ricerca molto particolare su quello che è proprio il look dell’immagine. Quindi: camere e ottiche cinematografiche per avere una particolare profondità di campo, lavoro molto scientifico sulle LUT delle camere per ottenere una colorimetria molto particolare; intervento all’interno dell’OBvan per rendere questo segnale più cinematografico possibile e, ultimo ma non ultimo come accennavo prima, una ricerca veramente maniacale per non introdurre ritardi sui segnali, perché qui abbiamo, come dicevo appunto prima, diversi program che vengono consegnati. Banalmente, la codifica audio che viene consegnata alla RAI non è la stessa che viene consegnata ai cinema, perché i cinema ricevono soltanto la codifica Pro Logic AC3, mentre RAI riceve un Dolby E più uno stereo. Le due codifiche generano dei ritardi differenti, quindi anche il video deve essere rimodulato per essere in sincrono con il sonoro. In tutto abbiamo quattro program: streaming, cinema, RAI, registrazione per il DVD/film. Un lavoro molto impegnativo, tanto che a questa produzione lavorano per noi 52 persone!

“Un’altra particolarità interessante è che il mezzo mobile che stiamo usando qui ha a bordo un banco audio che si integra perfettamente con i banchi audio del service Agorà, perché anche noi abbiamo un DiGiCo SD7 e questo ci ha permesso di semplificare le connessioni, scambiandoci tramite MADI tutta una serie di segnali e sincronismi.

“L’audio è molto particolare – concluce Davide –. Tutto quello che produce Agorà viene consegnato al fonico Nicola Venieri, il quale lo trasforma per renderlo ‘televisivo’ e lo riconsegna in 5.1 al nostro mezzo, che a sua volta si occupa della codifica e della messa in sync. L’orecchio di Nicola Venieri è necessario ed indispensabile in questo contesto”.

Utte Balestro e Francesco Rompato – La Diligenza

Noi de La Diligenza siamo responsabili per il palco, i delay e le strutture Layher  delle regie. Inizialmente abbiamo costruito il wall posteriore, poi abbiamo fatto spazio a Stageco che ha installato le rotaie e questi monoliti mobili ed ha montato anche i video. Poi, appena ci hanno dato la possibilità di operare davanti, abbiamo fatto il palco vero e proprio. In pratica, noi abbiamo fatto la parte posteriore e quella anteriore del palco, lasciando a loro quella striscia per le rotaie e per le movimentazioni.

Siamo stati abbastanza veloci nella prima parte del lavoro, perché al quarto o quinto giorno avevamo già finito il muro. Siamo entrati il 29 maggio, mentre Stageco è arrivata il 4 giugno, se non erro.

Quattro torri delay centrali, su cui ci sono i seguipersona, sono le nostre,  costruite anni fa per Campovolo, mentre per le altre 25 abbiamo chiesto supporto a Italstage.

Rispetto al palco di Campovolo, da noi realizzato, qui lo sbalzo da coprire per la sospensione dei cluster era di 25 metri: per noi sarebbe stato possibile, usando però dei strutture diverse. Purtroppo per la decisione si è temporeggiato troppo, così alla fine i tempi non c’erano più, si è quindi optato per le gru, che tutto sommato esteticamente non è neanche un brutto risultato.

Per costruire il muro hanno lavorato 12 nostre persone, poi altre 12 quando il personale di Stageco si è spostato, alle quali vanno aggiunti 18 arrampicatori e 18 facchini, richiesti alla produzione. Adesso, in assistenza, siamo rimasti in quattro.

Abbiamo installato 180 tonnellate solo per il muro, altre 70 circa per il palco, con il tavolato e tutto. Sono arrivati 18 bilici, solo di palco, oltre ai delay, arrivati però in vari momenti da Italstage, quindi non saprei quantificare esattamente i mezzi utilizzati.

 

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