Walking with Dinosaurs

The Arena Spectacular

di Douglas Cole

Ispirato dall’omonima serie della BBC, lo spettacolo teatrale Walking with Dinosaurs – ovvero “camminando con i dinosauri” – è stato portato nelle arene di tutto il mondo e, già prima di partire per quest’ultimo tour, poteva vantare oltre sette milioni di presenze nel corso delle varie tournée, dal suo debutto nel 2007.

Creato da Gerry Ryan, Malcolm Cooke e Jill Bryant e prodotto dall’australiana Global Creatures, lo spettacolo ha ricevuto diversi riconoscimenti dall’industria dello show business, compreso un premio Theatre Award nel 2007 per la realizzazione eccezionale di una produzione mobile, un Billboard Touring Award nel 2008 per i contenuti creativi ed un Pollstar Concert Industry Award nel 2009 per la produzione teatrale più creativa.
La spettacolo viaggia da città in città, fermandosi per una settimana e facendo non meno di tre giorni di spettacolo in ognuna, spesso con tre repliche al giorno.

Quest’ultima tournée è sbarcata in Europa l’anno scorso e, prima di tornare nel Regno Unito, per poi procedere in Giappone, lo spettacolo è stato portato per la seconda volta in Italia da Claudio Trotta di Barley Arts, rappresentato in tour da Giulio Koelliker e dalla sua squadra, con tappe al Mediolanum Forum di Milano, al Palaolimpico di Torino e all’Adriatic Arena di Pesaro.

Abbiamo intercettato questa notevole produzione a Pesaro, per conoscere alcuni dei segreti di questo spettacolo viaggiante, che si differenzia significativamente dalla maggior parte di altre produzioni musicali o teatrali attualmente in tour.


Elena Pantera, di Barley Arts, ci manda nelle capaci mani dell’assistente alla produzione, Amy Huckett, che ci accoglie con una genuina simpatia e ci presenta ai vari protagonisti dei reparti tecnici.
Mentre aspettiamo la fine delle prove generali, che vengono fatte ad ogni venue, Amy ci dice qualcosa della produzione vista dalla sua prospettiva: “Io lavoro con il direttore di produzione, Pete Bell, con il tour manager e con il tour coordinator, per assicurare che tutti si spostino da un posto all’altro correttamente. Sono anche responsabile dell’ufficio stampa. Ultimamente una grande parte del mio lavoro è legata ai visti per tutto lo staff, visto che partiamo per il Giappone dopo il Regno Unito. Dopo l’ultimo spettacolo in una particolare venue, riusciamo ad uscire in circa quattro ore. Il lavoro di disallestimento è diverso per tutti, perciò durante il load-out devo cercare di far arrivare tutti all’albergo man mano che finiscono.


“Al momento siamo una settantina di persone – continua Amy – ma questi comprendono anche le famiglie di diversi membri del crew. Con tournée lunghe come questa, parecchi ragazzi scelgono di portare dietro la moglie ed i figli. Questo è proprio bello da un certo punto di vista, perché crea un ambiente di comunità. I bambini piccoli in tour ci fanno sentire un po’ più una famiglia.
“Noi ragioniamo di settimana in settimana: il giorno di spostamento è lunedì e, se la venue lo consente, riusciamo ad allestire completamente il martedì, con il primo show di mercoledì. Infine smontiamo la domenica e si ricomincia. Dopo la prossima tranche di cinque settimane in UK, dovremo aspettare sei settimane che il materiale arrivi in Giappone. Gran parte del crew è americana ed australiana e non è a casa dall’estate scorsa, così quelle sei settimane saranno un’ottima opportunità di riposo. In Giappone sarà veramente massacrante, perché abbiamo già il pieno per tre spettacoli ogni giorno”.

La produzione italiana
Sempre in attesa della fine delle prove, facciamo due chiacchiere con Giulio Koelliker, promoter rep in tour per Barley Arts.
“Organizziamo questo spettacolo in Italia per la seconda volta – ci dice Giulio –. La mia squadra è la solita: Io, Matteo, Gioia e Catia. Abbiamo avuto un paio di persone in più durante il load-in e load-out. Rispetto al precedente tour di tre anni fa, ci sono una cinquantina di proiettori in più, e non solo, ma qui a Pesaro è un pochino ridotto per le dimensioni della venue.


“Nel 2010 era più difficile – continua Giulio – perché era proprio una novità ed ero andato a vederlo in Germania per capire le cose scritte nel rider, ma in fondo si tratta pur sempre di montare audio, luci e rigging. Dal punto di vista del rigging, quest’anno è stato molto più complicato del tour precedente, a causa di tutta la burocrazia che adesso va prodotta nel nostro paese. Questa è una produzione che, in realtà, va molto da sola, ma il problema più grosso sono gli spazi. Si riesce a montare completa al Forum, a Bologna, e a Torino, ma qui è un po’  ridotta in lunghezza, anche perché una grande fetta del parterre viene occupata dalla zona backstage, necessariamente molto grande.


“Loro arrivano – racconta Giulio – misurano e montano il loro pavimento della Tait, che copre tutta la superficie dove passano i dinosauri. Generalmente hanno bisogno di due giorni: in un giorno montano e nel secondo provano.
“Qui noi abbiamo dovuto fare un prerigging completo: il loro rigger, per metà del tour è stato Gana, che poi è andato in tour con Ramazzotti ed è stato sostituito. Infatti hanno un singolo headrigger in tour e ne chiedono 16 sul posto. Un lavoretto mica male, perché il grid richiede 127 punti motore.


“Lo show è proprio meraviglioso. Mi ricordo quando sono andato la prima volta a vederlo sono rimasto a bocca aperta. Nel primo tour è andato molto bene in Italia, facendo oltre 100.000 presenze. Anche questa volta a Milano è andato molto bene: vedremo come andrà il resto”.

La produzione
Alle fine delle prove, cominciamo ad incontrare alcuni dei personaggi che seguono la tournée per la produzione straniera, cominciando da Pete Bell, il direttore di produzione.
“Abbiamo 27 TIR – ci racconta Pete – 25 sono di produzione, uno è convertito in una ‘officina meccanica’ per qualsiasi riparazione, saldature, ecc, e l’ultimo è per il merchandising. Siamo partiti con le prove da Londra a luglio dell’anno scorso e siamo per strada senza sosta d’allora.


“Lavoriamo con una singola giornata di load-in, se non è un palazzetto impacciato come questo: qui abbiamo dovuto usare i cherry picker per arrivare ai punti di sospensione: ci abbiamo messo undici ore per mettere i motori, perché i punti sono a 43,5 metri dal pavimento e il grid pesa 5.259 chili. Abbiamo iniziato il giorno dopo alle 6.00 e per le 20.00 le squadre luci e video hanno potuto fare il puntamento e le proiezioni. Questa arena qui è più o meno al limite delle dimensioni per poter ospitare lo spettacolo.


“Quello che occupa più tempo per me nei giorni di spettacolo è fare l’advance per le venue successive: assicurarmi di riuscire ad entrare e programmare i load-in secondo, soprattutto, il soffitto della struttura.
“La parte più straordinaria e complicata della produzione – continua Pete – sono i dinosauri stessi e gli operatori Voodoo. Per quanto riguarda la sicurezza, la prima cosa che mi hanno spiegato quando ho cominciato con la compagnia era  ‘Stai attento, perché i dinosauri non ti vedono’. Un po’, in quel momento, ho deriso questo avviso, ma quando li vedi da vicino e facile dimenticare che vengono animati da qualcuno lontano che magari non ti vede davvero! Nel backstage i dinosauri grandi non si spostano se non stanno per andare in scena e tutti sanno i loro cue, questo evita parecchi possibili danni a persone e materiale.


“Abbiamo tappe confermate fino alla fine di agosto – conclude Pete – con più o meno nove spettacoli alla settimana. Dopo Pesaro, abbiamo nove spettacoli a Torino, dopodiché torniamo in UK per nove repliche alla settimana finché, dopo le ultime date di Liverpool, caricheremo tutto sui container per il Giappone, sperando che tutto arrivi! Non so quali specie di questi dinosauri siano in grado di nuotare!”.
 

La regia
Abbiamo avuto anche l’opportunità di parlare con Ian Waller, il resident director.
“Io sono responsabile per l’intero spettacolo dal punto di vista artistico – spiega Ian – tutto quello che si vede e si sente, dalle luci all’audio, dai movimenti dell’attore e dei dinosauri. A dirlo così sembra che tutto sia sulle mie spalle ma, in pratica, tutti sanno quello che devono fare ed io sono solo qui per assicurare che lo facciano nell’ordine corretto”.


Continua Ian: “La mia responsabilità più impegnativa è che la produzione, di paese in paese, assume un attore, che generalmente inizia senza avere un’idea di cosa sia questo spettacolo. Io devo istruirlo e dirigerlo per farlo entrare nel contesto di questo show. In questo caso ci sono due attori diversi per lo spettacolo in italiano: Carlo Caprioli ed Emanuele Vezzoli. Lo stesso vale per i pupazzieri: se arrivano nuovi, li devo istruire e dirigerli per creare uno spettacolo teatrale con quelle masse di tecnologia animatronica. Anche con luci e audio ogni venue è diversa, così prendo appunti sulle luci e gli effetti sonori durante le prove e durante la prima replica in ogni venue li analizzo insieme ai rispettivi specialisti per migliorare sempre lo spettacolo”.
 

Le luci
Per avere qualche informazione sull’illuminazione dello spettacolo e, soprattutto, sull’enorme parco luci appeso nell’arena, parliamo con l’operatore luci Nick Sholem.
“Il disegno luci dello spettacolo – racconta Nick – è dell’australiano John Rayment ed è stato programmato da Jason Fripp, anche lui australiano. Jason è stato l’operatore della tournée precedente ma, poiché lui aveva altri impegni, hanno trovato me per questa.
“Nel disegno, John ha proprio preso il metodo di illuminare la scena a zone, così c’è molto contrasto luce/ombra nello spettacolo, per aggiungere una certa naturalezza. Poi ci sono le scenografie, le isole di terra che si spostano e su cui spuntano piante ed alberi, dove usiamo un approccio molto teatrale per isolarli e per cambiare l’emozione nelle varie scene.


“È un parco luci piuttosto imponente, che implementa gli HUD Truss, perciò tutti i proiettori sono premontati ai truss e precablati. Questo lo rende molto veloce ed efficiente da spostare in tour. Questi sono i truss che hanno gambe con ruote che si rimuovono appena vengono alzati, prodotti da Upstaging, di Chicago, che è il fornitore.


“I proiettori a testa mobile sono 104 Martin MAC 2000 Profile, 68 MAC 2000 WashXB, 28 MAC III Perfomance, 24 Vari*Lite VL3000 Spot e 12 VL1000ERS Arc/Shutter, questi ultimi li usiamo specificamente per incorniciare ed illuminare i “denti” che circondano l’arco del proscenio... infatti serviva proprio un apparecchio specifico del teatro per fare questo effetto.
“Ci sono alcuni Pixel PAR come accenti e ci sono 43 barre LED da quasi due metri Color Kinetics Color Blaze 72 intorno alla scena per colorare le  ‘piante’. Di effetti puri ci sono 21 strobo Atomic 3000, che vengono usati per le diverse sequenze con i fulmini ed attività vulcanica.
“Il tutto viene controllato da una grandMA Full Size, di cui c’è anche un backup. La grandMA controlla anche altri effetti di scena, come i ventilatori che gonfiano le piante e i fiori, e che fanno volare le farfalle. Dalla regia esce in DMX è va direttamente all’impianto luci.


“Lo spettacolo prosegue in modo piuttosto standard, cue per cue. L’unica cosa particolare è che viene sincronizzata in SMPTE la sequenza con il volatile, per tenere in sincro audio, luci, video e la creatura stessa, altrimenti sono tutti cue manuali sotto la direzione dello stage manager. Sono circa 350 cue totali.
“Ci sono quattro seguipersona con operatori appesi ai truss, ma io non devo pensare a loro perché, come dalla vera tradizione teatrale, li dirige lo stage manager. La loro funzione è solo quella di garantire l’illuminazione dell’unico attore. Il lighting designer voleva per questi un colore particolare, un lavander, per rendere l’attore molto diverso e separato dai dinosauri. John ha incluso anche una serie di gobo customizzati... perciò ogni volta che dobbiamo cambiare un proiettore, dobbiamo stare attenti ai gobo.


Conclude Nick: “Nella squadra luci siamo in cinque: io alla console, il crew chief Ed Duda, e poi Willie Coster, Luke Pritchard e Tim Phillips. Usiamo un cherry picker per accedere al parco, perché abbiamo un clearance molto alto, almeno 15 metri, per evitare di avere i proiettori troppo vicini ai dinosauri grandi”.

L’audio
Hans Peter “PV” Stumpf, audio crew chief e system engineer, ci ragguaglia sulla gestione dell’audio dello show.
“Il sound designer dello show – ci dice PV – è l’americano Peter Hellinski. Abbiamo un sistema un po’ complicato, perché abbiamo circa dieci diversi sistemi di diffusione sospesi e un paio di sistemi più piccoli sui truss più lontani, più qualcuno per terra in diverse zone. Il sistema intero è gestito in zone e preprogrammato con i movimenti dei dinosauri. Perciò, quando i dinosauri si muovono nella scena, gli effetti sonori vengono indirizzati alle zone in cui si trovano, e quelle zone prendono precedenza in volume e in temporalizzazione per dare l’effetto di localizzazione.


“I sistemi sono i Clair Brothers I3, amplificati con i Lab.gruppen PLM20000, forniti da Audio Rent, in Svizzera. Gli array principali vengono integrati da diversi diffusori L3 ed FF2, mentre i sub sono divisi in sei zone intorno al bordo della scena. La console in regia è una Yamaha M7CL. Gli unici outboard che usiamo sono un paio di preamplificatori Avalon per i radiomicrofoni dell’attore. Per controllare le zone, utilizziamo una matrice Meyer LCS 3, con 32 uscite per i vari diffusori.


“Il sistema di playback che fornisce tutta la musica e gli effetti sonori dello spettacolo, a parte quelli dei dinosauri in scena, è Stage Research SFX 5.6. Quelli effetti vengono controllati dagli operatori Voodoo, triggerati in MIDI delle tastierine che hanno nelle loro postazioni, e generati dal software della MOTU Mach 5 su un computer MAC. Questi poi entrano nella matrice e vengono mandati ai diffusori nelle zone dove si trova il dinosauro appropriato: è effettivamente un lavoro di programmazione e routing abbastanza complesso.


“Per l’attore – conclude PV – stiamo usando un singolo radiomicrofono Sennheiser, con headset cardioide HSP4, ovviamente con un backup. Poi ci sono dei sistemi IEM Shure in tutti i dinosauri. Tutti i wireless, compreso quello dell’attore, passano nei sistemi Telex e Riedel delle comunicazioni, perché vengono usati più che altro per la regia. Le indicazioni dal direttore di palco vengono mandate attraverso questi IEM, oltre agli effetti sonori, per poter coordinare i movimenti con l’audio”.
 

L’animatronica
Indubbiamente, la tecnologia più notevole della produzione è quella usata per i dinosauri stessi. Ben Frost, “Voodoo operator”, ci spiega come vengono controllati i dinosauri: “Voodoo è il nome specifico dato a questo sistema. Prima di questa produzione non esisteva niente di simile. È stata un’idea nuova ed hanno dovuto sviluppare nuove tecnologie per farla funzionare.


“I dinosauri grandi – continua Ben – hanno dei telai molto leggeri e sono coperti di un materiale che permette loro di essere gonfiati. Questo gli dà l’aspetto immenso, ma con il peso di una macchina, anziché di un TIR. La pelle dei dino è tecnologicamente una delle cose più importanti. È stato sviluppato un materiale che si può gonfiare e che offre l’aspetto e il movimento di una pelle vera di un grande animale.
“Il ciclo della camminata è studiato e programmato – prosegue Ben – così che segue il movimento sulle ruote, e questo è l ‘unico movimento animato che non viene controllato da noi.

Per animare un singolo dinosauro grande, servono tre persone. Io sono un  ‘lead Voodoo’, ed uso questo sistema complesso di controlli che sembra un po’ un dinosauro in miniatura. Ogni articolazione di questo controllore qui può spostare in tre assi una corrispondente serie di snodi nel dinosauro. Così il  ‘lead Voodoo’ manipola tutti i movimenti del collo, della coda, le spalle e la testa della creatura. L’operatore  ‘auxiliary Voodoo’ controlla invece i movimenti della bocca, gli occhi e gli effetti sonori. Ci vuole un coordinamento molto preciso già solo tra questi due operatori per rendere realistici i movimenti del dino. Poi, tramite il sistema di comunicazioni, io mi interfaccio con il terzo operatore, che è il pilota del dino, al suo interno, per coordinare i movimenti della creatura sulla scena. Siamo in ogni momento anche in contatto con la regia e lo stage management.


Conclude Ben: “Lo spettacolo è così provato che è quasi come se stessimo recitando un dialogo”.
Ma quale percorso professionale porta una persona normale a diventare un “controllore di dinosauri”?
Spiega Ben: “Io, come tanti altri qui, sono un burattinaio professionista. Ho sempre lavorato con pupazzi in ogni contesto: dal vivo, in televisione e per il cinema. Essere un burattinaio comprende tutto, dal calzino con due bottoni cuciti, alle marionette, ai muppets, fino ai dinosauri telecomandati... ma i principi rimangono sempre più o meno gli stessi.
“Questa tecnologia è stupendamente responsiva: come performer, con questi dinosauri ho quasi la stessa espressività di quella che avrei anche con il classico calzino con i bottoni”.

Non a caso, nonostante l’immenso e moderno parco luci, la diffusione sonora meticolosamente distribuita su multipli array Clair Brothers e la proiezione e gli I‑Mag di Screenworks, la vera meraviglia tecnica dello show è rappresentata dalle creature stesse. I dinosauri sono costruiti ed animati in modo incredibilmente realistico. È particolarmente apprezzabile il coordinamento tra gli operatori che porta in vita le bestie.
Per chiunque sia mai stato un bambino è facile capire il continuo successo di questa produzione, con la sua combinazione di effetti speciali e copione pseudo-didattico, e chiunque abbia mai visto o vissuto il funzionamento di qualsiasi produzione viaggiante può apprezzare l’impresa che essa rappresenta. 

Pesaro, dal 13 Marzo 2013. In anteprima il video dello spettacolo.

Loading the player...


CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLA GALLERIA FOTOGRAFICA
gall icon

 

 

 

 

Clicca qui per accedere alla galleria fotografica
(15 Foto)