Radio 2 
Social Club

 Rai Radio ha vissuto negli ultimi tre anni una vera e propria rivoluzione digitale.

Radio 2 
Social Club

di Alfio Morelli

A volte pensi e progetti un articolo, poi in corso d’opera ti succede di cambiare prospettiva. Così è capitato con questo articolo: quando ho manifestato all’ufficio stampa RAI il mio interesse a produrre un articolo sulla trasmissione Radio 2 Social Club, uno dei fiori all’occhiello della rete guidata dalla Direttrice Paola Marchesini, mi sembrava un bell’esempio di come la radio, usando bene le nuove tecnologie che gli vengono proposte, possa raggiungere risultati sorprendenti. Varcata la soglia di via Asiago 10, ho incontrato Marco Tuzzoli, funzionario RAI e responsabile del settore Multimedia Ingegneria di Radio Rai, chi mi ha accompagnato in un giro nei vari studi raccontandomi un po’ la storia e l’evoluzione di Radio RAI che nasce proprio in via Asiago 10, che equivale raccontare la storia della radio in Italia. Sotto la guida di Roberto Sergio, Direttore di Rai Radio, ha vissuto negli ultimi tre anni una vera e propria rivoluzione digitale. 

Le informazioni di seguito sono state tratte dal sito della RAI.


I conduttori Andrea Perroni Luca Barbarossa.

Con il passaggio dall’URI all’EIAR, sancito dal decreto governativo n°2526 del 29 dicembre 1927, si decise la costruzione di un edificio che potesse soddisfare le esigenze di immagine e magnificenza del nuovo medium, ma che allo stesso tempo fosse progettato e strutturato per poterne permettere il massimo sviluppo tecnologico e qualitativo. Nel 1928, fu progettato il nuovo palazzo della Radio curato dall’architetto ing. Marchesi Cappai; la costruzione fu iniziata nell’autunno del 1929, terminata nel dicembre ’31. Il progetto originale prevedeva la costruzione di sette auditori. Il più grande, al secondo piano, mostrava tutta la sua imponenza: 30×14×8 metri, quasi 3000 m3 di spazio destinato all’esecuzione di opere liriche e sinfoniche: la sala A poteva ospitare circa 140 persone tra orchestrali, solisti e cori. Il secondo grande auditorium, la sala B (spazio dove viene registrato Social Club) posta al piano rialzato, era leggermente più piccola, 25×14×7 metri, poteva ospitare 120 persone ed era destinata a complessi orchestrali più piccoli. Qui ha trovato spazio il grande organo costruito appositamente per l’EIAR secondo i più moderni concetti di trasmissione radiofonica. Altri tre studi, sempre al piano rialzato, erano di dimensione inferiori: l’uno di circa 600 m3, adibito all’operetta e musica leggera, un secondo, stessa grandezza, previsto per i piccoli complessi orchestrali, quartetti, quintetti ecc. Un terzo auditorio, di circa 300 m3, era invece utilizzato per la prosa e la commedia. Il grande problema da risolvere fu quello della insonorizzazione delle sale. Nessun rumore doveva giungere dall’esterno degli studi che, nonostante la vicinanza, dovevano essere ben isolati fra loro. I due grandi auditori, per esempio, erano costruiti l’uno sull’altro. Sempre l’ing. Marchesi, al proposito: “Sono state fatte delle esecuzioni e trasmissioni di musica per banda da settanta maestri nell’auditorio A, mentre nell’auditorio B sottostante e contemporaneamente in prova un’orchestra di sessantacinque elementi. Alternando le esecuzioni, non era possibile percepire alcun suono in nessuno dei due auditori, né con l’orecchio, né con le apparecchiatura di misura”.

Il sistema usato è stato quello della doppia camera, che si è rivelato poi efficace. In un ambiente con pareti in muratura, è stata costruita una “gabbia” di legno appoggiata su cuscini di feltro e sughero a loro volta sistemati su una base di legno. L’interno della gabbia veniva ricoperto da materiale fonoassorbente con un vuoto d’aria verso la parete. Il soffitto era invece rivestito con solide tavole di legno a incastro. Mentre il pavimento poggiava su dei pannelli di legno per attutire il rumore. Tralasciando le varie evoluzioni e innovazioni che si sono succedute dal 1928 ad oggi, passiamo direttamente al 1996 da quando è iniziata la trasformazione: la sala B, destinata alla ripresa di grandi eventi specialmente dal vivo, la sala C per la prosa di alta qualità e cinque sale RS per le normali produzioni radiofoniche. Si tratta di impianti digitali ai massimi livelli tecnologici con un elevato grado di automazione delle funzioni di mixaggio e di produzione, grande flessibilità operativa e integrazione con gli apparati di registrazione multipista su hard disk. Anche l’acustica è stata rivista e realizzata dai più importanti specialisti a livello mondiale. Naturalmente a oggi, anche se esternamente la struttura è rimasta molto simile, internamente è avvenuto un cambiamento radicale dovuto dall’esigenza delle nuove tecnologie. Marco Tuzzoli dice che una terza evoluzione verso il multimediale è iniziata qualche anno fa: molti ricorderanno il lancio di Fiorello di RAI Play. Da quel momento è iniziato anche il progetto della radio da vedere, come ormai è uso comune chiamarla “visualradio”.

Facendo il confronto con altre radio, mi sembra che voi vi avviciniate più a un programma televisivo che radiofonico. Cosa ne pensa?

Abbiamo fatto tesoro dell’esperienza che ci siamo fatti nel passato – ci spiega Tuzzoli – Da via Asiago infatti la RAI ha sempre trasmesso programmi live in diretta: sceneggiati, opere, grandi concerti di classica con grandi orchestre e anche concerti rock, proprio da questi studi. Con l’avvento della nuova tecnologia digitale ci siamo permessi di proporre nuove sfide e nuovi orizzonti tecnologici. Attualmente la struttura di via Asiago è il centro stella di tutte le sedi RAI nazionali, passa tutto tramite noi. Questa modalità è stata possibile con l’uso del sistema NDI™ (Network Device Interface) protocollo aperto per Audio Video over IP, sviluppato da NewTek. Tramite la nostra regia centrale, riusciamo a essere collegati e a gestire tutte le sedi e i programmi che mettiamo in onda, a loro volta organizzati da studi multimediali. Grazie a diverse dorsali, via rete IP, in SDI con fibra e tramite circuiti terrestri ad alta velocità 100 Gigabit, riusciamo a essere in collegamento con tutti gli studi e le sedi RAI. Ad esempio la sala M di Milano, dove fanno programmi storici come Caterpillar che viene gestita completamente da qui: le telecamere PTZ e monitor di visione sono infatti comandati da una regia video di via Asiago. 

Negli ultimi anni anche la radio ha avuto una rivoluzione tecnologica, attualmente chi è il vostro ascoltatore tipo?

Anche la radio è in continuo movimento, il nostro ascoltatore non è più la casalinga, l’impiegato in ufficio o chi viaggia, oggi bisogna essere presenti su tutti i social e i device possibili, mettere poi tutto il materiale prodotto su degli archivi in modo che il nostro ascoltatore lo possa sentire o vedere in momenti diversi della giornata; come fa RAI Play.

Parlando sempre di radio, l’evento del DAB per voi a livello di qualità ha cambiato qualcosa?

Il DAB non è altro che un’evoluzione della FM, per noi qualitativamente non è cambiato niente, abbiamo sempre prodotto contenuti in alta qualità, poi era la tecnologia FM che faceva da imbuto, mentre con l’avvento della DAB anche in macchina arriva una qualità di segnale migliore. Sono un forte sostenitore delle trasmissioni IP, penso che nel futuro, specialmente con l’avvento del 5G, avremmo una nuova rivoluzione della radio.

Nel futuro tecnologico della RAI cosa ci dobbiamo aspettare?

Difficile tracciare oggi un percorso tecnologico, ogni giorno la tecnologia ci propone delle nuove soluzioni e manda in soffitta quello che avevamo usato fino a ieri. Posso solo affermare che siamo in continuo movimento e quello di cui abbiamo parlato fino ad ora sono solo i primi passi del rinnovamento. Per il momento stiamo lavorando sulla tecnologia Full IP: grazie all’uso di nuove tecnologie stiamo sondando il mercato per poter integrare, in un prossimo futuro, programmi che prevedono la realtà aumentata e virtuale integrata con le nostre telecamere PTZ. Il prossimo anno cominceremo a spostarci verso Saxa Rubra dove cominceremo a sviluppare questo nuovo percorso. Inoltre ci stiamo dotando di protocollo intercom, sviluppato in tecnologia Full IP, che integra anche un protocollo in tecnologia SIP (Session Initiation Protocol) da non confondere con la nostra vecchia società dei telefoni. Questa tecnologia ci permette di essere in collegamento diretto con tutte le nostre strutture interne ma anche di fare dei collegamenti esterni, e migliorerà di molto tutti i collegamenti futuri.

Da sx: Il regista Mauro Sebastianelli e Marco Tuzzoli, direttore tecnico.

Veramente eravamo venuti a via Asiago per parlare del programma Social Club, vogliamo spendere due parole anche sul programma?

Lo studio dove si svolge il programma Social Club è lo studio B, uno studio televisivo a tutti gli effetti, la differenza con gli altri studi è che non ci sono operatori, viene gestito tutto da remoto dalle varie regie. Anche su questa trasmissione stiamo sperimentando una telecamera mobile con tecnologia di trasmissione SDI e NDI, che ci dovrebbe permettere di portare il programma anche fuori dallo studio. Sarà una telecamera molto piccola e leggera da non confondere con la Steadicam, oggetto molto performante ma molto ingombrante, per cui serve un operatore specializzato, mentre questa è più vicina a un telefonino. Anche per i collegamenti verso l’utente stiamo vedendo altri protocolli sviluppati in tecnologia Web-RTC rispetto a i tradizionali Skype, Zoom o simili. Ritornando allo studio, stiamo gestendo il tutto tramite diverse regie: la regia video, dove ci sono anche i controlli camera remotati, una regia di ripresa audio, una regia di diffusione audio in studio, con tanto di impianto PA, visto che in tempi pre-Covid in studio c’era anche il pubblico, una regia monitor per musicisti e ospiti, una regia luci e una regia media server per la gestione dei contributi che vengono mandati sugli schermi LED, oltre la gestione del gobbo e tanti altri servizi.

Affacciandomi nella sala regia multimediale incontro Mauro Sebastianelli, regista video del programma fin dalla prima ora, che ogni giorno lavora alla diretta quotidiana in Visual radio e all’edizione in differita di Radio2 Social Club su Rai2. 

“Il lavoro voluto dalla direzione di Radio2 in questi anni ha portato all’evoluzione del programma radiofonico in una prospettiva crossmediale, per la trasmissione disponibile su più piattaforme. Inizialmente la parte video era destinata soltanto ai social media: mi occupavo di realizzare piccoli video, backstage e foto degli ospiti e dello studio, poi con il passaggio alla Visual radio il programma si è arricchito con le immagini riprese da nove telecamere remotate, posizionate in sala B. Così sono entrato nella regia video.”

Come viene prodotto e trasmesso sui vari canali il programma?

Al mattino si lavora alla diretta: Radio2 Social club è in onda dal lunedì al venerdì su Rai Radio2 anche in diretta streaming su Rai Play, dalle 10.35 alle 12. Al termine della diretta inizia il lavoro di post produzione, volto alla costruzione dell’edizione televisiva della puntata, che andrà in onda il giorno seguente alle 8.45 su Rai2”, spiega il regista video. “Per confezionare la puntata televisiva apportiamo i tagli decisi degli autori creando dei raccordi. Quei piccoli video che giravo per i social fino a qualche anno fa, oggi diventano le Social story, pillole che inseriamo nella versione tv di Social club”. “Rispetto alla scenografia, che cambia sullo sfondo e ai lati del palco, abbiamo quaranta grafiche bellissime che faccio ruotare, scegliendo quella giusta in base all’atmosfera che si crea in studio durante il live”, continua Sebastianelli. “La regia del programma punta ad esaltare il linguaggio radiofonico, per far sì che il fascino della radio arrivi anche in tv. Questo vuol dire proporre totali dello studio e dei suoi protagonisti e poi catturare sul palco i momenti più intimi, gli sguardi, esaltare l’improvvisazione: per restituire inalterate al video le dinamiche di uno studio radiofonico”.

Sicuramente una mattinata molto interessante e costruttiva, le tre ore della visita sono volate, molte cose che prima mi sembravano un po’ appannate adesso le vedo in maniera più chiara. Molto intelligente anche l’uso delle risorse: produrre un programma di “visualradio” che va a coprire un palinsesto televisivo di un paio d’ore a costi radiofonici è una soluzione geniale. Oltre ad avere incontrato e conosciuto delle nuove persone, molto gentili e professionali: la prossima volta che mi arriverà la bolletta elettrica con incorporato il canone RAI la pagherò con più consapevolezza.


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