Cavi di potenza

Approfondiamo l'installazione di diffusori con ampli integrato o esterno.

Cavi di potenza

di Michele Viola

Una tra le scelte possibili, nell’allestimento dell’impianto di amplificazione per un evento temporaneo, o anche per un’installazione fissa, è quella tra l’installazione di diffusori con amplificatore integrato oppure passivi, connessi all’amplificatore esterno tramite cavi di potenza.

Come al solito, ogni scelta presenta ovviamente dei vantaggi e degli svantaggi, e come al solito non esiste una risposta univoca, una scelta migliore in ogni caso. Qui vorrei cercare di analizzare brevemente vantaggi e svantaggi, sulla base della letteratura tecnica e dell’esperienza personale, per quel che vale.

Nel seguito, come già in apertura, indicherò con l’aggettivo ‘passivi’ i diffusori senza amplificatore integrato, anche se contengono un crossover, purché, appunto, passivo. In pratica, intendo generalmente come passivi i componenti che non necessitano di essere collegati ad una presa di alimentazione elettrica per funzionare.

Le differenze più evidenti e significative, almeno dal mio punto di vista, riguardano il peso dei box, la vicinanza fisica tra il finale di potenza e i trasduttori e la possibilità di adattare finemente, nel dettaglio, le funzioni di trasferimento dei componenti di potenza, tipicamente quelli più critici dal punto di vista della precisione della risposta. 

Da non trascurare, inoltre, la semplicità di configurazione, che comunque dipende molto dalla specifica installazione. I diffusori con amplificazione integrata sono spesso più semplici da spostare e da installare, soprattutto per piccole potenze; per contro, se gli ampli sono integrati nei diffusori occorre portare a ciascun diffusore alimentazione elettrica e segnale, oltre a un segnale di controllo (ad esempio Ethernet, o simili) se si desidera un controllo centralizzato, mentre centralizzare l’elettronica, cioè i dispositivi da alimentare e a cui portare il segnale e il controllo, utilizzando componenti con amplificatori separati potrebbe essere decisamente più semplice. L’amplificazione esterna permette anche soluzioni ibride, ad esempio con un rack per ciascun piano, o per ciascun ambiente, di un’installazione multi-piano o comunque relativamente articolata o complessa. Oppure si possono comunque collegare più diffusori ad un singolo canale di amplificazione, permettendo per esempio di ottimizzare i costi.

Il peso del box è chiaramente un vantaggio a favore dei diffusori passivi, sicuramente più leggeri rispetto a quelli con amplificatore integrato. Questo può risultare un parametro anche decisamente significativo quando i diffusori da appendere alla struttura sono molti, perché ovviamente la differenza di carico statico può risultare davvero rilevante. Aggiungere alcuni quintali su una torre o su un ponteggio può non essere un’operazione del tutto irrilevante, soprattutto quando è necessario tenere conto di altre sollecitazioni, anche essenzialmente aleatorie, rispetto al mero carico statico. Il vento, in particolare, può generare pressioni sulla copertura o comunque sollecitazioni che si traducono facilmente in un aumento di carico su parte dei sostegni; tale aumento di carico si aggiunge necessariamente al carico statico, e aggiungere qualche quintale sospeso riduce inevitabilmente il margine disponibile per sopportare le azioni dinamiche, sia per la struttura, sia eventualmente per la pavimentazione su cui questa si appoggia.

Può essere per altro meno critico, nel caso di diffusori passivi con amplificatore esterno, aggiungere il peso delle elettroniche di potenza alla base delle torri sulla cui sommità sono sospesi i diffusori, basi dove spesso sono già presenti significative quantità di zavorra. Aggiungere peso alla base o in sommità non è lo stesso: alla base spesso è più facile, dal punto di vista della resistenza strutturale.

I diffusori con amplificatore integrato, per contro, presentano il vantaggio della progettazione profondamente integrata tra finale di potenza e diffusore in sé, essendo questi compresi in un unico prodotto. Diventa quindi più semplice in qualche modo adattare finemente la caratteristica di trasferimento del finale al trasduttore, tenendo ovviamente conto anche del contesto in cui tale trasduttore è inserito, cioè cose tipo il volume di aria nel box accoppiato all’altoparlante, eventuali guide d’onda o condotti di ventilazione… Questo sembra quindi rappresentare un punto di vantaggio per i diffusori con amplificatore integrato.

È possibile adattare la risposta dell’amplificatore al diffusore anche se questi sono in box separati, anche distanti tra loro. Molti costruttori mettono a disposizione preset dedicati ai propri diffusori, da caricare nei processori di elaborazione del segnale a monte del finale di potenza, oppure coppie di ampli e diffusore ottimizzati per lavorare insieme anche se non sono necessariamente racchiusi nello stesso contenitore. In realtà, spesso il cavo di potenza può risultare di fatto un elemento critico nella catena di trasmissione del segnale, più di quanto potrebbe sembrare a seguito di un prima analisi superficiale. 

Certo nulla vieta di tenere conto del cavo di potenza tra i parametri con cui impostare le elaborazioni del processore, pre-equalizzando il segnale per cercare di annullare l’effetto del cavo, anche parametrizzando la correzione in base alla lunghezza. Questo è possibile, però, solamente se sono note con sufficiente precisione le caratteristiche del cavo di potenza utilizzato – non solo la lunghezza ma anche i parametri del circuito equivalente della linea, ovvero in pratica le caratteristiche dei dielettrici, la forma dei conduttori, eccetera. Tale correzione, inoltre, riguarda necessariamente solo le componenti lineari della distorsione introdotta dal cavo di potenza. 

tabella #: resistenza, induttanza, reattanza e attenuazione a 2 kHz per diverse sezioni di cavi unipolari in rame con rivestimento in materiale plastico.

Il cavo può infatti introdurre componenti di distorsione non lineari. In realtà il cavo in sé è un componente essenzialmente lineare – cioè, in pratica, modellabile con buona precisione, dal punto di vista elettrico, tramite resistenze, condensatori e induttanze – ma soprattutto nell’interazione con gli elementi immediatamente a monte e a valle – cioè il finale di potenza e i trasduttori – può contribuire a generare, o ad accentuare, componenti distorsive non lineari (distorsione armonica e intermodulazione) non proprio trascurabili. Se il cavo dovesse presentare una capacità significativa (per esempio nel caso di cavi multifilari intrecciati particolarmente lunghi), potrebbe addirittura portare il finale di potenza verso oscillazioni ad alta frequenza con effetti potenzialmente deleteri anche in banda audio.

Distorsioni non lineari o comunque effetti indesiderati possono anche derivare da caratteristiche magnetiche non uniformi, come nel caso di cavi avvolti su un nucleo ferromagnetico, o da interferenze tra conduttori vicini. Mi è capitato personalmente di ascoltare, dai diffusori di un tratto di impianto privo di sorgenti, il segnale proveniente da un tratto di impianto i cui diffusori erano installati in un altro piano dello stesso edificio, e i cui cavi di potenza scorrevano paralleli per qualche decina di metri. Ovviamente, questo tipo di interferenze dipende fortemente dalla qualità del cavo, oltre che dal posizionamento. Certo anche i cavi di segnale possono raccogliere interferenze, e spesso capita che lo facciano, ma solitamente i cavi di trasporto del segnale sono costruiti in modo da minimizzare tale fenomeno, in particolare sono facilmente schermati con calza metallica e bilanciati.

Per quanto riguarda l’entità delle distorsioni lineari indotte dai cavi di potenza, per una stima di massima si possono in prima istanza utilizzare i parametri resi disponibili nelle tabelle CEI-UNEL per i cavi di trasporto dell’energia elettrica. La norma tecnica CEI-UNEL 35023, in particolare, si occupa di valutare la caduta di tensione sui cavi di trasporto dell’energia elettrica e permette di valutare resistenza e induttanza dei cavi elettrici in funzione delle dimensioni, della tipologia (rivestimento in plastica o in gomma, conduttore in rame o alluminio) e della posa in opera.

Per dare un’idea, un cavo da 2,5 mm² lungo 35 m, a 2 kHz mostra una perdita di oltre 1 dB: niente di terribile, ma tutt’altro che trascurabile.