Analogico e digitale - terza parte

Tecnologie per lo studio di registrazione...

di Livio Argentini 

 

Dopo aver parlato, a grandi linee, di mixer e di convertitori, prima di cominciare a pensare come organizzare elettronicamente il nostro studio, parliamo un poco di un argomento molto controverso e molto attuale: le valvole.

Espongo subito chiaramente la mia opinione: quella delle valvole è, a mio avviso, una moda assurda e senza nessuna ragione, né logica né tecnica.

Però, è un fatto, molto spesso si sente dire: “Ho provato un pre valvolare, quanto suona bene!”, “Questo compressore a valvole è eccezionale”, ecc.

È possibile? Ci può essere una spiegazione logica?

Sì e no.

Cominciamo con un esempio. Supponiamo che normalmente guidiate il vostro bellissimo coupé turbo a quattro ruote motrici; un giorno vi fanno guidare una Balilla (bellissima auto storica, per altro) e quando scendete dite: “Ma questa Balilla tiene la strada meglio del mio coupé!”. Beh, è meglio che non andiate a raccontarlo troppo in giro, anche perché ovviamente non può essere vero. Portate piuttosto la vostra macchina dal meccanico, ché sicuramente avrà qualche cosa fuori posto.

La stessa cosa vale per uno studio di registrazione: se siete veramente convinti (al di là delle mode) che un apparecchio a valvole suoni meglio di un moderno dispositivo a stato solido, analizzate gli altri componenti dello studio per individuare dove può essere il difetto, che senz’altro c’è.

Partendo dal presupposto tecnico che un sistema valvolare non può essere nemmeno lontanamente paragonabile ad un sistema a stato solido, analizzeremo dapprima le differenze dal punto di vista strettamente tecnologico, poi vedremo se ed in quale caso possa esistere qualche vantaggio nell’utilizzo di sistemi valvolari.

Tubi a vuoto

Stato solido

Alta impedenza di uscita

Bassa impenza di uscita

Risposta in frequenza molto ridotta

Riposta in frequenza molto estesa

Scarsissima risposta all’onda quadra

Ottima risposta all’onda quadra

Forti rotazioni di fase nella banda audio

Basse rotazioni di fase nella banda audio

Alta distorsione armonica

Bassissima distorsione armonica

Distorsione per intermodulazione alta

Intermodulazione inesistente

Alta temperatura di esercizio

Bassa temperatura di esercizio

Alimentazione ad alta tensione

Alimentazione duale a bassa tensione

Alimentazione riscaldamento catodo

Filamento catodo non esistente

Rendimento molto basso

Rendimento medio/alto

Bassa o nulla capacità di pilotare linee lunghe e cavi con alta capacità

Ottima capacità di pilotare linee lunghe e cavi con alta capacità

Altissima figura di rumore

Figura di rumore medio/bassa

Caratteristiche molto variabili in funzione della temperatura e molto difficili da compensare

Caratteristiche molto stabili e facilità di compensazione

Ingombro elevato

Ingombro molto contenuto

Miniaturizzazione impossibile

Facilmente miniaturizzabile

Non utilizzabili in cabinet chiusi

Utilizzabili in cabinet chiusi o anche stagni

Vita di funzionamento breve e forti variazioni delle caratteristiche in funzione dell’usura

Vita molto lunga con caratteristiche stabili poco dipendenti dall’usura

Alta incidenza di rotture

Minima incidenza di rotture

 

Dalla semplice tabellina in questa pagina si intuisce facilmente l’assoluta impossibilità di comparazione tre i due sistemi; praticamente in nessun caso, infatti, la valvola è in grado di fornire performance che si avvicinino a quelle di un sistema a stato solido.

Un particolare importante è la differente risposta all’onda quadra.

In figura 1 possiamo confrontare le risposte ad un’onda quadra: in rosso il segnale originario, in verde l’uscita di un amplificatore a stato solido, in blu l’uscita di un amplificatore valvolare.

Nel disegno gli effetti sono un po’ esaltatati (ma non troppo) per semplificarne la comprensione.

Analizzando la forma d’onda fornita dall’amplificatore a stato solido si può notare che, grazie alla sua risposta in frequenza molto estesa, il tempo di salita (figura 1 bis) è molto basso, quasi uguale all’originale con un piccolo arrotondamento sul vertice superiore, mentre il tracciato superiore appare orizzontale e questo indica una piena risposta sulle frequenze basse fino alla continua. Uno stadio di questo tipo praticamente non apporta alcuna variazione al segnale amplificato.

Al contrario, a causa della scarsa risposta alle alte frequenze il tempo di salita di un amplificatore valvolare appare estremamente lungo mentre il tracciato superiore inclinato sta ad indicare una caduta di risposta sulle frequenze basse. Se proviamo a sovrapporre le due forme d’onda (figura 2) vediamo chiaramente che un sistema a valvole si perde una bella porzione di segnale. È importante notare che, una volta attraversato il dispositivo, questa porzione di segnale è ormai persa per sempre e non esiste alcuna tecnologia capace di ripristinarla. Esiste, è vero, qualche sistema di correzione, che è in grado però di fornire solo una scarsissima imitazione, senz’altro peggio del difetto.

Analizzando invece un segnale sinusoidale a frequenza molto alta (figura 3) vediamo come il sistema a stato solido, aumentando la frequenza, comincia ad attenuare il segnale che però rimane perfettamente sinusoidale, senza distorsione, mentre nel sistema valvolare l’attenuazione è proporzionalmente molto maggiore e la forma d’onda è molto distorta, tendendo ad assumere la forma di un dente di sega. Questo amplificatore avrà un suono molto scuro, con una scarsissima risposta ai transitori, notevolmente difforme dal suono originale.

Abbiamo ormai capito che è assurdo inserire un sistema valvolare in una catena di amplificazione di qualità, tantomeno durante le delicate operazioni di mastering.

Ma, allora, quando si possono usare le valvole per produrre qualche cosa di utile?

Personalmente sarei portato a dire “mai”, ma per la verità non è proprio così.

In un primo caso si potrebbe pensare di utilizzarlo per compensare altri difetti come, per esempio, un tweeter con un forte picco di risonanza (figura 4). In qualche raro caso due difetti possono tendere ad annullarsi reciprocamente, almeno in parte. Attenzione, però, perché spesso invece si sommano. Sarebbe molto più professionale e saggio individuarli ed eliminarli; è sempre da evitare la correzione, anche parziale, di un difetto con un altro difetto. Nel caso particolare sopra menzionato, è vero che i due difetti tendono in parte ad annullarsi, ma comportano d’altra parte un grave problema: se si utilizza un preamplificatore valvolare sul microfono, o quantomeno nella catena di registrazione, monitoreremo in modo (si fa per dire) corretto attraverso i nostri diffusori non perfetti, ma andremo a registrare un segnale non lineare. Quando ascolteremo con un monitoraggio corretto il programma risulterà povero di frequenze alte e scarso di transienti.

Un ambito in cui i sistemi valvolari possono andare benissimo, anche se questo esula un po’ dalla registrazione, è quello della creazione di suoni (chitarra elettrica, basso ecc.). In questo caso il suono è prodotto da un connubio tra strumento, amplificatore ed altoparlante. Catena di amplificazione ed altoparlante, in pratica, sono parti integranti dello strumento stesso, come le corde, e servono a creare un suono particolare, non riproducibile con un semplice strumento acustico. Questi tre componenti – strumento, amplificazione ed altoparlante – sono volutamente non-lineari, e per questo creano il suono caratteristico particolare di ogni strumento. La maggior parte di questi strumenti utilizza ancora oggi amplificatori a valvole perché sfruttano le loro caratteristiche di non linearità, distorsione, tempi di attacco, ecc. La cosa più corretta, in questo caso, sarebbe quella di registrare con un microfono posto davanti agli altoparlanti, così da registrare esattamente il suono che l’esecutore ha creato con quel suo particolare strumento; però molte volte questo, specialmente in studio, non può essere fatto per vari fattori esterni: rumore di fondo dell’amplificatore, acustica della sala, vicinanza di altri strumenti ecc. Spesso, quindi, ad esempio, il basso viene registrato con connessione elettrica diretta via cavo, perdendo però gran parte delle sue caratteristiche sonore particolari. I bassi elettrici, privati del loro particolare amplificatore/altoparlante (in pratica, non avendo una cassa risonante, rimangono solo le corde ed il trasduttore) tendono, logicamente, ad avere tutti il medesimo suono. Utilizzando effetti valvolari (equalizzatori, compressori ecc ), si può, almeno in parte, ricreare un suono caratteristico simile a quello originario dello strumento.

Un ulteriore proficuo utilizzo riguarda l’effettistica, dove non occorre ricercare la qualità pura: essendo uno stadio creativo, tutto è permesso purché piaccia. Citando un vecchio film western: “L’unica regola è che non ci sono regole”.

Prendiamo come esempio un compressore di dinamica. Il compressore perfetto è, purtroppo, una pura utopia, per cui non si può far altro che cercare di ottenere il miglior risultato possibile. Il compito di un compressore è quello di ridurre la dinamica senza falsare il suono, senza che si avverta l’effetto della compressione. O, perlomeno, questo è il suo utilizzo “serio” (nel mastering, ad esempio).

Spesso, però, il compressore è utilizzato come effetto. In questo caso possono essere sfruttati i peggiori “difetti” di queste macchine: tempi di attacco e di rilascio troppo lenti o troppo veloci, variazioni della risposta in frequenza con la posizione dei controlli, compressioni differenti sulle varie bande di frequenza, ecc. In questa funzione creativa i molti difetti delle valvole possono quindi essere sfruttati in modo utile. Occorre fare molta attenzione, comunque, a non usare mai questi apparecchi quando si vogliano preservare le caratteristiche fondamentali del segnale originario, come tipicamente nel mastering.

Uno degli obiettivi di questa serie di articoli è quello di chiarire alcuni aspetti sulla realizzazione di uno studio di registrazione, eventualmente poco conformista ma studiato per ottenere il massimo della qualità possibile con i mezzi che la tecnologia attuale mette a nostra disposizione. Dopo aver effettuato una rapida carrellata sulla qualità delle apparecchiature più controverse, nel prossimo articolo cominceremo a trattare la pratica della realizzazione vera e propria.