Subsonica - Tour Estate 2021

La storica band torinese, in tempi pre-pandemia nota per viziare i fan con strabilianti produzioni, sfida le restrizioni di capienza, le venue e i festival esterni, i budget ulteriormente ristretti e la configurazione di mezza-produzione per portare al proprio pubblico in tutta la Penisola un concerto retrospettivo.

Subsonica - Tour Estate 2021

di Douglas Cole

Sempre promosso da Vertigo e portato in tournée dal direttore di produzione Mirco Veronesi, il tour estivo di Subsonica quest’anno è stato un impresa intensa per una squadra tecnica tra le più stabili, in termini di personale, di tutto il panorama italiano. La tournée di 26 date, caratterizzata da un calendario impegnativo con molteplici back-to-back e diversi “back-to-back-to-back” è stata concepita sempre con la filosofia fondamentale della band di dare il massimo al proprio pubblico. Negli anni precedenti questo significava offrire lo spettacolo più impressionante possibile per un prezzo di biglietto proletario, quest’estate si è tradotto nel fare il massimo numero di date possibili in tutto il paese, per permettere ai propri fan di godersi almeno un concerto, nonostante i ben noti fattori attuali rendano impraticabile una produzione mozzafiato.

Abbiamo avuto la fortuna di assistere alla tappa all’Arena Lido di Rimini, dove la produzione locale è gestita da Control Room e Matteo Chichiarelli. Questo fatto prestava un’aria ancora più di famiglia alla serata, visti i legami della produzione in tour, della produzione locale e della band stessa all’ormai rimpianto locale Velvet, nelle colline riminesi, una tappa importantissima nella storia professionale di tutti gli interessati. 

La banda viaggia con solo backline, monitoraggio e regie, con materiale audio del fornitore storico Big Talu Music Service di Guido Costamagna. Incontriamo la crew sotto il sole alla darsena di Rimini e chiediamo come affronti questo tipo di tour, cominciando dal fonico, Cipo Calliari.

Marco “Cipo” Calliari – Fonico FoH

“Questo giro – dice Cipo – è di circa venticinque date, una roba abbastanza seria, insomma, e senza limiti di chilometraggio. Ci sono degli spostamenti abbastanza allucinanti, ma con questa situazione non possiamo stare a fare troppo i raffinati, dal primo all’ultimo della piramide. 

“Giriamo, un po’ come tutti quest’estate, con una mezza produzione. Per fortuna è stato scelto di fare un tour ‘elettrico’ anziché uno ‘acustico’, quindi un tour vero, al completo e senza compromessi a livello musicale. Viaggiamo con il materiale sul palco, le console e, essenzialmente, nient’altro.

“Troviamo il PA e le luci sul posto – continua Cipo – e non so se questo periodo ha fatto bene, ma ho trovato un livello più accettabile del normale in termini di materiali. In passato con la mezza produzione si trovavano situazioni piuttosto mediocri, mentre questa volta, a parte rarissimi casi, troviamo materiale molto buono. Anche oggi, per esempio, c’è un PA Kudo di L-Acoustics (fornito sul posto da Imola Audio Scene – ndr) impostato bene, con sette elementi per lato.

“La difficoltà principale di questo tour con l’audio è che, siccome la gente è seduta, la piazza la fa la sedia… c’è la volta che è troppo larga, la volta che è troppo lunga per l’impianto residente. Sistemare un impianto per 1000 persone sedute e distanziate richiede una copertura molto maggiore che per 1000 persone accalcate su per giù sotto il palco. A volte si ragiona un po’ male, mentre qui, a causa della larghezza della platea rispetto al palco, hanno aggiunto un paio di casse per riempire i lati dell’impianto main. Non mi sentirei di chiedere di più… non è il momento di chiedere di tirare su due punti motore per far salire dei side, non solo non fai amici, ma i conti poi non tornano… tutti stanno facendo fatica ad arrivare in pari, adesso. 

Siamo abituati a vederti dietro una console un po’ più larga...

Nei palazzetti ancora ci permettiamo di portare una XL4, ma per una tournée più snella e rapida, da un paio di anni uso una Soundcraft Vi3000. Questo è per ora il mio banco digitale preferito. Lo dico non perché lo conosco particolarmente bene rispetto ad altri, ma perché mi piace il sound rotondo e corposo. Sono un uomo vecchio e analogico; non posso dire che sia un suono analogico, ma senz’altro lo ricorda molto. Non ha 100.000 possibilità di routing, ma per come lo uso io – mixando un po’ alla vecchia – è molto più che sufficiente da questo punto di vista.

Siamo splittati in MADI dallo stagebox e Sem controlla i guadagni, perché lui ha delle problematiche completamente diverse dalle mie e tanti mix da fare, mentre io ne ho uno. Però su questo ci mettiamo d’accordo, perché dire banalmente che il gain è molto importante per tirare fuori i suoni, conoscendo il banco… so che certe cose devono essere spinte in una certa maniera, come la cassa con cui bisogna dare tanto al preamplificatore. 

Anche i tuoi consueti rack di outboard in regia si sono trasformati in una singola unità.

Questa è la novità da due tournée a questa parte: il RealTime Rack di Universal Audio. Io non parlo mai di plug-in e cose del genere, questi plug-in mi piacciano veramente tanto, hanno proprio un bel suono. Non uso tante cose. Ho due compressori molto leggeri sulla batteria: non una compressione parallela, ma una doppia compressione. La batteria va pari pari su due gruppi, di cui uno è compresso con il classico SSL e l’altro con il Transient Designer. Poi ho una compressione leggerissima Neve 33609 sul master, questa davvero leggera, perché mi piace molta dinamica in uscita, altrimenti il concerto non è più emozionante. 

Uso i due riverberi simulazione dei Lexicon 224, uno sulla batteria e uno sulla voce, e ne sono molto soddisfatto: sono piuttosto profondi e non vanno via troppo come succede spesso con i riverberi digitali “farlocchi”. 

In realtà, gli effetti Lexicon all’interno del banco non sono proprio una meraviglia, per cui utilizzo il mono delay ma per il resto preferisco usare la Universal Audio.

Tutto ciò che ti arriva è suonato o ci sono tante basi?

È veramente tutto suonato… se togliessi io le basi, non dico che non te ne accorgeresti – secondo il brano – ma quasi. C’è una batteria completamente ripresa, chitarre anche, come pure il basso… le tastiere, certo, sono segnali elettronici ma buona parte sono tastiere analogiche: Moog, una Ace Tone – roba veramente di altri tempi – e non sono segnali così scontati in termini di dinamiche. Poi ovviamente ci sono dei suoni virtuali di tastiera che sono abbastanza spianati. 

La band sta suonando parecchio bene, usando molti cori, con un bel groove e una bella dinamica e io sono terrorizzato dall’idea di schiacciarla troppo. Infatti, nel primo concerto in cui ho messo il compressore sul master, mi pareva che qualcosa non andasse e ho cominciato ad alleggerirlo piano piano, finché era giusto appena inserito e dava solo un bel suono, aprendo un po’. La compattezza e il carattere sonoro arrivano da loro, io sono qui quasi a fare il guardiano… detto così sembra che rubo il compenso, ma l’idea è quella.

Cosa ti arriva specificamente?

La batteria arriva tutta a pezzi singoli: la cassa con due microfoni, entrambi dentro come piace a me. Di solito uso un Beta91 e un D112, che mi piace molto come accoppiata, ma in questo caso qua, siccome questa cassa è veramente molto ricca di basse, il D112 era eccessivo e avrei dovuto scavare troppo, perciò ho deciso di mettere un SM57 insieme al Beta 91. Faccio dei bei suoni singoli, poi li accoppio e trovo il ritardo giusto per comporre un suono bello pancioso. Tre rullanti, due tom e due floor, niente di particolare in termini di ripresa, i soliti Shure SM57 e Sennheiser e609. 

Per il basso ho due canali, uno pulito e uno distorto, entrambi in DI. 

Mi arrivano due canali di tastiere: uno stereo dal pianoforte e un mono dall’AceTone e Moog, che fanno solitamente dei riff solistici. 

Poi ci sono i soliti quattro canali di basi, uno stereo di basi molto scarne, essenziali. Poi due canali di cori che sono più di colore, perché loro stanno cantando molto in questo concerto. 

La chitarra ha un ampli con due microfoni – uno per ogni cono – ma sono mono, li apro solo per aggiungere spazio.

In totale sono poco più di trenta canali… riesco a fare entrare tutto in un layer di fader, mettendo un solo fader per le coppie stereo. 

Questi vecchi synth in tournée non tendono a dare qualche problemino di rumore? 

Beh, l’AceTone un po’ – per di più passa attraverso dei pedalini analogici da chitarra e ogni rumore è amplificato. Il nostro backliner Matteo (Sanna – ndr) è molto in gamba a contenere al massimo queste problematiche… e il resto lo fa il gate. 

Poi, nonostante la console, continui a mixare come con l’XL4?

Ormai prendono in giro tutti perché mixo proprio da capelli bianchi… non ho scene di nessun tipo. L’unico gruppo che ho è quello della batteria. Parto con i canali e mixo con le mani sui fader come fosse un banco analogico. Dall’altro canto, moltissimo del lavoro, come sempre, è fatto sul palco. Ho un ottimo rapporto con la band e cerchiamo di aggiustare quanto possibile il suono sul palco in modo che io possa riposare! Scherzo, ovviamente, ma credo che il suono debba essere a posto là, io dovrei solo trasferirlo al pubblico. Chiaramente non è sempre completamente fattibile, ma cerchiamo di lavorare così quanto possibile. Se senti il mix che fa Sem sul palco, praticamente è uguale. 

Poi per le uscite, se non mi chiedono specificamente qualcosa di diverso sul posto, esco con un L/R. Magari durante la serata mi interfaccio con il PA man se voglio abbassare un po’ i sub. Magari per l’equalizzazione faccio qualche prova usando il banco e poi, invece, chiedo che gli aggiustamenti vengano riportati sull’impianto, per evitare problemi di fase ecc. Io penso che se tutti hanno fatto un buon lavoro alla base, soprattutto il suono degli strumenti sul palco, non ci dovrebbero essere momenti in cui si devono tirare su o giù i sub.

Preferisco, fra l’altro, utilizzare le uscite analogiche, perché anche lì questo banco ha il suo proprio suono.

Michele “Sem” Cigna – Fonico di palco

“Affrontiamo queste date – spiega Sem – con una squadra abbastanza rodata: Cipo è con loro dall’inizio e io da poco dopo, dal ‘99. Il backliner Tony (Lionetti – ndr) è con noi dal ‘99, come me, mentre gli altri due, Matteo Sanna che cura sequenze e tastiere e Rudi (Rodolfo Di Monte – ndr) che segue chitarre e basso sono qui sicuramente da più di dieci anni. Con una squadra così non c’è proprio più bisogno di dire le cose tra noi, e questo fa veramente tanto. 

“Ci portiamo dietro il backline e tutto ciò che si trova sul palco – console, trasporto, IEM, wedge – l’unica cosa che chiediamo sono la corrente e i sidefill. È un gran lusso perché ogni giorno l’unica cosa che devo tarare da zero sono i sidefill.

“I monitor sono dB Technologies DM15TH, gli IEM sono tutti Shure PSM1000, mentre i radiomicrofoni sono tutti Shure QLX-D, sia i radiomicrofoni sia i bodypack. 

“I mix – continua Sem – sono cinque in-ear, cinque wedge e un L/R per i sidefill. I wedge sono sempre attivi, ma non vengono usati così tanto nel modo tradizionale: servono per dare un po’ di pavimento, vibrazioni ecc, perciò li tengo un po’ scuri per evitare di sporcare troppo il suono per Cipo. Poi può succedere che Samuel ha un problema con le cuffie e deve usare solo i wedge, nel caso non ci sono problemi. I sidefill vengono usati solo per un rinforzo, c’è quasi un mix vero, musicale, in modo tale di avere un suono di palco più omogeneo possibile, anche qui per cercare di dare dei rientri a Cipo che siano equilibrati… per esempio, da un lato del palco ci sono tanti microfoni mentre dall’altro non ce ne sono e questo potrebbe complicare il suo lavoro; se però i rientri sono omogenei, lavora meglio”.

“Il coordinamento delle frequenze è curato dal mio assistente Federico Losi, che è bravissimo. Usa RF Explorer insieme a Wireless WorkBench e, fin adesso, non ci sono stati problemi… vedremo stasera... siamo al porto, forse ci entrerà qualche comunicazione della Guardia costiera in cuffia… ma spero di no”. 

Vedo anche sul palco una Soundcraft Vi3000.

In realtà usiamo le Soundcraft da un po’. Sono passato dal Profile al Vi3000 e devo dire che mi trovo molto bene per quanto riguarda il suono. Come banco digitale è di concezione un po’ più vecchiotta, suona molto bene, ma non si possono fare determinate cose in termini di routing e giri di segnale, che sul palco sarebbero abbastanza importanti. A suo favore, invece, ha delle funzionalità di snapshot fenomenali; le snapshot si possono fare in modo molto selettivo: è possibile fare il recall del singolo canale sul singolo aux senza impazzire mettendo tutto in safe, ecc. Uso le snapshot solo per l’IEM di Samuel, mentre gli altri sono tutti PFL e senza snapshot. Secondo me è abbastanza controproducente fare snapshot sul palco quando si usano gli IEM, ma direi anche con i wedge, perché si interviene troppo sul modo di suonare dei musicisti… influisce sull’interazione tra loro. Con Samuel, ho le snapshot ma principalmente per i cambi di livello sulle sequenze e poco altro. La voce sicuramente no: si segue con le mani sui fader. 

Il banco ha proprio un bel suono e le sorgenti sono proprio di alto livello, perciò il lavoro diventa relativamente facile. Una cosa molto simpatica è che ha la porta Dante e la porta MADI supplementare in parallelo, così si possono fare registrazioni multitraccia simultanee su due computer diversi tramite MADI e tramite Dante. Questo mi dà una ridondanza sulla registrazione che è comoda con queste temperature, quando i computer possono soffrire molto. 

Stai usando qualcosa esterna al banco?

L’unica cosa che ho come outboard, che uso per me e Cipo, è il generatore di Wordclock Black Lion, una scatolina piccolina che fa da master clock per sala e palco. Abbiamo notato che effettivamente cambia un po’ il suono, con il basso che viene più in avanti e altre migliorie. Abbiamo avuto la fortuna delle prove con i banchi in sala prove e abbiamo potuto verificare per qualche giorno l’efficacia di questo clock, magari non negli ascolti sul palco ma soprattutto per il suono in FoH. L’unica cosa è che abbiamo dovuto realizzare un collegamento BNC apposito nel multicore. 

Cosa puoi raccontare dei QLX-D? 

Vanno benissimo. Il suono, come qualsiasi sistema radio, è ovviamente diverso dal microfono cablato, ma funzionano bene. Samuel è sempre rimasto legato al suono del 58, purtroppo dico, perché a me piace anche come lavora con le radiofrequenze Sennheiser, ma ovviamente quell’opzione non è possibile con quella capsula. Quindi siamo vincolati da questo – in ogni caso i radio Shure lavorano benissimo. 

I ricevitori escono in analogico e comunque dobbiamo fare un po’ di giri con i segnali. Samuel, come sapete da tanti anni, usa due microfoni attaccati, uno pulito e uno con gli effetti. Abbiamo main e spare di entrambi. Già lì sono quattro canali di radio. Il segnale dal secondo microfono deve tornare sul palco alla postazione di Samuel, poi passa attraverso tutti i suoi effetti e viene rimandato qua. Per questo usiamo l’uscita bilanciata del ricevitore, perché la pedaliera di Samu ha già un piccolo preamplificatore all’interno. Poi abbiamo quattro canali di RF per i bodypack, per poter avere il cambio rapido di chitarre e, caso mai, per avere uno spare. 

Quali auricolari state usando?

Sono Shure SE535 per chitarra, tastiere e basso, mentre Ninja (batterista – ndr) usa gli Earfonik e Samuel usa i LivezoneR41 Gaia. Io uso Earfonik generalmente, ma ho anche un paio di Gaia per quando imposto le cose nell’allestimento e nelle prove. Ma parto sempre con le Sennheiser HD25 come cuffia base per stendere i mix, poi mi sposto su Duetto K-Array, Earfonik e Gaia per aggiustare.

Come mai ci sono dei microfoni dinamici davanti ai sidefill?

Sì, questa è una cosa particolare: ho due SM58 posizionati un po’ a caso a fianco ai sidefill che riprendono l’interno del palco, per dare a Samuel po’ di sporcizia del palco, insieme al pubblico che viene ripreso nel modo consueto. A lui piace sentire il palco e non sentirsi così isolato. 

Ma… non è una cosa complicata cercare di dargli ascolti da IEM, side e wedge, ma con side, wedge e pubblico tutti ripetuti nell’IEM?

Diciamo che è un lavoro di EQ abbastanza raffinato – sono tagliati molto sotto e sopra e lavorano nelle medie frequenze: gli SM58 che sono girati verso il palco sono tagliati a 416 Hz passa-alto e a 11.000 Hz passa-basso, poi sono anche scavati nelle medie a 750 Hz per togliere il nasale. Questi sono anche pan-pottati verso destra e sinistra per dargli l’ampli di chitarra, basso e batteria nelle posizioni destra e sinistra. In più, messi lì vicino ai side riprendono anche un po’ di rientro dalla sala. Lo so che sembra una follia, ma ogni anno nelle prove cerco di pulirgli il mix quanto possibile e farlo bello e preciso, e lui poi mi dice “ma, no… è un po’ troppo pulito. Mi manca quella sporcizia della sala prove”. Poi mi tocca trovare soluzioni, e questa per lui funziona bene, alla fine. Ogni tanto do un’occhiata alla fase, ma lavoriamo in un range così ristretto di frequenze che non ci sono problemi di fase. Gli ambienti che danno sul pubblico, invece, sono tagliati a 150 Hz sotto e a 10 kHz sopra, per dargli la pasta dell’applauso.

Davide Pedrotti –  Lighting designer/operatore

“Con Subsonica in questo giro – spiega Davide – la scelta è stata di non portare niente a seguito, a parte la console luci: una grandMA3 usata in modalità MA2, e speriamo a ottobre di passare alla modalità MA3. 

“Per ogni data abbiamo una richiesta tecnica di base, che a volte viene rispettata per filo e per segno, a volte meno, e spesso c’è materiale completamente diverso. Mi tiene il cervello allenato ed è una sfida. Per altro è una situazione tecnicamente tranquilla. Lo show è stato fatto completamente su Wysiwyg, perché non ci sono state le prove con l’allestimento; perciò sono arrivato alla prima data, l’ho clonato sui proiettori presenti e siamo partiti.

“Lo show è abbastanza dinamico, come sempre con Subsonica, ma questa volta ancora di più. Hanno fatto una scaletta molto particolare, con pezzi abbastanza ricercati, quindi ci sono dei momenti estremi e altri momenti più tranquilli e intimi. Veniamo da un momento precedente che era tutto palazzetti, effetti, video, automazioni… per poi arrivare qui con trenta fari e basta”. 

Cosa chiedete, specificamente?

Chiediamo un rig assolutamente standard, perché siamo consci del fatto che così sia più probabile trovare veramente quanto richiesto. Chiediamo tre americane con otto wash, otto spot e quattro strobo, oltre a una ventina di proiettori a terra. I numeri poi variano di data in data. Subsonica fortunatamente fa un genere che non necessita di un’illuminazione un po’ – passami il termine – “patinata”, nel senso che è molto misto con elettronica, molto intenso, perciò si usano moltissimo i tagli da terra. Su questo non mollo l’osso finché non li otteniamo. 

Oggi c’è la particolarità che le tre americane non ci sono, c’è solo il back. Fortunatamente abbiamo avuto un’integrazione sulle pareti Layher e riusciamo lavorare lo stesso. Comunque, con Subsonica, anche avendo qualsiasi cosa io desideri, chiedo fondamentalmente il controluce. Ci saranno dei momenti un po’ diversi dal solito, ma non penso che ci saranno problemi. 

Qual è la differenza tra lavorare con 30 proiettori anziché 300? 

Con 300 pezzi, ovviamente, hai molta più escursione dinamica nella costruzione di un brano. Con 300 pezzi ci si può permettere di fare cose studiate e particolari. Invece con 30 o 40, anche se sul visualizzatore si possono creare le cose belle e studiate, arrivi sul posto e se arriva un colpo d’aria che porta via il fumo può sembrare di aver perso del tutto il segnale DMX. 

La questione è proprio di riserva dinamica: se faccio la band con gli otto spot, non è che posso togliere l’illuminazione per poi usarli come effetti. 

Alcune cose vengono fatte qui in modo più semplice, perché non avrebbe senso fare delle cose pazzesche che poi non hanno proprio la potenza di rendere bene. 

È in ogni caso un bel ripartire. Per me è come tornare indietro di qualche anno, ma con l’esperienza di aver usato in precedenza i 300 pezzi. La cosa che mi piace di tutti questi giri che stiamo facendo attualmente è che tra band e produzione si crea un clima nel quale viene chiesta ovviamente la massima professionalità, ma c’è anche più distensione. È una cosa positiva: si lavora sotto pressione, ma è una pressione giusta e non quella dove perdi il sonno di notte. Stiamo seguendo artisti che hanno nomi rilevanti, quindi sì, c’è molta elasticità e nessuno avrebbe da ridire con noi in queste situazioni, ma è anche compito nostro non fargli mai aver niente da obiettare. Anche nei giorni in cui trovi situazioni meno fortunate, bisogna far bagaglio dell’esperienza e assicurare quelle quattro o cinque cose che assolutamente non possono mancare. Mi sono capitate un paio di date con dei rig piuttosto curiosi, ma con la conoscenza della band e dei brani sono riuscito a dare quello che serviva. 

I fan di Subsonica, abituati a delle produzioni complesse, cosa pensano quando trovano un palco così semplificato?

Io credo che il fan capisca che dopo un anno e mezzo così è praticamente un privilegio poter venire a un concerto, e secondo me anche il pubblico ha la percezione che anche la band si mette in gioco con quello che c’è. La cosa che mi piace di quest’estate è che, eliminati l’I-Mag, le movimentazioni ecc, la musica parla.

Forse questo periodo farà riflettere qualcuno per stare più attenti agli investimenti, rispetto a prima. Nessuno si sbilancia, giustamente. Sicuramente si tornerà a produzioni importanti e, spero, al più presto. 

Infine, raccontaci un po’ della nuova società.

Blearred nasce da una collaborazione iniziata con Jordan Babev diversi anni fa, quando lui lavorava molto a Londra e ha aperto una società lì. È nata per un’esigenza di tenere un canale aperto verso l’Italia. Da quel momento abbiamo lavorato presentandoci un po’ come ente unico. Poi, spinti dall’esigenza di darci una collocazione reale, abbiamo aperto la società a Milano. Siamo tre soci: Jordan, io e Ivan Russo. Io e Jordan siamo tecnicamente più simili come mansioni, mentre Ivan si occupa molto di più della parte tecnica/amministrativa grazie alla sua esperienza da crew chief. Abbiamo aperto la società con l’intento fondamentale di avere uno studio di lighting design… una di quelle cose molto più normali all’estero rispetto all’Italia. Adesso vedo che altri giovani del mestiere stanno creando situazioni simili, e la vedo una cosa molto positiva. La trovo una cosa importante, perché si riesce gestire molto meglio il mercato interno e, una volta che si abituano a questa dinamica, è possibile mostrare al cliente che è anche un vantaggio per loro lavorare sempre con lo stesso nucleo di persone. 

Partendo da questo principio e unendo i nostri portafogli abbiamo costituito questo studio. Non è andato inizialmente benissimo, perché abbiamo fondato la società proprio 20 giorni prima del lockdown. Adesso le cose si stanno riprendendo e il punto di partenza è questo. In questo momento ci stiamo occupando di Pezzali, Nannini, Coma_Cose, Subsonica e la parte estiva del tour europeo dei Manneskin. In alcune di queste situazioni, cerchiamo di intercambiarci ed esserci sempre; nella situazione per esempio di Pezzali, siccome c’erano molte date, abbiamo optato per mettere un operatore, Andrea Arlotti – lighting designer, in realtà, che per questo tour fa l’operatore – una persona con cui ci piace collaborare.

Siamo molto soddisfatti; come dicevo è tutto partito dal nulla; poi questo mese di maggio sono arrivate quattro o cinque telefonate, ci siamo guardati e abbiamo detto: “Perfetto, usciamo da casa e torniamo a settembre”. Si lavora tanto e stiamo seguendo una grande varietà di artisti – storici e nuovi – e di stili e tipi di spettacoli completamente diversi.

Lo show

Subsonica all’aperto con un pubblico seduto è un’esperienza nuova e sorprendente. L’idea retrospettiva si presta bene allo show visivo più spartano e tutto funziona, anche grazie ad un’apparente voglia di suonare da rock band che emana dal gruppo sul palco. Diversamente dai precedenti tour caratterizzati da concetti tematici e palchi particolari, questo concerto punto maggiormente sul contatto umano con il pubblico, con più momenti parlati e una scaletta che va a pescare anche alcuni brani deep cut dalla loro discografia. Forse la mancanza di grandi effetti scenografici spinge inconsciamente i musicisti a compensare con un’ulteriore spettacolarità musicale. Forse, invece, sono più in grado di dare il massimo personale sul palco senza le costrizioni di tempismo dettate dalla regia, necessarie quando vengono usate movimentazioni, contributi sincronizzati ecc. 

Niente da criticare a livello audio; l’impianto è idoneo alla piazza e, con il cielo sopra e il mare in fondo sala, infatti, si è sentito forse con più nitidezza di quanto siamo abituati a sentire la band nei palasport. Per quanto riguarda le luci, Pedrotti è riuscito a presentare una sorprendente varietà di look con i pezzi che aveva a disposizione e, anche se l’impatto fotonico non è stato paragonabile alle grandi produzioni precedenti, ogni botta era al suo posto. 


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