Mika - Revelation Tour

A supporto del recente disco inedito, My Name Is Michael Holbrook, pubblicato a ottobre, il cantante/showman cittadino del mondo è partito subito per una tournée europea a novembre. Lo show è caratterizzato da una produzione accattivante, facile da modulare in base alla venue e di grande agilità.

Mika - Revelation Tour

di Douglas Cole e Giovanni Seltralia

Mika, per l’appunto nome d’arte di Michael Holbrook Penniman Jr., è un vero e proprio fenomeno della musica pop: ha esordito nel 2007 ma la sua popolarità è ancora in costante crescita. Un artista di successo ormai “di casa” sia in Europa continentale sia nel Regno Unito; essendo cresciuto tra Inghilterra e Francia in una famiglia veramente internazionale, Mika in questo decennio di carriera ha pubblicato canzoni in italiano e in francese – oltre che, ovviamente, nella lingua franca del pop, cioè in inglese – e partecipato in TV come mentore e giudice nella versione italiana di X Factor e nella versione francese di The Voice, oltre ad aver condotto un proprio speciale televisivo su Rai 2, Stasera casa Mika, aggiudicandosi il Premio Flaiano per il miglior programma televisivo del 2016. Mika è stato poi ospite a Sanremo ed è comparso in innumerevoli media italiani: è perciò naturale che le tranche nel Bel Paese rivestano un ruolo importante nelle sue tournée. 

Presentato in Italia da Barley Arts, il tour attuale si intitola Revelation, e prima di finire toccherà otto paesi europei con un calendario di una quarantina di date, con altre già annunciate per l’estate del 2020. Con la produzione esecutiva dell’inglese 24-7 Productions, la tournée gira sotto la direzione di Tori Lucion, con audio fornito da Adlib, luci di Christie Lites, una parte del palco al seguito costruita da Brilliant Stages, e – che sorpresa – niente video. 

Il lighting designer e co-designer della scenografia è Vince Foster, che finalmente conosciamo di persona dopo aver visto tantissimi suoi progetti negli anni, come quello de La Sesión Cubana di Zucchero qualche anno fa. Alla console di sala si trova Eric Spring, da otto anni al seguito di Mika, assistito al FoH dal PA engineer Billy Bryson, per Adlib. Alla regia di palco, a mixare i monitor, c’è Laura Davis e a controllare le sequenze e gestire le patch dei musicisti c’è Luke Oldham. 

Noi siamo capitati al concerto del 29 novembre all’Unipol Arena di Bologna, una data in mezzo ad altre cinque nella stessa settimana, in cinque diverse città.

La famiglia di Barley Arts.

La produzione Italiana

Ci accolgono calorosamente Andrea De Matteo, Cristina Trotta, Francesco Comai e Jacopo Rossi per Barley Arts, che ci danno alcuni dettagli del tour. 

“La produzione straniera è molto tranquilla – comincia Andrea –; a noi sono richiesti il palco, le pedane, il gruppo elettrogeno, mentre al seguito portano la passerella, gli elementi scenici, il pavimento colorato, e le pedane per il palco. Il palco base è fornito oggi da Massimo Stage, ma già a Roma da Italstage, e da altri fornitori in altre date. Ci sono sei camion di produzione, più uno nostro; il materiale richiede quaranta facchini circa, compresi i locali.

“La produzione si sta trovando bene con noi, perché siamo molto preparati nel far fronte alle commissioni di vigilanza, e se c’è qualcosa da sistemare lo facciamo prima che se ne rendano conto. Per noi la Commissione non è un peso, è a favore del pubblico: poi ogni tanto si trova il soggetto più rigido, ovviamente, che conosce poco il mondo dello spettacolo. Se non si segue bene questo aspetto, se manca anche solo un certificato, poi ricade tutto sull’artista e sullo show: in Italia spesso la legge viene interpretata, più che applicata, e questo può portare a problemi.”

Come è organizzata la squadra per lo show?

Questa produzione entra non prestissimo, verso le 7:00 della mattina, e decidiamo di città in città dove è necessario un pre-montaggio. A Torino siamo entrati direttamente con il palco alle 6:00 del mattino, mentre ad Ancona il giorno prima. A Roma, dove serviva il ground support, avevamo una squadra locale che stava allestendo mentre eravamo ad Ancona. Viaggiamo in sleeping bus: siamo noi due, Jacopo Rossi come assistente di produzione, Marta Mirabelli come responsabile dei camerini, Thomas Morandi come head rigger più cinque rigger al seguito. Poi, sulle date con pre-montaggio, c’è Stefano Dal Vecchio, come side, per prepararci il cammino.

I rapporti con la crew internazionale?

Loro sono piuttosto gentili – interviene Francesco – ma bisogna dire che sono stati preparati a dovere in pre-produzione su tutti gli aspetti che avrebbero trovato in tour. Non ci sono state sorprese: questo aiuta nella fiducia reciproca, soprattutto con molte date vicine e back-to-back.

Claudio Trotta - Titolare Barley Arts

“Mika lavora con noi praticamente dall’inizio. La prima volta che ho sentito un suo brano, Grace Kelly, nell’ufficio del suo agente Alex Hardee, l’ho subito richiesto. È una persona speciale: molto intelligente, appassionato e leale. Questo spettacolo unisce una capacità teatrale e personale di coinvolgimento del pubblico senza enormi scenografie, senza schermi; sposo la sua scelta di non avere il video, come già abbiamo scelto di fare nella produzione di We Will Rock You.

“Il pubblico di Mika unisce tre generazioni: abbiamo spesso nonne, mamme e figlie; è un concerto in cui si balla molto, ma che non rinuncia a momenti soffusi, intimisti. I musicisti sono pochi, così lui ha tutto questo spazio davanti in cui muoversi: è bravissimo sul palco e ha ancora un grande margine di crescita; con lui abbiamo fatto di tutto, da produzioni con orchestra a spettacoli solo voce e pianoforte, e tutti sono riusciti.

“È un artista ancora giovane ma con una carriera solida; il primo concerto fatto con lui fu spostato dai Magazzini Generali all’Alcatraz, e passò la giornata ad aggiungere elementi, oggetti, in una sorta di visione circense. È un uomo di spettacolo, in tutto e per tutto.

“Facciamo questo lavoro da quarant’anni, e non ci adeguiamo a vederlo solo come un business. In particolare, oggi abbiamo voluto che ci fossero i biglietti nominativi, anche se la legge non c’era ancora: secondo me la gente comincia a capire.”

Tori Lucion - Direttore di produzione

“La fase di preproduzione – ci racconta Tori – è cominciata intorno a inizio estate, in termini di direzione artistica tra Mika, sua sorella Yasmine, e Vince. Vince ha viaggiato diverse volte tra UK e Firenze per parlare con loro e capire dove volevano andare. Le cose hanno incominciato a prendere forma ad agosto e abbiamo cominciato ad avere sulla carta la prima definizione del look, poi c’è stata una seconda, una terza… una venticinquesima definizione fino a quello che vedi qui. 

“In origine era molto più grande: per le prime versioni sarebbero stati necessari almeno dieci bilici. Rendere più snella la produzione è stata una necessità: tantissime date in pochissimo tempo, con una squadra non molto grande. È stata una decisione di ‘tourabilità’ più che una considerazione relativa al budget. 

“Per l’allestimento, siamo andati a LS Live Production Park, a Wakefield, una facility incredibile: c’è un grid enorme con un tetto altissimo, corrente, un parco per la costruzione… tutto insomma. Il palco, la scenografia e l’elevatore sono stati costruiti sul posto e spostati dentro. Abbiamo passato molto tempo nell’assicurarci che quello che costruivamo fosse ‘tourabile’. Fra i tanti special pensati, l’unico rimasto nello show è un cuore di circa quattro metri, gonfiabile, che esce dal pianoforte nell’ultimo numero.

“Oltre ad Adlib e Christie, come fornitori abbiamo camion di Fly by Night, bus di Phoenix/Beat the Street, palco di Brilliant Stages/Tait e catering di Bite”. 

In quanto tempo riuscite ad allestire?

Tipicamente, quando riusciamo arrivare in tempo, cominciamo alle 7:00, con i primi camion. Il technical stage manager, George, è un genio e ha tutti i camion sotto controllo. Perciò siamo pronti a cominciare a fare rumore sul palco tra le 14:00 e le 15:00. Abbiamo un elemento di pre-rigging, per le truss luci sopra e di lato, e le due truss per le scenografie, ma questo è tutto.

È un calendario molto pieno?

Il tour è lungo ma diviso in diverse tranche molto intense. Finiamo in Italia il 3 dicembre e poi abbiamo 10 giorni di off. Poi cominciamo da Bruxelles, spostandoci in Francia fino a Natale. Poi usciamo di nuovo il 23 di gennaio con altre due tranche che passano per Lussemburgo, Italia di nuovo e infine degli show a Utrecht in una serie di club. La produzione è scalabile, passando da sei camion a uno ogni paio di settimane. Infatti, siamo usciti dalle prove con sei bilici di produzione combinando in un singolo camion quello che serviva per tre date nei club, per poi riunirci agli altri camion per le prime date nelle arene, cominciando da Pau, in Francia. La crew che avanza in queste date ha semplicemente il giorno libero.

Cosa richiedete dalla produzione locale?

Chiediamo ovviamente il palco, le transenne, le chiamate locali, muletti, internet, asciugamani, runner… Poi ovviamente, in particolare in Italia, serve aiuto per navigare nel campo minato di quanto riguarda la sicurezza pubblica e del lavoro – Andrea è stato un enorme aiuto in questo senso. È la mia prima tournée in Italia come direttore di produzione ed è stata una passeggiata… avevo sentito storie terrificanti, ma la produzione italiana ci ha spianato la strada, in questo senso. Fino adesso in Francia e in Italia è stata facile.

Vince Foster - Lighting designer

“In questo tour – ci dice Vince – svolgo il ruolo designer luci, co-designer della scenografia e operatore. Mika ha dovuto modificare la squadra di produzione e John Pryer, di 24-7 Productions, mi ha chiesto di salire a bordo. Ho detto subito di sì, perché la musica mi piace e Mika stesso è molto teatrale nella sua presenza sul palco… mi ispirava come sfida. 

“L’idea del video è stata subito esclusa: parecchi artisti hanno bisogno di quel tipo di supporto, ma Mika proprio no. Devo dire che con Mika sul palco si potrebbe avere uno show vincente con due luci, con mille luci, con una scenografia immensa o solo un fondale: lo show è proprio lui. Ha una presenza energica e costante ed è molto coinvolgente già da solo. 

“La scenografia fisica – continua Vince – è composta da dipinti originali della sorella di Mika, ovviamente ingranditi e stampati. Quando ci hanno fornito i disegni originali, li abbiamo inseriti in un programma di CAD 3D per avere un’idea di come sarebbero venuti sul palco. Secondo Mika, doveva risaltare l’idea di un blocchetto di schizzi, con dei riferimenti alla copertina dell’ultimo disco.

“La disposizione dei pezzi è su due diverse truss per fornire un po’ di profondità: sulla truss davanti ci sono Saturno, il gorilla e il David, mentre gli altri sono su una truss più arretrata. Una volta determinate le posizioni, era una questione di posizionare luci direttamente sotto e sopra e in angoli dai quali riuscissimo a illuminarli in colori diversi uno dall’altro. Abbiamo deciso di fare lo show solo con proiettori motorizzati, perché il calendario è fitto e con poco tempo per il puntamento quotidiano.

“In termini di luci, lo show ha dei look molto teatrali, ma rimane anche uno show pop: a Mika piaceva l’idea di avere molte luci di taglio, così ci sono queste americane triple sovrapposte con dodici proiettori ciascuna sui lati. Questi proiettori sono fondamentali per creare diverse prospettive di ombre e di profondità. In uno show come questo si è limitati da quello che deve essere illuminato sul palco, ma non si possono mettere dei punti luce proprio nel riquadro perché sarebbero d’impiccio per la visuale di tutti i pezzi di scenografia. Il gorilla è alto undici metri, il David otto metri e il pianeta è di circa quattro metri di diametro, mentre la mano è l’oggetto più grande – circa dodici metri di altezza. È una sfida fare passare tutta la luce intorno e in mezzo a questi oggetti. In particolare nelle venue meno belle (o meno alte) di questa, dove le costrizioni di altezza causano problemi con gli angoli dai quali riesco illuminare i pezzi di scenografia”. 

Una delle matrici di 12 Ayrton Khamsin appesi su tre americane sovrapposte a ogni lato.

Che proiettori avete scelto?

Ho solo quattro tipologie di proiettore: l’Ayrton Khamsin, un ibrido a LED con un bel wash, un bel beam e un fascio da usare come spot; poi c’è il GLP JDC1, una strobo LED che uso per illuminare il fondale, come blinder, e per illuminare intorno – il tilt è motorizzato, perciò alcuni di questi punti servono entrambi ruoli; poi ho gli X4bar20 per formare tutto il perimetro della rampa; e gli Ayrton MagicBladeFX su palco, passerella e in alto.

È tutto completamente a LED, gli unici proiettori a scarica sono i due seguipersona in FoH.

In uno show teatrale, sei soddisfatto con il colore e il bianco che ottieni dai LED?

Assolutamente! Le problematiche di una volta con le sorgenti a LED, in particolare la pendenza a scatti del dimming alle basse intensità, non è più evidente e la qualità della luce che erogano i Khamsin è eccellente.

Hai programmato tu, presumo? 

Sì, ho programmato tutto io, con Hog4, che è semplicemente la console che ho sempre usato. Le console sono dei RoadHog – quelli più piccoli – e arriviamo alla capacità necessaria aggiungendo dei processori DMX DP8k. Sono circa 32 universi sullo show. 

Trentadue universi? È più di quanto si immagini con un palco del genere e solo pochi tipi di proiettori!

Beh, bisogna tenere in mente che un singolo Khamsin ha 64 canali, un MagicBlade 46 canali, un X4bar20 conta 88 canali e un JDC1 68 canali… se fai i conti, ci si arriva velocemente. 

Ho programmato tutto in timecode, solo per poter sincronizzare al battito tanti dei piccoli accenti della musica; inizialmente nelle prove ho programmato anche le luci chiave per l’artista, ma le ho tolte subito quando abbiamo cominciato a lavorare davanti al pubblico: Mika non si fa limitare dai cue. Ho liberato tutte le key light dal timecode per poterle alzare quando lui decide la posizione. Il timecode arriva dalla regia di palco. 

Con i JDC1 hai anche la possibilità di fare degli effetti pixellati o eye-candy? 

Sì, sto usando tutte le loro potenzialità, come per gli X4bar e i MagicBlade. Bisogna ricordare che, nonostante la mancanza di video e la scenografia fisica statica, è anche uno show pop a tutti gli effetti, perciò ci sono tanti effetti dinamici, tanti fasci a mezz’aria…

Da sx: Billy Bryson, PA; Eric Spring, fonico FoH; e Laura Davis, fonico di palco.

Eric Spring - Fonico FoH

“La band comprende una batteria da cinque pezzi – ci dice Eric – basso diretto più un bass synth su tre brani, chitarra elettrica e acustica da un Kemper e con una gran serie di pedali, tastiere da MainStage e da una Nord. Mika suona il pianoforte in qualche brano, ma in questi tour in arena preferisce muoversi e non essere legato al piano. 

“Luke Oldham, sul palco, controlla le sequenze e le patch via MIDI, così che i musicisti possono semplicemente suonare e non devono occuparsi dei suoni. Mika vuole che siano liberi sul palco e senza ingombri tecnici. Allo stesso tempo rimangono flessibili sul momento: per esempio, sulle tastiere, Luke ha fatto in modo che il musicista avesse dei parametri sempre sotto controllo manuale, per poter effettuare cambiamenti di filtri sul synth o sui delay in modo live. C’è il timecode che arriva dal palco per gli effetti luci sincronizzati, ma le dimensioni della band e lo stile non richiedono sincronizzazione da nessuna parte nell’audio o sul palco. Alla fine ci sono circa 45 canali in ingresso, gestibili con un singolo SDRack.

“Durante le prove musicali in agosto – racconta Eric – solo con la band e Luke, è stato più che altro curato l’equilibrio tra la voce e i cori nelle sequenze. Il tastierista è nuovo su questo tour, ma avendo lavorato all’ultimo disco ha dovuto creare tantissime patch e rendere più snelli gli arrangiamenti per farli funzionare bene dal vivo. Il direttore musicale, Tim – il chitarrista – e il bassista lavorano con Mika da tanti anni e hanno la stessa filosofia: le sorgenti sul palco sono le migliori possibili e il segnale deve essere costante tra una serata e l’altra.

“Quando loro hanno perfezionato questa parte, io ho registrato un multitraccia della band e l’ho portato a Parigi dove ho passato una giornata rapida in uno studio di produzione per mettere insieme un’idea dello show; poi ho cominciato a programmare off-line cosa sarebbe successo nel mix durante lo show”.

“Il microfonaggio è piuttosto standard, ancora una volta basato sulla massima qualità della sorgente in ingresso – e per qualità intendo il segnale con cui è più facile lavorare in una sala come questa. L’unica scelta particolare in termini di microfoni è sopra il rullante: un Beyerdynamic M 201”.

Come gestisci il mix?

Seguendo la stessa filosofia del DM: mi focalizzo molto su riprese e sorgenti. Per esempio, controllo meticolosamente la fase dei microfoni della batteria, un fattore che cambia ogni giorno secondo le piccole variazioni nelle distanze del setup e l’accordatura del rullante. Oltre a questo, confronto i segnali del soundcheck con i multitraccia precedenti per individuare problemi quotidiani. Questo è il punto di partenza. 

Poi faccio un’equalizzazione di base direttamente sui canali e li raggruppo in 12 submix. Ogni submix passa attraverso il Waves Rack, con diversi plugin per dare colore o armoniche. Con questi lavoro poi come se fossero canali in un mixer analogico.

Fai molto uso dei plugin, allora?

Nonostante io sia un fonico da studio da sempre, e adori i processori analogici, per la filosofia di minimizzare le variabili utilizzo solo il Waves e non altre outboard analogiche, tutto già sincronizzato in fase prima di qualsiasi mixaggio. Mandare fuori segnali con ulteriori conversioni, sfasamenti e latenza sarebbe un controsenso. Non ho i miei attrezzi preferiti, ma i plugin offrono una costanza pressoché perfetta e oggi ci sono delle ottime scelte – basta non esagerare. Io provo a non usarne tantissimi, anche se alla fine non sono pochi. 

Per esempio, la voce di Mika viene ripresa dalla capsula Sennheiser MD 5235 e trasmessa con un SKM5200. Il ricevitore è l’EM 3237 dal quale prendiamo l’uscita analogica. Questa entra direttamente nel preampli DiGiCo, e per la prima volta in questo tour ci sono quelli a 32 bit. 

Da qui, mando quello che considero il suo canale d’ingresso nella console – ho uno spare che entra su un canale separato e mantengo questo pronto per entrare facilmente nella stessa catena. Generalmente i parametri sul canale dopo il guadagno rimangono quasi immobili. Rilancio questo canale fuori al Waves Server, dove nella prima posizione ho un’arma segreta, il WNS noise reduction plugin, che è come un gate ma è variabile in frequenza. Questo è il mio tentativo di ottenere un segnale il più simile possibile a una voce pulita, infatti rimuove piatti, rumori dal palco e dal pubblico. Ho dei de-esser che sposto in diversi punti della catena in base alla sala… stasera il primo di questi è secondo nella catena. Dopo questo il segnale entra in un SSL per un po’ di scultura del tono, ma c’è pochissima equalizzazione: ho un passa-alto e un limiter molto duro e molto veloce solo per quei momenti nei quali Mika veramente preme, forse taglierà 2 o 3 dB. Dopodiché si passa in un CLA2 per la compressione e da lì in un altro de-esser e, finalmente, in un R-Box che congela tutto quello che ho fatto prima in una singola voce. 

Da qui, il canale torna in un altro canale della console. Ogni cosa fatta fino a questo punto è per ottenere una voce pulita, compressa, equalizzata e con un bel timbro. Considero il processo dopo il ritorno la mia “catena di mastering”. Il segnale procede su un bus che, nel Waves, riceve la compressione principale per il live da un F6. Vedo che, durante lo show, in certi momenti questo arriva anche a riduzioni di 6 o 8 dB. Dopo questo, passa in un Kramer HLS per dare un po’ di aria e colore. Alla fine ho un HEQ, più che altro per poter risolvere problemi problemi al volo. Questa è la catena che uso per il suo “dry”… il resto sono doubler, delay ecc. 

La SD10 si presta bene a questo metodo di lavoro?

Adoro il sistema DiGiCo perché si può indirizzare qualsiasi cosa verso qualsiasi parte e questo è l’aspetto più importante per me. Poi i preamplificatori suonano bene, il sommatore è buono, il clocking è affidabile, insomma è un attrezzo che non fa mancare niente. C’è DiGiCo anche sul palco, ma abbiamo due diversi stagebox, con uno split analogico a monte. Io non ho nessun problema con la condivisione del guadagno ma, visto che non c’erano grandi costrizioni in termini di budget audio, le abbiamo configurate indipendentemente.

Per quanto riguarda il mix in uscita?

Mando uno stereo: mi piace trattarlo come un grande sistema hi-fi. Non mi piace introdurre ulteriori variabili in termini di mandate per sub o fill. Voglio che il mix presenti all’amplificazione un segnale come se provenisse da un CD. Billy fa un lavoro egregio nel bilanciare l’impianto e preferisco che il mix venga aggiustato prima dei sommatori anziché aumentando il livello di alcuni altoparlanti rispetto ad altri. 

Stai registrando?

Solo per poter fare il virtual soundcheck: registro ogni serata in multitraccia usando Logic, passando dal MADI con un SoundGrid MGB verso il computer.

 

La configurazione end-fired dei sub KS28 ad un lato della passerella.

Billy Bryson - PA per Adlib Audio

“Siamo in tour – dice Billy – con 14 L-Acoustics K1 + 4 K2 downfill per lato come main. I side sono di 12 K2 ognuno. A terra abbiamo 18 sub KS28, configurati in end-fired a destra e a sinistra e un cluster centrale end-fired – un blocco di due davanti un altro blocco di due – a un lato della passerella. La passerella decentrata sul palco ci permette di avere il cluster centrale molto vicino alla linea di mezzo della platea. “Ovviamente non potevamo usare un tradizionale sub-arc sul fronte del palco, perché la passerella è costruita in modo che non si possono posizionare casse sotto. In ogni caso questo end-fired L/C/R ha funzionato molto bene in tutte le sale. 

“La configurazione end-fired consente di proiettare il suono un po’ più lontano, perciò abbiamo allineato a una distanza abbastanza lunga nella sala, per poter ‘tirare’ un po’ delle basse frequenze verso il fondo. Da destra a sinistra, in effetti, la copertura delle basse frequenze rimane molto costante, perché quando ci si muove fuori asse e si ascoltano principalmente i side, si sentono quasi esclusivamente i sub solo da quel lato. Così la passerella decentrata e questa configurazione sono state un ‘incidente piacevole’… poco convenzionale ma ha funzionato bene. Io sono in ogni caso un entusiasta dei sub end-fired, grazie alla risposta ai transienti e l’impatto che riescono a erogare”. 

I vani dei K2 downfill sono aperti completamente?

Sì. Se la passerella fosse al centro, forse avrei fatto diversamente, ma funziona bene così. La passerella stessa riempie praticamente il triangolo in mezzo che di solito verrebbe coperto da un cluster centrale… di nuovo un incidente piacevole. 

E questo non vi causa mai problemi con l’artista che passa la maggior parte dello show sulla passerella?

No. C’è da dire che il microfono per la voce è super-controllato da parte del mix. 

Aggiunge Eric: con il sistema che uso adesso sulla voce, sono anni che non ho problemi con feedback, neanche in questa configurazione. Non mi preoccupa per niente che Mika voglia stare lì, o che vada in giro fra il pubblico – come fa spesso. 

Con questa configurazione come gestisci le prime file?

Riprende Billy: Completamente con diffusori coassiali, che preferisco infinitamente all’appoggiare dei KARA singoli; interferiscono tra loro molto meno. Ci sono dei 12XT sopra i cluster anteriori di sub a destra e sinistra, che funzionano da outfill, ed altri X8 su supporti nel pit per le prime file. 

Sul palchetto con elevatore e pianoforte, in fondo alla passerella, abbiamo nascosto quattro piccoli diffusori 5XT nel bordo ribassato apposta per nascondere le basi delle teste mobili. Questi sono solo per il pubblico che si trova proprio attaccato alle transenne. Visto che la maggior parte di queste persone è girata a 90° rispetto all’impianto per vedere l’artista, usiamo questi piccoli diffusori per riposizionare l’immagine sonora verso l’artista e togliere la sensazione snaturata di guardarlo davanti ma sentirlo da lontano e da un lato. 

Per controllo e matrice del PA, cosa usi?

Sto usando un Outline Newton al FoH per la matrice. Da qui mando il segnale verso l’impianto in AES3, che viene ricevuto da un paio di Lake LM26 per ogni lato. Questi eseguono l’equalizzazione e passano il segnale ancora in AES agli amplificatori, che sono tutti LA12X. Il trasporto tra palco e regia è tramite Optocore.

Ho anche in regia il processore P1 L-Acoustics, con il quale sto facendo da beta-tester per l’ultima versione 3 di LA Network Manager… con cui sto cominciando a usare M1, il software L-Acoustics per l’allineamento. L’integrazione con SoundVision e Network Manager in M1 è fantastica. Avere anche il sensore di temperatura e umidità su USB è molto utile per fare delle sale grandi come questa. 

Quando faccio il progetto in SoundVision, approfitto degli attrezzi “auto-solver” per velocizzare il lavoro. Comincio con l’autoplay e poi aggiusto manualmente in SoundVision per mantenere la costanza tra le frequenze alte e la dispersione nelle basse frequenze che otteniamo dal PA: perciò, anziché puntare ad avere pari SPL dal fronte fino al fondo, cerco più di mantenere un tono costante in tutta l’arena. Fatto questo in simulazione, importo le impostazioni nel LA Network Manager 3 Beta e l’accuratezza nella traduzione dalla simulazione è impressionante. 

Laura Davis - Fonico di palco

“Io – ci dice Laura – lavoro per Mika per la prima volta. Non ci sono diffusori per niente sul palco, è completamente pulito. Il setup è su IEM Sennheiser serie 5000. Ci sono dieci mix stereo per gli IEM: la band più i backliner e tecnici del palco, ci sono tanti mix tecnici quanti quelli dei musicisti. Tutti i mix li faccio io, perciò non ci sono dei mixerini per batterista o per tastierista. 

“In regia sto usando una DiGiCo SD10, con tutto all’interno della console e delle snapshot per ogni mix in ogni brano. 

“Tenere il palco così pulito aiuta tutti e avvantaggia la sala in maniera particolare. Mika è davanti al PA per la maggior parte dello show, perciò devo cercare sempre di bilanciare la sua voce in IEM con quello che arriva dal PA… c’è molto rientro dal PA ed è una sfida.

“Sul palco – aggiunge Laura – siamo io, Luke Oldham, che si occupa delle tracce per i vari riempimenti, e Alex Barkley, che si occupa di chitarre e batteria.

“In termini di setup, l’intero pacchetto per il palco – corrente, i due SDRack, tutti i radio, lo splitter e un paio di cassette per i microfoni, bodypack ecc – arriva in un singolo armadietto con ruote Adlib da 30 unità. Perciò, arrivato questo armadio, si attacca un singolo cavo di alimentazione da 63 A ed è fatto”.

Che tipo di mix richiede l’artista?

Mika chiede un mix abbastanza musicale, ma con un enfasi sui cori, per poter avere sicurezza sulla sua tonalità. È un mix molto “busy” e devo stare sul pezzo sempre.

Per quanto riguarda le radiofrequenze?

C’è un totale di 14 canali a RF, tra gli headset, i due palmari e tutti gli IEM. Sto usando Wireless Systems Manager con un RF Explorer per le scansioni. Inoltre c’è un System 6000 Sennheiser – dal quale possiamo scansionare – che sarebbe già abbastanza accurato. È andata abbastanza liscia fino ad adesso – l’Italia è sempre una sfida, ma oggi tutto sembra piuttosto pulito. 

Lo show

Abbiamo trascurato un aspetto delle dodici date invernali in Italia del tour, che invece merita menzione: il biglietto nominale, che è stato applicato prima dell’obbligo a tutte queste date. Lasciamo le discussioni su questo argomento ad approfondimenti futuri, ma possiamo testimoniare che il pubblico apparentemente non si è fatto intimidire. Il concerto ha registrato sold-out al Forum di Assago, mentre l’Unipol – se non strapieno – aveva un’adesione, ad occhio, notevole. 

Mika in concerto è un tornado di energia e un performer esperto che dà al suo pubblico una fiduciosa intimità, mettendosi liberamente a ballare con i fan in mezzo al pubblico. Come showman guadagna senza discussione dieci su dieci, idem per il suo talento e la popolarità continua, meritata al 110%. Cura il suo pubblico nazionale parlandoci in modo spontaneo e umano direttamente in Italiano – come sicuramente fa anche per francesi, spagnoli e inglesi. Indipendentemente da qualsiasi gusto musicale, un suo concerto è una serata piacevole. 

Per quanto riguarda l’audio, c’è da fare i complimenti a tutta la squadra. Il lavoro fatto con la copertura in questa venue è stato ottimo, con un suono pulito, potente ed intelligibile in tutte le tribune, dal fondo della sala alle zone sotto gli array side. Il mix aveva – giustamente – la voce molto in avanti con un’enfasi nelle frequenze medio-alte che ne migliorava l’intelligibilità. Si tratta di una piccola critica, ma questa stessa enfasi, positiva sugli anelli, in certi momenti poteva risultare troppo aggressiva in platea, nella focale dell’impianto main. Tutto sommato, però, il suono era di alto livello.

Chi riusciva ad allargare il focus visivo dall’artista per includere la scenografia poteva trovare uno show molto curato, nonostante la mancanza di video o effetti speciali particolari. La scenografia disegnata, in particolare il David e la mano gigante, fornisce l’illusione di tridimensionalità, mentre l’uso dell’illuminazione da quattro o più punti – spesso con combinazioni di gobo e wash diffusi da diversi angoli – crea variazioni di profondità percepite da scena in scena… tutto veramente bello. La rampa ad arcobaleno con le barre LED motorizzate ai bordi crea un sorprendente numero di look e le griglie di proiettori ad ogni lato si prestano a tante diverse funzioni, dai traccianti in aria, all’illuminazione della band, a fornire luci di spalla per complimentare i segui. Ottima insomma la scenografia ma, alla fine, quando c’è un artista con questo controllo del pubblico e questa presenza sul palco, tutto il resto diventa un contorno accessorio. 


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