Mezzogiorno di Suono - Suono Sacro - 2 parte

Continua la serie sulla sonorizzazione di spazi adibiti a luogo di culto.

di Giorgio Gianotto

Nel numero scorso abbiamo introdotto i parametri significativi, di cui tenere conto nella sonorizzazione di spazi adibiti a luogo di culto.
Vediamo ora come mettere in pratica quanto scritto in precedenza per individuare le soluzioni migliori da proporre al committente nelle varie situazioni.

Il mix perfetto
Chiese con unica navata, pianta rettangolare e T60 sino a 2,5÷3 s
Le chiese con T60 contenuto sono evidentemente le “clienti” più facili. Rientrano in quest’ambito gli edifici di impianto romanico, anche di discrete dimensioni, e tutte le chiese e le cappelle, di medie dimensioni e qualunque stile, con tetto di legno, pareti di mattoni e non troppa pietra e cemento. Qualunque sistema di diffusori ottiene dei risultati sufficienti e il progettista ha a sua disposizione un’ampia varietà di scelte. Proprio per questo motivo può valere la pena di prendere in considerazione sistemi alternativi a quello classico con linee di suono.
Le linee di suono, che descriverò in dettaglio nei prossimi numero di S&L, costituiscono sin dagli anni trenta un must per i siti con acustica difficile. Queste lunghe colonne di altoparlanti, d’altra parte, inclinate verso il basso e quindi aggettanti da pareti e pilastri, non sempre compiacciono l’occhio, soprattutto se in bella vista lungo le superfici di un ambiente con dimensioni relativamente ridotte.


Dobbiamo tenere ben presente che un sistema distribuito con linee di suono, se progettato come si deve, offre in ogni condizione la massima qualità (intelligibilità) che oggi sia tecnicamente possibile ottenere. In ambienti come quelli descritti, tuttavia, qualora il tempo di riverberazione non ecceda i 3 s, dobbiamo considerare l’alternativa di un singolo diffusore caricato a tromba, collocato nella volta di legno. I cataloghi di molti fabbricanti offrono diffusori a guida d’onda di dimensioni ragionevoli e direttività costante (un parametro, quest’ultimo, indispensabile per garantire la coerenza della dispersione del suono a tutte le frequenze e di conseguenza una buona intelligibilità e l’assenza di fastidiosi rimbombi causati dall’eccesso di riverbero alle frequenze basse e medio-basse). Questi diffusori sono capaci di riprodurre le frequenze in basso sino a 150÷200 Hz e non richiedono unità aggiuntive per i bassi se si intende riprodurre la sola voce. Le ampie volte di legno offrono spazi adeguati per ospitare il diffusore, mantenendolo lontano dalla vista. L’impatto estetico è quindi nullo, la stesura dei cavi è molto più agevole, i costi di installazione ridotti, pur dovendo mettere in conto l’affitto di un trabattello che consenta di arrivare alla volta. Un sistema centralizzato di questo tipo, dotato di un diffusore con angolo di radiazione 90° x 70° o 40° x 40°, secondo le caratteristiche dell’ambiente, può coprire una navata lunga sino a 20÷25 metri ed è effettivo con tempi di riverberazione che non eccedano i 2,5 s, misurati a chiesa vuota, in chiese di piccole dimensioni, e i 3 s in chiese con navate lunghe sino a 25 m.


La posizione elevata del diffusore non disturba più di tanto la localizzazione del suono (la sua direzione di provenienza, reale o apparente, che dovrebbe coincidere con la sede dell’evento, tipicamente l’altare o l’ambone). La localizzazione del sistema centralizzato è piuttosto vaga ma accettabile. Senz’altro più accettabile di quella che si ascolta nella maggior parte delle chiese, coincidente con il diffusore più vicino, spesso alle spalle dell’ascoltatore. Ne è ragione il fatto che il nostro sistema uditivo non è molto accurato nel valutare l’elevazione di una sorgente sonora. Inoltre, il nostro apparato sensoriale è conformato in modo tale che in caso di discrepanza tra direzione di provenienza di un suono e posizione visiva dell’evento che lo genera, la posizione visiva ha sempre la prevalenza. In altre parole, si ha l’impressione che la sorgente sonora sia là dove non è.


Per chi ama sperimentare e ha il tempo e la curiosità per farlo, v’è un modo per “abbassare” la provenienza apparente del suono. È noto che negli esseri umani l’ingombro del capo e le intricate circonlocuzioni dei padiglioni auricolari producono alterazioni nella timbrica del suono correlate alla sua direzione di provenienza. In virtù di queste alterazioni siamo in grado di capire se un suono proviene da destra o sinistra, dall’alto o dal basso. Le alterazioni timbriche prodotte dalle correlazioni di fase indotte dai padiglioni auricolari e dalla testa sono denominate, nel loro complesso, Head Related Transfer Function (HRTF). Nel nostro caso, operando con un equalizzatore parametrico si può alterare la timbrica del segnale in modo tale da riprodurre una HRTF generica riferita alla posizione frontale con elevazione nulla. L’orecchio, ingannato, tenderà a localizzare davanti a sé la sorgente sonora posta, in realtà, in alto sopra la sua testa.


L’operazione è relativamente complessa e richiede un equalizzatore parametrico con numerosi punti di intervento (può essere quello integrato nell’apparato DSP che assicura le funzioni di mixer automatico, equalizzatore grafico e quant’altro). Inoltre, l’intenso campo riverberato dell’ambiente e le sensibili differenze tra l’HRTF di un individuo e quella di un altro rendono improbabile un risultato stabile e valido per tutti gli ascoltatori. Tuttavia, nell’esperienza di chi scrive, con un poco di pazienza, conoscenza e dedizione si possono raggiungere comunque risultati sorprendenti. Digitando l’acronimo HRTF in un motore di ricerca sul WEB si ottiene una lista di riferimenti interessanti, come l’IRCAM di Parigi, mentre l’abbondante letteratura sull’argomento disponibile presso l’Audio Engineering Society (AES) fornisce un approccio più tecnico.
La figura 2 mostra la simulazione di un sistema centralizzato composto da diffusore a tromba 90° x 70° in una cappella di 15 x 20 m, volta in legno e T60 di 3 s (a chiesa vuota). Il diffusore è nascosto fra le travi della volta. Lo STI (Speech Transmission Index, un indice di qualità per l’intelligibilità del parlato) presenta un valore medio di 0,5 con i banchi occupati per tre quarti: un valore non esaltante ma accettabile in vista della quasi totale invisibilità della sorgente acustica.
La figura 3 mostra la simulazione della stessa cappella con due classiche linee di suono lunghe un metro, collocate sulla parete del presbiterio. Lo STI è decisamente più elevato, in media oltre lo 0,6, ma i diffusori sono sgradevolmente visibili in questo piccolo ambiente.

Chiese con più navate, pianta rettangolare e T60 sino a 2,5÷3 s
Nelle chiese dotate delle caratteristiche appena esaminate ma con l’aggiunta di due strette navate laterali, è possibile impiegare una variante del sistema centralizzato con diffusore a guida d’onda. Le navate laterali vengono coperte da diffusori a radiazione diretta di piccole dimensioni – tipicamente da tre a quattro litri di volume esterno – collocati sui pilastri che dividono le navate ad una altezza non superiore a 2,5 metri e ad una distanza l’uno dall’altro di circa 4 metri. Il primo diffusore sarà collocato a 2 m dal presbiterio, il secondo a 6 m, il terzo a 10 m e così via. L’insieme di diffusori costituisce un sistema decentralizzato. Di norma non occorre imporre al segnale alcun ritardo temporale.

In altre tipologie di ambienti è invece giocoforza ricorrere a soluzioni imperniate sulla linee di suono. Ne vedremo alcune nella prossima puntata di Mezzogiorno di Suono.

L’autore ringrazia Bose S.p.A. per aver cortesemente messo a disposizione il CAD Acustico Bose® Modeler®.

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