Lo Studio Moderno - 13 parte

Realizzazione dello studio di registrazione.

studio_di_registrazionedi Livio Argentini

Ora che abbiamo descritto tutta configurazione elettronica del mixer parleremo della patch bay, che è un sistema di smistamento rapido dei segnali e che in seguito chiameremo semplicemente patch.

Anche la patch, come moltissime altre funzioni utilizzate nel settore audio, è derivata dai sistemi di telefonia. È logico che la tecnologia audio, essendosi sviluppata dopo quella telefonica, ne abbia adottato molte soluzioni. Questa non fa eccezione. Le patch di prima generazione, infatti, utilizzavano il classico jack già usato nei centralini telefonici.
L’utilizzo della patch è un grandissimo aiuto per il mantenimento della qualità audio con costi contenuti. Essendo sostanzialmente costituita da una grande matrice di commutazioni, potrebbe essere sostituita da una matrice elettronica, ma questa sarebbe talmente complessa (e, quindi, costosa) da non poter essere praticamente presa in considerazione.


Dal punto di vista della qualità audio, abbiamo sempre detto che i sistemi di commutazione elettronici (FET, CMOS, ecc) portano sempre un degrado del segnale, figuriamoci che cosa succederebbe se il nostro povero segnale fosse costretto a transitare per 20 o più commutazioni.
Per dovere di cronaca, le matrici elettroniche sono effettivamente utilizzate in alcune applicazioni particolari, come la distribuzione dei segnali in sistemi broadcast e TV. In questi casi, peraltro, anche se le matrici sono molto grandi (anche 100 in x 100 out), i singoli segnali transitano tipicamente per una sola commutazione alla volta, per cui il corrispondente degrado è decisamente ridotto e quindi accettabile.
La commutazione effettuata tramite patch, al contrario, è assolutamente meccanica, come quella effettuata da un pulsante o da un relè, pertanto praticamente non lesiva per il segnale.
Ma, siccome nulla è perfetto, anche la patch ha i suoi buoni difetti.
Dobbiamo dire, prima di tutto, che i difetti sono essenzialmente di origine elettromeccanica; la connessione/commutazione in sé, una volta effettuata, non porta a nessun decadimento del segnale.

Il problema, in sostanza, sta nello stabilire se un jack possa essere effettivamente in grado di effettuare una connessione/commutazione sufficientemente valida ed affidabile. Oggi mi sentirei in grado di dare una risposta assolutamente affermativa, a differenza di qualche anno fa, come potranno confermare tutti quei fonici che, in passato, sono stati costretti a combattere una battaglia persa con le patch di vecchia generazione.
Per comprendere il problema dobbiamo prima analizzare come sono fatte le spine jack e le relative prese.
Il connettore tipo jack è essenzialmente un connettore coassiale a due o tre poli (o anche più, in qualche caso particolare). Qui analizzeremo solo quello a tre poli, di fatto l’unico che ci interessa, almeno nel presente contesto.

Le caratteristiche principali di questo connettore sono riassunte di seguito.
-    Ridotto ingombro frontale. Questo è un fattore molto importante, perché permette di assemblarne una grande quantità in spazi ridotti.
-    Il connettore è tornito, ovvero perfettamente tondo, senza chiavette di posizionamento, per cui può essere inserito senza doverlo ruotare
-     Il contatto di testa (la pallina) è smussata sul davanti e questo facilita ulteriormente l’introduzione. (figura 1). Come già accennato sopra, il jack è un componente di derivazione telefonica; se si pensa che un tempo il lavoro di centralinista era svolto molto spesso da operatori non vedenti, si capisce l’importanza di questa caratteristica.
-    Il compito della ritenuta del connettore è affidato alle stesse molle usate per i contatti, riducendo l’ingombro ed i costi (figura 2).
Se la spina jack non è particolarmente problematica, né mai lo è stata, non possiamo certo dire lo stesso per la presa. Anche qui, come al solito, le femmine sono la fonte di tutti i nostri problemi.
Contrariamente alla maggior parte dei connettori, il corpo dei jack non è una fusione ma, tipicamente, una lamiera stampata. Osservando la figura 3 ci si può rendere conto di come la presa abbia una forma molto stretta e allungata: introducendo la spina occorre vincere la resistenza delle molle di contatto/ritenuta e questo provoca spesso una deformazione del corpo connettore, con il risultato che alla successiva inserzione il contatto non sarà più allineato con la pallina. Se si insiste, forzando l’inserzione, si può anche danneggiare definitivamente il connettore.
Questo problema è stato parzialmente risolto usando un corpo connettore più complesso (figura 4). Ho detto “parzialmente” perché l’allineamento molla/pallina è ancora abbastanza critico, e basta poco per creare deformazioni.
Il problema della deformazione dei contatti è tanto più grave se si pensa che le molle di contatto, quasi sempre, agiscono anche da interruttore. Nella figura 5 si nota chiaramente come una minima deformazione delle molle di contatto possa indurre un malfunzionamento dell’interruttore: il contatto potrebbe rimanere aperto anche quando il jack è disinserito o, al contrario, potrebbe non aprire il contatto quando il jack è inserito.
Lo stesso fenomeno si puo’ verificare anche se tra il diametro della spina jack e quello della boccola del corpo connettore ci fosse troppa tolleranza (gioco). Questo può generare problemi di contatto anche muovendo il jack.


Un altro problema che affligge i connettori jack deriva dalla posizione di montaggio. Questo non deriva dalla struttura del jack stesso, è piuttosto un limite che si pone al progettista che ne decide l’installazione. Il connettore tipo jack è stato progettato per essere montato su un pannello verticale, quindi con il corpo in posizione orizzontale, mentre sempre più spesso vediamo patch montate sui mixer in posizione orizzontale.
È vero che la patch montata orizzontale è spesso più pratica, facile da usare, con le scritte meglio visibili, eccetera, ma costringe il connettore a lavorare in una posizione impropria. Il corpo connettore montato in posizione verticale è un ricettacolo di polvere e di sporco che andrà a depositarsi direttamente sui contatti, con ovvii risultati.


Un altro problema del connettore jack deriva dal fatto che, di solito, all’atto dell’inserzione, al contrario di altri tipi di connettore, mette i tre poli in corto circuito.
Questa particolarità non genera gravi problemi, normalmente, perché il corto circuito dura in genere solo pochi millesecondi, ma in alcune condizioni può divenire dannosa o, addirittura, pericolosa. Nel caso più banale, se non si introduce a fondo il jack il corto circuito permane a lungo, rischiando di danneggiare qualche circuito interno al mixer. Il caso più grave, o anche gravissimo, si presenta quando si collegano sulle prese jack i segnali microfonici. Questo non dovrebbe mai essere fatto, anche se mi capita di vederlo spesso. Prima di tutto, il segnale microfonico ha un’impedenza ed un livello non compatibile con nessun altro punto di inserzione/scambio. Spesso, inoltre, sulla connessione microfonica è presente l’alimentazione phantom a 48 V che verrebbe messa così in corto circuito, rischiando di danneggiare il microfono e presumibilmente anche il preamplificatore microfonico. In più, se per errore si collegasse una tensione continua a 48 V (presente negli ingressi con phantom attiva), ad esempio, con un altro ingresso audio si rischierebbe di danneggiare quantomeno la circuiteria a valle. Nel caso, quindi, ci fosse la necessità di inserire connessioni microfoniche sulla patch sarà necessario, per ovviare ai problemi sopra descritti, utilizzare connettori differenti dai jack, tipo XLR o meglio ancora mini-XLR che, per le loro ridotte dimensioni, sono quasi paragonabili ai jack ma senza i relativi problemi.
Con l’avvento di mixer con grande numero di canali, logicamente, il numero di prese jack presenti sulla patch è aumentato enormemente, e questo ha portato alla creazione di un formato jack di dimensioni ridotte: il “mini jack”, che è attualmente lo standard in uso nelle patch degli studi di registrazione.


Al suo debutto, il mini jack ha portato notevoli problematiche di affidabilità: basti pensare ai problemi appena discussi riportati su un connettore di dimensioni ridotte e quindi molto più critico, specialmente sulle tolleranze costruttive. Ogni nuovo prodotto ha bisogno del suo periodo di rodaggio. Ora si è arrivati a produrre delle prese mini jack sufficientemente affidabili. Alcuni modelli meglio di altri, in particolare quello che useremo sul nostro mixer, costruito con concetti innovativi.
Ma di questo parleremo sul prossimo numero.

GALLERIA FOTOGRAFICA
gall icon

Clicca qui per accedere alla galleria fotografica
(6 Foto)