L’Arte del Mixaggio (Secondo Me) – settima e ultima parte

Si arriva alla conclusione del complesso e strutturato processo di mixaggio spiegato in ogni dettaglio da Fabrizio Simoncioni.

di Fabrizio Simoncioni

Mix PREPIl bus jolly

Il quarto bus, il D, è il mio jolly. Non ha un’assegnazione predefinita per tipo di strumento, lo uso e ci gioco in base al tipo di mix. Avendo una macchina versatile e potente come il Vastaso, posso dedicare questa sezione, ad esempio, ad assoli di chitarra elettrica utilizzando compressioni in modalità opto con leggera distorsione, ottenendo così una chitarra “in faccia”, o posso usarlo per cori o backing vocals, utilizzando compressioni moderne e trasparenti con leggere saturazioni armoniche o, altro esempio, con sezioni di fiati che tratto con compressione più vintage e aggressiva, colorata con distorsioni armoniche un po’ più evidenti per dare il classico “graffio” al suono della sezione... insomma, le possibilità sono limitate solo dalla fantasia e dal tipo di materiale che ho a disposizione nelle tracce da mixare. Per gli esempi fatti di assoli, fiati e backing vocals (ma vale anche per le percussioni), preferisco utilizzare delay invece di ambienti. I miei delay favoriti sono il FullTone a nastro, valvolare, il Lexicon PCM42 e il Roland SDE3000.

La fase delle scritture

A questo punto ho il mix interamente aperto sulla console, i compressori sui cinque bus settati e il suono globale definito. Dopo un’altra pausa riflessiva, inizio la fase delle scritture.
Essendo la mia una formazione professionale di vecchio stile, continuo a preferire l’automazione della console analogica rispetto al mixer di Pro Tools quando devo effettuare movimenti di volume. A parte un preconcetto ideologico dal quale cerco sempre di prendere le distanze, la preferenza è data dal fatto che la risposta al movimento manuale su un fader audio risulta oggettivamente più musicale rispetto a quello effettuato su una superficie di controllo. Se poi si usa addirittura solo il mouse per muovere fader... Chris Lord-Alge una volta disse: “Mixare con il mouse equivale a suonare il piano con un tasto solo”. Amen.
Vi ricordo quello che ho detto all’inizio: il mix è un momento creativo, è qualcosa di musicale, non tecnico, la console va “suonata”!

Per cui, attivo l’automazione della 9000 e scrivo il passaggio base, memorizzando i livelli attuali e tutte le impostazioni della console (utile per eventuali recall successivi). In genere i movimenti che effettuo non sono molti, solo quelli necessari a sottolineare l’andamento della canzone: evidenzio colori e seguo la voce laddove si rischia di perdere la comprensibilità del testo. Apro e chiudo mandate effetti e ne seguo i ritorni per dare enfasi o creare improvvise zone “asciutte”, sempre per creare movimenti musicali utili per lo sviluppo della canzone. Quando sono soddisfatto di quello che sto ascoltando, stampo gli stem su Pro Tools. In questa fase se ci sono backing vocals le metto in mute e, aggiungendo un’ulteriore traccia audio stereo su Pro Tools, creo uno stem a parte. Stessa cosa per le chitarre acustiche, se presenti. Questo per avere una migliore gestione delle sezioni con stem separati.
Una nota operativa importante: se pianifico di separare delle sezioni che utilizzano lo stesso bus su differenti stem, avrò cura di inviare una mandata ausiliaria di tutte le tracce di quello specifico bus come sidechain al compressore, in maniera che, anche mettendo in mute alcune tracce, la compressione e il comportamento del compressore di quel bus non cambino.

Perché tutto questo?

Al termine di questo processo, ho su Pro Tools tutti gli stem processati analogicamente e il bounce stereo che è il mix finale. Quali sono i vantaggi? Molti: in primis, un enorme guadagno in termine di dinamica generale, non essendo costretti alla sola headroom del master bus. Si può calcolare un guadagno medio di 2 dB per bus, per un totale di 10 dB di incremento dinamico. Si migliora in maniera totale la risposta delle compressioni perché non dipendono tutte dallo strumento preponderante nel mix (generalmente voce e cassa) ma da quello delle singole sezioni, quindi alta ottimizzazione. Si migliora la separazione stereofonica e la definizione sonora perché non si sovraccarica un unico bus analogico. Si ha inoltre la possibilità di effettuare recall e modifiche in maniera rapida e precisa, perché si interviene sui volumi dei singoli stem (ecco spiegato il motivo della scelta di separare, ad esempio, le backing vocals dalla voce principale). Lavorando come faccio io, principalmente “On demand” (e-mix), questa è una soluzione eccezionale.
Infatti, molti dei miei clienti mi inviano i file da mixare ma, per motivi logistici, non hanno la possibilità di essere fisicamente presenti durante il mixaggio, quindi con loro il procedimento standard è il seguente: mixo, invio la mia versione del mix. Loro ascoltano, valutano nei loro riferimenti e mi danno indicazioni sulle modifiche da apportare. Io correggo, intervenendo sugli stem (a meno che, ovvio, non siano correzioni mirate ad un singolo strumento facente parte di un gruppo; ma in quel caso il recall sarà comunque molto rapido, perché si tratta di richiamare solo quella specifica sezione a cui lo strumento in questione appartiene e non l’intero set-up di studio e console). Invio la versione corretta per la approvazione al cliente. Di nuovo, mi vengono comunicate eventuali ulteriori modifiche necessarie e ripeto la procedura. Normalmente chiudo un mix entro le tre correzioni. Da considerare, oltretutto, che mentre invio il mix per l’approvazione, spesso negli Stati Uniti o in America Latina – quindi con forti differenze di fuso orario e conseguenti tempi morti – io posso iniziare tranquillamente a lavorare su altri progetti senza dover fermare lo studio, abbattendo quindi notevolmente i costi di produzione e senza minimamente intaccare la qualità.

 

 

 

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