L’Arte del Mixaggio (Secondo Me) – quinta parte

Il basso e la voce

di Fabrizio Simoncioni

Il basso

Dopo la batteria, di cui abbiamo trattato nel numero scorso, segue il basso perché fa parte del “bus A” e quindi partecipa attivamente alle dinamiche della sezione ritmica. Normalmente controllo dinamicamente il canale D.I. con un Summit Audio TLA100 in insert pre eq, lasciando invece dinamicamente libero il canale dell’amplificatore. A livello di equalizzazione, generalmente tendo a pulire il canale dell’amplificatore dalle frequenze ingombranti (200/400 Hz) e frenarlo negli estremi di banda con filtri: passa-alti intorno ai 40 Hz e passa-bassi fin dove non lo sento intervenire (4 kHz o anche più basso, per eliminare naturali quanto inutili “soffi” dell’ampli), mentre sul canale del D.I, tolgo un po’ di “naso”, intorno ai 1200 Hz, e aggiungo presenza intorno ai 700 Hz. Fatto questo, regolo il blending fra i due canali e quando mi soddisfa assegno anch’essi al “bus A” insieme alla batteria.
Frequentemente, specie se il basso è stato registrato solo mediante D.I. box, mi piace aggiungere un po’ di distorsione armonica per esaltarne colore e carattere: splitto il canale diretto del basso e lo processo digitalmente con un plug-in, il Decapitator di  SoundToys. La quantità del blending varia ovviamente da brano a brano. L’aggiunta di distorsione ad un suono aiuta quest’ultimo a “saltar fuori” dal mix senza aver bisogno di alzarne il volume e quindi creare inutili e pericolosi ingombri, specialmente se si tratta di basse frequenze.
È fondamentale ricordarsi che le compressioni sui bus sono post-fader, per cui ogni movimento effettuato sulla console si riflette ovviamente sulla quantità di lavoro del compressore stesso. Ma è proprio questa caratteristica che dona una personalità eccezionale al suono ed una vita propria al mix.
Una volta che il sound della ritmica mi soddisfa, apro subito la voce principale per capire immediatamente di quanto spazio avrò bisogno e che tipo di collocazione dovrà avere a livello di piano sonoro.

La voce

Le voci nei miei mix hanno un trattamento particolare e un po’ complicato che però a me dà grandi soddisfazioni ed ottimi risultati.
Splitto la voce su due canali affiancati, uno lo lascio completamente flat e non compresso, l’altro lo passo attraverso un limiter Urei LN1176 con rapporto di compressione 4:1, attacco medio, rilascio rapido e compressione elevata e ben udibile, al limite dello “squashing”. Poi sommo i due canali a gusto, in maniera che il canale flat mi dia il senso dell’escursione dinamica reale dell’esecuzione vocale, mentre la compressione parallela ne esalti i respiri, i rumori di gola e renda la voce generalmente più “in faccia”. Non equalizzando, la voce risulterà tendenzialmente scura, per cui io aggiungo alla traccia flat una mandata a un Dolby A cat. 22 in codifica, e rientro su un ulteriore canale adiacente nella console. A questo terzo canale taglio drasticamente tutte le frequenze al di sotto dei 7 kHz ed esalto quelle al di sopra dei 12 kHz. Gioco con il fader del Dolby e i due precedenti della voce finché non incontro il blend perfetto. Aggiungo un doubler stereo leggero che creo con un AMS DMX15‑80S: 5 ms sul canale sinistro, 7 ms su quello destro con pitch a ± 0,005 cents. Questo aggiunge ulteriore corpo e dimensione alla voce. Il livello del doubler deve essere ai limiti del subliminale, ci si deve accorgere che c’è solo quando lo si toglie. Assegno i tre canali delle voci al “bus B” della SSL e verifico compressioni ed eq generale dall’Avalon 747sp. In questa fase a volte aggiungo un’ambientazione provvisoria alle voci, sempre per capirne la funzionalità rispetto al piano sonoro. Provvisoria nel senso che lascio spazio a modifiche ed aggiustamenti in corsa qualora si rivelassero necessari durante l’avanzamento del mix, ma cerco comunque di stabilire fin da subito il tipo di ambiente ed il tempo. Per le voci uso il Bricasti M7, vocal chamber o vocal plate, con predelay lungo (≥ 100 ms), e reindirizzo anch’esso nel “bus B” insieme alle voci dry.
Tendo, ove possibile, a non equalizzare singolarmente le voci, ma a tirar fuori dalle tracce l’essenza dell’interpretazione e della personalità del cantante con le compressioni e distorsioni armoniche. È ovvio che può capitare di non poter fare a meno di intervenire con gli equalizzatori, ma in questo caso preferisco farlo da ProTools, con un FabFilter EQ che ha un comodo analizzatore di sprettro in real time post-eq che mi permette di correggere con precisione le porzioni di frequenza dannose o comunque disturbanti. Applico, fin quando possibile, equalizzazioni sottrattive, tolgo invece di dare. Questo mi dà e maggiori spazio e naturalezza al suono.
Anche la (necessaria) funzione di de-essing la demando all’ambiente digitale, con un FabFilter DS. Se la tonalità della canzone o la caratteristica timbrica del cantante lo richiedono utilizzo un secondo de-esser, questa volta il Waves, puntato sui 3 kHz, per togliere fastidiose frequenze nasali e harshness.
Dopo aver collocato la voce nel giusto piano sonoro rispetto alla ritmica, aggiungo se necessario un reverbero a rullante e tom in modo da riuscire ad immaginare che le due entità sonore, voce e ritmica, convivano nello stesso spazio. Il mio preferito, nonché quello che in assoluto uso di più, è l’UAD EMT 140; credo perché, essendo un “vecchio” ingegnere, ho messo mano all’originale e sono cresciuto con quel sound.
È un tipo di reverbero molto denso e con carattere forte, per cui lo uso con parsimonia: stilisticamente tendo a dare un generale senso di naturalezza al suono dei miei mix, anche se paradossalmente il trattamento sonoro e dinamico che utilizzo è senz’altro importante.

 

 

 

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