Daniele Silvestri - La Terra dal Vivo Sotto i Piedi Tour

Il cantautore romano celebra i suoi venticinque anni di carriera approdando nei palasport con otto concerti in quattro week end. Un palco molto particolare, una band di prima scelta e quasi tre ore di concerto.

Daniele Silvestri - La Terra dal Vivo Sotto i Piedi Tour

di Giancarlo Messina e Douglas Cole

Daniele Silvestri rientra in quella categoria di artisti che normalmente godono dei favori della critica: l’originalità, la capacità di trattare con profonda leggerezza anche temi sociali, la musica orecchiabile ma non banale, l’esplicita ironia sul mondo e su se stesso sono le sue caratteristiche peculiari. Decisamente troppo poco nazional popolare per attirare le moltitudini. Infatti la dimensione dei concerti di Daniele è sempre stata quella dei teatri, più adatta sia per l’atmosfera più intima sia perché è sempre meglio un teatro pieno che una grande venue semivuota.

L’artista e la sua agenzia storica, OTR Live, hanno deciso questa volta di affacciarsi nel mondo dei palasport. Esperimento, come vedremo, riuscito a metà. Noi abbiamo assistito al concerto di Rimini del 9 novembre, arrivando, come siamo soliti fare, nel pomeriggio per parlare con gli addetti ai lavori e descrivere la situazione tecnica ai nostri lettori.

Il palco, progettato da Giancarlo Sforza, è concettualmente molto bello: davanti ad un fondale video basso e largo, si snodano diverse pedane che ospitano simmetricamente i musicisti intorno ad una sorta di montagnola centrale ricoperta di terra: proprio terra vera, scaricata e ricaricata ad ogni data con appositi contenitori dallo scenografo Paolo Fossataro, immaginiamo con sua massima gioia. Insomma un palco destrutturato, potremmo dire a 240°. Ottima la band, praticamente geminata in ogni elemento: due batterie, due chitarre, due tastiere, due fiati – ma un solo basso – capace di variare le sonorità e le atmosfere che hanno caratterizzato la musica di Silvestri in questi lunghi 25 anni. Molto bravo anche l’artista, nel gestire questo palco piuttosto atipico e calamitare l’attenzione del pubblico.

La produzione ha messo a disposizione, per affrontare i palasport, un ottimo e abbondante PA d&b Serie J, fornito dal service Imput e gestito da Leonardo Colautti, PA engineer di comprovata capacità e buona esperienza. Decisamente meno abbondante il parco luci: con uno spazio così vasto da illuminare, considerando il numero dei musicisti e la distanza piuttosto elevata fra i proiettori e il palco, a nostro avviso sarebbe servito almeno il doppio del materiale presente, nonostante Martino Cerati, il lighting designer, sia comunque riuscito a portare a casa lo show, anche grazie all’uso continuo di quattro potenti followspot Merlin di Robert Juliat diventati del tutto indispensabili in ogni momento del concerto.

Vero punto debole della serata, e lo diciamo con rammarico e senza alcuna cattiveria, è stato purtroppo l’audio, davvero pessimo. Attenzione: fra addetti ai lavori siamo spesso soliti disquisire delle sottigliezze, qui parliamo invece di oggettiva cacofonia evidente a tutti gli astanti. È chiaro che il palazzetto, ahimè più vuoto che pieno, non aiuta, ma la verità è che mixare per un palasport, con un grande PA, è un altro lavoro rispetto al mixaggio in studio o in un teatro. Pensate a un cardiochirurgo e a un ortopedico… due medici, ma con specializzazioni del tutto diverse. Il mix è qui stato affidato a Daniele Tortora, detto “Il Mafio”, con assoluta certezza un ottimo professionista sia sotto l’aspetto tecnico sia dal punto di vista artistico, visto che da anni collabora proficuamente con Silvestri proprio come fonico e produttore artistico. Ma la ormai ventennale esperienza ci ha insegnato alcune cose che puntualmente si verificano: il fonico di fiducia dell’artista in studio molto raramente sa gestire un PA in un palasport (pure il nostro amico Pinaxa, ad esempio, prima di diventare bravissimo anche nel live ha dovuto fare diverse esperienze, annoverando qualche serata non proprio riuscita); far fare il fonico al produttore artistico, al contrario di quello che si possa pensare, non è mai una buona idea, poiché viene meno la figura cui spetta il compito di controllare che il lavoro del fonico sia soddisfacente (già da un pezzo, ad esempio, Mameli ha smesso di mettersi ai bottoni del mix di Cremonini).

Non vogliamo infierire sottolineando la pessima qualità della diffusione, diremo soltanto che dal groviglio di frequenze capivamo solo due tre parole a canzone e che il momento sonoramente più bello è stato quando l’eccezionale trombettista cubano, per dimostrare la propria potenza, ha suonato ad amplificazione spenta dal bordo del palco.

Abbiamo sempre molto rispetto per il lavoro altrui e non siamo mai felici quando dobbiamo sottolineare aspetti negativi, ma crediamo che se Tortora avesse ascoltato da produttore artistico il suo mix fatto da un altro sarebbe certamente intervenuto per chiedere di migliorare la situazione.

Insomma, come dicevamo in apertura, un esperimento riuscito a nostro avviso un po’ a metà: positivo per la bravura di Silvestri, la bella idea del palco e il concept che ha sotteso lo show, impreziosito anche da un ottimo uso delle immagini video sul LED-wall; meno positivo sia per la scarsa presenza di pubblico, probabilmente maggiore rispetto a un normale concerto in teatro ma certo non sufficiente a scaldare un palasport, sia per la diffusione audio che, almeno a Rimini, ha inficiato il lavoro della band.

Tommaso Galati (sx) con Paolo Fossataro.

Tommaso Galati - Direttore di Produzione 

“La produzione è OTR – spiega Tommaso – prevede otto date nei palasport, con una data di allestimento a Roseto degli Abruzzi. In pratica sono tutti concerti back to back di venerdì e sabato. Proprio per questo l’idea di partenza era una produzione molto agile, ma in realtà poi ha preso piede l’idea di questo palco piuttosto anomalo, creato da Giancarlo Sforza insieme allo stesso Daniele. Prevede un pedanamento sul back alto 2,40 m e largo 15 m, una passerella rivestita in tavole di noce invecchiato che porta a una montagna di terra (proprio per richiamare il titolo dell’album La terra sotto i piedi), una terra reale che Paolo Fossataro, scenografo e ‘contadino’, si occupa di posizionare e raccogliere a fine data. Intorno ci sono sei satelliti con le postazioni dei musicisti, oltre alle due batterie nella pedana posteriore. La band è tutta doppia e con diversi polistrumentisti.

“Entriamo la mattina e usciamo la notte, ma senza doppie strutture, tranne a Bari e Roma in cui è necessario un ground support montato il giorno prima. Il palco è profondo 25 m, quindi anche con le luci dobbiamo venire molto in avanti.

Le chiamate locali sono 24 per l’in e 32 per l’out, dipende anche dalle uscite del palazzetto. Audio, luci e LEDwall sono forniti da Imput, palco e strutture di Enim di Cassino che ha anche customizzato il pedanamento. Ci spostiamo con cinque bilici, sette quando c’è anche il ground support.

“La produzione è OTR, anche per i concerti – continua Tommaso – quindi i promoter locali sono solo di supporto. Enrico De Paolis è il tour manager, mentre la logistica è gestita da Alessia Tieni e Francesca  Guida.

“Il fonico è ‘Il Maffio’, al secolo Gabriele Tortora, produttore artistico, fonico e uomo di fiducia di Daniele. Le luci sono di Martino Cerata, che ha creato un disegno molto bello in pochissimo tempo. A spostarci siamo in 46, in buona parte tutti coordinati dalla logistica di OTR, con il catering Giromangiando al seguito. Insomma… alla fine tanto leggerini non siamo”.

Martino Cerati - Lighting Designer

“Il palco è di Giancarlo Sforza – ci dice Martino – mentre il disegno luci è mio, realizzato in pochissimo tempo, praticamente due giorni e due notti. Le problematiche principali, visto il palco, erano l’assenza di un classico box da illuminare e la presenza di un video dalle dimensioni esagerate rispetto al parco luci disponibile. Il palco non è proprio a 360°, ma è comunque ampio circa 240°.

“Abbiamo scelto di avere un cerchio come figura geometrica centrale sospesa sopra Daniele, poi c’è un semicerchio con fari MegaPointe e Spiider in quantità piuttosto ridotta. Se si contano i musicisti, i fari vengono ulteriormente dimezzati. I proiettori per fortuna sono ibridi (MegaPointe) e il flower degli Spiider dà qualche possibilità in più. Poi abbiamo degli Atomic sparsi. Il disegno è a volte lirico, a volte pop, a volte elettronico… abbiamo cercato di contenerci, interpretando vari stili senza esagerare. Il video dietro è ovviamente luminosissimo, quindi non era facile trovare il giusto equilibrio, anche se con Filippo Rossi lavoriamo spesso insieme e abbiamo un buon feeling.

Il ring principale del parco luci, sopra il palco circolare centrale.

“I followspot sono fondamentali – aggiunge Martino – perché c’è tanta profondità di campo, e sono sempre accesi per tutto il concerto; sono degli ottimi Merlin, prodotti da Robert Juliat.

“Abbiamo in tutto il disegno un centinaio di pezzi, di cui una ventina di SGM P•5 sul floor, anche se i proiettori sul palco inizialmente erano di più. I MegaPointe sono distribuiti su cerchio, semicerchio e americana dietro; poi ho messo dei blinder da due e quattro lampade. Due Viper sono usati per un piccolo speciale, con un effetto spot sul pianoforte.

“Controllo tutto con una grandMA3 Full Size: stiamo usando protocolli MA-Net e Art-Net tramite switch Luminex, e una linea in rame come backup DMX”.

Filippo Rossi - Contributi e regia video

“Io sono stato coinvolto in una fase già abbastanza avanzata del progetto – racconta Filippo – per curare sia i contributi sia la parte di regia live. Tutto è stato praticamente fatto in dieci giorni, comprese un paio di riunioni con Daniele e con Giancarlo Sforza – che conoscevo già da altre produzioni – per trovare una direzione creativa sulla quale procedere. In realtà, nonostante io sia arrivato già molto a ridosso nella pre-produzione, ci siamo trovati su un lavoro in cui c’era ancora parecchio da proporre. Ho avuto la fortuna di aver già lavorato con tutti i protagonisti della produzione – OTR, Giancarlo, Martino… –, quindi è stato molto più facile e veloce avere dei risultati immediati. 

“In questo concerto, che è un racconto della sua carriera, c’è una chiara narrazione sia della sua figura sia sui temi che sono cari alla sua poetica. È chiaro che ci sono poi momenti in cui l’uso del visual è diverso: da parte mia c’è stata infatti la proposta di alleggerire i contributi, di essere più grafici e meno narrativi. Dovevamo trovare insomma l’equilibrio tra un impianto estetico grafico e una parte narrativa che l’artista aveva molto bene in mente. 

“Abbiamo un buon rapporto con Giorgio Testi, che segue la produzione di molti dei suoi videoclip, e abbiamo sfruttato il fatto che c’era già in progetto di fare alcune riprese di Daniele e della band su green screen. Abbiamo anche usato materiali già prodotti per altri scopi nel passato, ma questa è un’idea che, in generale, non mi piace per niente e l’abbiamo molto limitata. La maggior parte delle riprese è stata prodotta da zero. A ciò si aggiungono i contributi grafici, prodotti principalmente con After Effects

La regia telecamere.

“Per quanto riguarda il video live – continua Filippo – stiamo usando dieci telecamere, quattro delle quali presiediate, due remotate e le altre fisse. Il materiale per le riprese live è di In Video Pro, azienda che lavora soprattutto nel mondo degli eventi sportivi, la quale ha fornito anche i tecnici di regia e per il controllo delle camere. Gli operatori delle camere e l’assistenza in regia, invece, sono invece personalmente scelti da me. 

“Il live non è di servizio – spiega Filippo – perché abbiamo uno schermo molto particolare, spesso usato in pieno in formato panoramico, altre volte incorniciato da qualcosa che succede in grafica; altre volte lavoriamo con più program contemporaneamente per raccontare la compresenza dei musicisti sul palco.

Sulla parte dei contributi siamo sincronizzati con l’audio, mentre il live viene gestito dalla regia e, chiaramente, nei brani in cui non c’è grafica abbiamo più materiale dalle telecamere.

“Lo schermo è in formato 5:1, costruito in 15 m x 3 m, così per poterlo sfruttare all’inizio di ogni brano gli operatori devono sapere come stanno per lavorare, se devono focalizzare una ripresa in una fetta molto sottile nel campo o altro; è un lavoro che richiede molta precisione. A Roma avevamo anche una diretta web: fare combaciare le esigenze di inquadrature per il video live su uno schermo 5:1 e fornire contemporaneamente un feed per lo streaming in 16:9 è stato tutt’altro che banale”.

Leonardo Colautti (sx) e Daniele Tortora.

Leonardo Colautti - PA engineer

“Come main – spiega Leonardo – abbiamo 16 teste d&b audiotechnik Serie J per lato: 12 J8 con quattro J12 sotto – per la precisione, stasera sono solo 15… a Rimini non servivano tutti e poiché sono su dolly da cinque teste ognuno, per comodità e velocità abbiamo tirato su tre dolly. Come side abbiamo dieci teste Serie V per lato: otto V8 e due V12. I frontfill sono sei Q10, mentre a terra abbiamo 20 J-Sub – dieci stack da due – ma quando il luogo lo richiede utilizziamo degli extra side appoggiati con due C7 top e due C4-Sub per lato.

“Tutto è pilotato da 24 D80, 12 per lato, tutto in AES/EBU. Usiamo il software R1 tramite rete per il controllo dei finali, mentre usiamo un Outline Newton come matrice. Entriamo nel Newton sia in analogico sia in digitale, con un L/R dalla console di sala. 

La configurazione dei sub a terra.

“Abbiamo anche una mandata dal palco – continua Leonardo – un L/R in analogico, come backup. Dal Newton esco con i segnali già completamente separati. Pur avendo i D80 con il processamento interno, utilizzo molto gli equalizzatori Outline, soprattutto gli all-pass, anche perché J e Q non sono phase compliant, quindi qualche all-pass filter è necessario. 

“Per le misure utilizzo microfoni MiLab. Ho due sonde radio e un microfono via cavo. Le sonde radio sono comodissime per i front-fill, l’allineamento sugli spalti e la risposta in frequenza. Purtroppo la risposta nelle frequenze basse non è proprio affidabile, così per l’allineamento dei sub uso la sonda via cavo. Per questo uso una scheda audio MOTU Traveler e Smaart 8. I radiomicrofoni sono Shure U4D.

“La configurazione dei sub – conclude Leonardo – è un sub array dritto, ma ultimamente sto sperimentando un allargamento dei sub esterni. In questo caso sono girati, dall’esterno verso l’interno, a 30°, 20°, 10° e poi quelli centrali tutti a 0°. Sto usando questa configurazione da quest’estate: prima ho fatto degli esperimenti nelle simulazioni, poi ho notato che in realtà gli effetti positivi si avvertono chiaramente. Con il sub array, appena si esce dalla linea dei sub si perde tutto, soprattutto con i cardioidi d&b”. 

La regia FoH.

Daniele “il Mafio” Tortora - Sound engineer e produttore artistico

“Sono il produttore artistico e il fonico di Daniele – racconta Daniele – insieme da sei anni anche negli eventi live. Quest’anno abbiamo cambiato moltissimo, aggiungendo quattro elementi alla band; nella parte creativa del nuovo disco entrambi i batteristi sono molto presenti, così era bello portarli entrambi in tour, ne avevamo la possibilità e abbiamo colto l’occasione. Sul palco abbiamo anche due trombe, fagotto, due chitarre… in sequenza ci sono poche cose, come la voce degli ospiti virtuali e alcuni suoni che era inutile riprodurre dal vivo. Abbiamo un multitraccia gestito dal batterista, da cui parte anche un timecode, tranne in un lungo medley e in altri brani senza timecode.

“Abbiamo tanti canali, 120 esclusi gli effetti, così ho preferito una gestione in stile studio, con tutti i gruppi che comprendono le varie famiglie strumentali, anche se poi le batterie hanno una maggiore separazione, con due Distressor esterni diversi per le due casse; gli altri gruppi di batteria raggruppano il resto della batteria. Ciascuna delle altre famiglie (fiati, chitarre, cori, sequenze, tastiere, basso, percussioni, voci, effetti) ha dei main group in stile quasi analogico, ho cioè la maggior parte della lavorazione del suono sul gruppo e non sul singolo canale, questo mi permette di avere i singoli canali poco lavorati, se non per l’indispensabile e sempre ‘a togliere’, ma anche di avere vari livelli di compressione, sui singoli canali, sui gruppi e anche sul master, in modo che ogni compressore possa comprimere poco; così ci sono al massimo 3 o 4 dB di compressione sul globale dei gruppi. Posso così scegliere di comprimere ad esempio due dB sulla traccia singola e 1 dB sul gruppo o viceversa, un metodo che viene chiamato ‘multi-bus compression’, ideato da Brauer: se si aggiunge un dB di compressione a step si ottiene un suono molto compresso ma che conserva la dinamica.

“Ho tutto interno alla console per EQ e dinamiche – spiega Daniele – tranne degli effetti su un TC 4000 per i reverberi dei cori, un Eventide Eclipse per i delay principali delle voci e un 480 che uso per la voce, in un preset particolare, e per la profondità delle chitarre elettriche. Uso questa console Avid S6L perché mi ci ritrovo molto: ho i Waves col Grid con cui ho potuto ricostruire parte del lavoro fatto in studio. Inoltre lavora a 96 kHz, quindi ha un’ottima dinamica, rispetto alla precedente c’è un abisso.

“La voce di Daniele è difficile da incastrare in mezzo a tutto questo materiale; è preamplificata da un Avalon che si trova sul palco, e certamente torna utile questo concetto di multi-bus compression. Mi spiego meglio. Sul canale della voce ho quattro plug-in: compressore Neve che mi dà colore, un C6 che mi tiene alcune frequenze sotto controllo: è un compressore multibanda ma alcune funzioni sono quasi da eq dinamico; poi ho un R-vox, compressore che mi controlla il rumore di fondo tramite un gate quando Daniele non canta, ed infine un controllo di sibilance sempre Waves. Questo va nel gruppo dove c’è un’altra catena di processing con un eq di correzione, un compressore SSL che riduce un po’ i transienti, un Pultec che mi dà un po’ di aria in alto, un driver che uso per  aggiungere qualche armonica nei momenti un po’ più forti, come quando l’artista rappa; poi c’è un altro equalizzatore che replica la correzione di quello precedente, ed è quello che uso di più perché cambia da palazzetto a palazzetto, mentre il resto rimane standard; infine ho un L2, limiter che mi tira su il volume senza comprimere. 

“Sul master – continua Daniele – ho veramente poco: un EQ per qualche piccola correzione, un compressore SSL che tengo disattivato, un limiter L3 che uso in modo molto leggero per tenere tutto più incollato.

“Daniele canta con una capsula dinamica sE Electronics V7. Il palco per fortuna suona poco, sono tutti in IEM e gli ampli delle chitarre sono nei booth sotto il palco ad altezza dei backliner; il basso ha invece tutto sul palco ma con un volume irrilevante.

“I chitarristi, Viterbini e Fiaschi, hanno dei suoni particolari, quindi era impossibile farli suonare in linea. I microfoni sono abbastanza standard, sopra il rullante ho un Beta 57, che mi dà chiarezza, e sotto due saponette Sennheiser per la retina; sull’altra batteria invece ho un MD441, più scuro, anche per differenziare i suoni già diversi delle due batterie.

“Ho cercato – conclude Daniele – di uniformare le sonorità dei brani dei 25 anni già in arrangiamento, portando in avanti quello che era più vecchio e magari portando indietro qualcosa di più moderno. Abbiamo avuto 20 giorni di prove in sala e abbiamo trovato un buon compromesso. Di migliorabile, a parte l’acustica dei palazzetti, c’è sempre qualcosa: forse un po’ di amalgama fra la band, di scioltezza della dinamica nei dettagli, di non dover pensare alle parti, ma quella è una cosa che si ottiene suonando molto insieme e in un tour breve è difficile da raggiungere. Se è un azzardo andare nei palazzetti per Daniele? Un po’ sì, ma questo disco dopo quattro anni di tour teatrale ha più spinta. Ci siamo voluti affacciare ai palazzetti perché è l’unico posto dove si poteva portare un palco del genere che sotto il profilo narrativo è innovativo”.

Stefano MarianiFonico di palco

“Usiamo solo IEM – spiega Stefano – 16 macchine Sennheiser, con varie tipologie di cuffie; con Daniele usiamo le LiveZone LZ12, alcuni della band hanno Earfonik, ma anche KZ ZS10 Pro, delle cuffie cinesi a tre vie con driver dinamico per le basse: costano pochissimo ma alcuni le hanno scelte addirittura come main!

“Il monitoraggio è semplice, anche se c’è molto da lavorare perché abbiamo oltre 100 canali e 10 musicisti sul palco. Ho scelto, dopo tanti anni, di non lavorare più con le scene, perché i musicisti sono attenti a non sovrapporsi; faccio a mano anche i mute dei microfoni. Mi piace interagire di più con la band. 

“Io prendo il segnale dagli stagebox della S6L: due MADI 64 ed entro sul mio DiGiCo, inoltre in ottico ho un local per fare tutte le uscite. Ho anche un effetto SPX990 che mi serve per un pitch di tre semitoni sotto, cosa che con la console non riesco a fare. Ho sei Axient per i vari gelati per gli ospiti, fiati e una decina di UR4D in postazione backline chitarristi per fare le chitarre, altre due linee per i chitarristi e un archetto per il backliner di Daniele. Le frequenze sono un trentina e le gestisco io, uso un RF Explorer con Touchstone, ma poi anche lo strumento dell’Axient che è più preciso.

I radiomicrofoni e i bodypack.

“I backliner sono: Perez – Andrea Peretti – personal di Daniele che si occupa anche di uno dei due tastieristi ma gestisce off stage la pedaliera di Daniele; poi Gianpaolo Diletti cura la batteria di Piero, chitarra e percussioni, Federico Menegon si occupa di batteria, chitarra e tastiera stage left; Nicola Marcuglia cura basso e fagotto più alcuni movimenti scenici e mi aiuta in allestimento cablaggi e regia come tecnico audio.

Alla fine ho 16 mandate stereo e con comunicazioni e servizi abbiamo una quarantina di uscite.

“Le sequenze – aggiunge Stefano – partono dalla batteria stage left, gestite con due Cymatic:10 canali, 8 audio più click e timecode. Altri due click sono usati dai singoli batteristi sui brani senza sequenze, come il medley di 43 minuti in cui ovviamente cambiano i bpm e i due batteristi si scambiano i click. La band di Daniele è sempre stata abituata a suonare in maniera molto libera, così il passaggio al clock è stato un po’ complesso da organizzare nelle prove”.

Band


Batterie

Piero Monterisi


Fabio Rondanini

Basso

Gabriele Lazzarotti

Tastiere

Gianluca Misiti


Duilio Galioto

Chitarre

Daniele Fiaschi


Adriano Viterbini

Percussioni/fiati

Ramon Caraballo

Corista/fiati

Marco Santoro

Sound designer

Daniele Tortora

Artista guest

Rancore

Personal ass. Rancore

Matteo Manini

Artist manager

Francesco Barbaro

Responsabile immagine/coord. social

Lisa Lelli

Show designer

Giancarlo Sforza

Stylist

Maria Vittoria Castegnaro

Ufficio stampa MN

Marianna Petruzzi

Produzione

OTR Live

Direttore di produzione

Tommaso Galati

Tour Manager

Enrico De Paolis

Direttore tecnico/fonico di palco

Stefano Mariani

Assistente di produzione

Alessia Tieni

Production manager

Francesca Guida

Lighting designer

Martino Cerati

Ass. datore luci

Alberto Manzone

Backliner

Andrea Peretti


Giampaolo Diletti

Social media manager

Santa Tina Lamorgese

Head rigger

Francesco Bana

Service audio/luci/LED

Imput

Tecnici P.A. Imput

Leonardo Colautti


Alberto Pozzolo 

Assistente fonico di sala

Simone De Filippis

Tecnici audio palco Imput

Nicola Marcuglia 


Federico Menegon

Tecnici luce per Imput

Valerio Venturoli


Giorgia Lovato


Luca Terenzi


Sergio Giacomin

Tecnici LEDwall

Nicola Barro


Marco Rossignoli

Regia visual & video

Filippo Rossi

Motion designer

Jolanda Fiaré

Visual

Christian Bona

Motion designer

Ernesto Zanotti

Visual

Selene Sauna

Contenuti girati

Giorgio Testi

Assitente in regia

Marcello Orlando

Operatori Video

Gianni Gaudenzi


Matteo Canuti


Giosaf Quattrocchi

Editor

Giacomo Citro

Telecamere e regia video

In Video Pro

Operatori Video

Roberto Missori


Sandro Viti

Merchandising

Francesca Daloiso

Macchinisti

Paolo Fossataro


Riccardo Sciarra

Operatore Video

Matteo Canuti

Palco e strutture

Enim

Responsabili palco

Antonio Mastrangeli


Renato Mastrangeli

Driver

Leandro Cova


Luigi Barbaro

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