Analogico Digitale: andata e ritorno - 6

Teoria e pratica dei convertitori AD e DA - parte 6

di Mario Di Cola e Marta Furlan

 

Un saluto a tutti i fedelissimi che hanno avuto la pazienza e la costanza di accompagnarci sin qui in questo viaggio nel mondo dei convertitori. In questa puntata completeremo la carrellata iniziata la volta scorsa e dedicata all’analisi delle differenti tipologie di convertitori analogico-digitali esistenti, soffermandoci in particolar modo sui convertitori sigma-delta, che sono quelli di più largo impiego nel campo dell'audio. Rituffiamoci dunque nell’argomento.

Concludiamo la rassegna

Nella scorsa puntata abbiamo esaminato le tipologie di convertitori flash, “tracking” e a gradinata. Le ultime due tipologie di ADC sono accomunate dal fatto che ospitano al loro interno un DAC, ovvero un convertitore digitale-analogico, che realizza il procedimento inverso a quello che stiamo analizzando (consideriamoli in questa fase come semplici “black box” senza preoccuparci di come siano fatti al loro interno).

L’idea alla base di queste configurazioni, come abbiamo visto, è quella di modificare con successivi aggiustamenti il codice binario in ingresso al DAC, fino a che la tensione in uscita al DAC non raggiunge il valore del segnale da convertire (Vin): il codice che realizza tale conversione sarà l’uscita dell'ADC.

Per fare ciò, il DAC è alimentato da un contatore binario (comandato da un clock) che forza una “gradinata” (scalini di tensione) in ingresso al DAC: si parla in questo caso di ADC “a gradinata”. Il processo di conteggio terminerà quando la tensione in uscita al DAC supera la tensione di ingresso: a quel punto la commutazione del convertitore assicura che il valore contenuto nel contatore è l'uscita.

Esamineremo ora l’ADC a singola rampa, che si basa su un principio simile a quello a gradinata, con la differenza che sfrutta una rampa analogica e non una gradinata digitale per effettuare la comparazione e non necessita di un DAC, ma di un generatore di corrente costante e di un MOS. Anche in questo caso il comparatore di stop serve a decretare il completamento della conversione effettuando il confronto tra la tensione in ingresso e il valore della rampa.

Figura1. Schema di un ADC a singola rampa

Figura2. Ingresso e uscita di un ADC a singola rampa

Il panorama di convertitori visti fin ora, danno un’idea del fatto che l’operazione di conversione AD può essere realizzata tramite diversi metodi. E ciascuno di questi è a suo modo ingegnoso, presentando alcuni peculiari vantaggi e altrettanti svantaggi. Ciascuno di essi ha infatti una specifica applicazione in cui può risultare particolarmente adatto. I tipi di segnali che nei vari campi della tecnologia necessitano di essere convertiti sono tanti e tali che è difficile immaginare che un singolo tipo di convertitore possa soddisfare le esigenze di tutti.

Ci sono segnali che si evolvono lentamente che possono dunque prestarsi ad essere convertiti con alcune metodologie, altri che invece si evolvono così rapidamente da aver bisogno di elettroniche velocissime, anche a scapito della precisione assoluta di conversione. Tra i convertitori visti, nessuno trova in genere applicazioni nel campo audio, per svariate ragioni. Essi sono stati studiati invece per essere particolarmente adatti ad essere applicati ad apparecchiature di misura di vario genere, ciascuno secondo le proprie peculiarità.

Essi, infatti, possono essere dedicati al rilevamento di segnali provenienti da sensori di vario tipo per essere catturati da specifici strumenti di misura dedicati alle più svariate applicazioni.

La breve panoramica fatta, a nostro avviso, può comunque servire non solo ai curiosi, poiché può aiutare a capire meglio quali sono state i vari modi di affrontare il problema.

L’ultimo ADC della veloce rassegna è l’ADC SAR (o ad approssimazioni successive).

Questo convertitore compie una ricerca binaria del codice corrispondente al valore analogico Vin, riuscendo a trovare il codice in un tempo pari al numero di cicli di clock per il numero di bit in uscita, grazie alla cosiddetta “ricerca binaria”. In questo senso l'ADC SAR si differenzia dai precedenti poiché il segnale digitale in uscita risulta avere i campioni automaticamente equispaziati nel tempo.

L’ADC SAR è pilotato da un’apposita logica in grado di asserire di volta in volta 1 bit in ingresso al suo DAC interno, cominciando dal bit più significativo, e di confrontare il corrispondente valore analogico (corrispondente a metà della scala di valori possibili, ovvero a Vref/2) generato dal DAC, con la tensione in ingresso: se Vin è superiore all'uscita del DAC, il bit è mantenuto a 1, altrimenti portato a 0. Ad ogni colpo di clock il SAR asserisce un bit alla volta, sino al meno significativo. Ogni conversione richiede solo n+1 impulsi di clock per essere portata a termine, permettendo al convertitore di trattare con segnali di frequenza maggiore di un fattore 100 rispetto all’ADC a singola rampa nel caso di 10 bit. Tale miglioramento della velocità di conversione rispetto agli altri ADC è tanto più consistente quanto più aumenta il numero di bit, poiché l’ADC SAR lega il tempo di conversione al numero di bit con una relazione lineare, anziché esponenziale come negli altri casi.

L’unico vincolo è che il segnale in ingresso resti costante per tutto il tempo della conversione: per far ciò è necessario in questo caso anteporre all'ADC un semplice S&H con l'introduzione di opportuni segnali di sincronizzazione tra i due stadi di campionamento e quantizzazione.

Figura 3. Schema di un ADC SAR

Figura 4. Ingresso e uscita di un ADC SAR: i codici binari in uscita sono forniti ad intervalli temporali equispaziati

C’è da dire che i convertitori SAR sono stati gli unici, tra quelli visti sinora, ad essere utilizzati con qualche successo nell’audio. Tale utilizzo in alcuni casi (ad es. nel caso delle schede di misura per elettroacustica) è continuato almeno fino all’inizio degli anni Novanta. Non ci sono molte applicazioni al giorno d’oggi nel campo dell’audio che utilizzano questo tipo di convertitore. Sappiamo infatti che da lungo tempo la tecnologia di conversione imperante nel mondo dell’audio è quella dei convertitori cosiddetti Sigma-Delta.

ADC Sigma Delta

La tecnica di conversione che oggigiorno fa da padrona nel campo audio è la conversione Sigma-Delta, o “SD” con notazione in lettere greche, a simboleggiare rispettivamente le operazioni di somma e sottrazione.

Il convertitore Sigma-Delta fa parte della categoria dei convertitori “ad integrazione” i quali forniscono un'uscita digitale legata al valore medio assunto dal segnale in un certo intervallo di tempo.

Essi si basano sulla presenza di un integratore reazionato, di un comparatore, e di un filtro digitale.

Figura 5. Schema dettagliato e di massima di un ADC Sigma-Delta

I convertitori SD, il cui funzionamento si basa su un’idea alquanto ingegnosa che spiegheremo, presentano una serie di caratteristiche peculiari le quali hanno fatto sì che la tecnologia audio digitale divenisse col tempo “alla portata di tutti”.

La tecnologia dei convertitori SD, in primo luogo, risulta essere facilmente integrabile in chip specifici prodotti su larga scala e realizzati in una vasta gamma di livelli qualitativi diversi. Questa caratteristica, se da un lato ha reso possibile la produzione di convertitori di livello eccelso, ha dall’altra parte consentito l’ottenimento di prestazioni di tutto rispetto anche nell’equipaggiamento di piccoli dispositivi portatili di basso costo.

L’idea che sta dietro ai dispositivi Sigma-Delta è quella di utilizzare un meccanismo di conversione estremamente semplificato, un processo di conversione ridotto praticamente all’osso. Il trucco sta nel farlo operare a velocità estremamente elevate barattando così l’accuratezza e la risoluzione del singolo campione (ridotte ai minimi termini) con la possibilità di collezionare un numero enorme di campioni. Portando il ragionamento al limite, il numero di bit utilizzato nella conversione, nel caso più estremo (quello oramai largamente usato), si riduce ad uno solo! Una delle tecniche aggiuntive utilizzate a completamento di questo processo di conversione è quella del sovra-campionamento (altresì nota come oversampling). A patto di riuscire a risolvere l’enorme quantità di problemi che, come potete immaginare, sono connessi a tutto ciò, l’idea permette di realizzare dispositivi estremamente compatti e ad altissima integrazione. Ci occuperemo di questa tecnica e degli aspetti ad essa connessi nella prossima puntata. A presto dunque.

CLICCA QUI PER ACCEDERE ALLA 7 PARTE