Show 
Design - PARTE 3 - Show Moments

Vi racconto di quelli che all’estero chiamano “Show Moments”, una definizione che si sente spesso da manager, tour manager e artisti.

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Design - PARTE 3 - Show Moments

di Jacopo Ricci

È una di quelle parole che odiamo, come “organico”, “negative space”, “fattore wow”, che probabilmente non hanno alcun senso neanche per loro ma che noi, in quanto creativi, dobbiamo tradurre in realtà.  

Non sarà un articolo tecnico ma molto più concentrato sulla parte creativa e concettuale di uno spettacolo, che è egualmente, se non più, importante dei tecnicismi su cui di solito ci si concentra troppo. La regola in genere è che se una luce non si accende al momento giusto non se ne accorgerà nessuno, neanche l’artista. Se il concerto non ha ritmo se ne accorgeranno tutti. E con tutti si intende TUTTI. Porteremo ad esempio il tour di Fedez, per cui con il nostro studio Ombra abbiamo disegnato lo show completo (partendo da stage, luci, video e arrivando a automazioni, laser e camere), così da poter fare esempi concreti.

In uno show ci sono diversi momenti chiave, tra cui possiamo indicarne tre principali: intro, interlude e finale. Ci sono però anche altre parti di uno spettacolo che possono essere “forzate” nell’essere speciali. Può essere la canzone di punta dell’artista, un ospite, una trovata tecnologica, il “reveal” dei laser o la prima cue pyro dello show.

L’intro e i primi due reveal

È forse una delle parti più importanti di uno spettacolo, serve a creare tensione, aspettativa, fa crescere nello spettatore dell’ansia, in un certo senso. Il nostro storyboard per Fedez era incentrato sul viaggio e l’intro ne rappresentava l’inizio: per questo Lorenzo (De Pascalis, ndr) ha ideato un portale futuristico situato nello spazio che si apre sulla destinazione finale, la Terra. Questo non è ovviamente un “moment” propriamente detto ma è sicuramente un punto cruciale dello show, perché imposta una linea stilistica per lo spettacolo. 

Nel 90% dei casi, si è in grado di capire di che tipologia sarà lo spettacolo sin dai primi minuti. Può essere scuro, giocato sui neri, sul buio, sul contrasto; oppure può essere aperto, estroverso e connesso col pubblico. Tutte emozioni che un’introduzione dovrebbe trasmettere. La nostra sequenza, infatti, era sì un tunnel apparentemente asettico e remoto ma la Terra era presentata in modo reale e vulnerabile, non futuristico ma tangibile e, soprattutto, raggiungibile (fig. di copertina).

Le luci erano fredde, e aiutavano a posizionare Federico (“Fedez”, ndr), che si trovava all’interno del cubo fatto di LEDwall, in un ambiente ostile e lontano. I feed delle camere, che erano mischiati con dei contenuti che raffiguravano galassie, tempeste e fulmini e provenivano da due telecamere remotate all’interno del cubo (sopra la sua testa e di fronte a lui), aiutavano a rafforzare questa sensazione di trovarsi in un vuoto lontano da cui c’era il bisogno di allontanarsi. 

Ad amalgamare i feed e i contenuti 3D ci ha aiutato il fumo basso di SuperFX, che proveniva da bocchette a scomparsa, comandate a distanza, nascoste nella superficie del palco. Il fumo basso aiutava a “vendere” l’effetto di lui immerso nei contenuti 3D, che presentavano anch’essi elementi come nebbia e, appunto, fumo. Questo “practical effect”, unito a un’illuminazione coerente (nei colori e nel tipo di luce) con la luce dell’ambiente 3D sullo schermo, ci ha permesso di rendere Fedez parte viva (in quanto catturata in diretta) dello show video come se fosse stato girato su green screen e compositato in post produzione (fig. sopra).

I primi due “reveal” dello show avvengono quasi contemporaneamente e sono quelli di effetti speciali (fiamme, CO2, pyro) e automazioni. Nell’intro “spaziale” c’è subito un uso massiccio di SFX: nello specifico fumo basso e il primo colpo di CO2. Neanche cinque minuti dopo, i pod di luci su Kynesis all’interno del cubo scendono per posizionarsi approssimativamente a metà altezza, tagliando perfettamente a metà quella struttura dalla prospettiva del pubblico. Abbiamo usato questa divisione dei volumi per avere una versione reale dell’artista nella metà inferiore, a terra, dentro il cubo, e una sua versione ingigantita nella metà superiore, che sembrava fluttuare a mezz’aria su quella struttura (fig. sotto).

 I pod, oltre a teste mobili, includevano anche strobo e barre LED dinamiche e motorizzate, che ho usato per trasmettere l’idea che quei pod fossero in realtà un mezzo di trasporto usato dall’artista durante il suo viaggio, illuminandone i contorni. Ho usato poi le strobo su Fedez, per dare più dinamica a quel momento.

Non siamo neanche a dieci minuti di spettacolo ed ecco che sulle note di “Tutto il contrario” si apre anche l’imponente schermo, liberando l’artista e permettendogli di trasferirsi sulla passerella di fronte al cubo. Da questo momento le due metà dello schermo frontale si sono fisicamente trasformate e sono trattate come due IMAG dal media server Disguise.

Le automazioni, sapientemente programmate su Kynesis dai nostri amici Gianluca Contaldi e Tommaso Davolio di Rig Me Up, sono state usate più volte durante lo show per cambiare il volume e lo spazio all’interno del cubo, oltre che come effetto scenico di grande impatto (fig. sotto).

L’interludio, l’interattività e la prima cue di laser e pyro

A dire la verità, l’interludio non è indispensabile e dipende molto dalla ritmica dello show. Nello show di Fedez ne avevamo ben due perché avevamo bisogno di un pretesto per cambiare palco e permettere all’artista due cambi abito durante la corsa tra un palco e l’altro e ritorno nei corridoi dei palazzetti. 

Quella è una corsa frenetica, la cui durata e intensità dipendono dall’architettura del palazzetto, dalla quantità di gente, da come la sicurezza ha organizzato i flussi di persone e da altri mille fattori. Nel frattempo, c’è bisogno di tenere vivo l’interesse delle persone: ogni spettatore ha un livello medio di attenzione che dedica a quello che sta vedendo. Va bene andare sotto quella soglia ogni tanto, non si può pretendere che uno show sia “tutto in faccia” dall’inizio alla fine; l’importante è che i picchi siano più accentuati degli avvallamenti. L’interludio diventa quindi, nel momento in cui si decide di inserirlo nello show, un elemento di vitale importanza: è sì un artificio tecnico, ma deve anche riuscire a non far perdere il ritmo dello show, compensando la mancanza dell’artista sul palco.

Il primo dei due interludi che abbiamo disegnato rappresentava uno stacco netto con la prima parte dello show, molto pop e energetica, per portare Federico sul piccolo palco B situato in regia, dove avrebbe cantato tre canzoni molto intime, al centro dell’arena, quasi senza luci, circondato solo dai flash dei cellulari del pubblico. Serviva una chiusura, nel vero senso della parola, con tutto quello che gli spettatori avevano visto fino a quel momento per creare nuovamente curiosità su cosa ci sarebbe stato dopo. 

Abbiamo quindi registrato durante le prove un piano sequenza che riprendeva Federico lasciare la scena, scendere dal palco mentre lo spettacolo e la musica continuavano, e andare in camerino. Una take unica, che trasmetteva naturalezza, come se quel video fosse stato ripreso da un suo amico o il pubblico vi stesse assistendo di persona. Il piano sequenza si chiudeva appena fuori dal suo camerino, con la porta sbattuta in faccia alla telecamera ma, di fatto, in faccia al pubblico, che contemporaneamente al suono della porta si ritrovava perso, nel buio totale, senza sapere dove guardare e soprattutto senza immaginare minimamente che Federico fosse già pronto sull’altro palco, letteralmente in mezzo a loro.

In questo modo abbiamo raggiunto molteplici obiettivi: abbiamo permesso all’artista di cambiarsi di abito, bere un sorso d’acqua, prendere una boccata d’aria e trasferirsi dall’altra parte del palazzetto. Allo stesso tempo non abbiamo perso l’attenzione del pubblico, che è rimasto trepidante con gli occhi incollati a quel cubo gigante fatto di schermi a vedere dove il loro idolo li avrebbe portati.

In questo contesto, abbiamo anche la prima cue pyro: sulla canzone “Magnifico”, molto sentita dal pubblico e da Federico, avevamo bisogno di un modo per scaricare tutta l’energia accumulata durante quella sezione molto emotiva e abbiamo pensato che un colpo di coriandoli, rumoroso e di effetto, potesse essere una soluzione efficace per uscire da quel momento (fig. sotto).

Il secondo interludio ci sarebbe poi servito per permettere a Federico di tornare sul palco principale per il terzo atto del concerto, quello sviluppato intorno all’interattività e agli effetti generati in real-time e comandati da lui. Abbiamo lasciato lo spazio e siamo in viaggio verso la Terra e, come se fosse una seconda intro, avevamo bisogno di impostare il mood per questa sezione di spettacolo: più tecnologica, dinamica e “anomala”, nuova.

I contenuti sullo schermo erano quindi meno “terreni” di un piano sequenza, somigliavano a degli ologrammi che fluttuavano sullo schermo semitrasparente per poi concludersi in una versione tecnologica e futuristica del logo “Fedez” che dava l’illusione ottica di orbitare all’interno del cubo, posizione che poco dopo sarebbe stata occupata da Federico, equipaggiato con sensori BlackTrax per il tracciamento della sua posizione all’interno di quel volume. 

La sequenza si chiude a schermo spento e nero con una batteria di accecatori posizionati dietro il palco a massima intensità, a evidenziare in silhouette quella struttura imponente fatta di cavi, plastica e ferro che avrebbe “ingabbiato” l’artista per qualche canzone e che dalla prima fila trasmetteva grandezza e impotenza nello spettatore.

La parte “tecnologica” dello show è dove abbiamo pensato di introdurre per la prima volta i laser (fig. sotto), che sono una tipologia di proiettori che si presta particolarmente a situazioni in cui c’è la necessita di trasmettere modernità. Personalmente non amiamo quando i laser sono lì tanto perché il cliente ha pagato per averli. Nel nostro caso, tutte le cue programmate in modo impeccabile da Filippo Scortichini di SuperFX, ricoprivano uno scopo e giocavano con luci e video in maniera del tutto naturale.

Finale

Abbiamo chiuso l’artista dentro una prigione a forma di cubo fatto di LEDwall e ora dobbiamo tirarlo fuori perché non può chiudere il concerto lontano dal suo pubblico. Il finale è un momento delicato dello show, è il punto d’arrivo, a prescindere dal nostro caso letterale, del viaggio che l’artista fa insieme agli spettatori.

Deve esserci una quadra, tutto deve tornare al suo posto e bisogna ristabilire la normalità, oltre a dover lasciare un’emozione dentro chi è stato parte di quel percorso, qualunque essa sia. Il viaggio che abbiamo fatto con Fedez era diretto verso una meta felice, la Terra; di conseguenza, l’ultimo sentimento che volevamo lasciare nel pubblico era di felicità e spensieratezza. 

I pod sono scesi e si sono inclinati al massimo delle loro possibilità, per formare un nuovo fondale fatto di luci, che si accendono dall’interno all’esterno man mano che l’apertura dello schermo le scopre. 

Per Federico questo era uno dei momenti più emotivi dello spettacolo, visto che “Prima di ogni cosa” è la canzone che l’artista ha dedicato a suo figlio. Per questo motivo avevamo bisogno di amplificare quel momento e il muro di Robe Pointe puntati verso il pubblico e frostati è stato, al contrario di ogni logica, il modo migliore per conferire intimità a quel momento che sarebbe potuto apparire come epico ma che invece nascondeva l’artista nella sua dimensione, abbagliando il pubblico (fig. sopra).

Tutta la parte finale dello show si svolge in passerella, a contatto col pubblico, mentre il cubo è tornato nella sua forma più grande, con le due metà della faccia frontale a fare ora da IMAG e ora da estensione dello schermo più arretrato per mantenere un aspetto “wide” simile al 16:9.

Le ultime tre canzoni sono tra i successi più grandi di Fedez e volevamo che l’atmosfera fosse il più festaiola possibile. I contenuti video sono diventati colorati, eterei e luminosi, in totale contrasto col mondo tecnologico dell’atto precedente; le luci hanno seguito questo cambiamento e i feed delle camere, prima sporchi e effettati, sono tornati a essere puliti e a riempire tutta la superficie degli IMAG. (fig. sotto). Il concerto si chiude con coriandoli, laser, fiamme e scintille provenienti dalle grate in passerella e in questo tripudio di colore e luce, il cubo si è finalmente aperto, come un sipario, liberando l’artista, a simboleggiare il suo arrivo in questo nirvana terrestre e la fine del suo viaggio. 

Link utili:

www.ombra.world

www.jacoporicci.com

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