Radiofrequenze - quinta parte

Appunti sulla trasmissione di segnali audio a radiofrequenza: le interferenze e la scelta delle frequenze

di Michele Viola

Quando si imposta un sistema di trasmissione a radiofrequenza, occorre porre particolare attenzione alla scelta delle frequenze, che devono essere compatibili tra loro. Ovviamente non devono esserci, in una stessa zona, due trasmettitori sintonizzati sulla stessa frequenza, ma questo non è in generale sufficiente a garantire l’assenza di reciproche interferenze: è necessario tenere conto delle armoniche di distorsione, compresi i cosiddetti prodotti di intermodulazione.

La distorsione armonica e la distorsione di intermodulazione

I dispositivi non lineari distorcono il segnale in ingresso, ovvero ne modificano la forma d’onda. Quando in ingresso ad un dispositivo non lineare è presente un segnale sinusoidale puro, in uscita si troverà un segnale in genere periodico ma non perfettamente sinusoidale. Analizzando lo spettro dei segnali di ingresso e di uscita, si può notare come lo spettro del segnale in ingresso sia composto di una singola riga verticale, mentre lo spettro del segnale di uscita sarà composto da una serie di righe, di frequenza pari ai multipli della frequenza del segnale in ingresso e di ampiezza generalmente decrescente al crescere della frequenza.

Tabella 1: le armoniche di distorsione fino al 5° ordine.
ordine armoniche esempio
1° ordine f1 - f2 400 MHz - 425 MHz
2° ordine 2f1 - 2f2 800 MHz - 850 MHz
3° ordine 3f1 - 3f2 1200 MHz - 1275 MHz
4° ordine 4f1 - 4f2 1600 MHz - 1700 MHz
5° ordine 5f1 - 5f2 2000 MHz - 2125 MHz

Quando due o più toni sinusoidali a frequenze diverse sono contemporaneamente presenti all’interno di uno stesso dispositivo non lineare si generano, oltre alle armoniche di distorsione generate da ciascuno dei due segnali, anche delle altre componenti spurie, chiamate prodotti di intermodulazione, che dipendono dall’interazione tra un tono e l’altro e che si posizionano, all’interno dello spettro, a frequenze multiple della somma e della differenza tra le frequenze dei toni in ingresso. Ciascuna armonica, poi, così come ciascun prodotto di intermodulazione, si combina con ciascuno degli altri per dare origine ad ulteriori componenti di intermodulazione di ordine superiore, di ampiezza via via decrescente in dipendenza dall’entità della distorsione.

Tabella 2: i prodotti di intermodulazione prodotti da due toni, fino al 5° ordine. L’ordine di ciascuna componente è la somma dei valori assoluti dei coefficienti assegnati alle due frequenze nella combinazione. Tra i prodotti di ordine dispari (in rosso) ci sono quelli situati alle frequenze più prossime ai toni originali (indicati nella prima riga), che possono quindi più facilmente disturbare altre comunicazioni su bande vicine.
ordine prodotti di intermodulazione esempio
1° ordine f1 f2 400 MHz - 425 MHz
2° ordine f1 + f2 f2 – f1 825 MHz - 25 MHz
3° ordine 2f1 – f2 2f2 – f1 375 MHz - 450 MHz
2f1 + f2 2f2 + f1 1225 MHz - 1250 MHz
4° ordine 2f1 + 2f2 1650 MHz
3f1 + f2 f1 + 3f1 1625 MHz - 1675 MHz
3f1 – f2 3f2 – f1 775 MHz - 875 MHz
5° ordine 3f1 – 2f2 3f2 – 2f1 350 MHz - 475 MHz
f1 + 4f2 4f1 + f2 2100 MHz - 2025 MHz
2f1 + 3f2 3f1 + 2f2 2075 MHz - 2050 MHz
4f1 – f2 4f2 – f1 1175 MHz - 1300 MHz
 ... 
7° ordine 4f1 – 3f2 4f2 – 3f1 325 MHz - 500 MHz
 ... 
9° ordine 5f1 – 4f2 5f2 – 4f1 300 MHz - 525 MHz

Le componenti spurie, ovvero le armoniche dei segnali originari e anche i prodotti di intermodulazione, se si trovano ad una frequenza prossima a quella della portante di un sistema di trasmissione radio possono interferire con il collegamento disturbandone la comunicazione.

I componenti non lineari

Il mezzo trasmissivo, ovvero l’aria (o il vuoto, o l’etere se volete: non discuteremo di questo, in questa occasione), è decisamente lineare rispetto alle perturbazioni elettromagnetiche provocate dalla propagazione delle onde radio, per cui il mezzo attraverso cui avviene la maggior parte della propagazione, ovvero lo spazio aperto, non si può ritenere responsabile delle non linearità capaci di generare armoniche o prodotti di intermodulazione di ampiezza significativa.

Dispositivi decisamente non lineari sono invece presenti tra i circuiti elettronici all’interno dei trasmettitori e dei ricevitori a radiofrequenza.

Le tecnologie di trasmissione e ricezione dei segnali a radiofrequenza sono infatti proprio basate su circuiti che in qualche modo introducono delle non linearità. Normalmente, la modulazione in trasmissione e la demodulazione in ricezione avvengono ad una frequenza più bassa rispetto alla frequenza di trasmissione, chiamata frequenza intermedia (perché è effettivamente intermedia tra le frequenze in banda base, ovvero le frequenze caratteristiche del segnale da trasmettere, e la frequenza della portante presente in antenna e trasmessa come segnale a radiofrequenza). Nel trasmettitore, poi, a valle del modulatore e prima dell’antenna, c’è un circuito moltiplicatore di frequenza che porta il segnale alla frequenza di trasmissione. In ricezione, al contrario, il segnale ricevuto viene amplificato per poi essere traslato in frequenza verso il basso, a frequenza intermedia, prima dell’estrazione del contenuto informativo in banda base attraverso la demodulazione.

La traslazione in frequenza, sia verso l’alto che verso il basso, viene realizzata, in linea di principio, proprio utilizzando l’intermodulazione all’interno di un componente non lineare1. In pratica, il segnale a frequenza intermedia viene inserito in un circuito non lineare insieme ad un tono sinusoidale a frequenza opportuna: in uscita, tra le componenti di distorsione prodotte dalla non-linearità, ci sono i prodotti di intermodulazione del secondo ordine, cioè quelli a frequenza pari alla somma e alla differenza delle frequenze in ingresso. In trasmissione si estrae (mediante un semplice filtraggio) la componente di frequenza pari alla somma, ottenendo un innalzamento della frequenza fino al valore adatto da iniettare in antenna, mentre in ricezione si estrae la componente di frequenza pari alla differenza, ottenendo un abbassamento della frequenza fino ad un valore adatto per i circuiti di demodulazione.

La nascita delle componenti spurie

Le componenti distorsive, quindi, nascono principalmente nei trasmettitori e nei ricevitori radio.

Quanto un trasmettitore è immerso in un segnale RF spurio sufficientemente forte, infatti, questo facilmente penetra all’interno dei circuiti elettrici e viene quindi elaborato e trasmesso insieme al segnale legittimo, insieme ai prodotti di intermodulazione prodotti dalle inevitabili non-linearità della catena (soprattutto all’interno del mixer, come spiegato sopra). Lo stesso può succedere in maniera del tutto analoga nei ricevitori, cioè il segnale spurio può entrare direttamente nel mixer, a valle del filtro RF, ma anche dalla porta principale, ovvero dall’antenna. Il filtro a radiofrequenza, infatti, per varie ragioni non può avere una banda molto stretta sulla frequenza da ricevere per cui tenderà a lasciarsi attraversare dalle componenti spurie a frequenze non troppo distanti dalla frequenza della portante legittima. Queste componenti spurie entreranno quindi nel mixer e genereranno qui le armoniche di distorsione e i prodotti di intermodulazione, interagendo tra loro così come con la frequenza generata dall’oscillatore locale. A frequenza intermedia, poi, è possibile costruire un filtro decisamente più selettivo, ma a quel punto le eventuali componenti spurie sovrapposte o molto prossime al segnale legittimo non potrebbero essere più eliminate.

Ma dov’è il problema, quindi?

Situazione tipo, decisamente non troppo complessa: i due chitarristi, a destra e a sinistra del palco, hanno ciascuno un trasmettitore radio collegato allo strumento e un ricevitore nel rack, e anche il cantante a centro palco ha un microfono radio, ciascuno sulla propria frequenza. Durante le prove, quando ognuno sta al suo posto, nessun problema. Durante la serata, poi, quando i chitarristi dovessero decidere di giocarsi un momento musicalmente spettacolare schiena contro schiena, a quel punto nascerebbero tutta una rosa di frequenze spurie immesse nell’etere dai due trasmettitori intermodulanti tra loro. Se qualcuna delle armoniche di intermodulazione dovesse collocarsi in frequenza nei pressi della portante radio del microfono del cantante, le interferenze potrebbero facilmente risultare in interruzioni e rumori molesti nel canale della voce.

Situazioni analoghe possono verificarsi in moltissimi casi: quando più trasmettitori si avvicinano, nascono delle armoniche di intermodulazione spurie a frequenze multiple della somma e della differenza tra le due portanti e anche tra le armoniche delle due portanti. Lo stesso quando un trasmettitore si trova immerso in un campo interferente dovuto ad un disturbo esterno: il disturbo si può facilmente inserire nella catena di trasmissione, non lineare per natura, e generare armoniche semplici e di intermodulazione insieme alla portante di funzionamento del trasmettitore.

Come si risolve?

Ovviamente occorre prima di tutto evitare sovrapposizioni, cioè evitare di sintonizzare due o più trasmettitori sulla stessa frequenza. Già questo, in un ambiente non attentamente controllato (ad esempio durante una manifestazione fieristica) potrebbe non essere semplice. Occorrerà anche, altrettanto ovviamente, cercare di evitare eventuali disturbi prodotti da interferenze esterne (canali televisivi, ponti radio, schermi video e quant’altro). Per questo risulta senz’altro molto utile una scansione dello spettro radio, magari con la possibilità di tenerlo monitorato per reagire prontamente all’eventuale comparsa di disturbi non presenti in precedenza (ponti radio, schermi video, radiomicrofoni degli stand adiacenti eccetera si potrebbero accendere e spegnere in ogni momento).

Quando poi si debbano utilizzare più di due frequenze contemporaneamente occorrerà fare attenzione anche all’intermodulazione. In pratica si tratta di scegliere con attenzione l’insieme delle frequenze da utilizzare per i propri canali di trasmissione radio. In genere, tutti i sistemi a frequenza regolabile permettono la sintonizzazione per “gruppi” di frequenze compatibili tra loro. Tali gruppi, ovviamente, non possono tenere conto delle interferenze esterne ma in genere con meno di quattro o cinque canali la situazione è facilmente gestibile, eventualmente cambiando al volo la frequenza dei canali che dovessero repentinamente presentare disturbi significativi.

Quando le frequenze sono più di una decina occorre invece pianificare con attenzione la scelta delle frequenze, al fine di evitare problemi. È possibile, volendo, utilizzare un semplice foglio di calcolo, magari pre-impostato, ma in questo modo è necessario quantomeno un discreto talento per riuscire a gestire efficacemente un sistema con più di poche decine di canali radio. Oggi esistono diversi software in grado di agevolare il lavoro del tecnico che deve impostare sistemi complessi, sia commerciali che scaricabili gratuitamente dalla rete. I maggiori produttori di radiomicrofoni mettono a disposizione dei software perlopiù utilizzabili liberamente, capaci di importare anche le scansioni dello spettro radio o addirittura di eseguirle utilizzando un ricevitore libero o un apparecchio dedicato. Scegliendo software e sistemi di rice-trasmissione dello stesso produttore, ovviamente, si possono utilizzare le funzioni più sofisticate come la gestione remota e eventualmente automatica delle interferenze.

Figura 1
Figura 1: schema di un trasmettitore a radiofrequenza. Il segnale audio viene preamplificato e modulato su una portante a frequenza intermedia (IF, fissa). Entra poi nel moltiplicatore di frequenza che lo trasla in frequenza di un’entità dipendente dalla frequenza di un oscillatore locale (LO), in genere regolabile entro dati limiti. Dal segnale in uscita dal mixer, contenente tra l’altro i vari prodotti di intermodulazione, viene selezionata, tramite il filtro RF, la parte intorno alla frequenza RF = IF + LO, che viene poi amplificata e trasmessa in antenna. IF è in genere fissa, mentre modificando la frequenza dell’oscillatore locale LO si modifica la frequenza di trasmissione. Il filtro RF non può essere, quindi, troppo selettivo.

Figura 2
Figura 2: schema di un ricevitore a radiofrequenza. Il segnale radio captato dall’antenna viene filtrato e traslato in frequenza verso il basso di una quantità dipendente dalla frequenza di un oscillatore locale (LO), in genere regolabile entro limiti stabiliti. Dal segnale in uscita dal mixer, contenente tra l’altro i vari prodotti di intermodulazione, viene selezionata, tramite il filtro IF, la parte intorno alla frequenza IF = RF – LO, che viene poi demodulata per estrarre il segnale in banda base e quindi inviata alle successive elaborazioni (mixer e catena di amplificazione). Variando la frequenza dell’oscillatore locale è possibile portare in ingresso al filtro IF la porzione di spettro corrispondente alla sintonia del ricevitore.

Note:

Nota 1: Da notare che la traslazione in frequenza, in sé, è un’operazione lineare quando mantiene inalterate le altre proprietà del segnale in ingresso (in particolare ampiezza e fase).

 

 

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