Pretty Woman - Il Musical

Dal cinema al teatro: torna in scena una delle commedie romantiche più amate dei primi anni Novanta.


Pretty Woman - Il Musical

la Redazione

Il fattore nostalgia è uno dei motori economici più importanti di questa nostra epoca. Si recuperano stili, franchise, modi di vestire e di pensare, che vengono direttamente da decenni più “felici” – o percepiti come tali – di quello attuale.

Gli anni Ottanta sono sempre stati una garanzia, quando si tratta di recupero del passato; ma da qualche tempo gli artisti della musica e dello spettacolo hanno iniziato a ridare fiato anche alle opere “cult” del decennio seguente.

In questo clima nasce l’esperimento di Pretty Woman – il Musical, che recupera un film famosissimo che si pone proprio a cavallo dei due decenni. Stage Entertainment torna a farci sognare con uno spettacolo gioioso, romantico, spensierato, basato in tutto e per tutto sulla favola diretta al cinema da Garry Marshall e interpretata da Julia Roberts e Richard Gere. Ritroviamo Vivian Ward, la giovane prostituta ingaggiata dall’affascinante uomo d’affari Edward Lewis, e seguiamo passo passo la nascita e i primi passi del loro amore.

Lo spettacolo è piacevole, liscio, nonostante l’enorme difficoltà del riportare tutta la storia originale in una sola ambientazione. Un plauso va dunque fatto alla scenografa, al light designer e alla coreografa, che hanno reso credibile la storia con una scenografia praticamente fissa. E i complimenti si allargano a tutto il cast artistico e a tutta la squadra tecnica, che hanno confezionato una produzione di qualità e l’hanno portata in tour per l’Italia con ottime risposte di pubblico. Le produzioni gemelle, intanto, macinano successi in America, in Spagna e nel resto d’Europa.

Andiamo dunque ad ascoltare i protagonisti di questa produzione. A partire ovviamente da Camilla Maffezzoli, la figura forse più rappresentativa della compagnia nel suo ruolo di company manager e di tour manager.

Camilla Maffezzoli - Company e Tour Manager

Come sei arrivata a ricoprire questo ruolo così centrale?

Io nasco come ballerina e performer, e per molti anni ho frequentato il mondo dei musical. Ho lavorato in diverse compagnie, ho girato il mondo.

Già da diverso tempo conoscevo e lavoravo con la famiglia Stage Entertainment, e tutto è nato molto naturalmente. Mi sono fatta coinvolgere di più dalla parte organizzativa e tecnica, affiancando man mano tante figure che mi hanno insegnato gli aspetti di questo lavoro. E così, da quest’anno, ho deciso di cambiare prospettiva, di spostarmi dal palco al backstage. Dal primo di agosto sono entrata in corsa nella produzione di Pretty Woman, seguendo prima l’organizzazione e poi la gestione del tour. Posso dire di aver trovato sia nel cast artistico sia tecnico dei meravigliosi compagni di viaggio.

Di quali aspetti ti sei dovuta occupare?

Pretty Woman ha debuttato al Nazionale di Milano e poi ha replicato per sei mesi. Nel programma di Stage Entertainment c’era fin da subito l’idea di portare in tour lo spettacolo, e così mi hanno proposto il ruolo di tour manager.

Per portare in giro lo spettacolo abbiamo dovuto fare delle modifiche, a partire dalla scenografia, che era stata preparata per il Nazionale: la larghezza del palco non era adatta a tutti i teatri che avremmo incontrato, quindi abbiamo dovuto ricostruire una struttura uguale ma di dimensioni adeguate ai vari teatri. La struttura costruita per il Nazionale è stata ceduta a una produzione straniera, che ora la utilizza nei teatri spagnoli.

Poi, il mio lavoro è continuato nel ridefinire il casting, che è stato riconfermato quasi completamente. Alcuni sono stati sostituiti, perché avevano impegni precedenti e non erano disponibili per il tour. Dopo l’estate abbiamo messo in campo il nuovo allestimento a Tolentino, dove abbiamo montato la nuova struttura e rifatto le prove, sia artistiche sia tecniche, per tre settimane. Infine il debutto all’Olimpico di Roma con sei date, e poi in giro per l’Italia fino alla tarda primavera.

Come primo lavoro è stato impegnativo?

Si, ma neanche più di tanto. Quando lavori con dei professionisti e tu fai quello che devi fare, senza voler a tutti i costi strafare, il lavoro fila via liscio. La nuova struttura è stata realizzata in Germania, al montaggio e alle prime giornate di prove ha partecipato anche la scenografa olandese, ed è andato tutto secondo il programma. Negli ultimi giorni abbiamo provato anche lo smontaggio e il carico sui due bilici, e non ci sono stati intoppi. Poi a Roma, al debutto, dove il pubblico ha risposto molto bene.

In quanti girate con questa compagnia?

In tutto siamo in 33: 20 che fanno parte del cast artistico e 13 tra tecnici e produzione. Ci muoviamo con due bilici pieni, uno occupato dalla sola scenografia, l’altro dai costumi e dalle attrezzature tecniche. C’è tanto da fare, ma i ragazzi sono molto bravi. Si arriva al mattino, e il primo giorno si monta tutta la scenografia e una parte delle luci. Il mattino dopo si terminano le luci e l’audio, e il pomeriggio è dedicato alle prove e alle rifiniture, per debuttare poi la sera.

Secondo te, come ha reagito il mondo del teatro alla pandemia? Ne è uscito indenne o ha subito, come altri settori dell’intrattenimento, la perdita di figure professionali?

Anche il teatro ha subito questa perdita, a causa di tanti cambiamenti di lavoro. Come ogni settore, ora si sta riorganizzando e sta prendendo le contromisure. Sia nel settore artistico sia tecnico si sono venuti a creare dei buchi, dopo due anni di pandemia; qualcuno si è guardato attorno e ha trovato delle alternative. Poi qualcuno è tornato, qualcuno no. Io mi sono presa un anno sabbatico, per poi tornare più agguerrita di prima: questo è il mondo che amo e in cui voglio rimanere finché ne avrò le possibilità.

Da sx: Davide Monaci, operatore luci e Francesco Vignati, lighting designer.

Francesco Vignati - Lighting Designer

Ci racconti i primi passi di questa produzione?

Ho iniziato a lavorare a questo spettacolo l’anno scorso, con la regia di Carline Brouwer e le scene di Carla Janssen Höfelt. Chiara Noschese ha collaborato con la regista e poi si è occupata del casting con la coreografa Denise Holland Bethke. La prima versione, nata sulle esigenze del teatro Nazionale, doveva durare solo fino a gennaio. Poi, grazie al successo di pubblico, le repliche sono andate avanti per altri due mesi. Finita l’esperienza milanese, tutti noi abbiamo dovuto ricostruire: nuovo palco, nuova scenografia, e ovviamente nuovo disegno luci. Le esigenze sono cambiate: per esempio ho inserito diverse strip LED nella scenografia, solo per risparmiare tempo nel montaggio e nei puntamenti delle luci.

Che particolarità hai notato nella creazione di questo spettacolo?

In generale è stato un lavoro divertente e molto impegnativo. È un piacere lavorare con questi professionisti. Se poi viene fatto all’interno di un’organizzazione come Stage Entertainment, il tutto risulta faticoso ma molto gratificante.

Se conosci la storia, o hai visto il film, ti renderai conto che lo sviluppo del musical segue fedelmente la trama. La scenografia è praticamente fissa, e la scenografa me l’ha raccontata così fin dal nostro primo incontro: immagina un beauty case, dove ci sono diversi cassettini, che apriamo e chiudiamo; usando le luci e pochi movimenti, qualche accessorio di scena, sedie, tavoli e panchine, oltre a un video LED centrale, dobbiamo ricreare i diversi ambienti in cui si svolge la storia.

Ecco così prendere vita il quartiere d’origine di Vivian, la camera dell’hotel di lusso, il negozio d’abbigliamento e tutte le altre ambientazioni. Il video aiuta molto, con delle immagini fisse che aiutano a sottolineare, volta per volta, dove ci troviamo. Poi naturalmente con le luci andiamo a definire tutto. È stata una bella esperienza, di cui sono molto soddisfatto: lavorare con queste persone mi ha arricchito molto sia professionalmente che umanamente.

La regia di sala.

Il materiale viaggia con voi o richiedete qualcosa sul posto?

Tutto il materiale viaggia con noi, sia tecnico sia scenografico.

In regia ho una console grandMA3, naturalmente ancora in versione due. Poi ho a disposizione degli spot e dei profile Robe, dei wash ClayPaky, dei sagomatori LEDko Coemar. Per il fondale ho due batterie di Q7 SGM, una in alto e una in basso, che mi aiutano molto a sottolineare le varie sfumature, gli orari della giornata, i tramonti, gli ambienti all’aperto o al chiuso. Per quanto riguarda i tempi di montaggio, per la data in teatro si arriva alle otto del mattino, si fa un giorno di pre-montaggio, scenografia e parte delle luci. La mattina dopo si finisce di montare luci e audio, si fanno i vari puntamenti e le varie programmazioni, fino al pomeriggio, poi un’oretta circa per le prove e rifiniture con il cast e i performer, e infine alle 18:00 il sound-check, la cena e lo spettacolo.

Nel mettere in piedi questa produzione, hai avuto difficoltà con il materiale?

Forse è inutile ripeterlo, ma questa pandemia per il nostro settore è stata uno tsunami. Qui ho avuto la fortuna di lavorare in una produzione targata Stage Entertainment, che è un bel biglietto da visita. Devo comunque ringraziare Audiolux, il rental che ci fornisce il materiale audio e luci, che visto il rapporto di vecchia data ci ha messo a disposizione tutto il materiale di qualità.

Anche per il personale abbiamo dovuto fare il gioco delle tre carte. Anche le produzioni hanno capito la situazione, e dove prima erano abbastanza rigidi sulle sostituzioni, oggi ci permettono di fare i vari incastri con i professionisti rimasti. Le produzioni che sono ripartite contemporaneamente sono tante, e sono tante anche le figure che abbiamo perso per strada. Con tanto sacrificio e tanta buona volontà, continuiamo a svolgere il nostro lavoro con professionalità e con una certa dose di soddisfazioni.

Davide Monaci - Operatore Luci

Raccontaci la tua esperienza.

Mi trovo a fare l’operatore luci in sostituzione di Manuel Gazzette, l’operatore “titolare” del musical in tour. Conosco lo spettacolo molto bene, essendo stato il titolare per tutte le date al Nazionale e avendo fatto affiancamento per la produzione che sta girando in Spagna.

Come sempre succede con Francesco Vignali, tutto il lavoro viene programmato tramite una sequenza principale per le luci, composta da circa 400 cue, e una secondaria per controllare il video LED. In regia lavoro con una grandMA che uso sia per le luci sia per mandare, tramite media server Millumin, i contributi video.

La scenografia sembra abbastanza statica, avete dovuto lavorare molto con le luci?

Sì, in effetti la scenografia non ha tantissimi movimenti. La scenografa è stata molto brava: ha inserito uno schermo LED all’interno della scenografia, che aiuta nel racconto della storia. Con Francesco abbiamo lavorato molto nella scelta dei colori, nelle sfumature e nei contrasti. Ho passato diversi giorni in una saletta di Audiolux, il service che ha fornito luci e audio, per scegliere fari lampade e gelatine.

Sei uno che predilige la luce alogena o il LED?

Tutti i riferimenti per la luce vengono presi da una fonte alogena, ma non si può e non si deve ignorare l’uso dei LED, specialmente quando si va in tour. Quando posso, in teatro, per le produzioni residenti, cerco ancora di utilizzare le lampade alogene.

Simone della Scala, fonico FOH e Domenico Marras, responsabile palco.


Simone della Scala - Fonico FOH

Simone, raccontaci la costruzione audio della colonna sonora.

Cominciamo col raccontare forse il lato più originale della colonna sonora dello spettacolo. A Milano, al Teatro Nazionale, lo spettacolo Pretty Woman prevedeva la band dal vivo, mentre in tour, per ragioni logistiche e di costi, si è scelto di portare le basi. La cosa particolare è che le basi sono la registrazione della band dal vivo!

Perciò abbiamo suddiviso la base in tante scene, che io gestisco dalla regia. Questo permette di allungare o accorciare la musica a seconda delle esigenze temporali: se serve più tempo, ho dei loop che aggiungo alla base; se devo accorciare, sfumo il finale della scena. Ricopro quindi anche la parte di maestro musicale, avendo la possibilità di intervenire sulla musica.

Per quanto riguarda il canto, gli artisti cantano rigorosamente dal vivo: usiamo delle capsule camuffate tra i capelli. Per seguire tutta la scaletta, mi sono creato delle scene sul mixer, dove i microfoni che non sono in scena vengono chiusi. Per il monitoraggio, sul palco sono stati distribuiti dei diffusori nel soffitto, così da coprire il palco, e da lì viene diffusa esclusivamente la base musicale.

Per la sala, abbiamo appeso un buon vecchio sistema d&b Audiotechnik Q1 con quattro sub a terra e due sospesi. Per le primissime file è montato un piccolo cluster centrale, sempre con dei moduli Q1, e come front-fill dei piccoli diffusori aggiuntivi.

La crew.

Avete anche delle basi con le voci degli artisti?

Assolutamente no, io sono abbastanza contrario al playback. Preferisco qualche stonatura o calo di voce o qualche fischio, piuttosto che una base registrata. A volte, ovviamente, ammetto di averla usata anch’io, ma se posso scegliere evito. A proposito di questo, ti racconto un aneddoto: in una serata la protagonista è arrivata in teatro con un calo di voce importante; era praticamente afona, e visto che non avevamo il playback, abbiamo fatto cantare una sostituta posizionata in quinta, che ha seguito perfettamente la protagonista, è così è nato un playback dal vivo.

Domenico Marras - Responsabile Palco

Qual è il tuo ruolo e di cosa ti occupi sul palco?

Il mio lavoro è principalmente quello di vestire gli artisti con il loro set microfonico, provare che tutto funzioni senza criticità e stare attento che durante lo spettacolo tutte le linee dei microfoni non perdano le loro caratteristiche, vuoi per un colpo, vuoi per il sudore, vuoi per i problemi di trasmissione o per altri imprevisti. Tra il materiale che usiamo ci sono prevalentemente capsule DPA e Sennheiser, con trasmettitori e ricevitori Sennheiser. 


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