Il nostro saluto a David Zard e Bibi Ballandi

Due grandi del nostro show business ci hanno lasciato a poca distanza l’uno dall’altro.

Il 27 gennaio David Zard, il 15 febbraio Bibi Ballandi: quando parliamo di musica dal vivo in Italia, non possiamo non ricordare che l’ottimo livello raggiunto oggi dalle produzioni nel nostro paese si deve anche ad alcuni pionieri che hanno davvero aperto delle piste nel deserto. Fra costoro, certamente David e Bibi. Due personaggi totalmente diversi l’uno dall’altro, eppure accomunati dall’amore per questo lavoro.

 
David Zard

David Zard

Quando nel 1967 arrivò in Italia in fuga dalla Libia, dove era nato nel 1943, a causa delle persecuzioni contro gli ebrei dovute alla Guerra dei Sei giorni, il legame di Zard col nostro paese era già forte, visto che, giovanissimo, aveva organizzato in quel paese diversi concerti di artisti italiani quali Mina, Ricky Gianco, Peppino Di Capri, Ornella Vanoni, I Ribelli di Celentano... tutti artisti di grande popolarità all’interno delle comunità italiana ed ebraica. Comincia l’attività in Italia maturando contemporaneamente esperienze internazionali: da Israele a Londra, passando per Parigi, dove organizza l’apertura della tournée di Aretha Franklin proprio all’Olympia.
E forse la marcia in più di Zard è sempre stata questa visione internazionale del lavoro di management, sia per il modo di intendere una professione a cavallo fra il business e l’arte, sia per i contatti con il resto del mondo.
Negli anni Settanta l’Italia viveva un periodo difficilissimo, altamente ideologizzato, in cui era davvero difficile avanzare alcune proposte. Eppure quegli anni vedono David Zard al lavoro con i grandi nomi della musica internazionale: Ike & Tina Turner, Weather Report, Jethro Tull, Elton John, The Who, Cat Stevens, Crosby Stills & Nash, Santana, Gloria Gaynor, Frank Zappa e tanti altri. Affianca all’attività di promoter quella di management e produttore, creando quell’incredibile successo italiano in Europa che fu “La Carovana del Mediterraneo”, il grande tour di Angelo Branduardi che solo uno come Zard avrebbe mai potuto pensare, progettare e realizzare con un così clamoroso successo. Poi il periodo turbolento delle ideologie: il caos dei concerti di Lou Reed, nel 1975, devastati dagli incidenti e dalle cariche di polizia e carabinieri al Palasport di Roma, e poi le molotov sul palco di Santana che segnano un momentaneo stop all’attività di promoter.
Ma l’attività di manager continua eccome, specie con Branduardi, e negli anni Ottanta ricomincia il periodo dei grandi concerti: i tre memorabili show dei Rolling Stones in Italia; ma anche Jethro Tull, Genesis, Santana, Al Jarreau, Dire Straits, Bob Dylan, The Cure, Elton John, Frank Zappa, Spandau Ballet, Genesis, Paul Young, Duran Duran, David Bowie, Spandau Ballet, Madonna, Michael Jackson, Pink Floyd, Stevie Wonder, David Bowie e tantissimi altri. Ancora successi eclatanti nei primi anni Novanta, quando è manager di Claudio Baglioni, con la storica tournée Oltre il Concerto, poi il teatro e la nuova strepitosa avventura che riporta in auge in Italia la tradizione operistica pucciniana in chiave moderna con Notre Dame De Paris, il capolavoro di Riccardo Cocciante: otto milioni di spettatori nel mondo, oltre due milioni di spettatori in Italia in soli due anni. Sullo stesso filone seguiranno Tosca – Amore Disperato di Lucio Dalla, Dracula in Love della PFM e Federico II – L’Ultima Danza.
Zard, nonostante i periodi meno fortunati, sempre incombenti in questo lavoro, riesce anche in un’operazione quasi impossibile: portare in Italia gli spettacoli del Cirque Du Soleil. Saltimbanco nel 2004 e Alegría nel 2006 sono dei successi.

Abbiamo chiesto di parlarci di lui a Roberto De Luca, un collega e un amico.

 
Roberto De Luca

“Conoscevo Davide da circa 40 anni – ci dice Roberto – siamo stati amici nei momenti dei sui strepitosi successi come in quelli meno fortunati. Lo conoscevo molto bene ed abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto. Davide aveva una grande personalità, una grande capacità comunicativa e soprattutto di marketing; era meno avvezzo alla calcolatrice, e questo lo dico perché l’ho sempre detto anche a lui. Spesso spendeva così tanto in comunicazione da non far tornare i conti.
“In un momento in cui gli affari non andavano bene, quando ebbe un fallimento societario, tutti gli si avventarono contro. Io no. Anche per questo ho sempre mantenuto con lui un bel rapporto, e non a caso al suo funerale ero l’unico collega presente, una cosa che mi ha molto sorpreso, rattristato e infastidito, ma mi è anche dispiaciuto, perché di fronte ad una cosa del genere non dovrebbero esserci rancori di sorta.
“Era il promoter della prima generazione, o meglio della seconda, perché della prima è stato Leo Wätcher, ma quando io ho cominciato questo lavoro i promoter di spicco erano proprio lui e Mamone. Era un personaggio particolarissimo: una volta arrivò con una Porsche con targa tedesca al concerto dei Queen, al vecchio palazzo dello sport di Milano. La targa iniziava DZ... e lui sosteneva che significasse ’David Zard’, ma credo che fosse invece qualcos’altro in tedesco... a me questo suo modo di fare divertiva moltissimo. Davide era così: o si amava o si odiava.
“Aveva un Ego smisurato, tutti i suoi spettacoli cominciavano col suo nome in grande, garanzia di un grande show per lo spettatore; anche io avevo cominciato in questo modo ma, a parte che ‘Roberto De Luca’ era molto meno bello di ‘David Zard’, ho capito presto che il produttore deve restare sempre defilato.
“Ho imparato molto da lui dal punto di vista professionale ma anche umano: quando io ho subito l’assalto alla diligenza, come quello che aveva subito lui, è stato l’unico a dire qualcosa di ponderato e positivo verso di me. Mi manca moltissimo”.

 
Bibi Ballandi

Bibi Ballandi

Bibi Ballandi era figlio di un tassista bolognese che aveva cominciato a fare da manager agli artisti che accompagnava a suonare nei locali, fino ad aprire una propria agenzia. Il figlio aveva seguito le orme paterne, diventando prima un grande impresario musicale, poi uno dei più conosciuti produttori televisivi. I suoi successi in TV sono noti a tutti, basti pensare ai varietà di Fiorello, di Giorgio Panariello, a La Bella e la Bestia con Lucio Dalla e Sabrina Ferilli, fino agli show di Capodanno e a tutte le edizioni di Ballando con le Stelle, e tantissimi altri.

Lo abbiamo voluto ricordare nella sua prima fase, quella legata alla musica e più vicina al nostro mondo. Ne abbiamo chiesto il ricordo a Bruno Sconocchia, già manager di importanti artisti come De Andrè e Lucio Dalla proprio grazie a Bibi.

 
Bruno Sconocchia

“L’importanza di Bibi – dice Bruno – come produttore televisivo è quella di cui tutti parlano, ma io lo voglio ricordare come impresario musicale, quando aveva l’ufficio in Via Leopardi a Bologna: su un piano aveva gli uffici, nell’altro abitava lui con il padre e la madre. Io conobbi il padre, Iso, che aveva già cominciato a fare l’agente con i grandi dell’epoca: Nicola Di Bari, Orietta Berti, Dory Ghezzi, Rita Pavone...
“Bibi già a fine anni Settanta dimostrava il suo grande fiuto, la capacità di capire le tendenze, i gusti, quello che piaceva alle persone. Intuì che il fenomeno che stava scoppiando era nuovo, era quello dei cantautori: Dalla, Bertoli, Ron, Vecchioni, inserì questi nomi nuovi nell’agenzia paterna. Produsse insieme a Libero Venturi Banana Republic, nel ‘79, un tour importantissimo perché segnò il ritorno della musica negli stadi dopo la molotov sul palco di Santana.
Vanoni, Pooh, Renato Zero... pescava artisti non del tutto conosciuti e li faceva esplodere, così come fece con Lucio Dalla nei suoi anni d’oro.
Nel 1983 aprì a Rimini il Bandiera Gialla, anche se aveva già un locale a Baricella – il suo paese, dove si terranno i funerali – che si chiamava Chicago, una discoteca. Qui cavalca e crea il revival anni ‘60 e si avvicina al mondo della televisione, diventando il grande produttore televisivo che tutti conoscono, abbandonando il mondo delle agenzie. Io raccolsi in parte, per sua volontà, il suo testimone: prima con De Andrè, con cui iniziai la mia carriera, e a fine ‘84 con Vanoni e Paoli; nel ‘96 mi chiese di occuparmi dell’attività live di Dalla, suo grandissimo amico, con cui si telefonavano all’alba tutte le mattine, e come sai fu una grande svolta nella mia vita, perché con Lucio sono rimasto fino alla fine. Ma con Bibi hanno cominciato anche Michele Torpedine, che si occupava del Chicago, Renzo Fantini, manager di Guccini, e tanti altri.
“Era capace di circondarsi di bravi collaboratori e soprattutto aveva un grande fiuto; ma rimaneva sempre una persona semplice, un bolognese DOC: gli amici ricordano ‘La Casa Bianca’, la sua villa a Sasso Marconi, le cene a base di tortellini cucinati dalla moglie Lella. Bibi era legato alla sua terra, ha sempre conservato la casa a Bologna ed aveva quella saggezza popolare che faceva di lui una persona semplice e geniale allo stesso tempo. Aveva la terza media, ma sapeva ascoltare e cogliere dagli altri quello che serviva. Era una persona serena, pulita e limpida: credo che fra coloro che l’hanno conosciuto nessuno possa non avergli voluto bene”.